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Bethany e la Bestia

21 Apr

bethany e la bestiaChe gran divertimento questo romanzo, in cui si ride della grossa, specie nella sua prima parte. Uno di quei libri da condividere ad alta voce, intorno a cui fare gruppo prendendo le parti della terribile Bethany nel suo confronto con la bestia e non solo. Bethany è una ragazzina che ha perso i suoi genitori molti anni prima e che vive nell’orrendo orfanotrofio gestito dalla signora Fizzlewick; è l’ospite più ingestibile, non perde occasione per fare scherzi di ogni tipo e, in modo particolare, perseguita con angherie varie un altro ragazzino a cui ruba costantemente i fumetti. Eppure è proprio lei che l’altrettanto orribile Ebezener Tweezer sceglie di portarsi a casa, con scopi meno nobili del darle l’amore di una nuova famiglia. Sotto le apparenze eleganti, gentili e giovanili infatti si nasconde un uomo di cinquecentounidici anni che ha stretto un pasto con il mostro che vive in cima ai quindici piani del suo palazzo. Tweezer è avido e ama il lusso; la bestia sputa dalla sua bocca tutto quel che le viene richiesto, oltre un elisir di lunga vita che – ingerito una volta l’anno – gli permette di mantenere il fisico di un ventenne e di godersi delle sue spropositate ricchezze. In cambio deve solo nutrirla con quel che desidera. Tutto funziona regolarmente fino al giorno in cui, al culmine di un crescendo di richieste di animali esotici, la Bestia decide di voler assaggiare un bambino.

Divertente, ma anche sottile nel dire l’animo umano e i sentimenti, il romanzo, già tradotto in trenta paesi, diventerà un film prodotto da Warner Bros. Intanto godetevi la lettura.

Jack Meggit-Phllips – ill. Isabelle Follath, Bethany e la Bestia (trad. di Giulia De Biase), Rizzoli 2021, 235 , euro 16,50, ebook euro 9,99

Come uccidono le brave ragazze

13 Feb

come uccidono le brave ragazzeUn giallo ben dettagliato e avvincente che permette al lettore di seguire la ricostruzione che la protagonista fa degli avvenimenti avvenuti cinque anni prima nella cittadina in cui vive. Pippa, diciassettenne prossima a scegliere il college e affascinata da misteri e indagini, sceglie come tema della tesina di fine anno scolastico la scomparsa di Andie Bell, una delle ragazze più popolari della scuola, avvenuta appunto anni prima in circostanza alquanto misteriose. Il corpo della ragazza non è mai stato ritrovato e il caso è stato archiviato come omicidio nel momento in cui, in un messaggio lasciato al padre prima di suicidarsi, il ragazzo di Andie, Sal Singh, se ne è autoaccusato. Ma Pippa è convinta che Sal non abbia commesso un omicidio, bensì ne sia stato vittima lui stesso: lo ha conosciuto come una persona attenta, gentile e sempre dal lato giusto che l’ha aiutata contro i bulli che l’avevano presa di mira al primo anno. L’idea che ha di Sal le viene confermata dal fratello minore di lui che la affianca nelle indagini. Con una vera e propria ricostruzione del caso, fatta di ricerca di indizi, interrogatori, piste da seguire e minacce da affrontare, Pippa e Ravi risalgono nel tempo, mettendo in luce i lati oscuri di molti dei loro conoscenti e i meccanismi perversi e dolorosi che regnano in famiglie così diverse, sotto l’apparenza perfetta, da quelle in cui loro sono cresciuti.

Il romanzo fa un’accoppiata perfetta con la serie Riverdale: anche qui si scoprono i segreti e la doppiezza morale di una cittadina in cui tutti sono pronti ad additare i colpevoli (la famiglia di Sal vive isolata e segnata dagli sguardi e dalle dicerie dei concittadini) e dove ciascuno nasconde ben più di quanto si possa immaginare. Del resto anche questa storia, di cui uscirà presto un seguito, è stata opzionata per diventare una serie tv e sembra davvero aver tutti i numeri per tenere col fiato sospeso anche gli spettatori.

