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La prima neve

27 Feb

La prima nevePare primavera,  i crochi e le primule fanno gara a sbocciare, il calicanto profuma d’intenso grazie al caldo, ma i primi giorni di marzo si avvicinano e, come sempre, l’inverno canterà ancora una volta – magari con un’improvvisata di quei fiocchi larghi che diciamo pataras – prima di lasciar posto alla nuova stagione Non ci può essere allora libro migliore di questo albo di grande formato che fa risaltare appieno le illustrazioni di Sylvie Bello e in cui Elham Asadi racconta la sua storia preferita, quella ascoltata mille volte da bambina, con cui la nonna diceva da dove viene quel che tutti chiamano neve. Altro non è che la deliziosa polvere scaturita da un’attesa paziente; l’attesa che una donna di nome Naneh Sarma, che vive più in alto delle nuvole, riempie di cura e particolari; l’attesa dell’arrivo di  Norooz, forte e potente, capace di sciogliere i ghiacciai, far sbocciare i fiori e regalare risate. Un’attesa che si fa ciclica e che fa lo scorrere delle stagioni, nella ripresa di una storia della tradizione che ne richiama alla mente tante altre, come le diverse figure mitiche che portano la primavera, come gli orsi di segale che vanno addomesticati e i lupi catturati, ma non prima che imbrattino di fuliggine le gote delle ragazze, per farle ridere, proprio come Norooz. Un albo d’incanto che trova la sua fortuna nel ritmo della storia e nel formato che dà il giusto respiro a illustrazioni che non avrebbero avuto senso altrimenti. E che ricorda come sia necessario saper aspettare, cosa che puoi fare se sai quel che aspetti.

Buona attesa della vera primavera a tutt*.

Qui l’autrice racconta della sua infanzia iraniana e di questa storia.

Elham Asadi & Sylvia Bello, La prima neve, Topipittori 2021, 32 p., euro 28

Cari genitori… per leggere il mondo

26 Nov

cari-genitori-benvenuti-in-biblioteca-579424In questi ultimi due mesi di incontri di formazione con insegnanti, educatori e genitori, mi hanno accompagnata due libri che sono strumenti essenziali per chi si occupa di infanzia – in modo particolare di prima infanzia, di libri e di lettura. Li pubblica entrambi l’Editrice Bibliografica e ben si accordano come proposte per un percorso di lettura per gli adulti che vogliono avere spunti. Malgaroli e Bazzoli, forti della loro esperienza di bibliotecari e in modo particolare nell’ambito del progetto Nati per Leggere, invitano direttamente i genitori a varcare la soglia della biblioteca e condensano nel loro saggio, in una forma informale e colloquiale che ben si presta a chi ha un primo approccio verso questo ambito, tutte le informazioni e i consigli per cominciare un percorso di lettura fin dalla nascita: i libri da proporre, le modalità, i benefici scientifici della lettura sullo sviluppo dei piccoli, per un programma da attuare a casa con il supporto delle collezioni della biblioteca.

Francesca Romana Grasso fa invece una summa del suo lavoro degli ultimi primi-libri-per-leggere-il-mondo-579449anni che molti hanno potuto apprezzare in formazioni o seguendola on line su Edufrog. Il punto di vista della pedagogista è molto interessante perché analizza le proposte del mercato editoriale per la prima infanzia in rapporto a quelli che sono davvero i bisogni dei bambini fino a sei anni di età, in base alle loro capacità e potenzialità cognitive e motorie, facendo riferimento a teorie e figure di peso che negli anni hanno parlato di educazione attiva.

Educare al pensiero ecologicoAccanto a questi testi potete aggiungere quello di Tiziana Rosa Bruno, uscito per la collana “I topi saggi” di Topipittori, e dedicato al pensiero ecologico: in un momento in cui le tamtiche della sostenibilità ambientale sono tanto sentite, è importante poter riflettere su percorsi che integrano educazione ambientale, educazione civica e formazione alla cittadinanza globale. Una carrellata di spunti di buone pratiche per la scuola dell’infanzia, primaria e secondaria per confrontarsi con bambini e ragazzi attraverso lettura, scrittura, dialogo, osservazione della natura e del mondo.

