Quando questo libro è arrivato, nella sua versione francese, con una riga sotto il titolo a lasciare un po’ di mistero, ho pensato ancora una volta all’importanza e alla bellezza della misura esatta. Quando qualcuno ti racconta una storia è importante finirci dentro; sono importanti la voce, il ritmo, le immagini che ti vengono in testa come quelle che ti si presentano sotto gli occhi.
Timothée De Fombelle prende la voce di una bambina di cinque anni e mezzo che ogni mattina la mamma accompagna fino alla scuola prima di andare in fabbrica. È la scuola dei grandi e Rosalie non ha l’età per starci, ma il maestro la tiene lo stesso perché non c’è altro posto dove possa andare né persona che possa badare a lei. La siede in fondo, sulla panca sotto gli appendiabiti, e la lascia disegnare. Man mano che arrivano i ragazzi, i cappotti le fanno da coperta, tenda, rifugio, ma Rosalie ha le orecchie dritte e la vista acuta: lei è un capitano e non importa se il maestro non batte i tacchi quando la chiama; ha già scelto come tenente Edgar, che non impara né i numeri né le lettere, che vorrebbe essere altrove. Fuori intanto c’è la guerra, la battaglia della Somme, e i giorni scorrono uguali, rotti solo dalle lettere del papà dal fronte, quelle lettere che la mamma si ostina a leggerle a voce alta ma che lei non vuole sentire. Poi un giorno tutto cambia: è colpa di una lettera blu che la mamma non commenta. Allora la missione di Rosalie si fa ancora più pressante, Edgar offre una sponda e la capacità di decifrare le lettere mette improssivamente la bambina di fronte alla nuda verità.
Nelle illustrazioni di Isabelle Arsenault dominano i grigi e i neri e i colori risaltano ancora di più: il rosa chiaro di una camicia, il blu dell’inchiostro. Ma è la voce di Rosalie a risuonare forte e limpida, nella determinazione che i bambini sanno avere, nel gioco di soldato in missione che spia il nemico e prepara l’attacco. Una determinazione che va dritta verso la verità, quella che la capacità di leggere svela inevitabile, tra lacrime e fierezza. Rosalie è nata in una bottega dove lo strumento preferito è il rabot, la pialla che sgrossa e rifinisce; Rosalie è netta e decisa, come se da un pezzo di legno fosse venuta fuori la forma che già si intravedeva: non poteva essere diversa, non poteva essere più pregnante, protagonista di un racconto illustrato che è gioia per l’esatta misura di voce, di tratto, di capacità di dire con una certa poesia quel che fa male e quel che fa bene.
Timothée De Fombelle – ill. Isabelle Arsenault, Capitano Rosalie (trad. di Maria Bastanzetti), Mondadori 2018, 72 p, euro 15
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