Tag Archives: fratelli e sorelle

Steccolina in Felicilandia

21 Feb

Nuovamente una bella misura da leggere a voce alta: un’avventura sospesa tra realtà e mondo onirico in un albo illustrato , un racconto lungo che si presta appunto ad essere condiviso. Un racconto prima della buonanotte, quello che Julia fa al suo bambino Daniel partendo dall’anello con una grande perla che porta al dito. Racconto di quando, bambina, scompare Tomek, il fratello maggiore, e di come – complice una scivolata su uno slittino rosso nuovo fiammante – lei sia finita in una galleria di ghiaccio e sia riuscito a trovarlo e a portarlo a casa. Finisce infatti in un regno in cui gli insetti sono enormi (o è forse lei ad essere minuscola?)  e parlano: è Felicilandia, un posto dove ci si diverte dal mattino alla sera, come le spiega il signor Jacobi, coleottero in marsina e cravattino, che scambia volentieri le lettere delle parole per infilarne altre nelle frasi. Ma lì c’è anche il granchio, che ogni anno esige un nuovo bambino da aggiungere alla schiera che già raccoglie perle per lui.

Sono belli gli insetti e le piante disegnate da Emilia Dziubak, ma sono soprattutto le pagine a sfondo nero che fanno risaltare i colori, dando ancora più fascino al racconto di Martin Widmark.

Martin Widmark – ill. Emilia Dziubak, Steccolina in Felicilandia (trad. di Alessandro Storti), Atmosphere Libri 2019, 31 p., euro 16.

Io e te come un romanzo

15 Feb

Bene, adesso che questo romanzo è tra i finalisti dell’edizione 2018 del Premio Mare di Libri, mandiamo on line la recensione. L’ho scritta felice che arrivasse in libreria un nuovo romanzo di Cath Crowley, di cui bisogna invitare i ragazzi a leggere Graffiti Moon, uscito per Mondadori nel 2011 e di una luminosità rara, che si riflette anche in questo libro. Ancora una volta, l’autrice dà prova della sua bravura nello scrivere storie a due voci, riuscendo a far vedere al lettore talvolta la stessa scena da due punti di vista differenti. Nel caso di “Io e te come un romanzo”, poi, l’intreccio di storie si amplifica ulteriormente per la scelta narrativa di ambientare la storia in una libreria dell’usato in cui esiste una sezione detta “la Biblioteca delle lettere”: i libri non sono in vendita, i clienti possono leggerli, sottolineare le parti che ritengono belle, importanti, scrivere note a margine, lasciarci dentro messaggi: ecco allora che i libri diventano anche una sorta di fermo posta tramite cui ci si scambiano lettere.

Proprio una lettera mai letta è all’origine del silenzio che per tre anni ha separato due grandi amici come Henry, figlio del proprietario della libreria, e Rachel, la protagonista che allora si era trasferita lontano con madre e fratello. Rachel torna a vivere in città, tacendo a tutti la morte del fratello e quel che ne è venuto dopo (la bocciatura, la rottura col suo ragazzo, la mancanza di senso di qualunque cosa). Torna leggera, cercando di lasciarsi dietro ogni cosa; in realtà cammina pesante del non detto, di quel che non riesce a rielaborare, del mare che le manca e in cui lei, campionessa di nuoto, non riesce più a entrare perché ci è annegato Cal. Il romanzo parla un capitolo per bocca di Rachel e uno per tramite di Henry, ma dentro ci trovate anche le storie delle loro famiglie, dei loro amici, lo splendido addomesticamento tra George, la sorella minore di Henry, e Martin, il nuovo commesso della libreria. Ci trovate la forza delle parole, di lettere singole o di epistolari nel tempo, di dediche e di discorsi fatti in testa che non si riesce a pronunciare. Ci trovate tante citazioni letterarie e consigli di lettura; una buona trama, credibile e densa; una riflessione veritiera sull’utilità delle parole e sull’importanza del dire.