Ben, che dire… buona lettura e buona applicazione dei suggerimenti che troverete in questi saggi.

Giovanna Malgaroli – Fabio Bazzoli, Cari genitori, benvenuti in biblioteca, Bibliografica 2020, 139 p., euro 12, ebook euro 7,49

Francesca Romana Grasso, Primi libri per leggere il mondo. Pedagogia e letteratura per una comunità educante, Bibliografica 2020, 235 p., euro 26, epub euro 16,99

Rosa Tiziana Bruno, Educare al pensiero ecologico. Letture, scritture e passeggiate per un mondo sostenibile, Topipittori 2020, 206 p, euro 20

Félicette

17 Nov

Félicette è una gatta di strada, di strada parigina per la precisione. Quella pubblicata da Topipittori è la sua storia. Ed è una storia vera, di scienza. Sì, perché Félicette fu la prima gatta sullo spazio. 

Félicette

Questo albo narra il 18 ottobre 1963 in blu, rosso, bianco, giallo e nero, con le illustrazioni di stampa d’arte di Anna Resmini e le parole di Elisabetta Curzel.

Félicette partì dalla base spaziale di Colomb-Béchar in Algeria con il razzo Veronique, francese come lei. Quanto ci ha messo a fare il giro della terra? Quindici minuti. E poi come è tornata quaggiù? In paracadute e tutti gli scienziati erano felicissimi di rivederla viva. Questi dettagli non sfuggono ai piccoli lettori insieme a delle consapevolezze più grandi. Gli anni Sessanta furono l’epoca della corsa allo spazio che “era un modo come un altro, inventato da due superpotenze per vedere chi di loro era la più forte e la più furba”. Scoprono così che può esistere un legame tra scienza e politica. 

Félicette aveva un elettrodo, una macchina per registrare informazioni sulla sua avventura nello spazio. Fa caldo? Ha Paura? Le batte forte il cuore? Chissà se tra queste domande non spunti anche la preoccupazione che abbia sofferto, oppure la curiosità se si sia divertita. Lo rifaresti Félicette? Entriamo in empatia con lei. Ci sentiamo immensamente piccoli nell’immensamente vasto, grazie al testo di delicata ironia, che a volte sfiora la poesia.  

“E anche quando il cielo lascio l’azzurro per vestire il nero dello spazio il razzo non si fermò”. 

Per qualche tempo Félicette fu famosa, le dedicarono francobolli e le fecero firmare autografi con la zampa. Questa cosa non le piaceva affatto. È forse per questo che la sua storia l’ha fatta scrivere a Elisabetta Curzel e illustrare da Anna Resmini.

L’albo è scritto in stampatello maiuscolo, adatto anche a chi sta cominciando a leggere.

Elisabetta Curzel – ill. Anna Resmini, Félicette, Topipittori 2020, 48 p., euro 20

Guarda sotto il letto se c’è della poesia

14 Set

Non c’è molto da dire su questo albo e mi piace che sia così. Che ve lo andiate a prendere, per sfogliarlo e bearvi tra i musi degli animali e i tratti di Ruzzier che già vi saranno famigliari e regalarvi una lista di istruzioni per l’uso. Un inizio di libretto di istruzioni per la vita, o anche solo promemoria, che potrete ampliare a vostro piacimento e che mi pare stia bene in questo giorno di inizio per molti. Si susseguono inviti a starnazzare canzoni, ruggire come denti di leone, camminare all’indietro, dare un calcio alla neve per far uscire la primavera, ignorare se stessi, rimbalzare come gocce di pioggia. E poi c’è quell’invito che è anche il titolo: a guardare sotto il letto per vedere se, tra il legno del pavimento e i bioccoli di polvere, là dove qualcuno teme di notte si annidino mostri paurosi, ci sia della poesia. Mica tanta, ne basta un pizzico. Ed è un augurio stupendo e luminoso per ogni nuovo giorno.

