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Capitano Rosalie

11 Dic

Quando questo libro è arrivato, nella sua versione francese, con una riga sotto il titolo a lasciare un po’ di mistero, ho pensato ancora una volta all’importanza e alla bellezza della misura esatta. Quando qualcuno ti racconta una storia è importante finirci dentro; sono importanti la voce, il ritmo, le immagini che ti vengono in testa come quelle che ti si presentano sotto gli occhi.

Timothée De Fombelle prende la voce di una bambina di cinque anni e mezzo che ogni mattina la mamma accompagna fino alla scuola prima di andare in fabbrica. È la scuola dei grandi e Rosalie non ha l’età per starci, ma il maestro la tiene lo stesso perché non c’è altro posto dove possa andare né persona che possa badare a lei. La siede in fondo, sulla panca sotto gli appendiabiti, e la lascia disegnare. Man mano che arrivano i ragazzi, i cappotti le fanno da coperta, tenda, rifugio, ma Rosalie ha le orecchie dritte e la vista acuta: lei è un capitano e non importa se il maestro non batte i tacchi quando la chiama; ha già scelto come tenente Edgar, che non impara né i numeri né le lettere, che vorrebbe essere altrove. Fuori intanto c’è la guerra, la battaglia della Somme, e i giorni scorrono uguali, rotti solo dalle lettere del papà dal fronte, quelle lettere che la mamma si ostina a leggerle a voce alta ma che lei non vuole sentire. Poi un giorno tutto cambia: è colpa di una lettera blu che la mamma non commenta. Allora la missione di Rosalie si fa  ancora più pressante, Edgar offre una sponda e la capacità di decifrare le lettere mette improssivamente la bambina di fronte alla nuda verità.

Nelle illustrazioni di Isabelle Arsenault dominano i grigi e i neri e i colori risaltano ancora di più: il rosa chiaro di una camicia, il blu dell’inchiostro. Ma è la voce di Rosalie a risuonare forte e limpida, nella determinazione che i bambini sanno avere, nel gioco di soldato in missione che spia il nemico e prepara l’attacco. Una determinazione che va dritta verso la verità, quella che la capacità di leggere svela inevitabile, tra lacrime e fierezza. Rosalie è nata in una bottega dove lo strumento preferito è il rabot, la pialla che sgrossa e rifinisce; Rosalie è netta e decisa, come se da un pezzo di legno fosse venuta fuori la forma che già si intravedeva: non poteva essere diversa, non poteva essere più pregnante, protagonista di un racconto illustrato che è gioia per l’esatta misura di voce, di tratto, di capacità di dire con una certa poesia quel che fa male e quel che fa bene.

Timothée De Fombelle – ill. Isabelle Arsenault, Capitano Rosalie (trad. di Maria Bastanzetti), Mondadori 2018, 72 p, euro 15

Il ragazzo che non uccise Hitler

7 Giu

5245-Sovra.inddLa capacità di Morpurgo di costruire una narrativa avvincente intorno a fatti storici che sempre incuriosiscono i ragazzi è senza dubbio rara. A questo giro regala ai lettori un racconto lungo che dice ancora una volta, come già ha fatto in altri romanzi, come ha fatto anche John Boyne, della quotidianità della guerra, degli anni dei conflitti visti da chi rimane a casa, da chi fatica in città.

Barney ha dieci anni e ha appena perso la casa nei bombardamenti di Coventry: la sua casa non esiste più, l’intera via non esiste più e, mentre il nonno sceglie di rimanere per mantenere attiva la rivendita di carbone, lui e la mamma partono in treno a raggiungere i parenti che vivono in Cornovaglia. Condividono il vagone con un uomo che entra in confidenza e comincia a raccontare: la narrazione come arma contro il buio, di cui Barney ha paura, e come arma contro i pensieri che l’attesa e il silenzio generano, specie se si sta in una galleria ad aspettare che gli aerei tedeschi che hanno tentato di colpire il treno si allontanino. Il racconto che lo sconosciuto propone è quello del suo amico di sempre, Billy, valoroso soldato plurimedagliato durante la Prima Guerra Mondiale che richiama – come racconta la nota finale – la vicenda reale di Henry Tandey, il soldato britannico che ha risparmiato un tedesco al termine di uno scontro sul fronte occidentale e che – secondo quel che si riporta – sarebbe stato il giovane Hitler.

