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La ragazza con le scarpe di tela

22 Set

Ho letto questo libro tempo fa per un editore che voleva valutare la possibilità di pubblicarlo in italiano e che poi scelse di non farlo. Sono felice che questo romanzo arrivi al pubblico italiano perché penso che la scrittura di Annelise Heurtier sia coinvolgente, un’autrice da tenere d’occhio; solitamente si appoggia a fatti storici e ne parla senza compiacenza, senza cadere nel didascalico, con il risultato di romanzi storici onesti e di qualità.

Forse il libro potrà sembrare meno pregnante del precedente L’età dei sogni; è vero, ci sono molti riferimenti all’attualità francese e non solo degli anni Sessanta e qualche riferimento sconosciuto ai lettori, mentre per altri si è cercato di ovviare inserendo delle note, ma è il personaggio principale che focalizza l’attenzione e ancora una volta è una ragazza che si confronta col mondo, desiderosa di essere se stessa, libera e combattiva. Catherine ha quindici anni e vive nella periferia parigina, abbastanza lontano da non conoscere troppo la città, da essere già campagna. Vive con i genitori e sei fratelli, una famiglia operaia di origine modesta, e frequenta il liceo grazie a una borsa di studio. Subito è chiaro il contasto di classe con le compagne, da cui il fratello le mette in guardia, ma lei comunque non si sente ai margini: tutte sono accomunate dal desiderio di mostrarsi grandi e di saperne di più (del proprio corpo, del sesso opposto, del sesso, del mondo). Quasi per caso, Catherine scopre di amare la corsa, di essere molto veloce, ma di amare soprattutto il senso di libertà che prova correndo. Comincia a dedicarsi di nascosto a uno sport che molti giudicano pericoloso per una ragazza, di certo inadatto. E intanto, facendo da baby-sitter ai bambini di una ricca famiglia parigina che lì possiede la casa di campagna, scruta il mondo che cambia: si è alla vigilia del ’68 e molto – la musica, le riviste, le vignette satiriche, le ventate di notizie dalle università parigine – dicono della voglia di cambiamento nell’aria.

Una figura la sosterrà e la incoraggerà a essere libera, fiera e ad assumersi le proprie scelte: Simone Pichenaud che, a dispetto del marito, prende la patente, fa di testa sua, le spiega quel che per Catherine è sconosciuto e l’accompagna persino alla sfida che la definirà come una “ragazza d’aprile”: in anticipo sul maggio ’68 Catherine sfida tutti e si iscrive a una gara di corsa, da cui verrà squalificata in quanto donna. Ma in cui correrà fiera, con la chioma al vento, senza nascondersi, spalleggiata da alcuni compagni di allenamento che non hanno fatto problemi di genere.

Un bell’affresco della società di fine anni Sessanta raccontata attrvaerso la quotidianità.

Annelise Heurtier, La ragazza con le scarpe di tela (trad. di Ilaria Piperno), Gallucci 2020, 209 p., euro 13,50, ebook euro 6,99

Tor e gli gnomi

21 Lug

Arriva in Italia una serie dell’autore belga Thomas Lavachery che piacerà ai lettori tra i 7 e i 9 anni appassionati di creature fantastiche,di avventure e di misure brevi del testo, qui accompagnato da illustrazioni. Galucci pubblica i primi due volumi presentando Tor, che parla in prima persona, e che introduce al suo mondo: una famiglia composta da mamma, babbo e zio e un contorno fatto non solo degli abitanti del viallaggio, ma anche delle creature che abitano i boschi, i laghi, le grotte e con cui questi umani sano di convivere secondo un sistema di regole che valgono da sempre: ci sono confini da non superare, limiti e spazi da rispettare, si sa quali creature sono malvagie e quali no.

