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Il ragazzo del fiume

22 Mag

ragazzo-del-fiumeAbbiamo appena parlato di un romanzo di Ulf Stark in cui si racconta del rapporto speciale tra nonno e nipote in un momento particolare come l’avvicinarsi della morte ed ecco lo stesso tema in un libro che propongo davvero volentieri. Forse lo avete già incontrato perché Mondadori lo pubblicò per la prima volta nel 2000 nella collana Junior +10 con una copertina decisamente diversa e che lo faceva immaginare indirizzato a lettori più piccoli. Non so quanti allora se lo fossero filato o in quante biblioteche potevate ancora trovarlo a scaffale; la sua riedizione è una grande fortuna perché permette di avere di nuovo a disposizione un grande romanzo, destinato a diventare un classico da proporre e riproporre ancora.

Anche qui c’è un nonno scorbutico, un celebre pittore che si è “fatto da sé”, che ha lasciato poco più che adolescente la valle isolata dove è cresciuto dopo aver perso genitori e casa e che in qualche modo ha chiuso col suo passato. Si è dedicato all’arte, cercando di non badare al successo, e l’unica persona con cui si relaziona davvero è la nipote Jess, abile nuotatrice. Il loro legame è davvero speciale e Jess soffre nel vedere la malattia del nonno avanzare e minare fortemente il suo fisico. Insieme ai genitori lo segue nella decisione di passare qualche giorno di vacanza proprio in quella valle, unico luogo in cui il nonno pensa di poter portare a termine il dipinto misterioso che vuole concludere prima di morire.

Jess conosce l’amico d’infanzia del nonno, un anziano che adora parlare e parlare e parlare, ma, esplorando i dintorni, incrocia anche una figura enigmatica, a volte una sagoma lontana, a volte un sorriso ben vicino: un ragazzo che appare all’improvviso e che lei chiama “il ragazzo del fiume”. La sua decisione di raggiungere a nuoto la città dove il nonno è stato portato in ospedale corrisponderà a una sorta di viaggio iniziatico e di accettazione, di prova verso la vita, di fiducia nelle proprie forze, per ritrovare se stessa e tenere per sempre con sé un pezzetto del nonno, mentre lo lascia andare.

Un romanzo mai banale, profondo e sicuramente coraggioso. Come scrive David Almond nella prefazione a questa nuova edizione, affronta in forma accessibile temi complessi, “con semplicità e grazia”. E con questo modo si accorda perfettamente la copertina di Tom Clohosy Cole.

Tim Bowley, Il ragazzo del fiume (trad. di Carola Proto), Mondadori 2020, 173 p., euro 16, ebook euro 8,99

John della notte

10 Apr

È davvero un piacere veder tornare Gary Paulsen in libreria, visto che in catalogo da anni non era che disponibile Nelle terre selvagge. Chi si occupa di lettura coi ragazzi sa quanto siano preziose le sue storie, per quel che dicono, per come lo dicono e anche per certe sue misure brevi (raccolte di racconti; brevi romanzi un tempo ospitati nella collana Shorts di Mondadori) che non spaventano chi è attento al numero delle pagine.

Equilibri pubblica, nella nuova traduzione di Manuela Salvi, uno dei testi che racchiudono il nocciolo delle capacità di Paulsen: raccontare una storia con le parole essenziali, senza sbrodolare, cucendo frasi brevi che ritmano bene una possibile resa ad alta voce, ritrarre sulla pagina figure che rimangono impresse. A narrare qui è Sarny, doicenne schiava nelle piantagioni del vecchio Waller che racconta al lettore la crudeltà del padrone e ogni perdita di dignità per le persone che per lui lavorano. Poi alla piantagione arriva un nuovo schiavo, nero come la notte, fiero e dalla storia particolare: è riuscito a scappare, ha vissuto nel Nord libero e ora che è di nuovo schiavo vuole insegnare a leggere e a scrivere, vuole insegnare la libertà. Così Sarny impara le lettere dell’alfabeto e il pericolo che costituiscono agli occhi dei bianchi; assaggia il sogno che nasce in una piccola scuola nascosta tra le frasche del bosco e apprende a compitare, a pronunciare, a sognare la libertà e a saggiarne la possibilità.