Il romanzo di Morpurgo non racconta solo questo episodio, ma attraverso le vicende di Barney e della sua famiglia e attraverso la vita di Billy, dice di come la guerra possa cambiare le vite, m anche di come si possa scegliere di rimanere fedeli a se stessi e soldati semplici nonostante tutte le proposte di carriere e le medaglie prestigiose: Billy non cerca riconoscimenti, non si sente migliore di altri soldati; è spinto a combattere l’ingiustizia e il dolore che vede intorno a sé. Eppure quel titolo che viene attribuito alla traduzione italiana (l’originale è “An eagle in the snow” e fa riferimento comunque all’ultima parte del romanzo) in qualche modo distorce il tutto, ponendo l’attenzione sulla singola vicenda, quando invece l’autore punta sulla testimonianza di un momento storico e delle vite delle persone che si trovano coinvolte.

Il rinnovato sito di Michael Morpurgo.

Michael Morpurgo, Il ragazzo che non uccise Hitler (trad. di Marina Rullo), 140 p., euro 16, ebook euro 4,99

Giulia

4 Nov

Giulia

Di Andrea Ventura avevamo apprezzato Una mattina mi son svegliato, dove le sue immagini, accompagnate al testo di Mimmo Franzinelli, si facevano racconto senza giudizio né pregiudizio di cinque possibili scelte all’indomani dell’8 settembre 1943. Ora la sua capacità narrativa torna nell’essenzialità di brevi testi e immagini in bianco e nero per narrare della realtà al lettore e farlo con un linguaggio – quello grafico – vicino ai giovani lettori. Così questo testo diventa occasione per parlare della vita agli inizi del secolo, prendendo spunto da vicende familiari.

La narrazione va dal 1909 al 1928 e segue la vicenda personale di Giulia nata a Triches, paese bellunese a pochi chilometri dal confine, quella della sua famiglia e insieme quel che accade intorno: l’emigrazione per cercare lavoro all’estero, la madre che lascia i propri figli per andare a fare la balia presso ricche famiglie, la scuola abbandonata troppo presto per “affittarsi”e portar le mucche al pascolo, la Prima Guerra Mondiale che irrompe, l’impiego in fabbrica negli anni Venti e poi a servizio a Milano. Giulia è la nonna dell’autore e allora il ritmo del racconto si fa quello di un albo fotografico a cui anche la forma quadrata e spessa del libro rimanda: non solo un susseguirsi di immagini, ma anche i testi identificano ricordi isolati e spesso spezzati tra loro, esattamente come possono nascere dal ricordo di cui fa memoria e racconta ad altri. Sono particolari quelli che emergono, singoli episodi, accadimenti ancora vivi nel ricordo di un singolo e allora ecco un’impronta unica data anche agli avvenimenti storici, visti dagli occhi della protagonista o stigmatizzati in un frammento di realtà (un soldato a cavallo comparso nella notte; il tetto dell’auto di Mussolini intravisto dall’alto). Gli eventi storici scorrono sulla linea del tempo e ad emergere sono singoli racconti personali che si situano proprio lì, ma danno al contempo un senso privato al contesto generale.

Non solo solo i singoli ricordi e le singole caratterizzazioni (la sorella appariscente, il fratello zoppo, il collo di volpe di un cappotto smesso), ma è anche il paesaggio a dominare con una sorta di lingua propria che tracima dalle illustrazioni: gli animali (il toro, l’upupa…), le piante, il profilo delle vallate, le geografie urbane dell’industrializzazione e delle case dei signori. La prefazione di Sergio Luzzatto, cristallina ed essenziale, parte da Dino Buzzati per parlare di “storie dipinte” e non poteva esserci probabilmente introduzione migliore a una singola storia di popolo che si fa voce di umanità e di vicende nazionali.

Il sito di Ventura. Frammenti della storia sono stati pubblicati sul sito del New York Times.

