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Il ragazzo del fiume

22 Mag

ragazzo-del-fiumeAbbiamo appena parlato di un romanzo di Ulf Stark in cui si racconta del rapporto speciale tra nonno e nipote in un momento particolare come l’avvicinarsi della morte ed ecco lo stesso tema in un libro che propongo davvero volentieri. Forse lo avete già incontrato perché Mondadori lo pubblicò per la prima volta nel 2000 nella collana Junior +10 con una copertina decisamente diversa e che lo faceva immaginare indirizzato a lettori più piccoli. Non so quanti allora se lo fossero filato o in quante biblioteche potevate ancora trovarlo a scaffale; la sua riedizione è una grande fortuna perché permette di avere di nuovo a disposizione un grande romanzo, destinato a diventare un classico da proporre e riproporre ancora.

Anche qui c’è un nonno scorbutico, un celebre pittore che si è “fatto da sé”, che ha lasciato poco più che adolescente la valle isolata dove è cresciuto dopo aver perso genitori e casa e che in qualche modo ha chiuso col suo passato. Si è dedicato all’arte, cercando di non badare al successo, e l’unica persona con cui si relaziona davvero è la nipote Jess, abile nuotatrice. Il loro legame è davvero speciale e Jess soffre nel vedere la malattia del nonno avanzare e minare fortemente il suo fisico. Insieme ai genitori lo segue nella decisione di passare qualche giorno di vacanza proprio in quella valle, unico luogo in cui il nonno pensa di poter portare a termine il dipinto misterioso che vuole concludere prima di morire.

Jess conosce l’amico d’infanzia del nonno, un anziano che adora parlare e parlare e parlare, ma, esplorando i dintorni, incrocia anche una figura enigmatica, a volte una sagoma lontana, a volte un sorriso ben vicino: un ragazzo che appare all’improvviso e che lei chiama “il ragazzo del fiume”. La sua decisione di raggiungere a nuoto la città dove il nonno è stato portato in ospedale corrisponderà a una sorta di viaggio iniziatico e di accettazione, di prova verso la vita, di fiducia nelle proprie forze, per ritrovare se stessa e tenere per sempre con sé un pezzetto del nonno, mentre lo lascia andare.

Un romanzo mai banale, profondo e sicuramente coraggioso. Come scrive David Almond nella prefazione a questa nuova edizione, affronta in forma accessibile temi complessi, “con semplicità e grazia”. E con questo modo si accorda perfettamente la copertina di Tom Clohosy Cole.

Tim Bowley, Il ragazzo del fiume (trad. di Carola Proto), Mondadori 2020, 173 p., euro 16, ebook euro 8,99

Scriviamo sul muro?

4 Mar

La collana Ponte delle Arti di Jaca Book propone una nuova uscita in formato albo, diverso però dagli altri della collana (di cui è uscito recentemente anche “Dov’è finita Ranocchietta?” dedicato a Monet, alle ninfee e al giardino di Giverny), prestandosi anche nella forma a seguire il tema proposto: due ragazzini corrono in uno scenario urbano incontrando la street art. L’arte non sta solo nei musei, suggeriscono gli autori; invitano alla scoperta della street art spingendo il lettore a scoprire in ogni doppia pagina alcuni particolari indicati all’inizio e conducendolo così direttamente dentro le opere di Jace, Chanoir, 3TTMAN, Speedy Graphito e Kashnik.

Come sempre, le pagine finali offrono approfondimenti e spunti, ancora più ricchi questa volta perché viene raccontato ogni artista scelto, presentando le peculiarità della sua opera e i messaggi che vuole trasmettere, le fonti di ispirazione e le tecniche utilizzate.

La collana si dimostra così davvero inclusiva a proposito di arte: presenta albi in rimando a singoli pittori e scultori, affronta l’arte preistorica, quella egizia, quella medievale e con i testi più ampi di Calì e Mapi ha saputo anche proporre delle narrazioni più complesse per i lettori più grandi. Parte sempre dalla forma narrativa (in questo caso dal fumetto) ed è avvero un’ottima risorsa a scuola e in biblioteca.