Holly Jackson, Come uccidono le brave ragazze (trad. Paola Maria Bonora), Rizzoli 2021, 464 p., euro 17, ebook euro 9,99

La ragazza degli orsi

19 Dic

ragazza orsiSe avete letto La casa che mi porta via non potete che riconoscere lo stile di Sophie Anderson e i suoi temi: torna la casa con le zampe di gallina, torna una Baba Yaga che accompagna le anime oltre il cancello, torna un sapere fiabesco che attinge a patrimoni fiabeschi, orali e no, per raccontare la ricerca di sé stessi.

Yanka sa che la sua mamma adottiva l’ha trovata a due anni fuori dalla grotta dell’orsa e l’ha portata al villaggio, crescendola con tutto l’amore possibile. Eppure lei si sente di appartenere ad un altro mondo, attratta irresistibilmente dalla foresta da cui le viene detto di stare lontana, affascinata dalle storie che Anatoly racconta seguendo le trace di una vecchia mappa. Yanka cuce inseme pezzi della propria storia: l’orsa, una madre principessa, una maledizione… Fino a quando le spuntano gambe pelose da animale: non solo sovrasta in altezza gli altri dodicenni del villaggio, ma si risveglia da un incidente col chiaro segno che qualcosa la lega all’animale che abita la grotta dove è stata trovata. E quando si accorge di capire il linguaggio degli animali che ha intorno, capisce di doversi addentrare nella foresta per un viaggio iniziatico che la porti a ricostruire la storia della sua famiglia e a capire quale sia il suo posto nel mondo.

La narrazione procede intessendo nella trama le storie dei vari personaggi che permettono a Yanka di avere un quadro di insieme, di capire chi fossero i suoi nonni e i suoi genitori, cosa è successo, chi le vuole bene davvero. Racconti dentro il racconto che rendono, insieme alle splendide descrizioni di flora e fauna, il libro adatto all’ascolto e a essere letto ad alta voce. 

Sophie Anderson – ill. Katherine Honesta, La ragazza degli orsi (trad. di Loredana Baldinucci), Rizzoli 2020, 384 p., euro 17, ebook euro 9,9

Gli inadottabili

14 Dic

inadottabiliMi hanno chiesto durante un corso in settembre perché non avessi parlato di questo libro; risposta semplice: non lo avevo ancora letto. Se ne stava in attesa in una pila, ad aspettare il momento propizio, la neve, il fuoco scoppiettante, il giusto tempo per una storia di quelle da leggere a puntate ad alta voce, dal sapore di avventura, un pizzico dickensiano col suo fascino ottocentesco da bruma e orfanotrofio.

Ad Amsterdam arrivano all’orfanotrofio del Piccolo Tulipano nel 1880 cinque orfani in fasce che non corrispondono affatto alle tre regole da seguire per l’abbandono dei neonati. Piovono dal calendario, uno per mese tra agosto e dicembre, e hanno ciascuno qualcosa di diverso: chi sei dita per mano, chi tratti somatici che parlano di mondi lontani, chi sguardi inquietanti o braccia e gambe fuori misura. Difficile trovar loro un nome, impossibile trovar loro una famiglia. Dodici anni dopo sono ancora lì, nel gelo delle stanze a mettersi in riga ogni volta che si palesa una famiglia e la direttrice cerca di fare i suoi loschi maneggi (vende i bambini per ingenti somme di denaro senza registrare tute le adozioni). Quando uno strano figuro che si spaccia per ricco mercante pronto a salpare su una nave lussuosa vuole adottarli, i cinque scappano, facendo leva sulle qualità e le abilità di ognuno e capitanati dal desiderio di Milou di trovare la sua famiglia: è l’unica che possiede un riferimento – un nome ricamato sulla marionetta con cui è stata abbandonata – e degli indizi che conducono a un mulino in rovina fuori città, di cui si dice che il proprietario sia fuggito proprio dodici anni prima insieme all’unica figlia. Milou cuce da sempre teorie sulla sua famiglia e quando nel granaio scopre un teatro si convince di essere a casa; molti indizi potrebbero confermarlo, ma i conti non tornano, come la strana vicina di casa, un’orologiaia che vive tra meccanismi e ingranaggi e li scruta misteriosa. Sarebbe molto più semplice restar sulla soglia, non dare confidenza, rimanere ai margini, eppure è bello avere una casa, del cibo, sentirsi una famiglia, fingere di avere un adulto accanto per provare a cavarsela da soli. Ma il finto mercante incrocia la loro strada di nuovo; la  terribile direttrice torna a reclamare quel che è suo e il passato bussa insistente per rivelarsi altro da quello che i bambini hanno immaginato. Intanto loro hanno scoperto il significato di famiglia e di casa e il fatto che non è necessario avere legami di sangue per sentirsi appartenere gli uni agli altri.

