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Inverno di guerra

2 Feb

inverno di guerraQualcuno forse avra memoria di un romanzo sulla Siberia, Piotr, pubblicato da Piemme nel 1992, scritto proprio da Jan Terlouw, di cui oggi la Nuova Frontiera junior pubblica il romanzo di maggior successo, adattato negli anni per il cinema e il teatro. Ispirato all’esperienza stessa dell’autore, racconta dell’ultimo anno di guerra, dell’inverno del 1944-’45 visti attraverso gli occhi di un adolescente olandese. Michiel è il figlio del sindaco del paese e la guerra viene a casa sua ogni giorno, con gli “ospiti” che arrivano dall parte occidentale della nazione, spinti dalla fame e dalla disperazione. Sono uomini, donne, bambini; ci sono giovani e anziani; si fermano una notte e poi ripartono; c’è chi usa il suo vero nome e chi lo nasconde, chi cerca patate e chi la fuga oltre il fiume, per fuggire il campo di concentramento. I soldati tedeschi sono una presenza costante, quasi come i bombardamenti e anche Michiel viene coinvolto in prima persona: il vicino di casa, membro della Resistenza, gli confida un piano e gli affida una lettera con precise istruzioni nel caso qualcosa andasse storto. Così il ragazzo si trova coinvolto e deve prendersi cura di un soldato inglese ferito e nascosto nel bosco. Soprattutto si trova a dover affrontare la morte del padre, ucciso dai nazisti per rappresaglia, e a cercare di capire chi sia davvero dalla parte giusta, in una realtà che vive di costante ambiguità.

Un romanzo che permette di vedere la Seconda Guerra Mondiale e la Resistenza da un altro punto di vista geografico, un po’ come ne Il segreto di Espen, che Edt ha da poco ripubblicato in versione tascabile. Imperdibile il ritratto della boronessa che cerca di tenere a bada i tedesci arroccandossi nel suo palazzo, sola e armata, vestita di dignità e dell’arancione simbolo della sua patria e del suo re.

Jan Terlouw, Inverno di guerra (trad. di Valentina Freschi), La Nuova Frontiera junior 2021, 219 p., euro 16

Piccolo libro sull’amore

25 Nov

piccolo libro sull'amoreAncora una volta Ulf Stark è riuscito a ricamare un racconto-meraviglia con la grazia che contraddistingue la sua scrittura (ed evidentemente che contraddistingueva anche la sua persona). Un racconto di un Natale del tempo di guerra, che somma all’atmosfera natalizia uno sguardo sia sugli adulti, come spesso fanno i suoi personaggi bambini, sia sul momento storico in cui è ambientato. Il papà di Fred è infatti impegnato al Nord, a sorvegliare la frontiera, in attesa che finisca la guerra voluta da Hitler, quell’uomo malvagio che il protagonista e un compagno di classe prendono in giro incollando dei simil baffetti allo scheletro che sta nell’armadio dell’aula di scienze, meritandosi il rimprovero del preside e il plauso della maestra. Ci vuole coraggio infatti, scrive l’insegnante nella nota di demerito, suggerendo alla madre di essere fiera del gesto del figlio. Una mamma che fa la tramviera e si becca i rimbrotti di chi crede che non sia un mestiere da donne, e che sa tenere il sorriso anche quando è difficile. Fred intanto si infila nel guardaroba dov’è appeso l’abito elegante del papà, insieme al cappello e alle scarpe lucide: par quasi di averlo lì ed è semplice allora raccontargli i guai d’amore, l’essersi innamorato di Gerda, lo scombussolamento che prova e anche come l’amore lo faccia diventare terribilmente incapace e maldestro.

Poi c’è il rapporto con gli adulti: la maestra, il vicino di casa, la donna che compra da Fred il pino per le feste, tutti lo trattano senza scimmiottamenti bambini, lo tengono in considerazione, lo prendono sul serio. E questo fa sentire bene il ragazzino. E dovrebbe dirci tanto sul rapporto grandi-piccoli, come dovrebbero farlo gli sguardi sugli altri che i personaggi di Ulf Stark hanno, e la poesia che lui sa cogliere nel quotidiano, in chi sa vedere e dire, senza troppe parole, con un sorriso, con una frase sola, anche se viene un po’ corta, si scuserebbe Gerda 😉

Ulf Stark – ill. Ida Björs, Piccolo libro sull’amore (trad. Laura Cangemi), Iperborea 2020, 160 p., euro 13

Nella bocca del lupo

4 Set

Come sempre, Michael Morpurgo offre al suo lettore ottime occasioni per conoscere fatti realmente accaduti, ambientati in importanti periodi storici e dando spunti per ventuali approfondimenti; riesce sempre a immergere chi legge in quanto racconta, a far sentire presenti fatti lontani nel tempo. In questo libro parla della Seconda Guerra Mondiale, della Resistenza in Francia e del ruolo degli agenti segreti inglesi addestrati per coordinare i rifornimenti, i lanci, le azioni di contatto.