Ispirato a una storia vera e nato dalle ricerche storiche di Paulsen, questo romanzo è un invito a scoprire di più sul suo autore, a cercare altri titoli in biblioteca, nella speranza che presto tornino anche disponibili all’acquisto.

Come tutti gli altri testi della collana “Max storie selvagge”, il testo è accompagnato da un’appendice finale intitolata “Per leggere ancora”

Illustrazione e progetto grafico di Peppo Bianchessi.

Come da precisazione dell’editore, il libro uscirà a fine maggio e sarà disponibile in libreria da inizio giugno.

Gary Paulsen, John della notte (trad. di Manuela Salvi), Equilibri 2019, 99 p., euro 13

La strana scomparsa del signor Goody

7 Ago

Con la nuova collana “Giallo e Nero” Piemme riporta in libreria alcuni classici del giallo, che molte biblioteche avranno già sugli scaffali: ecco l’occasione per riproporre storie di qualità ai lettori, a cominciare da questo testo di Natalie Babbitt pubblicato da Mondadori nel 1990.

Una scelta singolare, il ritorno di una grande autrice in un giallo un po’ atipico rispetto a quel che forse i ragazzi lettori si aspettano: il mistero viene dal passato (il signor Goody è morto da cinque anni, ma la moglie non pare certo piangerlo e il figlio decenne è convinto che sia vivo), c’è la figura leggendaria del ladro Mott Snave che il protagonista si diverte ad interpretare e che nelle stesse ore pare davvero aggirarsi nel villaggio, c’è un gran dire e raccontare, in primis grazie alla vedova Tidings, la governante di Goody Hall, espediente col quale l’autrice riporta dicerie, pettegolezzi, sospetti e riassume quel che accade. Tornano però anche la scrittura di Natalie Babbitt e le sue descrizioni di quadrati di prati rugiadosi, tende di pizzo che rabbrividiscono, credenze che luccicano con profonda disapprovazione.

Tra le altre uscite della collana, L’ombra dello sciacallo di Didier Convard (che i lettori hanno apprezzato negli anni col titolo “I tre delitti di Anubi” proposto nella collana Il Battello a Vapore dal 1998); l’intramontabile Il gioco dell’assassino di Sandra Scoppettone (prima edizione Mondadori Giallo Junior 1991) con il suo incipit che cattura sempre e l’inedito  Cercasi commessa al reparto omicidi di Katherine Woodfine. Quindi occhio a qual che avete già sugli scaffali, in vecchia ma pur sempre buona edizione 😉

Natalie Babbitt, La strana scomparsa del signor Goody (trad. di Cecilia Veronese), Piemme 2018, 137 p., euro 9,90, ebook euro 4,99

I figli del mastro vetraio

27 Mag

figli mastro vetraioTorna in edizione italiana il romanzo di Maria Gripe vincitore del Premio Andersen nel 1974: pubblicato da Mondadori nel 1988, eccolo ora nella collana I Miniborei di Iperborea con – anche in copertina – le illustrazioni originali di Harald Gripe, a testimoniare la ricchezza fin dagli esordi del piano editoriale volto al meglio della letteratura nordica per ragazzi.

I lettori che ancora non lo conoscono potranno assaporare questa storia che mescola i migliori ingredienti della tradizione fiabesca: due fratellini che vengono rapiti da un re, una regina senza capacità di sognare e di gioire, un tata malvagia, e una maga dotata di corvo da un occhio solo. Se poi i bambini e i loro genitori vivono nel paese di Penuria, se il re rapitore è il sovrano della Città dei Desideri (vuota e mai terminata), se la maga si chiama Svolazza Beltempo e il suo fido aiutante Savio, ecco servito un intreccio gustoso anche da leggere ad alta voce.

I figli del mastro vetraio, come nella migliore delle tradizioni, sono al centro della lotta tra il bene e il male, hanno la possibilità d passare il Fiume dei Ricordi Dimenticati e possono essere salvati da una maga che legge il futuro nell’intreccio dei tappeti che tesse e dalla memoria della madre che ha fatto tesoro di quanto un giorno Svolazza le disse. E il corvo Savio veglia su tutto, lui che sa cos’è la vita.

Un gradito, felice ritorno che fa ricco il piatto dei classici, del fiabesco, delle letture che non tramontano.