Narrazione ricca e avvincente che parla di diversità e di vita in buon modo, senza voler insegnare qualcosa, ma raccontando, allestendo una storia sul palcoscenico di un libro che si fa leggere volentieri a voce alta.

Hana Tooke – ill. di Ayesha L. Rubio, Gli inadottabili (trad. di Giulia De Biase), Rizzoli 2020, 416 p., euro 17, ebook euro 9,99

Qui nel mondo reale

7 Dic

qui nel mondo realeWare ha undici anni e mezzo ed è stato mandato per l’estate dalla nonna. Pensava di odiare il posto, invece ha scoperto quanto nell’acqua della piscina si senta a proprio a gio e di come la nonna (dal piglio decisionista, non per nulla soprannominata in famiglia Manovre Generali, dotata di una bella dose di ironia) capisca quanto gli piaccia stare da solo e non lo distolga dal “suo mondo” in cui può stare immerso per ore. L’idillio finisce quando la donna cade, si rompe le anche e Ware torna a casa condannato a due mesi di centro estivo. Il ragazzino sa di essere una delusione per i genitori, iperprotettivi nei suoi confronti, presi dai doppi turni per poter comprare la nuova casa, incapaci di ascoltare il loro unico figlio. Continua a pensare al binomio dentro/fuori, a quello che prova e che non riesce a dire, a come si possa applicare alla realtà intorno. Finché durante un’attività evade dal centro estivo e scopre un terreno abbandonato proprio lì dietro, accanto a una chiesa mezza abbattutta in cui una tenace ragazzina sta coltivando centinaia di piante di papaya. Scontrosa, un po’ saccente e chiusa a riccio, ma poco a poco Jolene e Ware si addomesticano e lui cerca di aiutarla in un compito che lei ritiene vitale per se stessa: prendersi cura delle piante, avere un giardino di cui occuparsi. Jolene è misteriosa sulla sua famiglia, Ware si sente inadeguato a ogni cosa, ma nel contempo stranamente a suo agio, e decide che quella sarà la sua estate: fingere di frequentare il centro, passare sistematicamente nel giardino sul retro, annaffiare, costruire, cercare una soluziona alla vendita all’asta dell’area, salire ogni tanto sulla torre per vedere tutto dall’alto (perché quel punto di vista fa scoprire l’inatteso e l’insospettabile). Le papaye crescono, insetti e bestiole tornano a vivere nel fossato intorno al terreno, Jolene fa risuonare la sua risata nel caldo del pomeriggio, Ware si impegna a sperare di rinascere migliore.