L’autore è dentro il racconto ancora più del solito: il protagonista infatti è suo zio e quindi cuce ricordi e sensazioni ascoltati, con tanto di album fotografico e note storiche finali; c’è una certa patina celebrativa (Francis ricorda i meriti dei compagni, il loro eroismo, la loro inventiva) che forse appanna la cruda realtà dei fatti, ma è comunque consona alla struttura narrativa scelta e sovente utilizzata da Morpurgo: un uomo anziano ricorda il suo passato e richiama a sé, nel buio di una notte che segue alla festa del suo novantesimo compleanno, le persona che ha amato e stimato, quelle con cui ha condiviso le scelte di un certo periodo della sua vita. Il ritratto del protagonista è quello diu un uomo grato per la vita che ha avuto, di cui non cela i grandi dolori e le decisioni difficili; racconta con grande franchezza i rapporti famigliari e i suoi sentimenti e parla della professione che ha sempre fatto per vocazione: quella di insegnante a bambini da incuriosire e da curare, che ha imparato nel tempo a coinvolgere, ad ascoltare, a fare pari.  La scelta vincente del testo è l’accompagnamento lungo tutte le pagine delle illustrazioni di Barroux: spigoli che il bianco e nero, con il suo gioco di ombre, enfatizza, rende cupi o rischiara a seconda del momento.

Come già detto, sono indicati i nomi e le persone che hanno tessuto le vicende narrate: alcuni di loro (come Paul Héraud e la luminosa Christine Granville) sono veri e propri eroi della Resistenza francese ed è possibile riscoprire la storia del loro maquis e le vicende della guerra nelle Hautes-Alpes o appssionarsi all’essenziale ruolo degli operatori radio nella Francia occupata grazie alla figura di Auguste Floiras.

Michael Morpurgo – Barroux, Nella bocca del lupo (trad. di Bérénice Capatti), Rizzoli 2019, 165 p., euro 17, ebook euro 8,99

Il coraggio salpa a mezzanotte

24 Apr

Della resistenza norvegese all’invasore nazista aveva già parlato ai lettori Margi Preus ne Il segreto di Espen (Edt Giralangolo) raccontando di come azioni minime potessero essere segno e inforndere coraggio, ad esempio indossare qualcosa di rosso, colore inviso al nemico. Così, tra le pagine del romanzo di Atzori, Haakon spiega la moneta che porta al collo e l’emblema del re che viene dipinto sui muri, stampato sui volantini, ricamato nei maglioni e nei guanti di lana. Sono gesti non certo minori, come non lo è il voler prendere parte di questi tre ragazzi che stringono amicizia dopo l’iniziale diffidenza: Calum e Agatha, che si conoscono da sempre e che vivono Lerwick, sulle Shetland, e il nuovo arrivato insieme alla sua famiglia e ad altri ragazzi dalla Norvegia. Il libro infatti vuole porre l’attenzione tra il 1941 e la fine del 1942 e sulla vicenda dello Shetland Bus, operazione che tentava di portare in salvo verso l’arcipelago chi rischiava in Norvegia: un viaggio di un giorno intero tra i pericoli del mare e quelli dei nazisti. Prima servizio quasi improvvisato, poi strutturato come unità militare speciale, si serviva di pescherecci che potessero in qualche modo ingannare almeno a prima vista i nazisti. Proprio al recupero di un vecchio peschereccio si dedicano i tre ragazzi che vogliono fare la loro parte, spronati da Haakon che ha una sorta di conto in sospeso col migliore amico del padre, morto durante un’azione in Norvegia, che ora è a capo dei tentativi di salvataggio.

Il romanzo racconta dell’amicizia tra i ragazzi, della famiglia di Haakon e del loro essere profughi in un Paese straniero, della convivenza tra gli abitanti delle Shetlend, i norvegesi, i soldati. Mette in scena Agatha, intraprendente ragazza che ha imparato nell’officina paterna a montare e rimontare motori e che adora fare il meccanico, nonostante quello che gli altri possano pensare.