Andrea Ventura, Giulia. Una ragazza del Novecento, Utet 2015, 208 p., euro 27

Ascolta la luna

6 Ott

ascolta la lunaSe qualcuno di voi ha presente il video contenuto nell’app War Horse in cui in teatro Morpurgo racconta la storia che è narrata nell’omonimo libro da cui Spielberg ha tratto un film, allora potete immaginarvelo a narrare anche in questa occasione: perché anche questo romanzo prende una storia che viene dal passato e ne fa una trama che avvolge, che sembra apposta per esser detta ad alta voce, che si fa vicina come a voler rendere il lettore presente. La vicenda storica da cui Morpurgo prende spunto è sicuramente avvincente perché a tutt’oggi esistono ombre e misteri sull’affondamento, nel maggio 1915 da parte di un sottomarino tedesco, del Lusitania, allora la più grande e la più veloce nave al mondo, che stava per portare a termine la traversata da New York a Liverpool. Qualche mese fa i lettori hanno potuto apprezzare un racconto illustrato che prendeva spunto propri dal medesimo viaggio e dalla storia vera di una ragazzina sopravvissuta, Il viaggio straordinario di Avis Dolphin.

Qui l’autore prende spunto dalle voci che dicono che del Lusitania i soccorritori videro galleggiare in mare il pianoforte a coda del salone principale con su distesa una ragazza, poi aggiunge un’altra nota storica: la pericolosità delle acque intorno all’arcipelago delle Scilly, una delle isole adibita a lazzaretto, il salvataggio da parte degli abitanti nel 1875 dei superstiti di un transatlantico tedesco e la dignitosa sepoltura che ai morti venne data. Fa così conoscere al lettore la popolazione che vive pescando e coltivando narcisi, i bambini che vanno a scuola in barca sull’isola principale, i rituali e le convenzioni di una comunità ristretta dove tanta può essere la solidarietà e tanto rapido il voltar faccia. Nel maggio 1915 Alfie e il padre trovano, mentre si fermano durante la pesca sulla disabitata isola di St. Helen’s, una ragazza ferita. L’unica parola pronunciata da lei diventa il suo nome: Lucy. Non parla, non dà segni di comprendere inizialmente quel che ha intorno, a lungo la febbre e l’apatia la tengono prigioniera; solo col tempo, grazie alle cure della famiglia di Alfie e della mamma in particolare, comincia ad aprirsi a quel che la circonda e pare ritrovare la luce negli occhi di fronte alla musica che esce dal grammofono e poi con Peg, il cavallo da lavoro dell’isola, che si lascia per la prima volta cavalcare. Il mutismo della ragazza però alimenta voci e leggende e anche dissapori che sfociano nell’isolamento suo e della famiglia che l’ha accolta: la coperta in cui era avvolta al momento del ritrovamento portava ricamato un nome tedesco; forse Lucy appartiene al popolo nemico, per combattere il quale i ragazzi della comunità stanno morendo sul fronte francese?

Il romanzo diventa racconto di come i sospetti si facciano facilmente solide credenze nel momento in cui si pensa di dover avere un nemico per amor di patria; di come il diverso sia facile prenda di etichette e scherno; di come si possa difendere a ogni costo chi viene schernito e cercare di farlo essere se stesso e stare bene: la madre di Alfie si batte per difendere Lucy, per darle il tempo giusto per riprendersi, per ritrovare voce e memoria; la donna ha vissuto vicende simili quando ha ritrovato il fratello gemello in manicomio ed è riuscita a riportarlo a casa e a far sì che si dedicasse a riparare un veliero, arte di cui era maestro.

Interessante l’intreccio di voci che permettono di conoscere la storia della protagonista: si alternano infatti la narrazione degli avvenimenti sull’isola a quella in prima persona di Lucy che parla della sua vita a New York e della traversata sul transatlantico, ma anche brani del giornale scolastico tenuto dal maestro e del diario personale del medico che descrive i progressi dei pazienti, la comunità in cui vive e i disastri che la guerra sta provocando nei corpi e negli animi; il tutto nella cornice dello scrittore che raccoglie la testimonianza della nonna anziana, ponendo l’accento sul luogo da cui veniamo, sulle storie dei membri della famiglia che fondano anche la nostra storia, su tutti quelli che rimangono in vita quando ricordiamo e raccontiamo. Ancora una narrazione della guerra da un punto di vista che potremo dire “laterale”, non il fronte, ma chi resta a casa, chi vive di lettere, chi accoglie chi ritorna, chi incrocia nuove vite e nuove storie. Ma anche un romanzo che dice della potenza della bellezza e della speranza, per riportare alla vita, per far brillare gli occhi, per rendere saldi i piedi. E forse nessuno meglio di un medico condotto che si prende cura a inizio Novecento di una piccola comunità può descrivere l’umanità che ha intorno, i tempi che sono dati da vivere e il pensiero per quel che verrà.