In una continua metafora che intreccia la sacralità di quel che il luogo è stato e di cosa possa significare rinascere, il romanzo racconta lo sguardo di due ragazzini su se stessi e sull’altro e dell’altro si prendono cura e la partecipazione di adulti che sanno guardarli davvero e indirizzarli senza darlo a vedere (la nnona e lo zio di Ware; Walter, il barista che tiene d’occhio Jolene). A guardare impara anche Ware, quando lo zio gli reagala la sua videocamera diseconda mano e gli spiega che ognuno ha un compito. Con un finale agrodolce, giusto, che mette le ali. Del resto, il romanzo viene dall’autrice di Pax, e non è poco.

Copertina e illustrazioni di Jon Klassen.

NB: e comunque, quando arrivate a pagina 40, non è già tutto lì? Non sono esattamente Tim e Lovejoy di Rumer Godden? Andate a riprendere Nella città una rosa e ditemi se non è vero…

Sara Pennypacker, Qui nel mondo reale (trad. di Paolo Maria Bonora), Rizzoli 2020, p. 300, euro 17,00, ebook euro 9,9

I ladri di New York

23 Nov

ladri new yorkHo talmente parlato di questo libro nelle diverse formazioni di questi ultimi due mesi che solo ora mi accorgo di non averlo presentato qui (cosa che è accaduta anche per altri titoli usciti ultimamente! Li porto a spasso negli incontri con insegnanti e bibliotecari e poi mi rendo conto di averli dati per scontati sul blog). Un nuovo romanzo di Katherine Rundell è sempre da festeggiare, per la qualità alta della scrittura e per la facilità con cui la storia si spiega sulle pagine, tra frasi ad effetto, descrizioni perfette, capacità di far finire il lettore dritto dritto in quel preciso luogo e tempo e di farcelo sentire a casa. In questo caso il fascino è ancora maggiore in quanto l’autrice ci porta nella New York degli anni Venti e al fascino della città si unisce quello del circo, un mondo a sé nell’universo dela metropoli, e ancora una storia di famiglia, una dimora dalla storia affascinante e il cammino dei protagonisti che incrocia i modi bruschi dei gangster cittadini.

Così come nel precedente, al centro della narrazione c’è un gruppo di quattro ragazzini, una banda che va a formarsi non per caso: caratteri diversi, provenienza diversa, età differente, ma in tasca a ciascuno la certezza di avere sogni che non sempre corrispondono a quel che da loro ci si aspetta e la voglia di affermarsi e di scegliere. Al centro del gruppo, ancora una volta nelle narrazioni di Rundell, una protagonista femminile di nome Vita e che di vita straborda, una ragazzina intraprendente e forte, forgiata negli anni dai suoi adulti – la mamma e i nonni – che sanno benissimo che la sua vita non sarà semplice, visti i postumi che la poliomielite le ha lasciato addosso, e quindi è il caso che al suo aspetto fragile corrisponda un animo temprato e qualche abilità precisa, tipo… lanciare sassi come si deve! Vita zoppica e traballa nel suo equilibrio fisico sghembo, ma va dritta alla meta nelle sue intenzioni: vuole restituire al nonno quel che ha perduto, riprendersi quel che appartiene alla sua famiglia e di cui si è impossessato un malavitoso con un inganno. Insieme ai suoi alleati, si fa in quattro, combatte, studia e pianifica e brilla, col rosso dei suoi stivali e la luce dei suoi occhi. E cerca di trovare un rimedio, non potendo far altrimenti perché “l’amore ha un modo tutto suo di non darti scelta”.

Forse un po’ lungo nella sua seconda parte di inseguimenti e fughe, è un’ottima narrazione anche da leggere ad alta voce.