Uno sguardo sulla Resistenza europea, per non dimenticarsi delle forme che assunse, dei risultati a cui portò.

Andrea Atzori, Il coraggio salpa a mezzanotte, Einaudi Ragazzi 2019, 179 p., euro 11

Il giro del ’44

12 Apr

Tra il 1941 e il ’45 il Giro d’Italia non venne organizzato a causa della guerra; nell’originale scelta narrativa di Nicola Cinquetti però ecco il giro del ’44 tappa per tappa: lo realizza Martino, il protagonista che il lettore conosce in un prologo datato 1940 quando a otto anni, in compagnia del nonno e del signor Romolo, sta a bordo strada sulla salita dell’Abetone pronto a veder la maglia azzurra di Bartali passare per prima. Invece è in grigio il ciclista che si affaccia: un quasi sconosciuto Fausto Coppi da Castellania, che va a prendersi la prima vittoria e la prima maglia rosa. Un’epifania per Martino che da allora, in sella alla bici della cugina Assunta, si immagina di essere il Campionissimo e pedala, pedala, pedala.

La sua fervida immaginazione servirà da àncora anche quattro anni dopo quando, dopo il bombardamento della cittadina toscana in cui vive, si trasferisce in un paesino sull’Appennino con nonno, mamma e zia. La casa dello zio Orazio è un po’ fuori paese e i monelli della zona, in banda compatta e irriverente, prendono subito di mira il cittadino in camicia bianca e bicicletta. Scherzi non da poco, scaramucce, scontri e quella ragazzina così pungente che un giorno, in un casotto dei cacciatori, racconterà finalmente di sé. Non c’è scuola, ma la mamma ha portato libri e quaderni: Martino finge di studiare, costruendo una geografia tutta sua che corre lungo l’itinerario di un ipotetico Giro d’Italia che il ragazzino immagina e interpreta pensando al suo eroe Coppi. Intanto fuori c’è la guerra, le sue ristrettezze, le sue tragedie, le parti diverse per cui propendere, i ribelli della montagna che lo zio aiuta. Uno sguardo su un momento storico mediato da un ragazzino che sta crescendo, che si confronta con la mancanza del padre, con il potere delle bugie, con la forza della fantasia. Bella riuscita.

Nicola Cinquetti, Il Giro del ’44, Bompiani 2019, 208 p., euro 13

Gina cammina

23 Ott

Dalle sue parti chi sapeva “contare le storie” era uno importante, andava per le case e allora arrivavano anche gli altri di parola in parola. 

Le parti son quelle di Gina, grande narratrice di storie per tutta la vita, mamma dell’autrice che qui la ritrae a nove anni, riprendendo un episodio che le ha sentito più e più volte raccontare: di quando la sua mamma la portò dall’appennino emiliano a Firenze per impiegarla come domestica. Si è in piena Seconda guerra mondiale e nel racconto entran di prepotenza i fascisti, i tedeschi, ma anche i partigiani e la Resistenza. Nel segno forte della fumettista, ecco la paura e il coraggio che la vince, la fame, il sangue dei ribelli, l’organino che fa la musica e le parole che contano e che cantano. E poi quei momenti in cui pensi che tutto sia possibile.

Di Antonella Toffolo scrivono e ricordano i Topipittori ogni 21 febbraio in post come questo, a cui non c’è altro da aggiungere. Le siamo debitori di tanta bellezza, a cominciare da quel Il fazzoletto bianco sempre attuale, sempre toccante, sempre caro. Ed è bello, così bello, che questo fumetto, pubblicato per la prima volta nel 2005 da Schizzo Presenta, marchio editoriale del Centro Fumetto Andrea Pazienza, sia tornato e sia qui, con la sua magistrale paginetta in cui l’autrice presenta il suo fumetto e dice della Resistenza quel che è importante rileggere e ridire e che suona importante e urgente oggi più che mai.

