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Fu Stella

27 Gen

Fu Stella. Per giocare con le parole. Con la fustella che nel libro appare proprio a forma di stella a sei punte e buca foglio dopo foglio formando un filo tra le persone le cui storie si susseguono. Con la stella che gli ebrei furono costretti a cucire ai loro abiti.

Le storie sono racchiuse da Matteo Corradini in sei versi caduna: dicono di dieci diversi destini, di bambini, vecchi, maestre, rabbini, librai, musicisti e del loro destino comune, avviati alla deportazione nei campi di sterminio. A narrarle è una Stella che racconta prima di svanire nell’alba. Le storie prendono vita nelle illustrazioni di Vittoria Facchini che usa collage e macchie di colore per dare forza alle immagini, ma anche per costruire una galleria di ritratti e momenti quotidiani su cui cade – improvvisa, inattesa, ingiusta – quella stella a marcare una differenza incredibile, a marchiare persone uguali a tutte le altre.

Per la seconda volta, quest’anno Corradini regala una riflessione per il Giorno della Memoria, per tenere a memoria, per tenerla in esercizio, la memoria. Se in Solo una parola la narrazione trovava chiave felice nella scelta di raccontare l’emarginazione e la persecuzione degli occhialuti, qui nasce da un gioco di parole una filastrocca che pizzica la memoria, il cuore, gli occhi, che fa forza sulle illustrazioni per dire ancora una volta, a voce alta, quel che nessuno deve scordare.

Matteo Corradini – Vittoria Facchini, Fu Stella, Lapis 2019, 62 p., euro 14,50

Anne Frank – Diario

28 Set

Folman e Polonsky, che hanno lavorato insieme a “Valzer con Bashir”, riescono perfettamente nell’adattamento del diario di Anne Frank in fumetto. Per godere ancora di più del risultato, conviene forse leggere per prima la nota degli autori che chiude il volume: lì Folman spiega come hanno lavorato, come hanno deciso di rendere al meglio tutto il diario, sintetizzandolo e scegliendo di combinare insieme più giornate concentrandosi sugli argomenti che Anne tocca lungo le pagine. La chiave sta nella capacità di rendere la complessa e limpida personalità della ragazza, il suo carattere forte e facile all’ira, il suo sarcasmo, le annotazioni tanto poetiche e le riflessioni mature sul mondo intorno a lei, sui suoi desideri, sui suoi sentimenti.

Ne deriva un ritratto vivo, in cui si sente – come sentiva l’autrice – l’atmosfera della guerra e il peso delle privazioni, ma in cui si legge giorno per giorno la storia degli abitanti dell’alloggio segreto, come se si fosse lì con loro, nel momento quotidiano. Nonostante il lettore sappia benissimo dell’arresto del 4 agosto e della fine che faranno quelle persone, è portato a guardare alla vita di Anne e non a pensare a quel che verrà dopo il diario. Le vignette si alternano a pagine particolarmente significative in cui i pensieri di Anne vengono riportati per intero, ma a colpire è soprattutto la capacità di rendere l’ironia con cui descrive chi vive insieme a lei e le situazioni che si vanno a creare, così come la capacità di cogliere l’essenza delle persone e di farne ritratti puntuali e precisissimi.

Se molti lettori si avvicinano al Diario, sicuramente tanti apprezzeranno questo nuovo formato e questo dare forma e colore a tutto quel che contiene. Gli autori sostengono di aver accettato questa sfida anche nei confronti di giovani che leggono meno e sono più abituati agli schermi; la cosa può essere discutibile, ma di certo ne viene un libro che penso dovrebbe essere non alternativo, ma complementare al Diario narrativo.

Il sito di Polonsky.