Il papà e lo zio di Tor punteggiano il racconto con le loro esclamazioni (“Chiappe d’orso!” o “Faccia d’alce!”), la mamma fa spettacoli di marionette e Tor segue: il giorno in cui nemmeno un pesce abbocca all’amo, non c’è altra spiegazione del fatto che le acque siano abitate da un farfajoll, uno gnomo dei laghi e dei fiumi che si divertete proprio a impedire ai pesci di farsi pescare e bisogna catturarlo per ristabilire gli equilibri. Ma Tor lo libera di nascosto e costruisce uno scheletro finto con una lisca di pesce, facendo credere a tutti che lo gnomo si sia sciolto fuori dall’acqua e ne siano rimaste solo le ossa. Questo gesto gli vale la nomea di bravo ragazzo, ilmigliore del reame secondo gli gnomi; la voce gira e così – nella seconda avventura – sarà un troll a chiedere il suo aiuto e a permettergli di realizzare il suo sogno: partecipare alla festa che tutti gli gnomi organizzano al lago dell’Orso in primavera, dove per sei giorni e sei notti celebrano la natura che rinasce.

Le avventure di un bambino intraprendente in un formato che si presta anche alla lettura ad alta voce.

Dello stesso autore, Gallucci ha cominciato anche la traduzione della saga di Bjorn il Morfirio, molto apprezzata all’estero dai lettori dai 10 anni in su.

Thomas Lavachery, Tor e gli gnomi (trad. di Marina Karam), Gallucci 2020, 58 p., euro 7,90, ebook euro 4,99

Thomas Lavachery, Tor e il troll (trad. di Marina Karam), Gallucci 2020, 105 p., euro 8,90, ebook euro 5,99

L’età dei sogni

3 Nov

Tutto questo romanzo è costruito su una vicenda vera, di cui si seguono passo a passo anche le vicende giudiziarie e non solo umane: si racconta dei “nove di Little Rock“, i primi nove ragazzi neri ad essere ammessi in un liceo bianco nell’America degli anni Cinquanta, in piena segregazione razziale, dove avviene l’impensabile, la folla si riversa in strada per impedire loro l’accesso alle aule, minaccia le loro famiglie e il presidente Eisenhower deve mandare l’esercito per garantire a quei ragazzi il loro diritto di frequentare la scuola.

La nota vincente del libro è data dalla narrazione alternata delle voci di due coetanee: Molly Costello (ispirata alla figura di Melba Pattillo) e Grace Anderson, la nera e la bianca, la ragazza che quasi senza accorgersene alza la mano per dirsi disponibile all'”esperimento” e quella che si trova in classe una compagna di colore, quella che tenta di resistere per ribadire i propri diritti e seguire i propri sogni e quella che prende parte e si schiera. Entrambe subiscono le conseguenze delle loro scelte; a entrambe, come dice una delle protagoniste nel testo, vengono rubati i loro sedici anni, la spensieratezza, l’innocenza. Il libro è costruito sulla presa di coscienza di ciascuna: per Molly di cosa significa aver scelto di essere una dei nove studenti dell’esperimento, per Grace quanto è davvero ingiusta la segregazione razziale di fronte a cui fino a quel momento non si è mai rassegnata.

Ci sono molte figure importanti nel testo, come la mamma e la nonna di Molly che la sostengono, come l’attivista per i diritti umani che mette i ragazzi di fronte alle difficoltà e alla necessità di non demordere, come gli amici che voltano le spalle. Non è certo “comodo” leggere della solitudine di Molly, della violenza verbale e fisica che tocca i ragazzi, delle vendette; si resta in silenzio di fronte al silenzio immenso che accompagna l’unico ragazzo nero a ritirare il diploma a fine anni, senza che nessuno lo applauda, senza che nessuno lo consideri. Eppure è un silenzio che fa venire voglia di urlare, di alzarsi in piedi, di rimanere in piedi.