Romain Galissot – Sébastien Touache, Scriviamo sul muro? (trad. di Laura Molinari e Vera Minazzi), Jaca Book 2020, 30 p., euro 14

Il supermercato tuttomatto

2 Set

Al Supermercato Tuttomatto si trova di tutto, per cui Pillo Pillo ci si fionda in un giorno di noia con in tasca un buco, tre soldi e sei soldi bucati. L’obiettivo è il reparto Amici dove c’è davvero di tutto ed è impossibile non trovare i veri amici (quelli che sono sempre gratis!). Di questa collana Ponte della Arti, che Jaca Book sta traducendo dal progetto originale francese di L’Élan vert e del CRDP dell’Académie d’aAix-Marseilles, abbiamo più volte parlato sul blog e non mi stanco di proporre i singoli testi a insegnanti e bibliotecari nei corsi di formazione: in ogni libro una storia narrativa permette di scoprire un’opera d’arte, dndo spunti per approfondire sull’artista che lha realizzata. In questo caso l’opera è “Galeries Lafayette” di Jean Dubuffet e ci si confronta quindi con la drôlerie e la forza vitale dell’originale e dell’autore. Destours per le immagini – colori intensi e grafismo giustamente accentuato – e Servant per il testo (che anche nella traduzione italiana mantiene sonorità, assonanze e rimandi).

A margine di questa riuscita uscita editoriale, mi permetto una nota personale sull’opera di Stéphane Servant che in Italia è conosciuto come autore di testi illustrati, tra cui Mia madre (Logos 2016), in cui il suo testo passa forse in secondo piano rispetto alle illustrazioni di Emmanuelle Houdard, e Ma che roba è? (Terre di Mezzo 2016). Nella sua ricca produzione si alternano testi per diverse fasce di età, molti per albi, alcuni romanzi. Da tempo cerco di sollecitare gli editori italiani a guardare proprio ai suoi romanzi e possibilmente tradurli: le vere chicce sono edite da Rouergue e si intitolano Le coeur des louves, La langue des bêtes e Sirius (oh, les zétoiles!), insieme a “Souviens-toi de la lune” e all’appena uscito Félines. Lo scrivo anche qui, come augurio di buona ripresa di lavori e di buone letture future.

Stéphane Servant – Christine Destours, Il supermercato tuttomatto (trad. di Laura Molinari e Vera Minazzi), Jaca Book 2019, 48 p., euro 14

La galleria degli enigmi

20 Mar

Ho apprezzato molto, lungo e non felice titolo dell’edizione italiana a parte, L’incredibile caso dell’uovo e del Raffaello scomparso edito da Fabbri due anni fa; ora un nuovo romanzo della stessa autrice ripropone gli azzeccati ingredienti del precedente: una approfondita conoscenza della storia dell’arte, in particolare pittorica, una protagonista divertente e intraprendente, un’ottima ambientazione storica. Se nel primo libro il lettore camminava nella New York contemporanea con rimandi al periodo della Seconda Guerra Mondiale, qui c’è la Grande Mela del 1928 e del 1929, con il fermento sociale, l’immigrazione, i contrasti politici (si è in piena campagna elettorale per l’elezione a sindaco che vedrà trionfare Hoover).

La dodicenne Martha vive con la madre e due fratelli gemelli, il padre sempre in giro per i suoi spettacoli di vaudeville; è una ragazzina dalla risposta pronta, curiosa, ma anche attenta e piena di domande e non riesce a tenere a freno la lingua nella scuola rigidamente cattolica che frequenta. Ha una certa tendenza a combattere gli stereotipi e i ruoli di genere, cominciando dalle questioni bibliche che la sua insegnante sottopone alle allieve e il suo costante contraddire – a ragione peraltro – le costa l’espulsione. La madre le prefigge un duro ingresso nel mondo del lavoro e la sistema come lavapiatti nella grande dimora in cui è a capo dei domestici: la casa di Mr. Sewell, proprietario di uno dei maggiori quotidiani, grande sostenitore di Hoover e dell’etica del guadagno. La casa nasconde una sorta di mistero: la signora Sewell, una ricca ragazza che prima del matrimonio ha viaggiato molto e scandalizzato la società statunitense con comportamenti giudicati non adatti a una donna, vive reclusa all’ultimo piano, circondata da quadri preziosissimi, mangiando sempre le stesse cose, prigioniera della pazzia di cui tutti sono a conoscenza. Se si aggiunge che il valletto ha strani comportamenti, che in casa esplode una bomba lanciata dall’esterno e che nella galleria apposita arrivano a rotazione dei quadri inviati dalla signora Sewell, la fantasia di Martha non può mettersi in moto. Proprio aiutata dal valletto Alphonse, un italiano che si finge francese, ex insegnante di latino e greco immigrato da poco, scopre le storie dei miti che sono raffigurati nei quadri e ne coglie il significato: sono messaggi inviati da Rose Sewell per denunciare la propria prigionia e l’avvelenamento a cui è lentamente sottoposta.