Ari Folman – David Polonsky, Anne Frank – Diario (trad. di Laura Pignatti e Elisabetta Spendiacci), Einaudi 2017, 160 p., euro 15, ebook euro 7,99

La pioggia porterà le violette di maggio

26 Lug

Pubblicato nel 2014 per Einaudi Scuola in un’edizione con apparato didattico, ecco nel catalogo Lapis un romanzo di Matteo Corradini che porta il lettore a Terezín sul filo della memoria e della ricerca storica: una ricerca fatta da una ragazzina di dieci anni che risale il corso del tempo attraverso una serie di testimonianze per ricostruire la storia del clarinetto che le è stato regalato per il compleanno. Nella custodia dello strumento c’è un biglietto ingiallito con una dedica d’amore da Samuel a Clara: la ragazza che possedeva lo strumento un tempo portava lo stesso nome della ragazzina che lo ha appena ricevuto e il suo innamorato quello del compagno di classe che le scrive, per cui – vista la coincidenza – è impossibile non chiedersi qualcosa della vita degli omonimi.

Nell’arco di una giornata, accompagnata dal fratello maggiore e dai musicisti della sua band, Clara risale il tempo muovendosi per Praga, che l’autore descrive minuziosamente quasi a permettere al suo lettore, se vorrà, di ricostruire i passi di Clara e insieme la storia del ghetto di Terezín e delle persone che vi hanno vissuto. Ognuna delle persone che Clara incontra mette un tassello; alcuni sono stati testimoni diretti di quegli anni o hanno conosciuto Samuel e Clara, c’è chi ha costruito il clarinetto e chi si è trovato con una scatola di oggetti appartenenti ai precedenti proprietari della casa in cui è andato a vivere. I racconti si cuciono fino a farsi coperta che dà un quadro completo della storia; la vicenda è ricostruita dalla fine al suo inizio, dal clarinetto che ognuno chiede a Clara di poter suonare fino al melo dal cui legno lo strumento ha preso forma. Sono musiche diverse quelle che il clarinetto suona nelle mani di ciascuno, mentre Pavel canta Don’t Be That Way di Benny Goodman a cui Samuel ha attinto per scrivere il biglietto all’origine di tutto.

Nelle ultime pagine, Corradini dice di “Terezín, per me” raccontando della prima volta in cui ci ha messo piede e del significato che quel luogo – già raccontato ai ragazzi ne La repubblica delle farfalle –  ha per lui e della sua storia, dando spunti ai ragazzi per andare a cercare altre informazioni, ma soprattutto per mettersi in viaggio. Questo apprezzo particolarmente dell’autore: Terezín, le persone che vi hanno vissuto, le vicende umane che vi si sono intrecciate fanno parte della sua storia e il suo raccontarle nei libri ha lo stesso sapore di dire “l’esistenza più della distruzione, il coraggio più dell’abbandono, la vita più della morte”, come scrive in quelle righe. Questo dire è un raccontare pieno di rispetto per quelle storie e per i lettori, un raccontare mai banale e sempre sentito, che ben si differenzia dai libri scritti per scrivere di quel tale argomento, perché vende, perché va di moda, perché te lo ha chiesto l’editore. E questo modo – visto che è il modo tante volte nella vita a fare la differenza – si sente ed è prezioso.

Il sito dell’autore. L’illustrazione di copertina è di Francesca D’Ottavi. Peccato solo la svista di chi ha corretto le bozze: quando Clara incontra il rigattiere che ha venduto il clarinetto al suo papà, per un attimo cambia nome e diventa Annalilla, come la protagonista di un altro romanzo dell’autore.

Matteo Corradini, La pioggia porterà le violette di maggio, Lapis 2017, 119 p., euro 12,50

Siamo partiti cantando

24 Feb

siamo-partiti-candandoAncora una volta la casa editrice palermitana rueBallu regala ai lettori un piccolo gioiello di alta qualità nella collana “Jeunesse ottopiù”, nella confezione, nella scelta della carta, nella grafica e nel testo. Le stanze della poesia di Emily Dickinson affascinavano ed ecco che questa nuova uscita le ricorda nel suo inanellare dieci canzoni e una preghiera che raccontano la vita di Etty Hillesum, richiamata alla memoria nel momento in cui lascia il campo olandese di transito di Westerbork in direzione Auschwitz. La frase che dà titolo al libro viene dalla cartolina che Etty lascia cadere dal vagone, indirizzata ad un’amica a cui scrive appunto dello spirito con cui lei, i genitori e un fratello lasciano l’Olanda. Sono partiti cantando, come se il canto potesse sostenere e alleviare, come potesse far forza a loro stessi e a chi resta, come se quel partire potesse anche essere metafora dello staccarsi dalle cose pesanti e avviarsi con un animo in qualche modo più lieve verso l’inatteso e il dolore che verrà.