Maria Gripe, I figli del mastro vetraio (trad. di Laura Cangemi), Iperborea 2018, 244, euro 13,50

I tre delitti di Anubi

12 Gen

4287-Bro.inddCi sono libri indispensabili ai vari percorsi di lettura che vengono proposti ai ragazzi, degli imperdibili, dei sempreverdi, chiamateli come volete. Insomma, quei libri che costituiscono l’ossatura del percorso intorno al quale proporre altri libri seguendo filo di argomento, genere, associazione d’idee, di trama, di personaggio: insieme questi libri fanno anche la sicurezza di chi propone ai ragazzi, e sempre dovremmo avere dei “libri-appiglio” di cui abbiamo certezza che funzionino che catturino l’attenzione, che colpiscano la maggior parte dei ragazzi lettori che abbiamo in quel momento di fronte.

In Come costruire un percorso di lettura tra biblioteca e scuola (Bibliografica 2014), dedicato alle proposte di lettura per gli 11-14 anni, presentavo uno dei percorsi classici, quello sul mistery, e nella bibliografia esemplificativa inserivo alcuni di questi irrinunciabili come “Il gioco dell’assassino” di Sandra Scoppettone, “La stanza 13” di Robert Swindelle e appunto “I tre delitti di Anubi” che Piemme pubblicò nella serie rossa de Il Battello a Vapore nel 1998, poi nel 2003 e che ripropone finalmente oggi. Un giallo classico, dove un ragazzo si trova ad osservare in prima fila la risoluzione di un mistero in quanto figlio dell’ispettore di polizia che conduce le indagini. Romanzo tanto più gradito ai lettori perché molti di loro ne ameranno l’ambientazione in Egitto, tra archeologi, spedizioni maledette e colpi di scena. Chi uccide spedisce alle sue vittime delle missive in bianco che lasciano solamente una scia profumata: la genialità del protagonista, che solo l’amico Diogene – barbone circondato da libri – conosce, sarà fondamentale per aiutare il padre nell’avvicinarsi alla verità.

Un’occasione dunque perché nuovi lettori possano scoprire questo romanzo e perché le biblioteche possano sostituire la copia usurata o comprarne una in più!

L’illustrazione di copertina è di Pep Montserrat.

Didier Convard, I tre delitti di Anubi (trad. di Michela Finassi Parolo), Piemme 2014, 122 p., euro 8

Storia d’amore e perdizione – Junk

1 Nov

Tar rimase immobile contro di lei. Gemma sapeva quello che provava, perché gliel’aveva visto scritto in faccia tante volte. Tar si portava il cuore scritto in faccia.

L’occasione degli incontri con le classi è spesso un modo per ripescare libri letti anni fa, per proporre qualcosa di “classico” insieme a qualcosa di appena uscito.

Il romanzo in questione è stato pubblicato per la prima volta nel 1996 e i fatti narrati sono ambientati nella Gran Bretagna degli anni ottanta, quindi un libro che potrebbe essere ritenuto “vecchio” per le nuove generazioni, ma in realtà (e qui sta tutta la magia di Burgess), Junk è godibilissimo a prescindere dal contesto in cui è ambientato…come un vero classico.

La vicenda è quella di Tar e Gemma, due giovani che vivono in un piccolo paese e che si sentono soffocati dalla famiglia e dalla realtà che li circonda. Tar è un sognatore, appassionato di arte e di disegno, con un padre violento e una madre alcolizzata. Gemma invece è per lo più annoiata dalla vita provinciale e si sente prigioniera di due genitori troppo apprensivi. Così quando Tar, malmenato per l’ennesima volta dal padre, decide di scappare di casa, in cerca di una situazione migliore e meno pericolosa per lui, Gemma coglie l’occasione per fuggire a sua volta di casa e per raggiungerlo a Bristol. Tar infatti è riuscito a trovare una sistemazione in una casa occupata con altri ragazzi che lo stanno aiutando in attesa che compia sedici anni e possa ricevere il sussidio. Ma quando Gemma arriva, con la sua voglia di provare tutto e di godersi la libertà riacquistata, trascina il placido Tar in una serie di incontri che segneranno per sempre le loro giovani vite.