Laura Marx Fitgerald trova posto per descrivere grandi biblioteche e collocazioni Dewey, per parlare delle Metamorfosi di Ovidio e del melting pot della società newyorkese dell’epoca, per dire di cinema, di politica, di lotta di classe e di affermazione del ruolo della donna; racconta la storia di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, regalandosi la licenza di dare un fratello a Vanzetti per potergli dare un ruolo di primo piano (e a me, che dalla terra di Vanzetti vengo, ciò è particolarmente caro). L’affresco dell’epoca, la fotografia che ne nasce è dettagliata e viva, ribolle di fermenti rivoluzionari e di scoperte: per Martha la verità sul proprio amato papà, su come vanno le cose nel mondo e su com’è la sua città fuori dal quartiere in cui vive.

L’autrice è abilissima non solo a dare mille informazioni e ad approfondire su arte e letteratura, ma ancora una volta disegna un personaggio anziano assolutamente verosimile e fantastico: se nel precedente romanzo era il nonno della protagonista, qui è Martha stessa che accoglie il lettore alla soglia delle cento candeline, parlando in modo caustico, veritiero e imperdibile della sua condizione di vecchia. Sempre lei del resto, dichiara di aver imparato che se si chiede la verità ad un adulto si ottiene di solito una storia; lei vuole raccontare la verità sui fatti a cui ha preso parte; ne fa nascere un splendida storia di verità che non potete far mancare ai lettori amanti di misteri e di colpi di scena.

Il sito dell’autrice dove è possibile vedere insieme alcuni dei quadri “prestati” alla galleria di Rose, quelli che usa per tramettere messaggi a Martha, e saperne di più in personaggi e immagini degli anni Venti.

Laura Marx Fitzgerald, La galleria degli enigmi (trad . di Maria Concetta Scotto di Santillo), Fabbri 2017, 268 p., euro 15,90

Color fuoco

30 Gen

color-fuocoChe Jenny Valentine sia brava davvero i lettori ormai lo sanno: Io sono nessuno (Piemme 2015) è un romanzo imprescindibile e La signora nella scatola (Rizzoli 2008), il suo esordio italiano, ne aveva ben rivelato le doti. Anche questa volta, l’autrice costruisce una narrazione che scava nell’intimo del protagonista, regalando un finale da fuochi d’artificio: inatteso e perfetto; ancora una volta, sul finale scarta e regala la possibilità di stupore e di sorpresa, e anche – in questo caso – un bel sorriso a chi legge: proprio la dimostrazione che la vendetta è un piatto che si serve ben freddo… 😉

La scrittura è veloce e si fa leggere in un attimo; si ricostruisce, attraverso il flusso di pensieri della protagonista, la sua adolescenza, il ritorno in Inghilterra dagli Stati Uniti, l’incontro con il padre di cui non ha ricordi. Iris ha sedici anni e vive con la madre e il patrigno, ex modella e  attore fallito dediti alla vodka e alle truffe, in un mondo in cui tutto è solo apparenza apparecchiata per chi li guarda dall’esterno. La sua difesa è il fuoco, il piacere che provoca ad accendere fiammiferi, a osservare le fiamme; il suo ossigeno è Thurston, spiantato senza casa che da due anni è il suo migliore amico, le legge Vonnegut ad alta voce, le parla di arte, la trascina in giro per la città interrogandosi con lei sulla vita e sulla morte. All’ennesimo fuoco appiccato, questa volta a scuola, con tanto di ricovero in ospedale, la madre la trascina in Inghilterra a conoscere il padre, ricco collezionista di quadri di gran valore e per questo nel mirino dei due truffatori ormai al verde e pieni di debiti. Lo scenario che si trovano davanti è totalmente diverso: nella silenziosa casa di campagna lontana da tutto, il padre sta morendo, perfettamente consapevole della sua situazione e nel contempo di aver ritrovato la figlia cercata per anni. Allora Iris scopre che non tutto è come sembra o come le è sempre stato raccontato: l’uomo che riesce a pronunciare lentamente le parole, che fa i conti col dolore quotidiano, tesse per lei la trama dei giorni passati: la storia della casa e della sua famiglia, la sua irriverente sorella Margot, il matrimonio con la madre e la cura per la figlia amatissima sottrattagli a quattro anni. Ernest è un fine osservatore anche dal suo letto di malato terminale: sa vedere, sa valutare, sa seminare e avere cura anche per il momento in cui non ci sarà più. La medesima cura che ha avuto nel comporre una delle collezioni di quadri più ricca al mondo è la stessa che ha impiegato per cercare Iris, la stessa con cui disegnerà il suo capolavoro finale, svelato proprio nel momento in cui per lui le luci si sono spente.