Katherine Rundell, I ladri di New York (trad. di Mara Pace), Rizzoli 2020, 270 p., euro 16, ebook euro 9,99

Un attimo perfetto

10 Ott

attimo-perfettoCi sono giorni in cui non puoi proprio evitare di scrivere di quello che leggi, anche se è un romanzo che gira da qualche mese e che tu recuperi solo ora. Magnifica perfezione, Meg Rosoff: il suo ultimo romanzo edito da Rizzoli è privo di sbrodolature ed eccessi; c’è tutto quel che serve, asciutto al punto giusto e dimostra la capacità di scrittura, sia nello scegliere la trama, sia nel piazzare frasi ad effetto (ché mica le piazzerà apposta, ma le vengono proprio perfette) e colpo di scena finale. La bravura dell’autrice sta innanzitutto in questo: tira una corda su cui posa il lettore che si trova davanti quel che la protagonista narra e appollaiato su una spalla quel che sa succederà. Perché si sente fin dall’inizio che arriverà qualcosa a spezzare la magnifica perfezione indolente e cameratesca delle estati della famiglia della ragazza che narra in prima persona.

Da sempre, lei, i genitori, le due sorelle minori ora di sedici e quattordici anni e il fratello più piccolo, lasciano Londra per trascorrere sei settimane di vacanze al mare, nella bizzarra casa di famiglia a cui è stata aggiunta una dépendence dépendance utilizzata dalla cugina del padre e dal compagno. Un tempo sospeso fatto di rituali, complicità, lentezza e meccanismi ben oliati che vengono sconvolti dall’arrivo di due ospiti, due fratelli opposti quanto il giorno e la notte, uno brillante e affascinante, l’altro taciturno e scontroso, quasi invisibile. La protagonista, che osserva e disegna la realtà che la circonda, vede cambiare le dinamiche famigliari, la sorella di cui tutti lodano la bellezza innamorarsi dell’ospite brillante, il modo in cui lui comincia a giocare con lei e non solo; interpreta i segni che l’altro fratello cerca di mandare; subisce l’onda che cambia tutto.

Un romanzo di formazione imperdibile e senza tempo, che resterà come un classico negli anni a venire. Un romanzo che parla dell’amore, della luce che alcuni succhiano a coloro che dicono di amare e del luccichio sommerso che altri regalano se ti dai il tempo di vederlo; che sottolinea come si possa brillare quando qualcuno ti convince che sei speciale; che dice della dignità con cui puoi portare le ferite e della possibilità di risorgere dalle ceneri, ma anche di come certe perfezioni infrante fanno sì che coloro che si sono feriti ne portino addosso la mancanza per sempre.

Meg Rosoff, Un attimo perfetto (trad. di Claudia Manzolelli), Rizzoli 2020, 208 p., euro 15, ebook euro 7,99

Il dotto De Soto

11 Giu

dottor de sotoRizzoli prosegue nella pubblicazione degli albi di Steig in un grande formato che agevola il godimento delle illustrazioni e la condivisione nella lettura ad alta voce. Tocca alla coppia formata dal topo dentista De Soto e dalla moglie, sua assistente nello studio dentistico che cura con bravura tutti gli animali tranne “gatti o altri animali pericolosi” come recita l’insegna. Eppure, quando si presenta una volpe con un gran mal di denti si lasciano intenerire e passa avanti la missione di curare… per poi dover inventare un piano onde evitare di essere mangiati dal loro paziente! Ma l’astuzia vince, in un albo che piacerà a chi cerca storie dove vincono l’onestà e la capacità di architettare un piano per raggirare chi si crede più furbo.

Sono albi che funzionano bene anche come proposta di prima lettura per chi ha cominciato a muoversi agilmente tra i testi. Questo è stato insignito del National Book Award nel 1983.

William Steig, Il dottor De Soto (trad. di Mara Pace), Rizzoli 2020, 40 p., euro 16

Perché dovresti leggere libri per ragazzi anche se sei vecchio e saggio

25 Feb

Arriva in libreria oggi questo breve saggio di Katherine Rundell uscito in inglese in estate. Chi conosce i suoi romanzi ritroverà la stessa bella scrittura, chiara e onesta, a servizio questa volta della letteratura per ragazzi nell’appassionato intento di far vedere le sue potenzialità anche a quei lettori adulti che la disdegnano e pure a quegli scrittori che, come Martin Amis, dichiarano che potrebbero scrivere un libro per ragazzi solo e magari se fossero colpiti da danno cerebrale.