Ah, il romanzo merita proprio, la copertina è tremenda. La piantate di mandare in libreria romanzi con copertine che pensiate strizzino l’occhio alle adolescenti? L’unico risultato che ottenete è una grafica orribile, una copertina banale visto il tasso di altre simili sugli scaffali delle librerie e pure che i lettori maschi manco ci si avvicinino. Questa è l’originale e valeva un bel po’ di più. Andava bene anche così.

Cath Crowley, Io e te come un romanzo (Valentina Zaffagnini), DeA 2017, 349 p., euro 14,90, ebook euro 6,99

Il ciuccio di Valdemar

19 Dic

Sono i grandi o i piccoli a decidere quando è ora di abbandonare il ciuccio? Nell’albo di Maria Jönsson la questione si risolve con quella che pare proprio una sorta di simpatica presa in giro per il papà di Valdemar, che sembra proprio aver ingaggiato una sorta di guerra con il suo cucciolo, gettandogli via tutti i ciucci (una serie di coloratissimi ciucci, per altro!) mentre la sorellina minore li utilizza ancora. Il padre insiste che il ciuccio si addice ai lupi piccoli e sventaglia tutta una serie di crudeli soluzioni: ne taglia uno, ne getta un altro nel gabinetto. È intransigente, tanto quanto Valdemar è irrecuperabile – secondo il genitore – e ben organizzato invece dal punto di vista di chiunque altro: ha nascosto bene i suoi ciucci e non importa se quello rosso è impolverato, rimane lo stesso adorabile. Ma quando la sorella perde il suo e si esibisce in una lagna insopportabile, Valdemar decide che è il momento in cui può essere grande: cede cavallerescamente il suo e va a sorprendere il papà, quasi infischiandosene della sua reazione meravigliata. I lupi grandi infatti sanno smettere quando vogliono, senza che nessuno gli fracassi le scatole e li tormenti inutilmente.

L’ironia sottile e le illustrazioni decisamente espressive mettono inevitabilmente il lettore dalla parte di Valdemar: non c’è storia!

Maria Jönsson, Il ciuccio di Valdemar (trad. di Laura Cangemi), Beisler 2017, 28 p., euro 13

Lady Agata e i tanto abominevoli yeti gentili

3 Ott
Gli Abominevoli

Gli Abominevoli

Torna Eva Ibbotson, con la sua capacità di rendere credibili anche le vicende più assurde, più strampalate e più orribili e, attraverso di esse, parlare di come va il mondo, fare un ritratto spietato degli esseri umani e dirci che comunque una possibilità salvifica c’è sempre.

A questo giro tocca a  due ragazzini, Con e Ellen, portare in Inghilterra una famiglia di yeti. Va così: molti anni prima una bambina di nome Agata che si trovava in Himalaya col padre esploratore,e era stata rapita da uno yeti e si era adattata a vivere tra quelle montagne. A differenza infatti dei luoghi comuni, quello yeti era buono e aveva bisogno di aiuto: cercava chi potesse allevare i suoi cuccioli, rimasti orfani di madre. Chi meglio di Lady agata poteva assolvere il compito, istruendo l’intera famiglia a cui si erano aggiunti negli anni una nonna e un bizzarro zio? Agata cresce e alleva gli yeti secondo le buone maniere che le sono state insegnate, invitandoli a ringraziare, a chiedere scusa alla natura, ad ascoltare storie, ad essere ducati e gentili. Quando sente la fine avvicinarsi e il pericolo imminente che i suoi amici vengano scoperti e cacciati, chiede a Con di portarli in Inghilterra, dove potranno vivere nella casa di famiglia ed essere protetti. Non è certo cosa semplice caricare gli yeti su un camion e far attraversare loro l’Europa, ma siamo – appunto – in un romanzo di Eva Ibbotson: si trova un autista complice, si superano le difficoltà, si crea qualche scompiglio nelle diverse nazioni attraversate (gli yeti hanno un alto senso della giustizia e della libertà e non esitano a dare una mano ad altri animali in difficoltà) per finire dritti a Londra in un covo di.. cacciatori. Toccherà ai ragazzi far leva sulle persone che incontrano per darsi tutti una mano e protestare niente meno che davanti a Buckingham Palace per avere un aiuto: qui sta la preziosità del romanzo, descrivere tanti tipi umani differenti, tanti modi di essere al mondo, tante idee e soprattutto far vedere al lettore come la passione, la forza degli ideali possano smuovere le situazioni. E poi il ritratto del camionista che sogna di mettere in piedi un allevamento di maiali e di creare il miglio porco del mondo, ecco vale da solo la lettura; se poi ci aggiungete le esilaranti manie e vezzi degli yeti che aprono a uno sguardo attento sugli umani… buona lettura!