Antonella Toffolo, Gina cammina, Topipittori 2018, 72 p., euro 16

Arrivano i fratelli Hood

29 Ago

Ci sono momenti in cui bisogna decidere da che parte stare, in cui non è più possibile subire passivamente le angherie, in cui bisogna agire anche se ti dicono che sei troppo piccolo, anche a costo di disubbidire, di diventare fuorilegge. La causa è giusta: è quella di Jesse e Frank Hood, due fratelli che vivono con madre e zio in una fattoria nel Midwest statunitense. Il padre è partito per combattere circa un anno prima, la guerra civile impazza e, nella contea di Orzak dove vivono, spadroneggia il tenente Mackenzie co i suoi soldati che malmenano i contadini, bruciano le fattorie, portano via il bestiame: credono così di ottenere informazioni su William Quantrill detto il Colonnello, a capo di un esercito irregolare filosudista che fa azioni di guerriglia contro i nordisti. Sarà una banda di ragazzini guidata proprio da Jesse e Frank a sfidarlo, nonostante i pericoli.

Guido Sgardoli ha la capacità della grande narrazione d’avventura e riesce a mantenere il respiro giusto per la storia anche per una misura breve come quella di questo libro; anzi, riesce a costruire un testo che è proprio giusto così, che si presta, col suo ritmo, ad essere letto ad alta voce, che porta dentro l’azione e cattura.

La nuova collana “Libri corsari. Piccole storie fuorirotta” segna l’esordio nella letteratura per ragazzi della casa editrice Solferino e propone grandi avventure ribelli, in un formato agile, testi illustrati con meno di novanta pagine che incontreranno il favore anche dei lettori che si spaventano di fronte a troppe pagine; danno imbeccate a scoprire mondi nuovi, a viaggiare almeno e intanto con la fantasia o a incuriosirsi alle epoche storiche in cui sono ambientati e a personaggi realmetne esistiti (come Quantrill, in questo caso)grazie anche agli approfondimenti finali e alla nota del curatore Pierdomenico Baccalario, che chiude ciascun tomo. Peccato non trovarci una minima nota su autori e illustratori.

Gli altri due titoli per ora disponibili sono “Il terribile testamento di Jeremy Hopperton” scritto da Davide Morosinotto e “Polvere nera” di Miriam Dubini, di cui parleremo a breve.

Guido Sgardoli – ill. Margherita Travaglio, Arrivano i fratelli Hood, Solferino 2018, 87 p., euro 10

Correndo sul tetto del mondo

30 Giu

Tash vive con la famiglia in un villaggio del Tibet e ben conosce le regole e i limiti imposti dalla dominazione cinese. Sa di non poter indossare gli abiti tradizionali, di non poter cantare certe canzoni né di poter pronunciare il nome del Dalai Lama. Per di più, i genitori fanno parte della rete di resistenza e il padre, giornalista del giornale locale, scrive volantini e opuscoli distribuiti clandestinamente per far circolare notizie vere su quel che sta succedendo. Quando un uomo, in segno di protesta, si dà fuoco sulla piazza del mercato per attirare lo sguardo dell’opinione pubblica sulla situazione, le case del villaggio vengono perquisite e i genitori arrestati.

La ragazzina, in compagnia del suo miglior amico e di due yak, decide di passare le montagne per raggiungere l’India e incontrare il Dalai Lama, nella speranza che possa salvare i genitori. Nel libro che il padre le ha affidato è nascosto un messaggio cifrato che sarà rompicapo e aiuto lungo il cammino, costellato ovviamente di incontri con persone amiche, scontri con i soldati, imprevisti e perdite. Anche l’arrivo in India non corrisponde esattamente alle aspettative della ragazzina, che sarà invitata a tener viva la speranza, che spesso può portare all’inaspettato.

Un libro che con una bella scrittura coinvolgente e senza retorica porta il lettore in un mondo e in una cultura spesso poco conosciute, dando occasione per approfondire non solo la cultura, ma anche una parte di storia e di resistenza a regimi e imposizioni.

Jess Butterworth, Correndo sul tetto del mondo (trad. di Giulia Guasco), San Paolo 2018, 256 p., euro 18

Léonie si sposa

22 Mag

Un albo giocato principalmente sul bianco e nero mette in scena una ragazzina in bicicletta che corre al matrimonio di un’amica più grande. Sono poche righe eppure si capisce subito che è tempo di guerra: ecco gli aerei degli Alleati che fanno piovere volantini sulla campagna, ecco l’elmetto di un soldato tedesco che sbuca tra le spighe mentre la bambina si china a prendere uno dei fogli, caduti come lucciola di speranza, da portare in dono agli sposi.