Attenta da sempre ai temi sociali, Annelise Heurtier – conosciuta dai lettori italiani come autrice di Quanta terra serve a un uomo edito da Orecchio Acerbo nel 2015 – costruisce un romanzo credibile e coinvolgente, in crescendo: il lettore infatti si sente sempre più nella vicenda man mano che la vicenda procede, spettatore incredulo e quasi impotente di fronte alle meschinerie, alla violenza e ai divieti assurdi che toccano i protagonisti. Non è facile costruire dei buoni libri basandosi su fatti veri e rifacendosi a temi importanti come quello del razzismo; molte volte ne vengono, lo sappiamo bene, dei testi scontati, banali o moralisti, di fronte ai quali i ragazzi scovano subito l’intento dell’autore che fa un compito a tavolino per seguire un filone o per compiacere le richieste di un editore. In questo caso invece siamo di fronte a una bella riuscita, dove si sente l’urgenza dell’autrice di affrontare certi temi, la sua sincerità e l’onestà verso il suo lettore nel dargli un romanzo di qualità. Un romanzo che, visti i tempi che corrono, risulta necessario: è capace di mettere chi legge di fronte a quello che è successo come se fosse davvero lì, nelle strade di Little Rock, nelle aule del liceo. Lo leggi e ti senti fuori posto, come se volessi entrare dentro la storia e fare qualcosa, come se volessi voltarti verso chi ti sta accanto e dire: “ma non è possibile”. Ti chiama in causa, questo libro, e ben venga, davvero. Ancora una volta possiamo dire che il racconto di un momento storico che ci interroga ancora oggi risulta vivo e pregnante proprio perché è raccontato bene, perché è mediato da una buona scrittura che mette in chiaro sulla pagina tutti gli aspetti della vicenda.

Annelise Heurtier, L’età dei sogni (trad. di Ilaria Piperno), Gallucci 2018, 154 p., euro 12,90, ebook euro 6,99

Lo scrigno incantato

9 Nov

scrigno-incantatoCi piacciono le storie dal sapor di leggenda, quelle che funzionano bene nella lettura ad alta voce e che abbracciano il lettore col loro ritmo e lo tengono lì, insieme alla storia e alla voce di chi legge e a chi ascolta con lui. In più il formato grande dell’albo e le illustrazioni a piena pagina di David Sala, dal sapore klimtiano, permettono di godere appieno di questa narrazione, ancora una volta di gran fascino, come sempre capita quando Chabas e Sala lavorano a quattro mani.

Qui si narra del ritrovamento di uno scrigno magnifico e pesante da parte di un pescatore che subito deve consegnarlo all’imperatore perché così vuole la legge. L’imperatore è potente e tiranno, ma nulla può di fronte alla serratura del prezioso forziere: nessuno riesce ad aprirlo, né il miglior fabbro del regno né l’alchimista e manco la fattucchiera; ad ogni tentativo fallito, fioccano le scudisciate sugli inermi sudditi. Finché si fa chiamare la lince, che ha il dono di vedere attraverso ogni cosa. E la lince, furba come una volpe, si farà gioco del re a proprio vantaggio, lasciandolo ignaro, ignorante e convinto di possedere chissà cosa.

Un libro lussuoso, dal punto di vista delle illustrazioni e nel testo, con la sua riflessione sulla ricchezza, su quel che si possiede, su quel che si pensa di possedere e su come lo trattiamo.

Il sito di David Sala.

Jean-François Chabas – David Sala, Lo scrigno incantato (trad. di Cristina Scalabrini), Gallucci 2016, 32 p.,euro 15

 

Lev

26 Gen

LevCome sanno molti di voi che quotidianamente lavorano con bambini e ragazzi, si ottengono buoni risultati con la condivisione in lettura ad alta voce di testi di qualità che raccontano “storie vere”, quelle storie che sempre affascinano proprio per l’aggancio con la realtà, vicina o lontana che sia. Tra le diverse proposte editoriali in occasione del Giorno della Memoria, ecco un albo che parla dei kindertransport che, tra il 1938 e il ’39, nei mesi successivi alla Notte dei Cristalli,videro il Regno Unito accogliere quasi diecimila bambini ebrei accogliendoli e sistemandoli in famiglie, scuole, fattorie.

Il libro permette, attraverso la voce di Lev, di percorrere le vicende di un bambino ebreo e della sua famiglia, separati dal tentativo di salvarsi e poi riuniti a Londra. E sono, appunto, vicende vere: Lev Nelken aveva dodici anni nel 1938, viveva a Breslau ed era un appassionato di francobolli; racconta il progressivo montare dell’odio verso gli ebrei, le proibizioni, i tentativi di scappare, la necessità di denaro che garantisca – come la Gran Bretagna richiede – per il trasporto e in più di soldi per mantenimento e istruzione, la partenza della sorella, la fatica del ragazzo, la solitudine, la fame, il sentirsi isolato nella famiglia che lo accoglie non solo a causa della lingua, ma anche dell’atteggiamento di chi gli sta accanto.