Buona lettura, pensando a Roald Dahl e al GGG: anche qui si parte da una bambina rapita, anche qui c’è l’intervento della regina.

L’illustrazione di copertina è di Fiona Robinson.

Eva Ibbotson, Lady Agata e i tanto abominevoli yeti gentili (trad. di Alessandro Peroni), Salani 2016, 185 p., euro 14,90

Ti darò il sole

16 Giu

ti darò il soleAmmetto di aver faticato ad ingranare con questo romanzo, che invece, almeno nella mia ottica di lettura, ha poi una folle accelerata di bellezza nella sua parte finale che forse è quel che ci si aspetterebbe distribuito su tutto l’arco della narrazione. Forse una certa difficoltà deriva dagli inserti molteplici della massime tratte dalla bibbia di nonna Sweetwine, la nonna dei protagonisti, e dai capitoli che presentano un andirivieni temporale sull’arco di tre anni: a capitoli alterni infatti seguiamo le vicende di Noah dai 13 ai 14 anni e quelle della gemella Jude tre anni più tardi, ricostruendo così le vicende della loro famiglia.

Noah e Jude sono legatissimi e assolutamente diversi, negli atteggiamenti come nel carattere: ombroso e solitario, lui, solare e ribelle lei. Il lettore li conosce per come ciascuno parla di sé in prima persona nei propri capitoli e per come vede l’altro, partendo dall’estate in cui la madre decide di migliorare ulteriormente la loro preparazione in vista dell’iscrizione a una prestigiosa accademia artistica; Jude sa che è il fratello ad avere i numeri, ad essere un genio del disegno, ma contemporaneamente lo vede privilegiato dalla madre e ne è gelosa: la sua forma di ribellione si legge negli abiti che indossa, nel trucco che utilizza, nei continui battibecchi che la contrappongono alla madre, mentre Noah si innamora di Brian, il nuovo sorprendente vicino di casa. Tre anni dopo tutto è cambiato: la madre è morta in un incidente d’auto, il padre è tornato a vivere a casa, Jude frequenta l’accademia, mentre Noah non ci ha mai messo piede e quasi sembra aver dimenticato la sua dimensione artistica. La rabbia di Jude, il tentativo di riparare gli sbagli che vengono confessati pian piano, la portano nello studio di un celebre scultore, suo tutor per il nuovo progetto scolastico, un uomo inquieto, dal passato tormentato e misterioso, per la cui casa si aggira un affascinante ragazzo inglese.

Tutta la narrazione è incentrata sul tema dell’arte, sulla propensione artistica dei protagonisti, sulla forza che scaturisce dalla scultura, dall’illustrazione, dall’osservazione della realtà, dalla capacità di fare arte partendo da quel che si sente, da quel che si vive o da quel che si nasconde nel più profondo di sé.

Il sito dell’autrice.

