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Tutto daccapo

1 Lug

tutto daccapoIntanto lo stile: un ritmo spezzato di frasi brevi che si fa leggere e scorre veloce sotto li occhi del lettore. Una voce narrante che si dice “tu” come se si guardasse dal di fuori e che diventa perfetta per farsi sentire. Questo è l’incipit del romanzo A-dZiko Simba Gegele che arriva dalla Giamaica e che pare perfetto per essere letto a voce alta e far entrare chi ascolta dritto nella storia. Si sta lì, in piedi accanto al protagonista, un dodicenne che racconta il suo quotidiano con grande ironia, dcendo quanto è complicato crescere e trovare il proprio posto. Lui è sulla soglia dei tredici anni (quanti romanzi e fumetti in questo periodo sull’estate cruciale dei tredici anni, dove tanto cambia), ha un’insopportabile sorella di sei anni, un padre che crede che la cosa più divertente della vita sia mettere tutti i soldi su un libretto di risparmio e una madre a cui non sfugge nulla. Deve cercare di essere invisibili agli occhi del bullo di turno, mentre quando si caccia nei guai proprio per essere visto, perché qualcuno si interessi a lui, nessuno se ne accorge. Certo, crescere è difficile, ma sei a illuminare le tue giornate arriva il sorriso di Christina Parker tutto può essere sopportabile: ti fa venire voglia di ridere e dimenticare che non sei riuscito a dire a nessuno che ti è spuntato il primo pelo, ti incanta e ti fa ammettere che rifaresti tutto daccapo: preparare uno zaino per scappare se è l’unico conforto che puoi dare al tuo migliore amico, applicarti per meritarti un “eccellente” a scuola e vedere la faccia di tua madre che si illumina mentre lo legge, accompagnare in classe tua sorella per mano.

Bello che arrivino proposte da Paesi e letterature di cui spesso vediamo poco tradotto in italiano e che portino vento fresco, aria nuova e quella leggerezza che piace trovare nelle proposte di lettura per i ragazzi perché non sorvolano su nulla, ma sanno raccontare in modo lieve la realtà di ogni giorno. Da non perdere.

A-Dziko Simba Gegele, Tutto daccapo (trad. di Raffaella Belletti), Atmosphere Libri 2021,162 p., euro 16

Mi chiamo Eugen

4 Ago

Curiosa scelta potrebbe sembrare quella di pubblicare, da parte di Atmosphere Libri, questo testo uscito per la prima volta nel 1955, scritto dal pastore svizzero e politico Klaus Schädelin, da cui nel 2005 è stato tratto un film premiato l’anno seguente col Premio del cinema svizzero. Eppure il libro risulta dopo anni a tratti fresco e davvero divertente nel suo racconto delle avventure di tre amici, sempre pronti a fare scherzi e a ccciarsi nei guai tanto da essere minacciati di finire in collegio, che atraversano la Svizzera – da Berna verso Zurigo con tape e traversie varie – alla ricerca del fantomatico tesoro del pressoché leggendario re dei mascalzoni che un tempo viveva nella stessa casa di uno di loro.

A risultare vincente è la struttura della narrazione: spesso l’autore si rivolge direttamente al lettore e ogni capitolo è di fatto il racconto concluso di un episodio, di uno scherzo, di un lampo di genio, di un pasticcio in cui i tre amici si cacciano. In questo modo il libro risulta usufruibile ad esempio nella lettura ad alta voce perché è possibile isolare alcuni episodi davvero divertenti da condividere coi ragazzi per far apprezzare le avventure anche a chi potrebbe temere la pesantezza del testo. In più è una lettura che arricchisce il vocabolario, ricca di nei vocaboli e sfumature di significato.

Klaus Schädelin, Mi chiamo Eugen (trad. di Marina Pugliano), 181 p., euro16

L’inverno degli animali

23 Mar

Il testo viene dalla tradizione russa e riprende un tema declinato in tanti racconti tradizioneli e anche in molti albi per bambini: il toro propone agli animali di cotruire una capanna in vista dell’inverno; loro rifiutano, ma poi corrono a chiedere ospitalità non appena arriva il gelo. Finché la volpe inganna orso e lupo e li convince a cacciarli dalla tana, con la promessa di un lauto pasto.