Le illustrazioni accompagnano e suggeriscono letture più approfondite e suggestive oltre il testo (le espressioni dei volti, la pioggia di bottoni che si fa speranza di aiuto), ma sono le parole di Lev a suonare tanto familiari e tanto attuali, specie quando dice “Pensiamo di andare via (…) ma nessun Paese ci vuole. Siamo intrappolati. Qualcuno chiede che vengano dati permessi d’immigrazione almeno ai bambini. Che almeno loro possano salvarsi trovando rifugio all’estero”

L’albo è in doppia lingua: testo italiano ed inglese appaiati sulle pagine.

Il sito dell’autrice.

Barbara Vagnozzi, Lev, Gallucci 2016, 28 p., euro 14

Di che colore è il vento

30 Nov

colore ventoLa magia di un albo di Anna Herbauts segue ancora una volta un ritmo cadenzato delle domande e delle risposte, della ricerca, del voler sapere, dell’interrogare più voci. C’è un bambino, un piccolo gigante come viene definito,un bambino che non può vedere, ma  vuole conoscere il colore del vento e allora, come in altri libri della stessa autrice, prova a rivolgere le domande a chi incontra sulla via. Non solo animali o umani, ma tutti gli elementi de paesaggio sono coinvolti: dalla finestra all’albero, dalla montagna al ruscello.

Il racconto procede anche grazie agli elementi fisici che fanno parte della narrazione stessa: la pagina tagliata a forma di casa che contiene il bambino fa si che – una volta voltata – non ci sia più, si trasformi in una porta che permette di uscire; la sagoma di un cane diventa lupo sul verso, il tondo è una mela intera se lo sfondo è una pagina rossa oppure una mela tagliata a metà se circonda il disegno dei semi. L’albo poi è tattile grazie all’utilizzo di materiali diversi: pagine lucide, rilievi a fare la pioggia o il tronco ruvido o il pelo degli animali, a indicare il contorno dei panni stesi. Insomma, l’albo è una meraviglia per gli occhi che guardano e indovinano, per le mani che carezzano e muovono nel finale le pagine, per le orecchie che ascoltano se qualcuno legge ad alta voce; ed è una meraviglia-sorpresa quando si scopre che la risposta è proprio nel libro che si ha tra le mani e che si può sentire: non serve la vista al bambino cieco per assaporare la carezza di vento che il libro gli fa.

Anne Herbauts, Di che colore è il vento (trad. di Alessandro Marcigliano), Gallucci 2015, 48 p., euro 24

Classici ben svolti – Il giardino segreto

13 Nov

giardino segretoUna nuova collana Gallucci può servire come introduzione alla lettura dei classici: infatti non si propone come riduzione (di cui ancora una volta ci chiediamo il senso. Non è forse meglio leggere e poter apprezzare il testo integro nel momento in cui – come lettori – si è pronti per quella specifica lettura?) né tanto meno come riscrittura (aiuto!), ma come una sorta appunto di presentazione del libro in oggetto. Nello spigare il formato a fisarmonica si incontrano una serie di quattordici immagini che ben evocano, accompagnate da brevi passaggi, l’andamento del testo e lo fanno proponendo ai ragazzi illustrazioni di qualità; poi una mappa dei personaggi e infine il testo raccontato in trenta secondi (una breve trama) e in cinque parole chiave. Infine si sottolinea come per gustare tutti gli episodi che formano il racconto sia necessario leggere il testo completo.

Esulando da “Romeo e Giulietta” e da “Orgoglio e pregiudizio”, possiamo però considerare “Il giardino segreto ” e “Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie” (questi sono i quattro titoli fino ad ora pubblicati) come strumenti d’appoggio nelle presentazioni ai ragazzi. Punto debole che può essere sottolineato: svolgere l’intero formato significa seguire l’intero andamento del romanzo, finale compreso; per cui c’è da sperare che i lettori non lascino perdere la lettura integrale solamente perché sanno come va a finire. Chissà che le prossime uscite editoriali della collana non puntino più a titoli di classici proponibili ai lettori della scuola secondaria di primo grado piuttosto che a titoli da leggersi poi, caso in cui invece si rischia davvero la forma di riduzione e compendio.