Attingendo alla sua esperienza di lettrice, sia bambina che adulta, Rundell parla dell’importanza della lettura e di certi libri: questo è il primo punto fondamentale, non si parla di tutti i libri per ragazzi, ma di quelli che riconoscono ai ragazzi “il diritto di godere di storie ricche e complesse”. Parla delle  biblioteche e del loro ruolo prezioso. Fa un rapido quanto chiaro excursus sullo sviluppo storico della letteratura rivolta ai più piccoli, parla della fiaba e del suo ruolo fondativo, delle potenzialità dei romanzi per ragazzi che dicono di speranza, coraggio, generosità, della loro valenza politica. C’è un capitolo a mio avviso molto importante sulla necessità di trovare voci nuove; rifacendosi a uno scritto di Ishiguro, Rundell sottolinea l’investimento da fare verso culture letterarie meno conosciute. Sono citati alcuni autori imprescindibili, classici, del recente passato e del presente: ed è una gioia per me trovare Lissa Evans (avete presente Pochi spicci per Stuart e Cuore di contrabbando, vero?!?).

Non leggo queste righe come una “appassionata difesa della letteratura per ragazzi” come qualcuno l’ha presentato. Più che “difesa” mi pare un mettere in luce, un dire in modo molto piacevole e con una forte presa su chi leggerà cose importanti, certo non nuove per chi si occupa del mestiere, ma da ribadire. La differenza qui la fa, come in generale nella vita, il modo: chi ha avuto occasione di incontrare l’autrice, sa come abbia quella dote così preziosa quanto rarissima che è la grazia, quella caratteristica che fa’ sì che dalla persona che la possiede venga una luce che rende potente quello che dice, i gesti che fa anche se non si mette mai al centro. Proprio per il modo in cui dice, questo breve saggio è prezioso: è accessibile, ironico, pungente e necessario.

Di tutto, scelgo una parola che Rundell sottolinea: distillare. Scrive: “La letteratura per ragazzi richiede di distillare: i romanzi migliori sanno rendere la speranza, la rabbia, la gioia, la paura nelle loro forme più pure e archetipiche”. La metto accanto a “raboter”, il piallare che Timothée De Fombelle indica fondamentale per lo scrittore come per il falegname, per andare il più possibile vicino al cuore di quel che si vuole dire.

Katherine Rundell, Perché dovresti leggere libri per ragazzi anche se sei vecchio e saggio (trad. di Stefania Di Mella), Rizzoli 2020, 64 p., euro 10, ebook euro 5,99

Il secondo lavoro di Babbo Natale

22 Nov

Che cosa succederebbe se Babbo Natale perdesse il lavoro? Lui è abituato a stare in vacanza da gennaio a novembre per poi affannarsi un mese solo; è un tipo tranquillo che si propone sempre di andare in palestra e non lo fa mai e ha solo due renne perché le altre le noleggia con l’avvicinarsi della festa. Eppure capita proprio questo nel racconto scritto da Michele D’Ignazio: le Poste Internazionali hanno i conti in rosso per cui decidono che al posto delle letterine si può fare una wishlist sul tablet e che i regali verranno consegnati dai droni. Babbo Natale viene licenziato; gli tocca rispondere agli annunci lavorativi e scoprire quanto è arduo trovare un lavoro adatto a lui. Finisce a fare il netturbino, condividendo raccolta differenziata e pulizia delle strade con la collega Befana e incappando nelle letterine di una vicina di casa, a cui non ha mai risposto.

Se cercate una storia a tema natalizio che possa funzionare in lettura ad alta voce, eccovi accontentati. Non dimenticatevi però di mostrare anche le illustrazioni di Sergio Olivotti, il cui tratto sembra davvero essere perfetto per accompagnare queste pagine.

Michele D’Ignazio – ill. Sergio Olivotti, Il secondo lavoro di Babbo Natale, Rizzoli 2019, 83 p., euro 15