Jandy Nelson, Ti darò il sole (trad. di Lia Celi), Rizzoli 2016, 485 p., euro 17,50, ebook euro 8,99

Onora il padre

14 Giu

onoraLe tre sorelle Cresswell e i loro tre fratelli vivono nel bosco in una casa che sta andando in rovina, vendono al mercato quel che recuperano in discarica e riescono ad aggiustare, si ritirano ogni sera in preghiera e a volte finiscono nella Tomba, una sorta di antro nascosto nel bosco dove viene rinchiuso chi è in punizione. Il fautore del loro mondo, ai margini, nascosto dagli altri e soprattutto mai mescolato con gli altri, è un padre fanatico religioso che crede di parlare per bocca di Dio e ha scritto un libro di regole che la famiglia è costretta a seguire; i suoi figli vestono con abiti di altri tempi, non hanno accesso a cellulari, radio, televisione e frequentano la scuola solo perché obbligati dai servizi sociali. Il bosco è la loro unica zona franca, dove poter essere liberi e se stessi; a scuola è come se fossero invisibili, almeno così si sente Castley, la sedicenne protagonista che sta cominciando un nuovo anno scolastico e che comincia ad avere dubbi e desideri di ribellioni. L’immagine di se stessa è talmente diversa dalla realtà da rimanere scioccata ogni volta che vede riflessa la propria immagine; il desiderio di essere come gli altri, di indossare un paio di short di jeans, di uscire con degli amici, di baciare un ragazzo è tanto forte da non poterlo più fermare. Sarà proprio George, il nuovo compagno con cui è in coppia alla lezione di teatro, a farle desiderare una vita normale e insieme a metterla a nudo: Castley è tanto brava al corso di recitazione perché recita sempre, nascondendo quello che succede a casa, coprendo i fratelli, ma anche quel che si oscuro c’è nella storia di famiglia: chi è il ragazzo che compare nella fotografia che ritrae il padre, la madre e il fratellino morto prima della loro nascita? Chi è Michael Endecott che si presenta periodicamente alla loro porta e che il padre odia furiosamente? Castley comincia a cedere al mondo intorno e lo fa visibilmente, sciogliendo i lunghi capelli che – per tradizione e per ordine paterno – devono sempre essere legati a treccia e ben pettinati: la sua chioma immensa dietro cui quasi potrebbe scomparire la rende visibile, la fa notare dai compagni di scuola, la svela come un’altra persona che finalmente è un nome, non solo un cognome che fa gruppo omogeneo di tutti i fratelli.

La storia fila via veloce, scavando nella follia del padre e nel disagio della famiglia; il lettore è portato per mano dal narrare in prima persona della protagonista e ha così una possibilità di doppia visione: vede Castley, la sua famiglia, la scuola attraverso le sue parole e contemporaneamente guarda dal di fuori il suo prendere consapevolezza, le sue domande, i tentativi di ribellione e il suo trasformarsi in quella che è davvero, sconosciuta e libera. Davvero un’ottima scelta per il debutto di Hot Spot, il nuovo marchio crossover de Il Castoro.

Il sito dell’autrice.

Eliza Wass, Onora il padre (trad. di Mara Pace), Il Castoro, 228 p., euro 14,90

 

Dory fantasmagorica

4 Giu

doryAbbiamo appena parlato di una protagonista decisa e incontenibile, ed eccone un’altra anche lei protagonista di una serie di cui arriva in Italia il primo volume adatto – per presenza di illustrazioni che si integrano con il testo, peraltro di una giusta misura – ai lettori che cominciano a muoversi spigliatamente. Dory è divertente, imprevedibile e soprattutto incontenibile, fino a portare allo sfinimento i genitori e la sorella e il fratello più grandi di lei. Non lo fa apposta, ma ha sempre la battuta pronta e vuole esserci ad ogni costo, anche finendo per mettersi nei guai: Dory soffre del sentirsi la più piccola in ogni situazione, sempre esclusa dai giochi e dalle avventure dei fratelli. Cerca di sopperire con la sua fervida immaginazione che produce amici immaginari ad ogni piè sospinto (qui conosciamo Mary), a prendere alla lettera tutto quello che le vien fatto credere e a buttarsi a capofitto in tutto, senza stare mai zitta, disposta addirittura a trasformarsi in Ossodipollo, adorato cucciolo di cane, o a infilare le mani nel gabinetto per recuperare la pallina rimbalzina.