Ruth Krauss – ill. Sergio Ruzzier, Guarda sotto il letto se c’è della poesia, Topipittori 2020, 48 p., euro 16

P.S. Con questo libro e questo post torna anche il blog. Ho trovato parecchie mail che chiedevano cosa fosse successo, se il blog fosse stato chiuso. Da più di due mesi non comparivano articoli nuovi e molti di quelli che avete letto erano stati scritti parecchio prima della pubblicazione. Fa piacere il vostro interesse, ma no, grazie, non è successo nulla se non quello che capita ogni giorno: la vita. Che si prende vacanze (e ha la fortuna che siano molto lunghe), che viaggia, che legge in altre lingue libri bellissimi che si spera vengano tradotti in italiano, che scrive in altri formati. Del resto non hanno avuto risposta anche le molte mail che chiedevano elenchi, suggerimenti per gli acquisti, altri titoli rispetto a quelli che comparivano nelle recensioni. Ecco, questo blog viene a volte definito un servizio: è bello che venga inteso così, ma è comunque un servizio gratuito, nato con uno scopo di condivisione e di tener traccia, fatto volentieri, ma fatto quando va. Per il resto, molti dei libri che meritano li racconto su Andersen e tutti nei corsi che ho fatto e forse farò; molti li ascolto e li leggo raccontati da altri. Quel che c’è qui arriva ogni tanto, volentieri, ma come dire? non su commissione, quello si chiama lavoro ed è gestito diversamente 😉

Ortica

13 Lug

Un nuovo quaderno della collana PiNO per guidare alla scoperta della natura: questa volta, grazie alle illustrazioni di Marina Girardi che tuffano il lettore nel mondo di Ortica, è un supporto per provare a guardare, osservare, ascoltare, annusare, scovare. La struttura è quella di una passeggiata in cui Ortica, a metà tra una bambina compagna di strada e uno spirito della natura, invita: siamo a Montevento, c’è la Csa del Pero e proprio lì fuori abita lei, guida d’eccezione che, grazie ai fumetti, mette un filo a legare tutte le informazioni che si trovano sulle pagine. Una passeggiata nello spazio e nel tempo, visto che si attraversano le stagioni, dall’autunno fino all’estate, passando per il letargo dell’inverno e l’esplosione della primavera. L’invito a guardarsi intorno non fa differenze: ci sono informazioni su frutti, semi, piante selvatiche, fiori, animali. E poi ci sono pagine in cui mettersi in gioco ancora di più, con spazi per scrivere, appuntare, disegnare e suggerimenti per prendersi il proprio tempo, fare un respiro profondo e provare a stare in collegamento ancora più stretto con la natura: provare a sentire delle ali crescere dalle proprie scapole, a ficcarsi nella terra come un seme che silenzioso aspetta il momento del germoglio, ad aprire i petali di un fiore, a sentir la linfa scorrere come scorre nei rami di un albero.

Come sempre il formato è grande e morbido per poterselo portare appresso, per usarlo davvero facendolo proprio, aggiungendo i propri colori e le proprie impressioni a quelli dell’autrice.