Burgess riesce a parlare di droga e dipendenza senza essere moralista, e ci riesce perché lascia che siano i ragazzi a raccontare le loro vite e le loro esperienze man mano che le vivono. Il risultato è un romanzo onesto e sincero, senza indicazioni di cosa sia giusto o sbagliato, ma che non lascia però il lettore indifferente, anzi lo costringe ad una presa di posizione che non ha il sapore di scelta morale, ma quello di profonda compassione verso i due protagonisti.

Melvin Burgess, Storia d’amore e perdizione (trad. Angela Ragusa), Salani 2012, pp. 272, € 14,50

Ambientato sempre in Gran Bretagna anche lo splendido This is England, fotografia implacabile e commovente di quegli anni.

Bellissima

29 Lug

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Succede che un libro ne trascini con sé un altro o più, portando tra le righe consigli di lettura più o meno espliciti. Succede che un libro ne citi altri e permetta così – in una sorta di gioco di scatole cinesi – di andare a ritrovare non solo storie mai lette, ma anche ottime storie incontrate parecchi anni fa. Ne Il maestro nuovo è tornato di Buyea che abbiamo recensito da poco, vengono citati molti libri, alcuni dei quali tradotti in italiano. A differenza di quanto riporta l’appendice finale, anche “Belle Prater’s Boy” è stato proposto in italiano in quella fortunata collana di Mondadori che fu Gaia Junior. Tradotto nel 1996 e riproposto in ristampa fino al 2003, è sicuramente presente sugli scaffali di molte biblioteche e questo è un invito a riprenderlo in mano e a riproporlo ai ragazzi che sicuramente non lo conoscono, a meno che siano abituati a frugare tra gli scaffali e ad interessarsi anche ai libri meno nuovi o magari un po’ più rovinati di altri.

Fu nel 1953, intorno alle 5 del mattino d’una tiepida domenica d’ottobre, che mia zia Belle lasciò il suo letto e svanì dalla faccia della Terra.

Quale incipit migliore per una storia su cui aleggia costantemente il mistero di una scomparsa, ma che in realtà è un racconto ben più fine e complesso? La voce narrante è quella di Gipsy, ragazzina che abita a Coal Station, cittadina circondata dalle miniere di carbone, in una casa vicina a quella dei nonni, equipaggiata come ci si aspetta a inizio anni Cinquanta (“un telefono, due radio, un fonografo, un frigorifero, un congelatore e un forno elettrico”), con lillà e meli sul retro. In questo mondo arriva Woodrow, il figlio della zia di cui si sono perse le tracce, un coetaneo che sa inventare storie dal nulla, che sa conquistare l’uditorio nonostante i suoi occhi storti, che le diventa amico e complice e che le confida un segreto: una poesia molto amata dalla madre che potrebbe avere a che fare con la sua scomparsa. L’autrice racconta dei due ragazzi, dei segreti che scoprono sulla loro famiglia e delle loro difficoltà: non è solo Woodrow ad averne, ma anche Gispsy, che pare perfetta agli occhi altrui, nasconde ombra e pesi. Gispy non riesce ad accettare il suo patrigno, non riesce a perdonare la morte del padre e a fatica sopporta la sua lunga chioma di capelli biondi, quasi sacra per sua madre. Piano piano la ragazzina si accorgerà che c’è chi vede oltre i suoi capelli; chi conosce quanto bene lei suoni il pianoforte; chi apprezza le sue doti e chi può aiutarla a fare i conti col proprio passato. Sarà un mendicante cieco, da sempre presente nel panorama della cittadina a vedere più chiaro di chiunque e a tenere per mano i due ragazzi che cercano la verità proprio nel momento in cui crescono e cambiano, quel momento né carne né pesce, tra l’estate e l’inverno, in cui non si è più bambini e nemmeno divenuti adulti.

Chissà che questo titolo non possa essere riproposto in una nuova edizione, magari in una collana meno di genere: non è infatti solo la storia di Gipsy, nonostante sia narrata da lei in prima persona; è anche la storia di Woodrow, della loro amicizia, del peso del mistero e della fatica di crescere. Meriterebbe di poter finire in mano anche ai lettori maschi, cosa che sicuramente non è successa, data la collana in cui è stato pubblicato.

A proposito di Ruth White. Mondadori tradusse, sempre nella collana Gaia Junior, altri suoi tre titoli: “All’ombra del salice”, “Vivere a Sweet Creek” e “Mia sorella Summer”.