A rendere l’albo particolarmente interessante sono le illustrazioni di Deco, Elisabetta Decontardi, che cala la banda di animali nell’atmosfera giusta: la scelta di colori è azzeccata e le tavole sono davvero belle, tanto che a volte piacerebbe vederle sgombre dal testo per poterle gustare appieno.

La circolarità della storia ne fa un testo da tenere in considerazione per le letture ad alta voce.

L’inverno degli animali. Un favola popolare russa, adattamento di Mauro Di Leo – illustrazioni di Deco, Atmosphere Libri 2019, 42 p., euro 14,50

Steccolina in Felicilandia

21 Feb

Nuovamente una bella misura da leggere a voce alta: un’avventura sospesa tra realtà e mondo onirico in un albo illustrato , un racconto lungo che si presta appunto ad essere condiviso. Un racconto prima della buonanotte, quello che Julia fa al suo bambino Daniel partendo dall’anello con una grande perla che porta al dito. Racconto di quando, bambina, scompare Tomek, il fratello maggiore, e di come – complice una scivolata su uno slittino rosso nuovo fiammante – lei sia finita in una galleria di ghiaccio e sia riuscito a trovarlo e a portarlo a casa. Finisce infatti in un regno in cui gli insetti sono enormi (o è forse lei ad essere minuscola?)  e parlano: è Felicilandia, un posto dove ci si diverte dal mattino alla sera, come le spiega il signor Jacobi, coleottero in marsina e cravattino, che scambia volentieri le lettere delle parole per infilarne altre nelle frasi. Ma lì c’è anche il granchio, che ogni anno esige un nuovo bambino da aggiungere alla schiera che già raccoglie perle per lui.

Sono belli gli insetti e le piante disegnate da Emilia Dziubak, ma sono soprattutto le pagine a sfondo nero che fanno risaltare i colori, dando ancora più fascino al racconto di Martin Widmark.

Martin Widmark – ill. Emilia Dziubak, Steccolina in Felicilandia (trad. di Alessandro Storti), Atmosphere Libri 2019, 31 p., euro 16.

I segreti della casa sotto l’albero

26 Apr

Pubblicato per la prima volta nel 1959 questo romanzo è considerato, insieme a uno di Satō Satoru dello stesso anno, l’avvio della letteratura per l’infanzia contemporanea in Giappone. Ci ricorda opere come quelle di Edith Nesbit e di Mary Norton, mescolando fantasy e quotidianità, permettendo in questo caso di narrare, anche attraverso le vicende di una famiglia in miniatura che si nasconde nella stanza dei libri della grande casa sotto l’olmo, i mesi della Seconda Guerra Mondiale in cui molti bambini giapponesi furono sfollati dalle città e vissero lontani dalle loro famiglie in luoghi presumibilmente più sicuri. Questi piccoli esserini arrivarono in Giappone al seguito di un’insegnante inglese che li affidò al suo piccolo allievo e poi, di conseguenza, sempre al più giovane abitante della casa, il cui compito è di riempire ogni giorno di latte un bicchiere azzurro, come segno di affetto, fiducia e legame.

Nel momento in cui il lettore legge è Yuri ad occuparsene e, mentre la bambina continua nel suo compito, i bambini della famiglia in miniatura si affacciano all’esterno, scoprono la vita oltre la casa e sfidano il pericolo per sentire il sole sulla pelle o procurare nuovi cibi. ma ben altri pericoli si affacciano nella vita della famiglia Moriyama: gli anni della guerra portano contrasti di idee in casa e razionamento nel cibo e nelle possibilità; il padre viene incarcerato e la bambina viene mandata a vivere lontano, da due anziane parenti in un ambiente rurale ben diverso da quello a cui è abituata. Nonostante le preoccupazioni per la sua fragile salute e i patimenti per la lontananza, Yuri cerca di ambientarsi e di farsi degli amici, adattandosi anche ai vari lavori nei campi a cui la sua classe è obbligata. La bambina però ha portato con sé i quattro membri della minuscola famiglia e a loro deve garantire il latte quotidiano per non perderne la fiducia e la possibilità di vederli, altrimenti dovrà compiere il rito per 77 giorni di fila per poter di nuovo riallacciare i rapporti.