Marina Girardi, Ortica. Guida all’ascolto della natura selvatica, Topipittori 2020, 32 p., euro 14

Vorrei due ali (per) Prendere il volo

8 Lug

 

vorrei due aliUna ragazzina su un albero ed è subito la Mina di David Almond. Quante similitudini e quanta bellezza in questo romanzo lieve e delicato come la peluria dei pulcini e forte come i rami dei grandi alberi e le loro radici. In un parallelismo continuo – grazie al diario che ha scritto e tutte le nozioni che conosce sul mondo dei volatili e che dissemina qua e là – December riesce a parlare di sé, dei suoi sentimenti e della sua storia paragonandosi agli uccelli, alle loro abitudini e alle loro capacità. La cicatrice che porta sulla schiena, proprio all’altezza delle scapole, diventa il punto immaginario in cui spunteranno le ali per volare via; nell’attesa viaggia leggera ed è con poco bagaglio che si sposta da una famiglia affidataria all’altra, è con rapida leggerezza che sale veloce tra un ramo e l’altro per accoccolarsi sopra di notte. La metafora diventa possibilità di dire e il romanzo parla al lettore proprio della necessità di poter dire, a proprio modo, con i propri tempi, e di riuscire ad accettare quello che è successo. Quando December incontra Eleanor, la sua casa in campagna ed Henrietta ritta sul trespolo e bisognosa di imparare di nuovo a volare e di nuovo di imparare a fidarsi, si specchia: forse è il momento di fare un nido, di capire che la libertà non si ha solo spiegando le ali, ma anche tenendo i piedi ancorati per terra.

Un romanzo dove ci sono due belle figure di adulti, oneste e sincere: Eleanor, che accoglie la protagonista senza mai forzarla ma rispettando i suoi tempi, e Adrian, l’assistente sociale. E ci sono anche Amelia Earhart e Eleanor Rigby.

Sandy Strak-McGinnis, Vorrei due ali (trad. di Giuseppe Iacobaci), Mondadori 2020, 222 p., euro 16, ebook euro 8,99

Sicuramente a December sarebbe piaciuto molto uno dei nuovi libri della collana Prendere il voloPino/Piccoli Naturalisti Osservatori di Topipittori: ne avrebbe apprezzato il formato morbido per poterselo portare nello zaino o nella tasca grande del cappotto, avrebbe trovato perfette le illustrazioni e, come a noi, le sarebbe piaciuto il tono, che mescola una narrazione intima, di sette diverse esperienze accadute a Marina Marinelli, a informazioni specifiche che servono a chi vuole prendersi cura di uccellini caduti dal nido, feriti, che ti capita di trovare in giardino o mentre passeggi. Il testo è costruito come un vero e proprio invito a mettersi in gioco: non nasconde quelle che possono essere le difficoltà, e soprepse, gli inattesi, i sentimenti che si provano quando si assiste al nuovo volo che porterà l’ospite a tornare padrone del cielo. Ci sono indicazioni pratiche, suggerimenti, domande da farsi, cose da osservare e di cui tener conto, spiegazioni scientifiche e notizie sulle singole specie, ma soprattutto una passione contagiosa che traspare tra le righe; c’è molto del rapporto che anche Stark-McGinnis descrive nel suo romanzo, specie quando parla di December e di Henrietta, il rapace che aiuta a tornare sano e fiero. Ci sembrava proprio che non potessero finire in due post separati, questi libri, ma dovessero starsene insieme a celebrare la bellezza della natura e del prendersi cura.

Marina Marinelli – Silvia Molinari, Prendere il volo. Storie di uccellini caduti dal nido e finiti in buone mani, Topipittori 2020, 72 p., euro 16

La bambina di vetro

2 Mar

La bambina di vetroSi può festeggiare il centenario di Gianni Rodari anche così, pubblicando in Italia un albo di Beatrice Alemagna ispirato al rodariano “Giacomo di cristallo” e uscito in Francia nel 2002. Un albo che, attraverso un gioco di lucidi sovrapposti, racconta la storia di una bambina trasparente che tutti corrono a vedere e che ben presto si rende conto di come sia visibile pure tutto quel che le passa per la testa. La sua fragilità, che la rende prossima alla tristezza e alla rabbia, si somma ai rimproveri degli altri: dovrebbe smettere di pensare, secondo loro, e vergognarsi di mostrare certe cose. Così Gisèle prende la via del mondo, cercando un posto da chiamare “casa” nel senso del sentirsi bene, a proprio agio, per poi tornare, avendo assaggiato quel che c’è in giro e compreso che è necessario star bene con se stessi, avere coraggio e fiducia in sé.