Nella scelta di Matteo Corradini, Etty non ricorda di quale canzone si trattasse esattamente e allora ecco dieci canzoni che partono ciascuna da un particolare e che le permettono di raccontare a chi legge i momenti salienti della sua vita, le sue scelte, le persone che ha incontrato, quello che ha visto ad Amsterdam e nel campo. Dieci canzoni che dicono la bellezza della natura, dell’amore, della vita; dieci canzoni che dicono la violenza della persecuzione, del desiderio di sentirsi viva e bella, che raccontano lo studio del russo, la presenza della musica, la famiglia. Dieci canzoni che partono dal diario che Etty scrisse su suggerimento di Julius Spier, che seguono le sue riflessioni, che si fanno meravigliosamente materiche: la polpa delle ciliegie, il nero dell’inchiostro sulle mani, la nodosità degli alberi su cui ti arrampichi, la pastosità del rossetto più rosso che c’è, il bianco di una camicia che mantiene l’impronta di un abbraccio, il suono di un sasso nell’acqua.

Un modo per dare insieme un’altra voce alla Shoah e per scoprire la figura di Etty Hillesum, che occhieggia dai collage di Vittoria Facchini.

Il sito dell’autore; la pagina FB dell’illustratrice.

Matteo Corradini – ill. di Vittoria Facchini, Siamo partiti cantando. Etty Hillesum, un treno, dieci canzoni, rueBallu 2017, 128 p., euro 20

Stelle di panno

26 Gen

stelle-pannoLa storia d’Italia dal 1938 al 1945, dai 9 ai 14 anni di età delle due protagoniste, vicine di casa, compagne di scuola e di giochi, Carla Minghetti e Liliana Treves che vivono a Milano, in Corso di Porta Romana ormai fascistamente ribattezzato via Roma. Una è cattolica, ha un fratello maggiore, i genitori hanno un negozio di stoffe sul corso; l’altra è ebrea, ha una sorella più grande e il padre è giornalista. Solo tre piani di scale le separano, fino al momento in cui il preside della loro scuola viene punito ed espulso per non aver applicato la norma che esclude i ragazzi ebrei dalle lezioni. Fino a quel momento Liliana è cresciuta da brava italiana, ha scritto temi inneggianti alla politica del Duce, ha ricevuto premi. Improvvisamente è una mela marcia, che la maestra butta fuori dalla classe. Carla prende prima le sue difese, poi si interroga, infine si sente divisa in due, tra l’amicizia di antica data e il desiderio di far parte del gruppo di compagne che partecipano alle attività delle Piccole Italiane: il desiderio di essere accettata nel gruppo fa sì che si omologhi a quel che le altre pensano e proclamano, fino ad arrivare a tirare un sasso addosso a Liliana.

Il romanzo segue il nascere e l’imporsi delle leggi razziali e i cambiamenti che la guerra impone, con un breve salto di due anni che permette di riprendere la vicenda al momento dei rastrellamenti degli ebrei e delle lotte partigiane. L’autrice costruisce una vicenda basata su due nuclei familiari attraverso cui si delineano le diverse posizioni e i differenti atteggiamenti verso il regime: non solo quel che subisce la famiglia ebrea, ma anche le scelte nella famiglia di Carla: il padre che non vuole tesserarsi al fascismo né costringere i figli ad adunate e lavaggi del cervello; la madre disposta ad aderire pur di mantenere un basso profilo e non inimicarsi fascisti tutti d’un pezzo come la maestra della figlia; lo zio operaio comunista; i nonni di campagna che proteggono i Treves e ascoltano Radio Londra nella stalla; la domestica che tradisce la famiglia che per tre anni l’ha ospitata in cambio della taglia promessa a chi denuncia gli ebrei. Attraverso le vicende dei vari protagonisti, il lettore incontra la Notte dei Cristalli, i bombardamenti su Milano, i razionamenti, il binario 21 della Stazione centrale, la strage di Meina, la lotta partigiana, la Liberazione, Piazzale Loreto.