Dory ha compiuto sei anni e si prepara alla nuova scuola: i fratelli cercano di farle capire che deve crescere, che non può succhiare il pollice, ma lei vorrebbe tanto poter rimanere a casa in camicia da notte. La seconda avventura, in libreria ad agosto, si annuncia appunto ambientata a scuola, dove pare che Dory troverà un’amica, vera questa volta; si potessero mandare in classe insieme i personaggi dei libri, scommetto che Dory si siederebbe nel banco accanto alla Lotta di Astrid Lindgren e quante ne combinerebbero quelle due! La loro impertinenza va di pari pari a quella di Olivia, di Rita (con Machin), di Hilda… benvenute nel club, ragazze!

Una lettura molto divertente, con una protagonista piccola ma ricca di risorse e di dignità: tenere sempre la testa alta e fingersi occupati anche quando i tuoi fratelli non ti vogliono assolutamente tra i piedi. Tanto poi trovi il modo per fargliela 😉

Il sito dell’autrice.

Abby Hanlon, Dory fantasmagorica (trad. di Sara Ragusa), Terre di Mezzo 2016, 151 p., euro 12

Nuvole di ketchup

16 Ott

nuvole di ketchupÈ davvero preziosa la scrittura di Annabel Pitcher, delicata e capace di ironia anche quando affronta argomenti non scontati come già era successo in Una stella tra i rami del melo. Ha la capacità di avvolgerti e tenerti incollato alla pagina fino all’ultima riga, per poi lasciarti andare e allora ti dici grato di aver avuto la possibilità di saggiare la bellezza del dire, del dire bene.

In questo nuovo romanzo affronta temi come la pena di morte, il senso di colpa, la fatica di crescere e quella di mantenere una facciata mentre quello che senti è tutt’altro e poi intorno tutto precipita e non riesci più a fermarlo. La forma che ci restituisce gli avvenimenti è un epistolario a senso unico in cui Alice, nascondendosi sotto il nome di Zoe, narra l’ultimo anno e mezzo della sua vita a Stuart Harris, rinchiuso in un penitenziario statunitense per l’omicidio della moglie e di una vicina di casa. Lo ha scelto tra le tante fotografie di un sito perché le sembrava che potesse capirla e soprattutto perché il signor Harris ha avuto quello che a lei manca: la capacità di ammettere i propri errori e la propria parte di responsabilità, mentre lei tace la verità sulla morte di quello che tutti credono il suo ragazzo.

In un progredire di confidenza, scrivendo di notte al freddo nel capanno degli attrezzi in fondo al giardino, Alice parla della sua famiglia, delle sue due sorelle, di una madre che ha rinunciato al lavoro per trasformarsi in una casalinga perfetta, del padre che perde il lavoro. racconta del nonno che non frequentano da anni, del non detto nella loro famiglia, dei segreti che covano nelle stanze e nel passato. Racconta la voglia di essere un’adolescente come tante, senza troppi controlli materni; racconta la rabbia che spinge a ubriacarsi la sera dell’agognata festa e a baciare il ragazzo più ambito della scuola, altrettanto ubriaco. E quando Max Morgan la rincontra a scuola e pare intenzionato a mettersi con lei pur non avendola mai considerata prima, Alice si accomoda in un mix di volontà di trasgredire le regole e di sentirsi invidiata dalle altre. Eppure non è di lui che si è innamorata, ma di un ragazzo incontrato per caso alla festa e rivisto intorno al falò cittadino, uno che la ascolta, che la chiama “ragazza-uccellino”, che ride alle sue battute, che comincia a studiare in biblioteca per poterla incrociare. E Aaron, che riempie i suoi pensieri e ricambia il suo amore, è il fratello maggiore di Max…

Il sito dell’autrice: date un’occhiata alle copertine dei suoi tre romanzi, legate graficamente l’una all’altra.