Le illustrazioni e il tratto caratteristico di Sonia Maria Luce Possentini sono perfette per questo breve testo: con la loro resa fotografica sembrano proprio giuste per accompagnare una storia vera, un attimo di Storia vissuta dalla nonna dell’autrice che, come viene ricordato, lo raccontava con tanta emozione. Si emozionerà anche il lettore per le pagine di Storia che si fanno quotidianità, per la semplicità esatta e spontanea dei gesti (la mano tesa del soldato, la corsa in bicicletta, la gioia negli occhi della sposa), per il colore che torna lento nelle pagine finali, piano piano, fino all’esplosione del campo di grano: cosa c’è in natura che prorompa in gioia quanto un campo di grano maturo contro il cielo, all’improvviso dietro una curva, proprio come qui appare al voltare della pagina?

Il testo dice appunto di un singolo momento privato all’interno dei grandi giochi della Seconda Guerra Mondiale; sarà prezioso per chi racconta oggi questo periodo storico e la Resistenza: permette di dire il punto di vista del quotidiano, il come gli ingranaggi si muovano nei momenti di ogni giorno e i biglietti che annunciano la Liberazione e la libertà abbiano avuto un senso grande per ciascuno di coloro che – più o meno inconsapevolmente – aspettava. Per questo mi piace il gesto della bambina che porta il volantino fra i denti mentre riprende a pedalare verso la cerimonia; mi fa pensare agli animali che portano in bocca i loro cuccioli, mi dà un senso di cura infinita, di preziosità di quel che viene portato: un annuncio, una speranza, un segno tangibile della svolta vicina, il miglior regalo che si possa portare ad una festa.

Il libro è stato pubblicato con il contributo dell’ISTORECO (Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea) di Reggio Emilia.

Isabelle Wlodarczyk – Sonia Maria Luce Possentini, Léonie si sposa (trad. di Andrea Casoli), Corsiero 2018, 28 p., euro 16

La guerra di Catherine

19 Gen

Questo fumetto nasce dall’omonimo romanzo di Julia Billet, pubblicato nel 2012 dall’École des loisirs, a cui Claire Fauvel regala una veste grafica che rende ancora più vicino al lettore la narrazione, permettendogli tra l’altro di ritrovare la storia della Maison des enfants de Sèvres, fondata nel 1941 inizialmente per dare un tetto ai bambini della regione parigina vittime delle restrizioni alimentari e attiva fino al 2009 con funzioni diverse, ma dove in realtà furono salvati clandestinamente durante la guerra più di sessanta bambini ebrei. In questa scuola, dove fu nascosta Tamo Coehn, madre dell’autrice,  lavorarono pedagogisti d’avanguardia che portavano avanti parallelamente un forte impegno civile; il libro rende omaggio e a tutte le persone impegnate in vari modi sul fronte della Resistenza.

Attraverso la storia di Rachel Cohen, affidata dai genitori alla Maison, il lettore segue l’incalzarsi degli avvenimenti: non è la guerra fatta di combattimenti e linea del fronte, ma quella della violenza sottile di ogni giorno che priva i bambini della propria identità, degli adulti che rischiano la vita per cercare di salvarli, della fuga continua. C’è la guerra quotidiana per trovare cibo, per passare indenni i controlli d’identità; ci sono i cambiamenti e le miserie che la nuova condizione impone.

Diventata Catherine Colin, Rachel posa il suo sguardo sul mondo attraverso l’obiettivo della macchina fotografica: appassionatasi grazie al marito della direttrice della scuola e capace di sviluppare i rullini, rimarrà salda alla sua Rolleiflex in balia degli eventi. Fotografare diventa il suo modo di resistere, di tenere alto lo sguardo e di testimoniare quel che sta accadendo attraverso le immagini che scatta. Fotografare diventa anche il mezzo che le permette di rimanere se stessa nonostante la falsa identità, il mezzo che la condurrà fino alla festa nella Parigi liberata e al ritrovare le persone che ha incontrato lungo il cammino, per affacciarsi poi su una nuova vita, dove la fotografia continuerà ad avere una parte importante. Il libro infatti ha il pregio di spingersi un poco oltre la fine della guerra e di riflettere sulle tracce lasciate nelle persone; le fotografie sono invece la traccia che Rachel utilizza per narrare, per testimoniare e anche per resistere e sentirsi viva.

Il fumetto è finalista – peraltro in ottima compagnia – nella sezione ragazzi al festival di Angoulême, che si tiene a fine mese.

Julia Billet – Claire Fauvel, La guerra di Catherine (trad. di Elena Orlandi), Mondadori 2018, 168 p., euro 18