Un ritratto della vita quotidiana a Milano in tempo di guerra, attraverso la chiave dell’amicizia, prezioso per le tante descrizioni accurate della realtà storica. Tra queste, ad esempio, la descrizione dei libri di scuola delle due bambine e dei cinegiornali di propaganda proiettati al cinema; l’educazione e le attività delle Piccole Italiane; il momento in cui Carla, vorace lettrice de “L’Avventuroso” (e non di “Primarosa” per piccole massaie, come vorrebbe la mamma) scrive per chiedere quando riprenderanno le avventure di Gordon Flasce/Flash Gordon: la lettere viene pubblicata col suo nome virato al maschile e la risposta è secca e scontata, vista la virata autarchica in ogni ambito. Suggestivo, anche alla lettura ad alta voce, il capitolo iniziale in cui le bambine cercano di cucire alle loro maglie una stella di panno gialla uguale a quella che Liliana ha visto sui vestiti della nonna appena arrivata dalla Germania a tre giorni dalla Notte dei Cristalli nel novembre 1938 (anche se in realtà fu in seguito a quei fatti che, dal 14 novembre 1938, gli ebrei tedeschi vennero obbligati a portare sugli abiti la stella; obbligo poi esteso a tutti gli ebrei al di sopra dei sei anni nel settembre 1941).

L’illustrazione di copertina è di Alessandro Baronciani.

Ilaria Mattioni, Stelle di panno, Lapis 2017, 323 p., euro 12,50

L’uomo del treno

23 Gen

uomo-del-trenoL’attacco è di quelli che ti fanno venir voglia di metterti a leggere ad alta voce; ti dà il senso rotondo di una storia che ti avvolge; ti presenta l’Orso, la figura che metterà in moto tutta la storia, descrivendola con un tono che premette un che di epico. Probabilmente perché lo conosciamo sempre come l’Orso, il proprietario della falegnameria Mazzanti ha in sé qualcosa di leggendario che ben si confà alla sua figura: schivo, rispettato e solitario, attento alle vicende politiche e a quel che gli capita intorno, è lui a rendersi conto che i treni che transitano accanto alla sua ditta non portano solo più assi di legno per i tetti delle case o le bare dei soldati, ma uomini. Ci sono occhi tra le fessure delle assi dei vagoni, ci sono voci che si rincorrono a presagire scenari orribili, c’è una bambina che un giorno salta giù e subito viene ricacciata dentro sotto la minaccia di un mitra puntato. Allora l’Orso coinvolge i suoi uomini più fidati nella costruzione di un vagone da scambiare con l’ultimo di uno di quei treni, per salvare delle vite: e poco importa che dentro ci sia un uomo solo, un professore che sta cercando di raggiungere la moglie e la figlia catturate durante il rastrellamento del ghetto di Roma. Intorno all’Orso, operai fedeli, ragazzi che scelgono di essere liberi nel pensare, partigiani, ma anche chi cerca di far profitto dalla situazione di guerra e dalla prigionia degli ebrei, famiglie che temono per i propri figli al fronte. E poi Giuliana, appena assunta come contabile, a cui l’Orso affida una macchina fotografica chiedendole di esercitarsi.

Proprio la fotografia – con i modi di vedere attraverso un’obiettivo, la scelta di avere immagini come testimonianza – costituisce un secondo asse narrante del romanzo: Giuliana impara e riflette, sceglie un proprio modo di guardare a quel che sta succedendo, di salvare almeno i volti quando non è possibile le vite. E insieme alla fotografia gli occhi, quelli dei vivi, quelli che guardano attraverso le assi dei vagoni, quelli da attaccare ai manichini perché abbiano una parvenza umana.