Proprio di questo vuol dire l’autrice che lo esplicita in una nota iniziale: l’albo parla di fiducia in se stessi e coraggio, “doti che coloro che oggi lottano nella vita non dovrebbero mai perdere”. In questa storia sicuramente avranno un personaggio che glielo ricorda.

Beatrice Alemagna, La bambina di vetro, Topipittori 2020, 32 p., euro 20

Haiku siberiani

9 Dic

Meraviglia meraviglia. Un’interessantissima scelta grafica da parte di Lina Itagaki per dare forma alle parole con cui Jurga Vilé racconta di suo padre, il tredicenne Algis Mieli, e della sua famiglia. Racconta di “tempi tumultuosi”, di quando la Germania invase la Polonia e la Lituania fu presa dall’Unione Sovietica e di come tutti quelli che non festeggiarono l’invasore furono considerati invisi al potere, messi su carri bestiame e inviati in Siberia. Questa è la sorte che tocca ad Algis e alla sua famiglia, la sorella Dalia che ama lavorare a maglia, la mamma dolce e muta dopo la morte di un’altra figlia, il padre capo villaggio rispettato e amato da tutti, la zia appassionata del Giappone. La vita di un ragazzino vira bruscamente: addio al villaggio, alle api allevate con cura insieme al papà, all’inseparabile papero Martino che viene ucciso da un soldato. Addio anche al padre, caricato su un altro convoglio, e spazio al viaggio in treno verso una sorte avversa e una terra gelida, dove si è stranieri insultati e vessati, dove si vive in baracche, dove si conosce per la prima volta la fame.

Il racconto, per brevi capitoli tematici, non nasconde nulla della crudeltà e della durezza dell’esperienza di Algis, che tornerà con il “treno degli orfanelli” insieme ad alcuni di quelli con cui è partito. Non nasconde le privazioni, la crudeltà gratuita dei soldati o dei coetanei russi, i patimenti, le morti, la disperazione. Ma nel contempo racconta la coraggiosa capacità dei bambini e di alcuni adulti di cercare la poesia e la gioia, per quanto possibile, nel quotidiano: cantare insieme in un coro, mandare haiku ai prigionieri giapponesi del campo accanto, allevare pulcini, mettersi un vestito un tempo elegante, fare musica. E serbare il ricordo caro del proprio paese: sono le mele la chiave del ricordo, quelle mele che il padre di Algis gli consegna in un secchio (“In Siberia non crescono le mele”), che essiccate diventano cibo prezioso, i cui semi piantati nello stesso secchio germogliano come la speranza di tornare. E poi ci sono gli animali: le lucciole, le api, i pulcini, persino i pidocchi. E quello sguardo, quello che il padre ha da sempre insegnato in famiglia: “Ci insegna a essere attenti, a osservare le meraviglie del mondo” dice il ragazzino che proprio con lo stesso spirito d’osservazione racconta quel che succede.

Davvero un bel modo di fare Memoria e di offrire ai lettori una finestra su una pagina di storia che magari non conoscono.

Ospiti nei giorni scorsi di BilBolBul a Bologna, dove hanno allestito un ufficio postale, le autrici sono in lizza con questo titoli al prossimo festival di Angoulême nella categoria Jeunes Adultes in compagnia di altre meraviglie, tipo “Spirou, l’espoir malgré tout” e la trasposizione in fumetto del romanzo di Xavier-Laurent Petit “Le fils de l’Ursari”.