Annabel Pitcher, Nuvole di ketchup (trad. di Valentina Chiesa), Salani 2015, 284 p., euro 15,90, ebook euro 9,99

Siamo tutti fatti di molecole

13 Lug

9788880339717

Stewart ha tredici anni, è basso, decisamente nerd e a volte un po’ pedante, ha un q.i. fuori dalla media grazie al quale frequenta una scuola privata insieme a compagni altrettanto dotati. Ashley ha appena un anno in più, è bella e parecchio “vuota”, dedita alla moda e a seminar zizzania tra le amiche per risultare sempre la più popolare, scivola sovente sulle parole giuste da usare ed è impegnata a mantenere intatta la perfetta immagine di sé e quindi a non far sapere a nessuno che suo padre si è dichiarato gay e adesso abita nella casetta in giardino. I due soggetti si trovano sotto lo stesso tetto perché il padre del primo e la madre della seconda, innamoratisi al lavoro, decidono di andare a vivere insieme, condividendo le giornate e anche le abitudini di famiglia, i mobili, le tradizioni in occasioni del Natale. Non tutto può filare liscio, specie se Stewart decide di cambiare scuola e di sfidare se stesso alla prova la scuola pubblica: è sicuro che la sua mamma, morta due anni prima, sarebbe fiero di lui: la scuola nuova è più vicina a casa e frequenterà alcuni corsi con la sorella acquisita. Certo, rimane il problema di farsi degli amici, entrare in qualche gruppo e anche prendere parte, persino quando – sempre comunque ottimista e positivo – si trova a difendere chi gli sta rovinando la vita.

Rispetto ai precedenti testi di Susin Nielsen tradotti in italiano, Lo sfigato e Caro George Clooney, puoi sposare la mamma?, questo nuovo romanzo abbassa un po’ l’asticella; forse per troppa aspettativa di chi legge; forse perché la narrazione a doppia voce è davvero tanto usata in questo momento nella letteratura per i ragazzi più grandi; forse una sensazione passeggera, data dal fatto che l’autrice – brava lei però in questo caso! – si è impegnata a rendere antipatici il giusto certi personaggi e a tratti ti vien voglia di infilare la mano nel libro, prenderli per la gola e scuoterli un po’.

Comunque anche questa volta il lettore si può divertire a ritrovare in ruoli minori nella storia alcuni dei protagonisti dei precedenti romanzi: ci sono Violet e Phoebe e poi ancora Cosmo e Amanda, un po’ cresciuti, un po’ cambiati: questo vezzo dell’autrice ti fa sentire l’unità delle sue storie, come se prendesse un quartiere, una zona della città e osservasse le persone, la loro quotidianità, i percorsi lungo i quali le loro vite si sfiorano e si incrociano. Bello, no?

La copertina del libro è di Rita Petruccioli. Susin Nielsen sarà a Mantova in settembre ospite di Festivaletteratura.

Susin Nielsen, Siamo tutti fatti di molecole (trad. di Claudia Valentini), Il Castoro 2015, 262 p., euro 15,50