Attraverso la commistione della parte fantastica e di quella storica, l’autrice ha la possibilità di affrontare in maniera più lieve, ma non di certo più leggera argomenti importanti, primo fra tutti quello della perdita, della morte, dei cambiamenti della vita, delle scelte che è necessario prendere. Sono infatti le scelte di chi deve decidere come porsi di fronte alla guerra come le scelte dei membri della famiglia in miniatura a dettare il passo del romanzo come quello del passare delle generazioni e delle età.

Attraverso quest’uscita editoriale, Atmosphere Libri presenta un classico della letteratura giapponese, inserendolo nel percorso di scoperta di romanzi fondamentali di letterature straniere mai proposti in Italia. La vesta grafica scelta in questo caso può forse non essere immediatamente attrattiva per i giovani lettori; sarà necessario raccontare questo romanzo e magari leggere l’evocativo incipit per far venire loro voglia di proseguire nella lettura.

Un glossario accompagna il lettore, insieme a un breve saggio in cui la traduttrice presenta la figura di Inui Tomiko e la sua produzione letteraria.

Inui Tomiko, I segreti della casa sotto l’albero (trad. di Maria Elena Tisi), Atmosphere Libri 2017, 163 p., euro 15

Maresi

25 Ott

maresiQuesto romanzo ha il pregio di calare, in un’ambientazione totalmente fantastica, temi di un’attualità sorprendente, riuscendo con concisione a suscitare nel lettore empatia e riflessione. La cronaca fatta in prima persona dalla tredicenne Maresi è la consapevole descrizione di quello che accade al Monastero Rosso nel diciannovesimo anno del mandato della trentunesima Superiora, una cronaca fedele e precisa dove chi scrive sa del valore di testimonianza che potrà avere.

Il Monastero Rosso sorge su un’isola abitata da sole donne dove si arriva per motivi più diversi: in una società dove nascere femmina è una condanna all’ignoranza e alla sottomissione perché saranno altri a decidere il tuo destino, la piccola isola costituisce un respiro di tolleranza e di visione differente della donna. Le ragazze che sono ospitate possono venire da famiglie che non sono in grado di mantenerle, essere malate o disabili oppure, in pochi inaspettati casi, far parte di una famiglia che vuole per loro la miglior istruzione e che ben sa che quello è l’unico luogo dove sia possibile ottenerla. Possono essere state allontanate dai propri genitori volontariamente come punizione o inviate lì come unica forma di salvezza dalla violenza a cui sarebbero invece naturalmente condannate. Molte di loro portano segni di violenza sul corpo, altre hanno subito o visto cose di cui non riescono a parlare. I ritmi del Monastero, la condivisione delle mansioni quotidiane, il prendersi cura delle più piccole: tutto contribuisce ad attutire la furia del mondo esterno, a placare, a guarire anche. Maresi inoltre ha la possibilità di accedere alla vasta e ricca biblioteca in cui soddisfa la propria curiosità e alimenta l’ulteriore desiderio di sapere. Ma proprio nell’anno di cui si narra arriva Jai, in fuga da un dramma familiare, inseguita e ricercata da uomini che non si faranno scrupolo di invadere l’isola: a questo punto, Maresi si trova di fronte a un’interrogativo importante: quando vale la vita ritirata sull’isola; quanto è invece necessario confrontarsi con il mondo esterno e viverlo?

Un romanzo che mette sulla pagina forti violenze e profonde domande, in un crescendo narrativo dal ritmo incalzante.

Il sito dell’autrice.

