
Per la collana OcchiaAperti della giovane casa editrice Pelledoca, Beatrice Masini rivisita la fiaba di Barbablù, parlando della sottile pericolosità dei legami, di come una personalità forte e indipendente possa lasciarsi rinchiudere in una bolla di vetro, di come sia difficile aprire gli occhi sull’apparente felicità che si sta vivendo.
Anche attraverso le immagini di Virginia Mori, ovviamente in tinta, si racconta di un uomo potente e senza passato: è arrivato in questa terra da adulto, erede lontano dell’ultimo Barone, e ha portato con sé una ventata di freddo e la mano forte del potere che si impone; è un uomo dal bell’aspetto e dal sorriso affascinante, ma gelido e un’ombra nera, come il nero dei suoi stivali, pare stendersi intorno. Un giorno incontra Blu, ragazza indipendente che ha scelto di viaggiare sola e di conoscere il mondo, in barba alla pletora di vecchie zie che cercano di consigliarla diversamente. E Blu si ferma e sposa l’uomo senza passato, uno sposo apparentemente gentile, che continua a viaggiare mentre lei rimane a palazzo, circondata di doni esotici e bizzarri che portano sempre le note del blu. La storia poi procede come quella che conosciamo: l’uomo parte per l’ennesimo viaggio, affida alla moglie – in segno di fiducia – la chiave dello studio in cui le ha chiesto di non entrare ed ecco che lì, su un libro di memorie, Blu scopre la macabra fine delle spose che l’hanno preceduta.
Il racconto è a più voci: si inseriscono infatti i dialoghi tra i contadini che riportano le voci del popolo su Barbablù in forma quasi teatrale, quella di una vecchina che racconta le nozze e poi chiude la vicenda raccontando cosa succede al regno e come si intravede il futuro.
Lo stile che Beatrice Masini sceglie per riproporre questa storia, la fluidità narrativa vi faranno venir voglia di leggerla ad alta voce, perché è a questo che si presta e per questo è fatta: per essere detta, e così – chiudendo il cerchio – torna il legame con la fiaba originaria da cui prende avvio, nata per essere raccontata intorno a un fuoco, nella notte di una stalla. Un racconto senza tempo, che l’autrice adatta i tempi, alludendo e facendo esattamente quel che ogni fiaba fa: dire, svelare, parlare del mondo e di quel che accade. Al mondo, agli uomini, alle donne e alle ragazze furbe, ché – come scriveva Beatrice Solinas Donghi – “Per far da contrappeso a giovanotti stupidi, la fiaba offre un buon numero di ragazze furbe”. Qui non c’è stupidità quanto piuttosto egoismo e crudeltà e a salvare Blu, prima della furbizia, sono la rabbia grande e la voglia di restare viva. Perché, come si dice nel testo, questa non è fiaba, ma vita.
Beatrice Masini – ill. Virginia Mori, Blu. Un’altra storia di Barbablù, Pelledoca 2017, 75 p., euro 18
Tag:Barbablù, Beatrice Masini, Blu, Pelledoca, violenza di genere, violenza sulle donne, Virginia Mori
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