La figura dell’uomo ebreo, unico occupante del vagone, è ispirata a Karol Borsuk, matematico polacco che, durante l’occupazione nazista inventò un gioco da tavolo, costruendone artigianalmente alcune copie per la sua famiglia, poi successivamente pubblicato: nel 2009, Super Farmer ha vinto il premio Side Award per il Miglior Gioco per Famiglie dei Best of Show assegnato da Lucca Games.

L’illustrazione di copertina è di Gianni De Conno. Il sito dell’autore.

Fabrizio Altieri, L’uomo del treno, Piemme 2017, 304 p., euro 15, ebook euro 6,99

Il mistero della buccia d’arancia

18 Gen

mistero-bucciaIn occasione del Giorno della Memoria come ogni anno l’editoria per ragazzi sforna uscite ad hoc che parlano di Shoah e vicende ebraiche durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel caso di questo romanzo il taglio è leggermente diverso e può essere una lettura interessante perché presenta non solo una singola vicenda legata al periodo storico in questione, ma apparecchia per il lettore una bella scelta di tradizioni e feste ebraiche, con tanto di glossario finale.

La vicenda in sé, ispirata alla storia reale della famiglia materna dell’autrice, prende voce nell’oggi attraverso Anna, la protagonista che si mette sulle tracce della storia della nonna per una ricerca scolastica. Intorno a lei, che frequenta la quinta elementare, un fratello maggiore e una serie di cugine che – ciascuno a suo modo – si danno da fare per venire a capo del “mistero” di casa: perché a nonna Miriam non piacciono le bucce di arancia candite che il nonno prepara magistralmente? La risposta manda indietro nel tempo, alla nonna bambina e alle sue sorelle, costrette a nascondersi e poi a fuggire in Svizzera, alle persone “dalle mani amiche” che hanno messo in gioco la propria vita per salvarne altre.

Non è quindi un testo in cui si parla direttamente di Olocausto, di campi di concentramento, ma piuttosto – e in modo soft – della persecuzione degli ebrei in seguito all’introduzione delle leggi razziali; a essere interessante è – a mio avviso – piuttosto il contesto in cui la vicenda storica è inserita: il quotidiano di una famiglia ebraica che si ritrova insieme nei vari momenti festivi o dettati dalle tradizioni, di cui vengono illustrati i momenti, lo svolgimento, i cibi…

Lia Tagliacozzo – ill. Angelo Ruta, Il mistero delle bucce d’arancia,Einaudi Ragazzi 2017, 120 p., euro 11

Lev

26 Gen

LevCome sanno molti di voi che quotidianamente lavorano con bambini e ragazzi, si ottengono buoni risultati con la condivisione in lettura ad alta voce di testi di qualità che raccontano “storie vere”, quelle storie che sempre affascinano proprio per l’aggancio con la realtà, vicina o lontana che sia. Tra le diverse proposte editoriali in occasione del Giorno della Memoria, ecco un albo che parla dei kindertransport che, tra il 1938 e il ’39, nei mesi successivi alla Notte dei Cristalli,videro il Regno Unito accogliere quasi diecimila bambini ebrei accogliendoli e sistemandoli in famiglie, scuole, fattorie.

Il libro permette, attraverso la voce di Lev, di percorrere le vicende di un bambino ebreo e della sua famiglia, separati dal tentativo di salvarsi e poi riuniti a Londra. E sono, appunto, vicende vere: Lev Nelken aveva dodici anni nel 1938, viveva a Breslau ed era un appassionato di francobolli; racconta il progressivo montare dell’odio verso gli ebrei, le proibizioni, i tentativi di scappare, la necessità di denaro che garantisca – come la Gran Bretagna richiede – per il trasporto e in più di soldi per mantenimento e istruzione, la partenza della sorella, la fatica del ragazzo, la solitudine, la fame, il sentirsi isolato nella famiglia che lo accoglie non solo a causa della lingua, ma anche dell’atteggiamento di chi gli sta accanto.