Un’intervista all’autrice.

Jenny Valentine, Color fuoco (trad. di Lia Celi), Rizzoli 2017, 221 p., euro 16, ebook euro 8,99

Ti darò il sole

16 Giu

ti darò il soleAmmetto di aver faticato ad ingranare con questo romanzo, che invece, almeno nella mia ottica di lettura, ha poi una folle accelerata di bellezza nella sua parte finale che forse è quel che ci si aspetterebbe distribuito su tutto l’arco della narrazione. Forse una certa difficoltà deriva dagli inserti molteplici della massime tratte dalla bibbia di nonna Sweetwine, la nonna dei protagonisti, e dai capitoli che presentano un andirivieni temporale sull’arco di tre anni: a capitoli alterni infatti seguiamo le vicende di Noah dai 13 ai 14 anni e quelle della gemella Jude tre anni più tardi, ricostruendo così le vicende della loro famiglia.

Noah e Jude sono legatissimi e assolutamente diversi, negli atteggiamenti come nel carattere: ombroso e solitario, lui, solare e ribelle lei. Il lettore li conosce per come ciascuno parla di sé in prima persona nei propri capitoli e per come vede l’altro, partendo dall’estate in cui la madre decide di migliorare ulteriormente la loro preparazione in vista dell’iscrizione a una prestigiosa accademia artistica; Jude sa che è il fratello ad avere i numeri, ad essere un genio del disegno, ma contemporaneamente lo vede privilegiato dalla madre e ne è gelosa: la sua forma di ribellione si legge negli abiti che indossa, nel trucco che utilizza, nei continui battibecchi che la contrappongono alla madre, mentre Noah si innamora di Brian, il nuovo sorprendente vicino di casa. Tre anni dopo tutto è cambiato: la madre è morta in un incidente d’auto, il padre è tornato a vivere a casa, Jude frequenta l’accademia, mentre Noah non ci ha mai messo piede e quasi sembra aver dimenticato la sua dimensione artistica. La rabbia di Jude, il tentativo di riparare gli sbagli che vengono confessati pian piano, la portano nello studio di un celebre scultore, suo tutor per il nuovo progetto scolastico, un uomo inquieto, dal passato tormentato e misterioso, per la cui casa si aggira un affascinante ragazzo inglese.

Tutta la narrazione è incentrata sul tema dell’arte, sulla propensione artistica dei protagonisti, sulla forza che scaturisce dalla scultura, dall’illustrazione, dall’osservazione della realtà, dalla capacità di fare arte partendo da quel che si sente, da quel che si vive o da quel che si nasconde nel più profondo di sé.

Il sito dell’autrice.

Jandy Nelson, Ti darò il sole (trad. di Lia Celi), Rizzoli 2016, 485 p., euro 17,50, ebook euro 8,99

Wishgirl

25 Mag

wishgirl

Peter ha quasi tredici anni, i suoi genitori hanno appena cambiato casa per causa sua e lui pensa di esser nato nella famiglia sbagliata. In fuga dal rumore di casa, dalle incomprensioni e dalle domande, trova rifugio in una valle oltre la collina che sembra rispondere, con i suoni della natura e la bellezza del paesaggio, alla sua necessità di solitudine e di silenzio. Appena la scopre, Peter apprende di essere bravissimo nello stare immobile, visto che il crotalo che gli si è attorcigliato alle caviglie se ne va, credendolo forse un sasso o un tronco ed ecco raggiunta quella sorta di invisibilità che vorrebbe avere sempre.