Maria Turtschaninoff, Maresi. Cronache del Monastero rosso (trad. di Alessandro Storti), Atmosphere Libri 2016, 154 p., euro 15

Amici

6 Nov

amici

Dura il tempo di un’estate il racconto di amicizia e di crescita di questi ragazzi giapponesi, un trio mal assortito a vedersi (lo spilungone con madre alcolista; il miope che inventa un padre diverso ad ogni occasione; il terzo che sogna di essere un pescivendolo come il padre, anche se in famiglia tutti lo spingono verso un lavoro che vorrebbero migliore), ma i cui componenti sono accomunati dall’essere marginali a scuola e facili vittime di scherzi e prese in giro.

Il fascino della morte, che non hanno mai visto da vicino e che li incuriosisce ora che uno di loro ha partecipato ai funerali della nonna, li spinge a osservare e pedinare un anziano che nel quartiere si dice stia per morire: lo seguono, ne imparano le abitudini, ne scherniscono i modi e la monotonia alimentare, si dannano quando lo perdono di vista. Ma anche il vecchio li osserva, in un vicendevole addomesticarsi che diventa un rapporto di amicizia in cui si condivide il tempo dopo la scuola. Un tempo fatto di racconti del passato e di silenzi, di lavori in casa e in giardino, di pattume finalmente buttato e di segreti su come tagliare l’anguria e sbucciare una pera. Un tempo fatto di condivisione e di attesa; ne sono indizi i cuscini che crescono in casa del vecchio fino a quattro, uno per ciascuno, oppure il cibo acquistato apposta per i giovani amici, il loro tentativo di ritrovare la moglie abbandonata al ritorno della guerra, lo spettacolo di fuochi artificiali che l’anziano regala. O ancora il fatto che il vecchio, senza dover chiedere nulla, sappia caratteristiche e abitudini dei ragazzi e indovini al primo colpo chi ha dimenticato sul portico quel romanzo di Westall.cosmea

Un romanzo di formazione imperdibile che racconta del crescere dell’amicizia esattamente come fossero le cosmee che i ragazzi piantano nel giardino del loro anziano amico: prima solamente semi, un giardino di fiori addormentati in un cassetto, poi cura, riparo dalla pioggia, ascolto, preoccupazione. E infine mazzi di fiori colorati che i ragazzi portano via, quando la scuola ricomincia e si delinea per ognuno un percorso diverso, dopo esser riusciti a superare paure e a toccare la morte come all’inizio avevano sperato. La morte entra in questo romanzo in modo del tutto naturale, lasciando tristezza e sgomento, ma anche delicatezza e profondità a sostituire la curiosità iniziale.

A proposito dell’autrice. Il film tratto nel 1994 da questo pluripremiato libro a opera del regista Shinji Sōmai. L’illustrazione di copertina è di Francesco Sanesi.

Yumoto Kazumi, Amici (trad. di Daniela Guarino), Atmosphere libri 2014, 189 p., euro 14

Io e mio fratello

29 Ott

simo

Questo libro vi travolge con la parlantina di Mercè, protagonista dodicenne, che descrive il suo quotidiano alle prese col fratello Pol, ventinovenne affetto dalla sindrome di Down. In casa si fa decisamente affidamento su di lei per gestire il tempo in cui Pol non è impegnato al laboratorio che frequenta con profitto e impegno. Pol è dolce, attento agli umori della sorella, conscio di certi propri limiti. Ma è anche irritabile, testardo come un mulo, con la risposta pronta all’occorrenza e deciso a difendere ciò a cui tiene. La situazione a casa esplode quando Pol si innamora di Maria, la figlia della nuova domestica, anche lei affetta – pur in maniera più lieve – dalla sindrome di Down: un innamoramento reciproco e forte, pronto a combattere contro i pregiudizi e con chi pensa che la loro relazione sia impossibile. L’autrice affronta così il nodo della vita autonoma dei ragazzi affetti da questa disabilità e quello della loro vita sessuale (a proposito, se vi capita guardatevi The special need di Carlo Zoratti), con uno sguardo non scontato che mette sulla pagina le diverse posizioni dei famigliari: l’intransigenza del padre di Pol e il suo cadere nella più bieca volgare scontatezza;  le perplessità della madre (che prima incoraggia le uscite di Pol e Maria quasi trattandoli come bambini dell’asilo per poi accorgersi di non saper gestire la situazione), la soluzione della madre di Maria, i pregiudizi della società, il punto di vista dei ragazzi stessi che portano la testimonianza di chi ha una vita indipendente e autonoma.