Le illustrazioni delle prime uscite sono di Becca Stadtlander e di Yelena Bryksenkova: andate a vedere i loro siti e regalatevi un po’ di bellezza.

Il giardino segreto di frances Hodgson Burnett, raccontato per immagini da Becca Stadtlander (trad. di Susanna Basso), Gallucci 2015, euro 9,90

Il sentiero

1 Nov

sentieroGian Maria Testa inanella versi in tre filastrocche ad uso di tutti e si permette di dire – attraverso rime e assonanze che rendono fluente il discorso, ma non smorzano certo la grandezza del senso che si sta dentro – dell’importanza delle parole e del parlar bene, dell’assurdità degli adulti, della logica semplicità dei bambini, delle rivendicazioni di febbre secessionista che fanno dei mari sale. C’è il tema della migrazione in sottofondo, c’è il pregiudizio, c’è la speranza di un mondo reso migliore da chi ha capacità di vedere davvero e di accettare. I bambini disegnati da Valerio Berruti corrono in bicicletta e popolano mondi sullo sfondo di pagine di dizionario, di carte nautiche, di cartine che inquadrano la Langa, a riproporre un binomio non solo autore-illustratore, ma anche in quest’ultimo caso autori-terra di provenienza. Dando così un senso concreto alle filastrocche, quasi a ricordare che quel che si dice e si racconta accade e ha un legame fondamentale con il mondo di oggi, con la vita intorno.

E così succede che un libro che vorresti recensire perché pensi possa essere importante per dire di certe cose diventa improvvisamente “cosa tua” e traccia intima, quando ti accorgi che non solo ci sono isole amate, ma ci sono pagine di vocabolario e c’è la tua terra, e mica a caso: e trovi Benevello e Dego e Priero e manca solo che la pagina srotoli ancora una parte di mappa per arrivare al passo del Faiallo e ti tramortisca di sorrisi; è la stessa cartina su cui correvano dite amate a dire di strada per arrivare “fin qua”, strada storta, complicata, mica finita, fatta di saliscendi, strada del cuore.

Il sito di Gian Maria Testa. Il sito di Valerio Berruti.

Gianmaria Testa – disegni di Valerio Berruti, Il sentiero e altre filastrocche, Gallucci 2015, 32 p., euro 15, ebook euro 7,99

Il barbaro

9 Apr

barbaro

Prima di proporre in lettura ai/con i lettori questo albo apritene bene le pagine in modo che sia possibile apprezzare l’illustrazione su doppia pagina in questo formato alto e stretto che ha un suo perché che apprezzerete strada facendo. Inoltre è un albo senza parole che ben si presta a letture diverse, condivise, a interpretazioni e riletture, magari scoprendo sfumature sempre nuove.

Ecco la medesima figura, un cavaliere armato con tanto di elmo, scudo e spada sguainata, su un cavallo nero che appare nella medesima posizione statica ma in parti diversi della pagina man mano che si procede col racconto. Ha gli occhi chiusi e in questo assetto di battaglia affronta pericoli estremi: burroni, gragnole di frecce, attacchi di serpenti, draghi e incroci tra aspidi e leoni, nemici umani, vegetali e alati, fiamme. Poi riposo. Ed ecco allora che, solitario sulla pagina bianca, gli occhi si aprono e il suo sguardo cambia, abbandonando il luccichio dato dall’impresa per un’ombra di delusione. Arriva una seconda figura a dirci che il giro di giostra è finito e che il piccolo sognatore che si è fatto cavaliere volteggiando sui cavallini di una giostra viene preso in consegna dal babbo e fatto scendere, lasciando al lettore il ricordo di tutti i sogni dettati dalla sua fervente immaginazione.

Un albo magico, geniale nella sua semplicità, che non vi stuferete di sfogliare per studiarne i meccanismi, la tecnica, la soluzione una volta appresa la situazione. Per un’analisi approfondita della struttura del libro leggete il post di Anna Castagnoli; divertitevi a proporlo ai bambini, a osservarne le reazioni, a ritornarci su con consapevolezza. E approfittatene per recuperare l’altro albo di Moriconi pubblicato in Italia, riprendendo i magici sussurri di Telefono senza fili (Gallucci, 2014).