La valle è incantata, misteriosa e carica di magia: sembra leggere nel pensiero di chi vi cammina, esaudire i desideri, trasformare i pensieri in realtà; fa parte della proprietà della signora Empson, che tutti considerano pazza e che difende gli animali a suon di schioppettate, guida un go-kart e sembra sapere tutto quel che ti passa in testa. Nella valle Peter incontra Annie che usa parole non comuni, che lo ribattezza “Peter Stone” e che lo trova straordinario per come riesce a rimanere immobile. Annie, con i capelli tinti color rosso semaforo, con i progetti di fare arte, con la risposta pronta e gli occhi attenti, salta nel bosco dicendosi una ragazza dei desideri. Solo in un secondo momento Peter capisce che non è la ragazza che esaudisce i desideri nella valle, ma che ha fatto parte del programma di Make-a-Wish, associazione che si occupa di realizzare i desideri di bambini che si pensa non avranno il tempo di diventare grandi. Annie si è ammalata di leucemia alcuni anni prima; ora la malattia è tornata e lei sta facendo i conti con il tempo a disposizione e con le scelte che gli adulti le vorrebbero imporre.

La manciata di giorni in cui nasce e cresce l’amicizia di Peter e Annie è sufficiente per farcela vedere in tutte le sue sfumature: la scoperta, lo stupore, le rabbie, le offese, i momenti in cui si vorrebbe mordersi la lingua o trovare la parola giusta o poter fare di più. All’ombra della valle e dello sguardo della signora Empson, i due ragazzi si riconoscono e si vedono per come sono: nella valle, scrive l’autrice, “l’onestà sembrava l’unica via possibile”, come del resto dovrebbe esserlo nella vita.

Vorrei che la magia della valle potesse far scomparire la frase che sulla copertina del libro dice che l’amicizia è più forte della malattia e che questo romanzo potesse non finire nella gruppo di quelli che parlano di ragazzi ammalati, anche perché potremmo farlo parimenti finire tra i libri sui bulli, sugli sfigati, sulle famiglie difficili. Mi piacerebbe invece che venisse considerata come un’ottima storia che dice di come sia difficile non essere ascoltati, non essere presi in considerazione per quello che si pensa davvero, che si desidera, che meglio si accorda a se stessi; una storia che parla della ingiusta fatica di non sentirti voluto o adeguato all’idea di figlio che i tuoi genitori hanno in testa e della difficoltà di non poter avere un posto e un tempo proprio, accordato alle necessità del momento (che non sono stranezze, ma bisogni). Un romanzo sulla bellezza dell’essere visti davvero, dell’essere riconosciuti bravi in qualcosa; in questo senso Annie è proprio la “ragazza dei desideri” per Peter: sa vederlo per come è, sa comprendere senza chiedere troppo sul suo passato, sa incoraggiare, dare forza e spuntare tra gli alberi al momento giusto. Sa seminare speranza e anche rabbia necessaria, sa trasformare chi la incrocia e dare dignità a quel che si è davvero. Tutto il resto è la vita che ciascuno dei protagonisti sta vivendo, quel che è toccato in sorte e la bravura di Nikki Loftin è di descrivere in modo assolutamente realistico e veritiero i suoi protagonisti: il senso di estraniamento disperato di Peter e la rabbia caparbia di Annie; perché sì, Annie – credete – è perfettamente realistica al punto di poter essere reale.

La copertina di Bianca Bagnarelli è bellissima (molto più dell’originale) e confesso che, a vederla a schermo tra le novità, ho per un attimo pensato che questo libro fosse una graphic novel. Approfittate per un giro sul sito di Delebile, etichetta indipendente di brevi racconti e antologie a fumetti.

Il sito di Nikki Loftin.