Intanto Mercè cresce, si confronta con una compagna di classe (lunghezza delle gambe, volume del seno, numero di amici in compagnia), affronta la preparazione della parte principale per il saggio teatrale della scuola. E fa l’insolente, come dice sua madre, e il lettore la comprende: metodo di difesa nei confronti del cinismo dei genitori e unica possibilità di risposta a volte per riuscire a sopravvivere nella giungla familiare.

Questo libro vi tocca perché Mercè racconta quel che vive senza sconti: quanto è difficile a volte supportare e sopportare Pol, quanto i genitori siano insensibili di fronte a certe situazioni, quanto sia duro il confronto con le amiche adolescenti. E davvero c’è tutto il dolore crudo del rendersi conto della leggerezza con cui i genitori affrontano certi argomenti o dell’abilità con cui svicolano o nascondono, nello scoprire parti di storia familiare a lei sconosciuti, nel descrivere la mancanza di rispetto che il padre e i colleghi militari hanno nei confronti di Pol. Ed è piena di dignità la voce decisa, senza balbettii, con cui Pol dichiara di non essere subnormale – come invece era appena stato definito dal padre – abbandonando la sala da pranzo “sdegnoso come un gatto con la coda alzata, che esprime il suo disprezzo per noi semplici esseri umani”.

Questo libro vi fa ridere, vi commuove e poi vi secca con quella pagina finale che vi inchioda a guardare dritta negli occhi la realtà. Come dice Mercè rifacendosi alle opere del teatro classico che sta studiando “il destino è pronto a entrare in scena”.

A proposito dell’autrice catalana. Qua e là tra le pagine emerge la questione della lingua: il catalano che si parla in casa, mentre il padre tenta timidamente di usare lo spagnolo, con tutti i significati che vengono attribuiti all’uso dell’una o dell’altra; il numero di lingue che parla la madre; la scelta del lavoro teatrale a scuola in una classe trilingue (catalano, spagnolo, inglese).

Isabel-Clara Simó, Io e mio fratello (trad. di Patrizio Rigobon), Atmosphere libri 2014, 123 p., euro 14

Parole avvelenate

28 Ago

Più riguardo a Parole avvelenate

Bàrbara Molina è scomparsa nel nulla a quindici anni; una fuga annunciata con un biglietto dopo aver consegnato ai genitori una brutta pagella, una telefonata di aiuto nella notte e poi più nulla. Non una traccia, non un indizio, non un corpo da restituire alla famiglia. Quattro anni più tardi, alla vigilia della pensione, Salvador Lozano, il viceispettore che si è occupato del caso, torna con insistenza sulla vicenda, rispolverando i fascicoli e ripercorrendo le ricerche: vuole consegnare un quadro vivo e realistico al giovane collega che prenderà il suo posto affinché la storia della ragazza non venga dimenticata e possa ancora essere risolta. Ogni caso non chiuso rimane ferita aperta, e il viceispettore lo sa bene, consapevole di qualcosa che non quadra, anche se tutto sembra tornare.

Il romanzo è il racconto di una giornata, decisiva e scandita da capitoli che ritraggono quattro personaggi fondamentali: il poliziotto, la ragazza, la madre e la sua migliore amica ai tempi della scomparsa. Quattro voci che non rappresentano solamente quattro sguardi diversi sulla vicenda, ma che scandiscono il tempo che passa e segnano l’incedere incessante della vicenda che si stringe in un vortice sempre più stretto fino al culmine della rivelazione che ormai il lettore ha intuito perfettamente. Ogni volta che cambia la voce, infatti, c’è uno scatto in avanti nella giornata, nel tempo, e si percepisce come ne resti poco per riuscire a svelare la verità. Che è sotto gli occhi di tutti, ma che – come spesso capita – non viene vista perché sembra così impensabile, così inconcepibile.