Il sito dell’autore. Sfogliate alcune pagine dell’albo sul sito dell’editore.

Renato Moriconi, Il barbaro, Gallucci 2015, 48 p., euro 19

A spasso con Anselmo

15 Set

a spasso con anselmo

Fino a qualche anno fa, La Stampa distribuiva il suo supplemento settimanale Torino Sette non solo in provincia di Torino, ma su tutta la regione e il giovedì era un piacere leggere di appuntamenti, incontri, concerti e farsi una mappa mentale di possibilità varie, alcune manco contemplate non fosse stato per quelle pagine. Qua e là c’erano rubriche varie; alcune sfioravano il ridicolo (quella di Luciana Littizzetto coincideva sempre esattamente con quel che blaterava in tv da Fazio), altre decisamente piacevoli, come quella in cui Luca Morino raccontava la città da un angolo di via, di corso, di viale. E poi c’era Anselm, che si leggeva insieme ridendo nei corridoi del liceo. A spasso con Anselm era la divertente rubrica in cui Culicchia raccontava la convivenza con un formichiere di dodici anni che non indossa i pantaloni, che adora la marmellata di formiche e si spinge tra le strade di Torino osservando il mondo con sguardo candido e privo di schemi preconcetti. Nel 2001 da quella rubrica nacque un libro omonimo che fu pubblicato da Garzanti.

Ora, tredici anni dopo, il libro viene ripubblicato da Gallucci nella collana UAO, con un tocco di giallo in copertina e una O finale guadagnata al nome. Anselm diventa Anselmo e io sto qua a chiedermi che senso ha. Intendiamoci, sono le stesse avventure che mi hanno fatto sorridere anni fa, il protagonista è sempre timido e buongustaio, continua a uscire di casa tutto elegante ma senza pantaloni e quando è al culmine della felicità si esibisce nel “salto del formichiere”, demi-volée con triplo salto mortale intorno alla coda. Continua ad affrontare problemi comuni e a intavolare discussioni con l’umano che lo ospita. Però fa cose di un altro tempo (da quel che guarda in tv agli status symbol che dissemina nei discorsi o vede in giro). Quel che mi chiedo è come suonino ai ragazzini di oggi certi riferimenti e se rideranno ancora, nonostante, leggendo questi brevi capitoli. Insomma, mi interrogo sul senso di un’operazione editoriale simile – che non è la prima e nemmeno l’ultima – come su altre (tipo gli scrittori che apprezziamo in altri frangenti e che si mettono a scrivere per bambini giusto perché son genitori, come se fosse una garanzia. Non so cosa abbiate pensato voi di fronte ai racconti di Paolo Nori contenuti in “Tredici favole belle e una brutta”, Rizzoli 2012, ma io ero e resto alquanto perplessa).

Non ho ovviamente soluzioni né risposte; rimane soltanto la prova del nove, cioè ascoltare i giovani lettori e sentire ancora una volta – come sempre ci diciamo – le loro impressioni su quel che leggono, su quel che trovano in libreria e in biblioteca. E saper aggiustare il tiro delle nostre proposte e delle nostre idee rispetto a quanto ci dicono, confrontandoci e scambiandoci suggerimenti di lettura. Aspetto che un dodicenne mi racconti la sua lettura di questo libro. Con buona pace di chi mi ha portato questo libro perché effettivamente io ero a spasso con Anselmo, che però non mangia marmellata di formiche e per fortuna non conosce metodi inglesi o alpini per guarire dalla febbre alta.

In tutto ciò c’è una buona notizia: mentre su Torino Sette la rubrica che passeggiava avanti e indietro con Anselm ha lasciato posto a una in cui Culicchia racconta Ho visto cose, quella di Morino esiste ancora. Si intitola sempre Un uomo all’angolo e dunque buoni angoli di Torino a voi.

Giuseppe Culicchia, A spasso con Anselmo, Gallucci 2014, 183 p., euro 12