Jurga Vilé – Lina Itagaki, Haiku giapponesi (trad. di Adriano Cerri), Topipittori 2019, 240 p., euro 16

Un albero, una gatta, un fratello: C’è questo in me

9 Ago

“Fuori si fa sera e come se fossero stelle che abitano dentro le case, si accendono, una dopo l’altra, le luci di Santiago” scrive Maria José Ferrada nelle ultime righe di questa nuova uscita della collana “Gli anni in tasca” e nel lettore si accende la bellezza della sua poesia in forma di prosa che procede per ricordi d’infanzia, per pensieri brevi che compongono una vita e anche un pezzetto di racconto della storia della sua famiglia e del Cile. Sul blog di Topipittori potete leggere un contibuto in cui l’autrice racconta come è nato questo libro e riflette su quando si fa memoria, quando si sta in biblico tra autobiografia e finzione, quando si fa pace coi ricordi. Evoca il magnifico romanzo breve Kramp, pubblicato in Italia da Edicola, e sottolinea sia la semplicità che caratterizza il suo stile, sia il silenzio che è parte integrante del suo narrare qui e che la struttura qui scelta conferma: sono episodi brevi, a volte brevissimi dell’infanzia, narrati con respiro, che sulla pagina appaiono come tanti singoli ricordi in mezzo ai quali scorre la vita, i giorni non detti, il quotidiano e forse anche lo straordinario che non si ritiene di dire.

Lo stesso respiro che lascia spazio al silenzio lo si ritrova anche nell’altra recente uscita della stessa collana, a opera di Silvia Vecchini che ricorda la sua infanzia al lago e la poesia che c’è da sempre nella sua vita. Sono formati che si lasciano assaporare lentamente, che dicono al alettore di prendere tempo, di assumere il ritmo giusto e che, mi sembra, fanno anche venire voglia di scrivere: fanno venire in mente i piccoli episodi della propria infanzia, cose dimenticate cose buffe e cose dolorose che la distanza del tempo permette di guardare e di dire. Ottimi alleati in un laboratorio di scrittura partendo dal sé, regalano in entrambi i casi il gusto poetico della scrittura. La grazia della semplicità con cui Ferrada mette sulla pagina i suoi ricordi fa luce sull’importanza delle parole, sul loro potere evocativo, culla necessità di lasciare che ognuno a quelle parole metta qualcosa di suo, immagini, si lasci portare dall’andamento di un narrare che potrebbe essere orale tanto è prossimi, tanto è intimo.

María José Ferrada, Un albero, una gatta, un fratello (trad. di Marta Rota Núñez), Topipittori 2019, 99 p., euro 10

Silvia Vecchini, C’è questo in me, Topipittori 2019, 65 p., euro 10

Acerbo sarai tu

15 Apr


“A me va bene il sapore che ho”. La voce che si fa poesia è quella di qualcuno che sta crescendo, ma che giustamente non ci sta ad esser definito acerbo. Non è negativo il sapore che ha; è il sapore di quel momento: quello della fatica di crescere, del bello di cambiare, delle rabbie, dei pomeriggi di noia, dei primi amori, della stanchezza di non si sa cosa.

Già così brava a cogliere l’essenza del crescere in Vetro e nei versi che accompagnano anche Fiato sopseso, Silvia Vecchini torna a dare voce all’età dello stupore e delle contraddizioni, quell’età così potente e fragile, in cui il problema è sentire il gusto di se stessi, non stare all etichette che ci appiccicano gli altri.

Ad accompagnarla è il tratto di Francesco Chiacchio che con macchie di colore dà volto e concretezza al sentire che viene detto; a volte poi è l’illustrazione a prendersi tutta la pagina, a spinger di lato le parole, quasi non ce ne fosse bisogno, quasi bastasse lasciarsi guardare o guardarsi, lì, in quel momento sopeso in cui talvolta ci si accorge che può anche nevicare dentro.

Silvia Vecchini – Francesco Chiacchio, Acerbo sarai tu, Tpipittori 2019, 80 p., euro 16