La cosa più incredibile

5 Feb

cosa piu incredibileIn un compito per le vacanze è richiesto agli studenti di raccontare la cosa più incredibile che sia mai successa loro. Ivan De Rossa, dodici anni, in apparenza scontroso ma molto sensibile, affronta questo compito con impegno, tanto gli preme raccontare la cosa davvero eccezionale e vera, fin nei minimi dettagli, che gli è capitata; mica una di quelle storie banali intrise delle più noiose melensità che racconta il prevedibile Alberto Pitelli, il secchione della classe, ma una vera storia dove nel corso ordinario delle cose irrompe lo straordinario che sconvolge le consuetudini della realtà. L’inverosimile è accaduto a Ivan e ai suoi amici: i due gemelli, diversi tra loro, Paolo e Pietro Contaldi; Melania Giacosa, coetanea pressoché perfetta di Ivan, perché un solo giorno differenzia la loro età di nascita; Rudy Scannarò, bello e atletico, un po’ più grande degli altri e un po’ più saggio. Abitano tutti nello stesso condominio, appartamenti tutti uguali, nella “ridente cittadina” – come dice il padre di Ivan – di Brevie, alle porte di Torino. Famiglie che più o meno si assomigliano, problemi economici che condizionano le scelte di tutti, stesse attenzioni e pressioni sui ragazzi, stessi divieti, alcuni passatempi condivisi e soprattutto un modo inconciliabile di vedere le cose tra ragazzi e adulti. Infatti, secondo Ivan, la cosa più incredibile ha inizio proprio da una grande fregatura. I genitori dei ragazzi disattendono la promessa di andare a vedere tutti insieme il film horror La casa nella brughiera, all’improvviso risultato “spettacolo inadatto”; a pensarci bene tanti altri piccoli fatti, tante altre questioni concorrono all’inizio della cosa incredibile. Ma la questione centrale rimane la certezza da parte dei giovani protagonisti di aver subito ognuno gravi torti da parte dei genitori. Ivan, poi, tanto è infuriato, stende addirittura un elenco minuzioso di tutte le ingiustizie subite in famiglia. E sì che sono tante, tutte per colpa della privilegiata sorella Irene, vegana convinta, creduta erroneamente dai genitori un angelo del paradiso studentesco, che, con la scusa degli esami universitari da preparare, fa in modo che le incombenze più noiose ricadano sulle spalle del povero Ivan. Risentiti per i divieti subiti, i cinque amici si trovano a desiderare profondamente, e in contemporanea, la sparizione dei loro familiari. Con l’irrompere di questo desiderio cominciano a manifestarsi fatti inspiegabili, visibili solo a loro. Dalla Realtà Realtà precipitano in una Reltà Alternativa, controllati e messi alla prova – come personaggi delle fiabe – da due personaggi inquietanti, Franz, l’uomo vestito di bianco e Otto, un nano motociclista.
Il romanzo di Christian Frascella, autore dell’indimenticabile romanzo d’esordio “Mia sorella è una foca monaca” (Fazi 2009), disegna e indaga con levità e profondità il mondo dei preadolescenti facendo spesso sorridere. Da tempo non mi succedeva di leggere un romanzo per ragazzi/per tutti, di un autore italiano, che ci avvicinasse in maniera così convincente a quel nodo intricato che si crea sul finire dell’infanzia in cui si intrecciano fittamente incomprensioni, sentimenti oscuri, desiderio di cancellare ciò che è, bisogno di rassicurazioni, di essere liberi, di strappare le radici, di essere accolti. È bello il linguaggio in queste pagine. Quel linguaggio che l’autore presta alla penna di Ivan intento a scrivere fogli su fogli per il suo compito, con l’intenzione di non tralasciare nulla. Nello svolgimento lambisce il romanzo epistolare, il diario, la fiaba, il racconto horror. È un linguaggio autentico che rivaluta la parola, infatti, “le parole e i desideri da cui scaturiscono sono fondamentali” viene detto da Franz ai protagonisti. In fondo crescere, oltre che imparare a non arrendersi e a fidarsi degli altri, è anche imparare a usare le parole, pensarle per guardare meglio dentro di sé e per comprendere il mondo degli altri.

Il blog dell’autore.

Christian Frascella, La cosa più incredibile, Salani 2015, p. 285, euro 14,90, ebook euro 9,99