Nikki Loftin, Wishgirl (trad. di Anna Carbone), Mondadori 2015,262 p., euro 15, ebook euro 6,99

L’incredibile caso dell’uovo e del Raffaello perduto

16 Mar

l'incredibile caso dell'uovo

Theodora Tenpenny è abituata a scovare tesori: il nonno le ha insegnato a non buttare quello che può ancora essere riutilizzato e a recuperare qualcosa di utile in soffitta o per strada, tra quel che la gente accantona per poi gettar via e i marciapiedi di Manhattan possono celare vere sorprese. Quel che di certo non si aspetta è che, sotto il dipinto che da sempre è appeso sopra il camino nello studio del nonno, quello che ritrae un uovo, si celi un dipinto dal valore inestimabile, forse addirittura dipinto da Raffaello Sanzio seicento anni prima. Le ultime parole del nonno, quel che di arte le ha insegnato sembrano proprio portare in quella direzione allora la ragazzina si mette in caccia di notizie, di pareri, imbattendosi in una storia molto diversa che la porta a scoprire non solo il segreto sotto la stesura  superficiale di vernice, ma anche quello nella vita del nonno che, a differenza di quel che ha sempre raccontato, ha fatto la guerra, ha vissuto l’esperienza dell’internamento ed è stato uno dei Monuments Men la cui vicenda è stata recentemente raccontata in un film.

La ricerca procede per tentativi, intoppi testardaggini e va avanti per colpi di scena e grazie all’aiuto di tante persone che fanno sentire meno sola la protagonista, sulle cui spalle pesa il futuro della sua famiglia, con la madre immersa in teoremi e formule matematiche, e della vecchia casa in cui vivono. Il libro parla di arte, di artisti, di biblioteche pubbliche e bibliotecari, di amicizia e dei beni sottratti agli ebrei in Europa durante la Seconda Guerra mondiale. È un libro che fa ridere, che fa commuovere, che si legge d’un fiato; insomma, finalmente una nuova buona avventura per i lettori della scuola media, non a caso pluripremiata dai librai statunitensi. Una delizia da leggere e una carta vincente da consigliare.

Il sito dell’autrice. La mappa dei luoghi di Theo. L’illustrazione di copertina è di Matteo Piana.

Laura Marx Fitzgerald, L’incredibile caso dell’uovo e del Raffaello perduto (trad. di Giulia De Biase), Fabbri 2015, 223 p., euro 13,90, ebook euro 8,99

Se fossi Matisse

10 Mar

se fossi matisseIllustrazioni che rendono omaggio a uno dei più grandi artisti di tutti i tempi, Henry Matisse, e un testo che ci fa vedere l’arte con gli occhi dell’infanzia. A raccontare è lo stesso artista, anche se in modo indiretto. La nascita e la fanciullezza vissute in un paese della Francia del Nord (Le Cateau), ambiente grigio e freddo all’esterno ma pieno di colori in casa. Qui la mamma si diletta a dipingere piatti e a tappezzare di rosso le pareti, facendo vivere il bambino in una casa-atelier. Lui può mescolare i pigmenti, decidere come sistemare i fiori e la frutta, partecipare all’acquisto delle stoffe variopinte che invadono il mercato locale e allevare piccioni dalle piume cangianti. Questo l’imprinting familiare, da qui nasce l’artista.

Il libro non racconta il resto della vita, ci mostra solo uno scorcio de “La danza” e un pittore ormai maturo dentro il suo atelier. Il bambino che è stato lo osserva seduto accanto a due piccioni. Le sue scarpine accanto alla porta aperta ci dicono che il resto è storia. Ma qui ha importanza quello che c’è stato prima: prima del successo e delle grandi mostre, prima dei soggiorni a Parigi e in Costa Azzurra, prima del riconoscimento come maestro del movimento Fauves.

Lo stesso artista dirà “Devo a mia madre il mio senso del colore” e ancora: “A mia madre piaceva qualunque cosa io facessi”. Pare che invece il padre non approvasse. Lei deve aver avuto non poche difficoltà. Il merito del libro è anche di farci cogliere velatamente questo, un rapporto d’amore materno che si arricchisce di passione per la bellezza. Non tutte le madri sono capaci di questo; ma è possibile trasformare per qualche ora la casa in laboratorio, lasciare che i bimbi sperimentino i colori senza avere paura che sporchino i muri, incoraggiarli nella ricerca di una nuova tecnica, coinvolgerli in una scelta, chiedere il loro punto di vista. Questo è importante. Poi leggiamo questo bell’albo insieme.

Il sito dell’illustratrice.

Patricia MacLachlan – ill. Hadley Hooper, Se fossi Matisse (trad. di Anna Sarfatti), Motta junior 2015, 48 p., euro 12