Il sito dell’autore. L’articolo che Morpurgo ha scritto per il Times a proposito del Lusitania. E le fotografie scattate da lui in cui ritrovate reperti e paesaggi che tornano nella storia di Alfie e di Merry.

Michel Morpurgo, Ascolta la luna (trad. di Francesco Gulizia), Rizzoli 2015, 390 p., euro 16, ebook euro 6,99

Sarò io la tua fortuna

1 Set

fortuna

Cresce, in questi mesi di anniversario, il numero delle narrazioni per ragazzi ambientate ai tempi della Prima Guerra Mondiale. Tra le tante proposte, come già detto in precedenti recensioni, è possibile trovarne di davvero buone e soprattutto, molto importante, che affrontano aspetti diversi di quel periodo storico, contribuendo così a dare ai lettori molteplici tasselli che possono formare un quadro ricco e più completo, specie sulla vita quotidiana, sulla società, su come si vivesse e si faticasse non solo al fronte.

Il romanzo di Frescura e Tomatis si caratterizza da un lato per i molti particolari e riferimenti anche curiosi che possono solleticare chi legge ad approfondire e a cercare altre notizie: sono citate Maria Plozner e le portatrici carniche che trasportavano nelle gerle munizioni e rifornimenti dalle retrovie alla prima linea; si parla dei moti per il pane a Torino nel 1917, della propaganda a scuola, e ancora strofe di canzoni dell’epoca,  Il cuore di Pinocchio rivisitazione del romanzo di Collodi piegata a lodare il sacrificio dei mutilati di guerra, l’eutrofina (cercate on line qualche immagine che reclamizzi il ricostituente dell’epoca!). Dall’altro il romanzo si dipana sul filo del carteggio tra il fronte e le famiglie, riportando il testo di molte lettere inviate a casa dai soldati e riprendendo il tema della censura ufficiale, ma anche quella dei singoli che non scrivevano la verità quasi a voler proteggere i genitori o le mogli e i figli che avrebbero letto; gli epistolari sono una forma di lettura coinvolgente, che fa sentire vicine le persone vissute in altre epoche e allora le lettere immaginate in questo volume possono essere l’occasione di riprenderne altre reali scritte in occasioni più o meno tragiche.

La vicenda narra di Rigo, già orfano dei genitori, che perde anche gli zii con cui vive quando una bomba caduta sulla loro cascina li uccide. Nel giorno del suo quattordicesimo compleanno, il ragazzo friulano si trova senza nulla e viene preso sotto l’ala protettrice da un soldato di nome Toni che lo convince a impiegarsi a servizio dell’esercito per due lire al giorno, evitando così l’orfanotrofio. Siccome sa leggere e scrivere, Rigo diventa il tuttofare dell’ospedale militare delle retrovie, dove conosce gli orrori e le mutilazioni della guerra, e dove aiuta i soldati analfabeti a scrivere a casa. Conosce Fortuna, che fa spettacoli di burattini con lo zio, e con cui intreccia un legame di amicizia, innamorandosene pian piano. Alla morte di Toni, i due ragazzi decidono di lasciare il fronte per cercare di recapitare l’ultima lettera alla famiglia del soldato, come da sue disposizioni. Prima i dintorni friulani, poi il viaggio verso Torino, il ferimento di Fortuna, la ripresa di una vita diversa e la scoperta della verità sul padre di Rigo, da lui mai conosciuto.

Il testo ha il pregio di farsi forte della documentazione storica su cui si appoggia, che rende particolarmente vivo il racconto agli occhi del lettore, fornendogli appunto un quadro a tutto tondo della realtà dell’epoca: il fronte, le città, le campagne, i soldati, i poveri e i ricchi. Tra le tante scene, quella in cui Rigo insegna a Toni a leggere basandosi sui nomi dei soldati morti, scritti sulle croci del cimitero di guerra è senza dubbio di particolare dolorosa bellezza.

L’illustrazione di copertina è di Sonia Maria Luce Possentini.