Ruth White, Bellissima (trad. di Angela Ragusa), Mondadori 1996, fuori catalogo

Non ci sono pesci rossi nelle pozzanghere

6 Set

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Ancora di libri riscoperti tra gli scaffali preparando le proposte di lettura per il nuovo anno scolastico. Questa volta la storia in prima persona di Damian, bambino di sette anni che vive nel campo alle porte di Correggio dove da decenni è stanziata la sua comunità. Damian ritrae il suo campo, la sua famiglia, i mille lavori cambiati da suo padre (finché non viene casualmente scelto come testimonial per una pubblicità di trapani elettrici), il nonno che racconta di eventi passati, l’amico che alleva pesci nelle pozzanghere o almeno finge di crederci. Damian ritrae, spiega i termini che usa, dice delle usanze, pungola il lettore coi pregiudizi. Poi racconta della prima volta in cui è salito sul pulmino, vestito di rosso come un babbo natale fuori stagione; della prima volta in cui ha messo piede in una classe (era marzo ed era una seconda elementare), della prima volta in cui ha visto Elisa.

Grazie anche all’ingaggio pubblicitario del padre, Damian ha una casa di legno anziché una kampina con le ruote e studia fino al liceo e all’università, fino a uscire dal campo per andare a vivere in un appartamento. Damian sta in bilico tra romanè e gagi, zingari e non, dentro e fuori dal campo e dalla comunità, finendo per chiedersi chi sia realmente e quale sia il suo posto. L’essenziale è scritto, anzi tracciato, in un foglietto che il nonno porta con sé e che da generazioni ci si tramanda come il possesso più prezioso, l’unica cosa a dover sopravvivere alla morte di chi lo ha custodito. Quel foglietto permette al lettore di ascoltare storie che vengono dal passato e che si intrecciano con la Storia, interrogandosi sul contenuto che poi – svelato – è quanto di più semplice ed essenziale davvero ci si possa portare appresso.

In una delle scene finali del libro alcuni ragazzini di un campo rom di Milano spiegano al protagonista che un famoso calciatore “era a loro dire, uno del popolo nostro“, riportando sulle pagine del romanzo il fatto che molte persone, tra cui alcune che hanno contribuito a fare la storia (molti partigiani, come ricorda anche la figura del nonno nel libro stesso), sono rom, ma non lo riconoscono o semplicemente non lo si sa. Mentre saperlo potrebbe aiutare anche ad avere una visione di questo popolo diversa dai luoghi comuni: a questo proposito potete leggere “Non chiamarmi zingaro” di Pino Petruzzelli, edito da Chiarelettere nel 2008; qui un estratto con la prefazione di Predrag Matvejević.

Il sito dell’autore.

Marco Truzzi, Non ci sono pesci rossi nelle pozzanghere, Instar 2011, 230 p., euro 14,50, ebook 6,99

Jessica la scacciastreghe

9 Ott

Anche questo libro è un fuori catalogo che merita di essere recuperato e letto: è la storia di Jessica, la cui madre vuol fare la strega di professione, cosa che provoca scompiglio in casa, a scuola e nella cittadina in cui vivono. In realtà è una sottile analisi di quella sensazione scomoda che i ragazzi possono provare: quell’imbarazzo di fronte a genitori che si vorrebbero diversi, meno scomodi, più normali. Non solo i genitori si aspettano certi comportamenti dalla loro prole; anche i figli: in questo caso Jessica vorrebbe che sua madre prendesse un caffè con le amiche, facesse le marmellate, non avesse un rospo domestico: “le altre madri avevano passatempi normali, non andavano in giro dicendo di poter far sparire le verruche. Non mettevano lunghi mantelli neri e non provavno i loro incantesimiin giardino. E nemmeno ti rifilavano di continuo la minestra di ortiche“. Una bel romanzo sull’essere se stessi, sull’affermazione di sé e sulle differenze in famiglia.

N.B.: quanti di voi, a prima vista, hanno pensato che questo romanzo fosse illustrato da Quentin Blake? da noi in redazione, due mani si alzano di sicuro. Le illustrazioni sono invece di Tim Archbold. Ancora una volta apriamo letteralmente gli occhi sulle “somiglianze” tra tratti e stili…

Emma Barnes, Jessica la scacciastreghe (trad. di Angela Ragusa), Mondadori 2002, Junior +10, 136 p.