Dopo i giorni di Fiera e i sonni pasquali, raccolgo impressioni, materiali, appunti, incontri, libri, chiacchiere che ho portato a casa da Bologna.
Nell’incontro di lunedì mattina in apertura del Caffè Autori, a fare il punto sulla narrativa dell’ultimo anno insieme a Nicola Galli Laforest, Eros Miari e Anselmo Roveda, ho risposto al “Che serve? Dove andiamo?” dicendo della necessità – a mio avviso – di un inevitabile e impellente ragionamento sul digitale (tanto più appunto se parliamo di narrazione) e di prodotti che sappiano rispondere alle necessità dei ragazzi nativi che abbiamo davanti, che sappiano convivere con il cartaceo in quella parità di valenza che per i ragazzi sarà la norma e che spesso invece noi operatori del settore tendiamo a dimenticare (importerà il “dentro”, il contenuto, la storia, l’informazione: la loro qualità più che il supporto). Giovanni Nucci, che coordinava l’incontro, l’ha definito “un intervento a gamba tesa” e io ho pensato a come fossi arrivata a quel momento basita dalle riflessioni sulla giornata precedente passata al TOC.
Dove penso bastassero le dita di una persona (le mani, forse appena la necessità di aiutarsi coi piedi) a tenere il conto degli italiani presenti e dove abbiamo visto sfilare sotto i nostri occhi principalmente due tipi di intervento: presentazione di dati o spot del lavoro di case editrici che possono permettersi di lavorare in grande (e forse quelle possibilità potrebbero spenderle non tanto per i brand…). Poi nei vari panel sono sfilati interrogativi come quelli posti da Paolo Canton, l’editore di Topipittori, sulla necessità di trovare un linguaggio comune tra editori e tecnologia; buone pratiche come l’app Una valigia spaziale raccontata da Elena Baldini e nata per i laboratori condotti coi ragazzi della scuola primaria nell’ambito di BergamoScienza dello scorso autunno (a breve disponibile gratuitamente su AppStore); esperienze di editori e produttori come Ardozia, Mindshapes, Achtoons,
Tra i pochi italiani al TOC, i ragazzi di Apogeo che in questo post sintetizzano la giornata, con una conclusiva notevole nota di ottimismo: “La sensazione che resta addosso è che l’editoria per ragazzi detti l’agenda per tutti, adulti compresi: contenuti prodotti e distribuiti a seconda delle diverse esigenze, centralità dell’esperienza utente, accresciuta consapevolezza sulla concezione e lo sviluppo dei prodotti, lo sguardo lucido di chi sa che non c’è una soluzione buona per tutti”. Ecco, questa sensazione non vale però per il panorama italiano. Se “l’editoria per bambini e ragazzi sta dettando le regole del mercato digitale”, come scrivono qui, (ma davvero?), a che punto sta il mercato italiano?
E la domanda la faccio perché non penso a quello scenario post book in cui le grandi case editrici lavorano per costruire brand in cui immergere il proprio pubblico, fidelizzandolo a un personaggio, a un autore, a una serie che sia presente su tutti i supporti e i canali di comunicazioni possibili. Ma perché penso che tutti siamo interessati ad offrire a bambini e ragazzi non un brand fine a se stesso, ma un prodotto di qualità e, in campo narrativo, una buona storia.
Se la carta vincente è ancora una volta confrontarsi e scambiarsi idee, pareri e paure, allora la formula del TOC non è di certo quello che ci serve per costruire qualcosa di buono: non serve ascoltare grandi spot delle maggiori case editrici attive in campo digitale o continuare a far scorrere i dati di ricerche e sondaggi (per quanto basilari, per quanto necessari, per quanto le uniche parti veramente interessanti del TOC quest’anno); non servono relazioni da un palco; non ha senso che i costi di partecipazione alla giornata siano così elevati per la maggior parte delle tasche di chi (autore, illustratore, operatore del settore, piccolo editore, bibliotecario, libraio, insegnante) può essere interessato agli argomenti: Exhibitor at Bologna Children’s BookFair €349+VAT; Non-exhibitors €399+VAT; Students/Teachers/Librarians/Illustrators €149+VAT. E questi prezzi non giustificano le quattro ottime pause-merenda e il buon lunch… dovrebbero farti tornare a casa con la pancia piena e con la testa brulicante di idee e di curiosità.
Così stamattina ho guardato con notevole entusiasmo alla proposta del Bookcamp jeunesse, organizzato per il prossimo 11 aprile a Parigi da DéclicsKids e Tralalere. Una mezza giornata di confronto e scambio di idee in cui ci si confronta in sessioni che affrontano questi argomenti: creare nuove esperienze di lettura; adattare le collezioni cartacee; quali strumenti e quali formati per quali opere e quali supporti; come distribuire, diffondere e promuovere l’offerta digitale per i ragazzi; gli usi del digitale a scuola. Viene espressamente detto dagli organizzatori che il Bookcamp non è una conferenza, non è un convegno e neanche una tavola rotonda, ma un momento di confronto a cui tutti sono invitati con idee, domande, esperienze, problemi. Dove al termine della giornata si fa un riassunto delle sessioni parallele in modo che tutti possono avere un’idea generale e dove si possono presentare i propri progetti (in 9 slide e 3 minuti massimo 🙂 )
Il 26 marzo il Bookcamp era già sold out: raggiunto il massimo delle iscrizioni, lista d’attesa per la partecipazione, ipotesi di un prossimo BCJeunesse in Belgio. Il 24 marzo alla sessione plenaria di inizio TOC quanti eravamo nel grande auditorium? 150 persone mal contate? Compresi editori, speakers dei vari panel della giornata, accrediti stampa.
Forse il mio entusiasmo mattutino sarà eccessivo, ma continuo a credere che scambi meno formali e più concreti di idee, problemi, errori, perplessità e buone pratiche (che magari sono per ora solo immaginate o che non riescono a camminare sulle proprie gambe per mancanza di fondi o che cercano una certa professionalità ancora non incontrata) sarebbero e saranno – perché voglio essere ottimista – forieri davvero di concretezza.
Quindi, organizziamo un Bookcamp italiano? 🙂
Tag:Bologna Children Book Fair 2013, nativi digitali, ragazzi e digitale, TOC 2013
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