Le illustrazioni accompagnano e suggeriscono letture più approfondite e suggestive oltre il testo (le espressioni dei volti, la pioggia di bottoni che si fa speranza di aiuto), ma sono le parole di Lev a suonare tanto familiari e tanto attuali, specie quando dice “Pensiamo di andare via (…) ma nessun Paese ci vuole. Siamo intrappolati. Qualcuno chiede che vengano dati permessi d’immigrazione almeno ai bambini. Che almeno loro possano salvarsi trovando rifugio all’estero”

L’albo è in doppia lingua: testo italiano ed inglese appaiati sulle pagine.

Il sito dell’autrice.

Barbara Vagnozzi, Lev, Gallucci 2016, 28 p., euro 14

Non restare indietro

18 Gen

non restare indietroCarlo Greppi è presidente della costola torinese dell’associazione Deina, i cui progetti mirano a coinvolgere in progetti di viaggio che siano approfondimento e momento di crescita; tra gli altri, Promemoria Auschwitz che permette ai ragazzi coinvolti di partecipare a momenti di formazione storica e alla visita al campo di concentramento di Auschwitz in un momento di formazione personale e di condivisione con altri coetanei provenienti da scuole e luoghi diversi.

Il libro deriva da quest’esperienza e la fa rivivere attraverso la vicenda del protagonista, Francesco, che cambia scuola e si trova coinvolto con l’intera classe in questo progetto: il lettore segue il percorso dei ragazzi, gli interventi in classe da parte di due ragazzi dell’associazione che propongono film, riflessioni, immagini e che coinvolgono gli alunni direttamente chiedendo loro di immaginare, di immedesimarsi, di scegliere, e poi il viaggio a Cracovia, ad Auschwitz, a Birkenau. E parallelamente segue la vita di Francesco, i suoi dubbi, il non avere un posto nel mondo, i conflitti coi genitori che lo considerano un incapace, il dolore per il suicidio di un amico. Francesco arriva nella nuova classe a metà anno, mantenendo ben distinti i legami con la vita e la scuola precedenti; attraverso i suoi occhi si identificano i compagni, le loro caratteristiche, gli stereotipi – il bullo, la prima della classe,… – che nascondono ben altro, mentre una sorta di voce fuori campo, di contraltare al protagonista è Kappa, l’amico di sempre che si fa chiamare col tag che utilizza quando tappezza i muri del quartiere e che fa domande, semina interrogativi.

Francesco impone al lettore la propria inquietudine: attraverso le domande che si pone, le mail che scrive, ma anche attraverso la descrizione di quel ha intorno,  soprattutto gli adulti che rappresentano modi diversi di rapportarsi coi ragazzi, di considerarli, di dare loro o meno dignità (al loro crescere, al loro trovare forma, al loro sentirsi fuori posto): i genitori, l’insegnante, il preside, l’allenatore di calcio sono ritratti nei difetti e nei pregi, nell’attenzione verso l’altro, nei preconcetti, nel dare o negare possibilità e voce.

L’esperienza diretta dei progetti dei “treni della memoria” entra appunto a far parte integrante della trama e ne diventa insieme punto di forza e punto di debolezza: si ricostruisce infatti, accanto al vissuto extrascolastico del protagonista, ogni singolo intervento degli operatori in classe, i loro discorsi, quel che propongono ai ragazzi; il libro cuce le spiegazioni storiche alla trama e diventa anche – per un adulto che legge – un ottimo compendio di proposte (letture, film, approfondimenti), ma mi chiedo fino a che punto un adolescente possa sopportare questa narrazione senza trovarla eccessivamente appesantita dal discorso storico, da certe parti che possono addirittura suonare come retorica (e sono gli stessi protagonisti ad evidenziarne il pericolo, quindi è dichiarato l’effetto opposto, però – si sa – quel che il lettore percepisce nonostante gli avvertimenti conta molto). I passaggi più notevoli sono quelli in cui si chiede ai ragazzi di immedesimarsi in una persona che ha vissuto quel periodo storico, che si è trovato di fronte a determinati bivi e ha scelto sulla base dell’esperienza, dell’educazione ricevuta: la concretezza di quel che viene richiesto agli alunni è forse il modo migliore per rendere vicini i fatti storici e le lettere che Francesco scrive a Monsieur LaPadite così come il “Diario di X” valgono più di tante spiegazioni riportate.