Loredana Frescura – Marco Tomatis, Sarò io la tua Fortuna, Giunti 2015, 213 p., euro 10, ebook euro 6,99

Il viaggio straordinario di Avis Dolphin

3 Giu

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La storia vera di Avis Dolphin, dodicenne canadese scampata all’affondamento del Lusitania, raccontata attraverso un diario che ripercorre la settimana di viaggio in cui la nave, partita da New York il 1° maggio 1915 verso Liverpool, attraversa l’oceano per essere affondata da un siluro lanciato da un sottomarino tedesco il 7 maggio. La ragazzina,buona osservatrice, racconta la nostalgia per la vita che si lascia alle spalle, la mancanza dell’amica del cuore, la vita sulla nave e gli intrecci tra persone sconosciute che si trovano a dividere per alcuni giorni un mondo a sé; racconta le voci, le paure per la guerra in corso e per gli eventuali pericoli, la scoperta delle differenze sociali con l’esplorazione della prima e della terza classe. Racconta l’amicizia con il professor Ian Holbourn che coglie la sua curiosità e le racconta della nave, del mondo in guerra e di Foula, una delle più remote isole delle Shetland scozzesi di cui è laird: la bellezza selvaggia, le leggende. Proprio la storia del gigante e dell’uomo nero che pare abitassero l’isola fa da legame tra i giorni, centellinata dal professore, attesa da Avis, viva agli occhi del lettore grazie alle illustrazioni che arrivano sulla pagina quando viene evocata.

L’intersezione di un diario di viaggio e di una parte illustrata che corrisponde alla leggenda che riguarda l’isola di Foula è sicuramente un esperimento da tenere in considerazione, che permette di presentare ai ragazzi modalità narrative differenti che corrispondono in questo caso a piani diversi del racconto; forse potrà non piacere a tutti, ma fa di questo libro un’opera originale e non scontata tra le tante che arrivano in libreria in questi mesi narrando di episodi e suggestioni legati al periodo della Prima Guerra Mondiale.

Il sito dell’autrice. Il sito dell’illustratrice.

Frieda Wishinsky – Willow Dawson, Il viaggio straordinario di Avis Dolphin (trad. di Egle Costantino), Mondadori 2015, 173 p., euro 15, ebook euro 6,99

La grande guerra raccontata ai bambini 100 anni dopo

4 Mag

la grande guerra raccontata ai bambiniTorniamo ancora sui testi usciti in occasione del centenario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale per segnalare un testo rivolto ai ragazzi della scuola primaria che in un formato ad albo e con chiarezza dà in brevi capitoli tematici informazioni importanti che possono avvicinare a questa pagina di storia, impreziosite dalle illustrazioni di Lorenzo Terranera. In particolare verranno apprezzate le doppie pagine che danno un colpo d’occhio su alcuni ambienti e fanno immaginare davvero quel che succedeva, come si viveva: la stazione al momento della partenza delle truppe, la trincea, una corsia d’ospedale, la montagna innevata, un quartiere cittadino distrutto, il Piave.

Ben riuscite anche le pagine che illustrano alcuni corpi che presero parte alla guerra – i fanti, gli alpini, i bersaglieri – di cui viene descritto e raffigurato vestiario ed equipaggiamento, dai calzini al cappello alla bicicletta richiudibile dei bersaglieri.

Particolarmente interessanti alcune pagine che parlano della guerra illustrata nelle cartoline (non dimentichiamo che il 36% della popolazione italiana era allora analfabeta e l’immagine aveva un suo peso, comprensibile immediatamente a tutti), ma anche di come i giornali per i più piccoli e i giocattoli furono trasformati in chiave patriottica. A questo proposito, fino al 24 maggio prossimo è possibile visitare a Bra (Cn) una doppia mostra a Palazzo Mathis e al Museo del Giocattolo che approfondisce il tema della guerra e della Resistenza nei fumetti, nelle storie, nei giochi e nei giocattoli d’epoca.

A proposito dell’illustratore.

Cinzia Rando – ill. Lorenzo Terranera, 1915-2015. La Grande Guerra raccontata ai bambini 100 anni dopo, Touring Club Italiano 2015, 48 p., euro 14,90

Il giorno degli eroi

22 Apr

giorno degli eroiCome abbiamo già ricordato più volte nel recensire altri libri, gli anniversari storici si prestano ad essere ghiotte occasioni per autori ed editori; talvolta anche o meno per i lettori, a seconda dei risultati ottenuti. In questo caso, ecco la narrazione lineare, sommessa ed insieme potente, delle vicende della Grande Guerra viste attraverso la vita di una famiglia di contadini veneti che mostra al lettore gli effetti del conflitto nel quotidiano e la sua percezione da parte delle persone che subivano conseguenze e decisioni.

