Il Salon du livre et de la presse jeunesse di Montreuil ha chiuso lunedì 5 dicembre la sua 34ma edizione e, con 179.000 visitatori, batte tutti i record precedenti (qui avete tutti i dati e un bilancio di questa edizione). Ormai assestato su una formula vincente che permette l’accesso gratuito regitrandosi on line e favorisce non solo le classi, ma soprattutto la presenza delle famiglie nel fine settimana (il salone si svolge tradizionalmente dal mercoledì al lunedì, quest’ultimo giorno dedicato specie nel programma di incontri ai professionali come insegnanti e bibliotecari), ha dovuto vedersela nelle settimane precedenti l’apertura con la polemica montata intorno alla presenza tra gli stand di McDonald, con tanto di lettera aperta degli autori capeggiati da Claude Ponti.
Orfano dello spazio dedicato alla produzione digitale dopo il triennio in cui il salone era stato partner del progetto Transbook ora terminato, non ha saputo dare altrettanta visibilità a chi si occupa di app e ebook, per cui erano presenti solo alcuni editori o sviluppatori di piattaforme – come L’apprimerie e Picobo, piattaforma danese sbarcata in Francia con una scelta di qualità tra i prodotti degli editori che stanno aderendo – “persi” tra gli stand d editoria cartacea. Molto spazio invece per le riviste dedicate a bambini e ragazzi, un ambito in Francia sempre più variegato e di qualità (da Graou a Georges, da Baika a TétrasLire a Topo, per citarne alcune davvero belle). Programma ricco di incontri e occasioni di incontro e dédicaces, come sempre, sviluppato secondo il tema portante dedicato a “Nos futurs” e declinato, nello spazio delle mostre, in cinque verbi di azione che invitavano autori e illustratori a confrontarsi coi ragazzi e tutti i visitatori a costruire un sguardo nuovo sul futuro.
Di questo, come delle Pépites che hanno premiato i migliori libri, dirò sul numero di inizio nuovo anno di Andersen; mi preme invece sottolineare come il Salone abbia dato un grande spazio al tema dell’immigrazione, dell’accoglienza, aprendo lo sguardo su quello che sta succedendo e che ci interroga pressantemente ogni giorno. Uno dei verbi scelti era “trasformare”: trasformare lo sguardo attraverso storie e immagini che testimoniano i drammi di oggi, per alzare lo sguardo verso un futuro da costruire insieme. Nello spazio espositivo al piano interrato un grande muro presentava al visitatore riproduzioni di pagine di albi su questi temi e un altro muro è stato offerto a Encrages, un’associazione che si occupa da anni di promozione della lettura e dell’immagine, coinvolgendo nella attività anche un pubblico definito “in precarietà” e che sta facendo molti laboratori con gli immigranti e i richiedenti asilo, cercando visibilità attraverso le immagini. Il muro ha visto succedersi immagini e manifesti realizzati per diverse occasioni, per dire, mobilitare, prendere parte, denunciare. Sulla loro pagina FB trovate un riassunto in immagini della loro presenza al Salone, compresa la tavola rotonda di lunedì dove Carole Chaix ha coinvolto autori e illustratori impegnati come Magali Attiogbé o Ramona Badescu, già presente al festival estivo Passeur d’humanité.
Legandomi a questo tema, vi metto sotto gli occhi allora un solo libro a testimoniare quest’edizione del SLPJ: è Rue de Quatre-Vents, scritto da Jessie Magana e illustrato da Magali Attiogbé per Les Éditions des Éléphants. Ogni doppia pagina rappresenta l’immagine di una stessa strada in anni diversi, dal 1890 al 2018. Ogni pagina di destra porta un’aletta sovrapposta e apribile che racconta uno o più personaggi che compaiono nell’illustrazione; sono persone arrivate in Francia per motivi diversi e che stanno cercando un loro posto. Ci sono tante nazionalità diverse e c’è un testo conclusivo dove si sottolinea che nessuno lascia il proprio Paese per caso e come la Francia non abbia mai smesso, dalla fine del diciannovesimo secolo, di vedere la propria popolazione arricchirsi di persone venute da un altrove differente e spesso difficile. Si sottolinea l’accoglienza nel rispetto dei diritti umani e si ricorda che un francese su quattro ha almeno uno dei nonni nato in un altro Paese. Il personaggio che apre la galleria è Marco, con la sua fisarmonica: è un “macaroni” arrivato dal’Italia per lavorare in fabbrica, rispettato dai colleghi per il suo coraggio. Qualche anno dopo ecco un altro italiano, Giovanni, fuggito dal fascismo che lo perseguita per le sue idee libertarie. Questo libro parla ai francesi, ma dice anche agli italiani di ricordarsi di quanti loro connazionali sono partiti per luoghi più o meno vicini in anni più o meno lontani.
Scelgo questo libro e queste azioni del Salone come un segno. Se nel 2015 era l’atmosfera tra gli stand senza bambini e classi a riflettere l’attonimento di una città a pochi giorni dagli attentati, quest’anno Parigi riflette il momento particolare che si vive qui (e che rimbalza altrove e che porta il pensiero a scene italiane, tedesche e spagnole dove non si arriva per ora a tanto, ma dove sicuramente una certa rabbia potrebbe essere incanalata nei modi che si vedono qui a vantaggio di movimenti estremisti come l’iberico Vox ad esempio). Sabato in metro ci guardavamo attoniti, noi sconosciuti gli uni agli altri, ma accomunati da un unico pensiero verso l’uomo col suo gilet colorato che andava evidentemente all’assembramento per la manifestazione dei gilet jaunes e che portava in mano un’ascia, con la stessa naturalità con cui altri porterebbero un quotidiano o una baguette. Ora la città si prepara a vedere probabilmente – dicono così le ultime notizie – nelle sue strade i mezzi blindati tra due giorni.
Saper alzare lo sguardo, provare a dire, a condividere attraverso testi e illustrazioni, essere insieme per una causa giusta mi sembra importante, ogni giorno di più. E farlo attraverso quello che è il mestiere di molti di noi (che scrivono, disegnano, insegnano, fanno promozione della lettura) anche. Scrive Stéphan Servant in un testo per il SLPJ: “Chi inventa altri futuri, altri mondi possibili oggi se non la letteratura? Un tempo la politica proponeva un mondo diverso, ma si è ripiegata sul termine immediato, bloccata nel regno dell’immediatezza. La letteratura offre un respiro, apre ad altre forme di pensiero, considera altri scenari futuri. Il futuro presentato nei romanzi per adolescenti non è ridente, ma allerta sul pericolo di certe scelte; è possibile sempre – ci dicono questi romanzi – prendere un’altra strada. Lo dicono anche i racconti della tradizione. Sì, ci sono dei pericoli in un mondo pieno di draghi, orchi e fantsmi e i sentieri possono essere pieni di trappole. Ma ciò non impedisce di sventarli”. Un albo come “Rue de Quatre-Vents” che ricorda – con qualità e senza alcuna retorica anche nella sua ultima riga -come sia possibile ancora e sempre accogliere, è importante.
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