Per chi volesse approfondire un aspetto tanto citato quanto poco analizzato, il viaggio cioè verso i lager, Greppi ha scritto L’ultimo treno (Donzelli 2012) in cui ricostruisce le vicende di decine di comunità viaggianti, attraverso le voci dei sopravvissuti.

Carlo Greppi, Non restare indietro, Feltrinelli 2016, 224 p., euro 13, ebook euro 8,99

La porta di Anne

13 Gen

porta di anneSi avvicina la ricorrenza del Giorno della Memoria e, come ogni anno, fioccano proposte narrative a tema; il compito di chi propone letture ai ragazzi è anche in questo caso quello di individuare i libri che suonano veri e sinceri, le scritture di qualità, i testi che tornano su personaggi conosciuti e sanno dare una lettura originale e nello stesso tempo coinvolgente e non scontata. Siamo allora felici di potervi raccontare di questo libro, l’ennesimo su Anne Frank potete dire, ma un testo – vi diciamo noi – che sa riproporre la vicenda di Anne in modo nuovo. Sicuramente il “Diario” è ancora il testo più richiesto in lettura dai ragazzi, sulla scorta delle indicazioni degli insegnanti, spesso arrivano a chiederlo al bancone della biblioteca ragazzini che potrebbero – per età e capacità di lettura – scegliere e apprezzare meglio altri libri che testimoniano parimenti della persecuzione degli Ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.  A volte sono gli stessi ragazzini che lo richiedono perché conoscono il nome di Anne, sommariamente sanno la vicenda e sono affascinati dall’idea di leggere di una storia vera.

Questo romanzo ha la capacità di andare oltre la vicenda di Anne e di ricordarci che non era sola: ci racconta infatti degli abitanti dell’Alloggio Segreto che con lei divisero quei due anni di clandestinità, attraverso il meccanismo affascinante di dire e di far vedere al lettore attraverso occhi diversi. Le poche ore dal risveglio all’arresto in quel 4 agosto 1944 vengono infatti narrate da ciascuna delle otto persone che abitano silenziosamente le stanze; le loro voci svelano pensieri, attitudini, sogni e permettono all’autrice di dare un quadro del quotidiano, di fare un inquadramento storico e nello stesso tempo di sottolineare i caratteri, le caratteristiche e insieme i sogni dei più giovani come degli adulti. A loro si aggiunge un punto di vista esterno, ma complementare: quello del sottoufficiale austriaco che fu incaricato si stanare gli ebrei e di eseguirne l’arresto. Il lettore ha allora la possibilità di leggere di due fronti diversi, di vedere paure, timori, spavalderie, sogni; di rintracciare il breve attimo in cui il sottoufficiale – difronte alla scoperta dell’uniforme dell’esercito con cui il padre di Anna ha partecipato alla Prima Guerra Mondiale, davanti alla giovinezza, agli sguardi intelligenti delle ragazze – tentenna, scopre un angolo di umanità, subito ricacciato indietro dall’adesione certa all’assurdo dovere dell’obbedienza.

Se dobbiamo scegliere una nuova lettura per i ragazzi per il Giorno della Memoria, eccone dunque una originale e meritevole, corredata da un apparato di note storiche, cifre, bibliografie per approfondire. Se arrivate fino in fondo (e fatelo, fatelo sempre perché i ringraziamenti finali, come l’esergo, dicono molto di un autore, di un momento di scrittura, del perché sottaciuto di un testo) scoprirete che questo romanzo non è solo stato scritto dalla sua autrice e illustrato da un’illustratrice, ma voluto da un editor che ha saputo pensare alla necessità di un testo di questo tipo e mettere lungimiranza nel progetto. Per cui vi si restituisce il gusto di un libro voluto, pensato e ricco.

Il sito dell’autrice. Il blog dell’illustratrice.

Guia Risari – ill. di Arianna Floris, La porta di Anne, Mondadori 2016, 176 p., euro 16, ebook euro 6,99