Il punto di vista è quello di Silvio Moretti, classe 1899, famiglia contadina, mai andato in città, due fratelli maggiori pronti ad arruolarsi e la rabbia di non poter partire anche lui, costretto a casa coi genitori e la sorellina. Attraverso i suoi occhi, si leggono le reazioni all’andamento del conflitto, i pensieri del padre, le apprensioni della madre e i cambiamenti di idee e di prospettiva: Carlo, il fratello maggiore, viene arruolato subito ed è il suo volto trasformato da ciò che ha visto e vissuto, a dare a Silvio la misura di quanto il suo iniziale entusiasmo sia in realtà assolutamente fuori luogo; Aldo invece, a causa di una frattura mal curata, viene riformato e si dà al mercato nero e al guadagno illecito. La storia osserva la famiglia che accompagna i propri figli in divisa al treno, in un progressivo spogliarsi di affetti, di fiducia, di resistenza: il terreno a lungo difeso dal padre dovrà giocoforza essere abbandonato quando, con l’avvicinarsi del fronte, quel che resta del nucleo famigliare verrà sfollato nella zona di Rovigo.

La narrazione procede alternando le giornate trascorse in trincea da Silvio, partito infine con la mobilitazione dei ragazzi del ’99, e i ricordi dei mesi precedenti: in questo modo l’autore affianca al racconto del quotidiano e della vita di famiglia lo spaccato del fronte, la vita e le paure dei soldati nel mese che corre tra novembre e dicembre 1917, immaginando una tregua di Natale con i nemici sulla scorta di quella famosa del 1914. Punteggiato di cadenze dialettali e di lettere, è un ritratto vivo e coinvolgente di chi ebbe a suo modo coraggio, laddove si trovava, in quei frangenti.

Guido Sgardoli, Il giorno degli eroi, Rizzoli 2014, 294 p., euro 15, ebook euro 7,99

Il sapore dell’ultima neve

10 Apr

sapore dell'ultima neveSono tanti, lo abbiamo ricordato più volte e ne abbiamo recensiti alcuni, i libri che narrano del tempo della Grande Guerra in questi mesi di anniversario; il pregio del libro di Marco Tomatis sta nel non voler fare una narrazione che segue i fatti, ma piuttosto di seguire il protagonista nell’arco temporale di poche settimane intorno all’aprile 1915, raccontandoci gli eventi che lo riguardano e ricordando l’inizio della Prima Guerra Mondiale attraverso gli echi e le ricadute sugli abitanti di un paese di montagna, investito per altro da altri problemi: la speculazione del sindaco e le truffe ai danni dei suoi concittadini, un omicidio di anni prima che si svela, il disastro ambientale dovuto al dissesto idrogeologico per l’incuria ambientale o meglio per la volontà di anteporre il guadagno e l’interesse di pochi alla salvaguardia della zona (la costruzione di un traforo verso il mare fa sperare in lavoro e ricchezza, ma in realtà non sarà realizzato e porterà a una catastrofica alluvione). Sono temi attuali che vengono però contestualizzati appunto nel 1915, quando Guido, sospeso dal collegio in cui sta frequentando il ginnasio, viene inviato a prepararsi per gli esami di riparazione a casa della zia ostetrica, che vive in un paese isolato, in fondo a una valle.

Guido vive portandosi addosso la sensazione di essere limitato da muri di vetro che soffocano il suo respiro e la sua personalità, senza essere compreso né ascoltato da chi gli sta intorno, in primis dal padre che lo ha già destinato alla carriera militare intrapresa da tutti i maschi di famiglia, ben lontana dai suoi effettivi desideri. Al paese si rende conto per la prima volta di modi e condizioni di vita diverse da quelle che lui conosce; incontra due artisti che allestiscono spettacoli di marionette e, grazie a un particolare notato su di una fotografia, riapre un doloroso episodio del passato. Il suo tentativo di fuga – da chi non lo comprende, dal senso di soffocamento che lo coglie – finirà nella bufera dell’ultima nevicata primaverile che lo coglie di sprovvista mentre cerca di valicare un colle e scendere verso il borgo di Chiusetta (mi piace pensare al protagonista smarrito nel biancore dei paesaggi della Gola della Chiusetta, in val Tanaro) lo spingerà a tornare indietro, portandolo ad affrontare se stesso e insieme la possibilità di restituire la verità sui loschi traffici del sindaco. Lo scontro con il disastro dell’inondazione che ha colpito il paese e l’aiuto che è chiamato a dare in qualche modo lo renderanno più forte per affermare quel che davvero desidera, per prendere in mano i fili delle proprie scelte, senza permettere a nessuno di manovrarli al suo posto.