Il lettore è spinto ad andare avanti, senza lasciare la pagina, anche se intuisce una realtà difficile da immaginare. Il merito dell’autrice è quello di costruire – in modo essenziale, senza nulla di troppo, senza sbavature –  un giallo di grande tensione sulla vicenda di una ragazza scomparsa, mantenendo alta l’attenzione su vicende simili a quella che ha scelto di raccontare, le violenze famigliari e gli abusi sessuali infantili.

L’autrice sarà ospite a Festivaletteratura a Mantova sabato 7 e domenica 8 settembre. Ecco il suo blog e il suo sito.

Maite Carranza, Parole avvelenate (trad. di Simone Cattaneo), Atmosphere libri 2013, 223 p., euro 15, ebook euro 6,99

Voglio essere punk

15 Gen

More about Voglio essere punkInterrompiamo la trasmissione per alzare il volume delle vostre radio, affinché tutta la nostra angoscia vi entri nelle orecchie.

Succede che arrivi un libro per posta e che dalla pila di quelli da leggere scivoli dietro, finendo nascosto contro il muro. Poi un amico cita un titolo e allora riaffiora il ricordo di una copertina, mattoni rossi e salto di ragazza in All Star e gonna leggera. Così ho ritrovato questo libro dopo mesi dal suo arrivo e in due ore mi sono innamorata di questa storia adolescente che taglia come il vetro e grida come il volume della radio spinto al massimo.

Martina ha sedici anni ed è in cerca della propria musica perché immagina che, siccome avere una musica è come avere un codice, allora trovare la propria significa appartenere ad un posto, sentirsi a casa. Martina scarta improvvisamente dai bei voti a scuola, dalle regole dei suoi genitori. Martina cerca adulti che ci sappiano fare, come il padre della sua amica Vera, che è appena morto, ma che sapeva guardare, vederti e aveva un suo codice e una sua musica ed era sincero quando spiegava che una parte di noi rimane triste per sempre come nell’adolescenza e sarà quella parte che chiunque, anche chi ci amerà tantissimo, non riuscirà mai ad abbracciare. Cerca un posto dove stare e pensa che sarebbe bello se ci fossero dei locali dove i ragazzi tra quindici e vent’anni potessero stare insieme, parlare, stare zitti, suonare, guardare un video in compagnia, ritrovarsi quando sembra che tutto vada male e fermarsi per aggiustare chi si è rotto; e poi consegnare quel posto a nuovi quindicenni. Cerca il modo per parlare con suo padre che è appena stato licenziato, di sorridere con la sua amica, di farsi sentire. Martina cammina per le strade della sua Spagna pensando alle proteste della Grecia, facendosi raccontare da suo padre della rivoluzione dei garofani, tentando di dire a gran voce un sogno: quello di resistere, di non farsi abbattere. Martina va su e giù sugli ascensori, non risponde al telefono, scrive a mano un lungo quaderno ad Adrian: il quaderno che leggiamo noi, un fiume in piena di pensieri e riflessioni, con una colonna sonora che il lettore si può ricostruire- da Johnny Cash agli AC/DC, da Bonnie Tyler a Iggy Pop, da Crosby ai Foo Fighters – ed ascoltare. Dove si rincorrono il rock a cui aspira e le canzoni dei tempi dei suoi genitori, dove c’è posto per la musica di ciascuno che si mescola e che fa la vita.

Io ho impiegato mesi a scoprire questa storia. Che dovremo inserire in ogni percorso di lettura per la scuola secondaria di secondo grado. Perché l’autrice fa esattamente quel che Martina dice: “Se un tizio comincia a raccontarmi qualcosa e mi convince, resto con lui anche se il suo libro ha cinquecento pagine. Quando leggi, qualcuno è lì con te a raccontarti delle cose. E se quel qualcuno ci sa fare, o almeno si impegna, lo ascolti. Non ho bisogno che mi raccontino cose dell’altro mondo. Nascere, morire, la rabbia, le cose belle, le cazzate di questo mondo sono sufficienti” (p. 62).

Belén Gopegui, Voglio essere punk (trad. di Elena Rolla), Atmosphere libri 2012, 159 p., euro 15.