Un romanzo di formazione agile che coniuga alla vicenda personale del protagonista lo sfondo storico dell’entusiasmo di molti per l’entrata in guerra, gli interrogativi di altri e soprattutto una corolla di scelte differenti fatte dai diversi personaggi che il lettore incontra intorno a Guido.

Una sola nota: due personaggi portano i nomi di Viola e Federica, davvero rari per il tempo d’ambientazione della storia…

Il blog dell’autore. L’illustrazione di copertina è di Cinzia Ghigliano.

Marco Tomatis, Il sapore dell’ultima neve, Notes 2015, 139 p., euro 10.

L’armonica d’argento

18 Nov

armonica d'argento

Le collane “I gusci” e “I gusci teens” dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma raccolgono una serie di romanzi rivolti ai ragazzi (alcuni dai sette anni, altri dai dieci) accomunati dalla musica che attraversa le loro pagine, facendosi asse fondamentale del racconto. In questo caso lo spunto per la narrazione è dato, ancora una volta in questo periodo dell’anno, dall’anniversario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, qui ritratta dal punto di vista particolare del confine. Il confine geografico e il confine dell’identità: il protagonista infatti è nato e vive a Luserna, un villaggio allora tra il Trentino austriaco e il Veneto italiano, oggi provincia di Trento e isola linguistica cimbra.

Nel maggio 1915, quando comincia la storia, Angelo ha quindici anni e porta il cognome simile a quello di quasi tutti i suoi compaesani, i Nicolussi, le cui famiglie si distinguono le une dalle altre per i soprannomi inventanti a mo’ di riconoscimento. La guerra scoppiata l’anno precedente ha fino a quel momento solo il suono delle parole scritte in una lettera dello zio paterno, sacerdote arruolato come cappellano militare e spedito in Galizia. Ma ai primi di maggio appunto gli abitanti di Luserna vengono costretti ad abbandonare le loro case e trasferiti dagli Austriaci al di là delle Alpi nei campi profughi allestiti in fretta. Angelo si trova in montagna, al pascolo con le capre e il fedele cane Wolf: al ritorno non trova né il padre né la casa, requisita dai soldati. Arrestato e utilizzato come portaordini, poi a Trento presso un amico di famiglia, il ragazzo assiste prima alla resa austriaca, poi all’esecuzione di Cesare Battisti, infine raggiunge il padre in Austria. Ad accompagnarlo fino alla fine della guerra e nella ripresa della vita quotidiana a Trento l’armonica d’argento che il tenente Emanuel Nebesar gli regala, consapevole di come possa essere una sorta di ancora a cui aggrapparsi, portata in tasca e suonata per alienarsi dall’orrore intorno, per accompagnare i canti spontanei.

Una nota finale dice appunto le caratteristiche e la storia di questo strumento, mentre nell’audiolibro allegato si ritrova la lettura del testo accompagnato dai canti eseguiti dal coro Croz Corona che perfezionano ulteriormente l’alta qualità della grafica (sia nella composizione del testo che nella scelta stilistica delle immagini che lo affiancano), offrendo ai lettori un libro “bello” sotto tutti i punti di vista.

Il sito dell’autore. Per saperne di più sulla storia e sul trasferimento degli abitanti di Luserna nei campi potete leggere qui; a proposito di Prima Guerra Mondiale in Tirolo potete leggere “Amici su due fronti” di Ave Gagliardi, edito da Piemme/Battello a Vapore nella nuova collana “La Grande Guerra”.

Mauro Neri – ill. Federica Periotto, L’armonica d’argento, Accademia Nazionale di Santa Cecilia 2014, 103 p., euro 14 (con cd)