Tag Archives: paura

L’ombra di ognuno

6 Apr

Ombra pagine ITA.inddQuesto albo viene dal catalogo Memo, in cui ci sono molte perle che non sarebbe male poter offrire anche a chi legge in italiano. Pluripremiato nel corso degli anni (è stato pubblicato nel 2013 e ha ricevuto i Prix Québec/Wallonie-Bruxelles de littérature de jeunesse, Prix Brindacier, Prix de la Semaine Paul Hurtmans du livre de jeunesse oltra la menzione a Bologna 2014), dispiega l’universo immaginato da Mélanie Rutten in china e acquerelli, illustrazioni che accompagnano perfettamente il testo anche nella loro disposizione, rendendo al racconto una dimensione che può essere onirica come più tangibile, a seconda di come il lettore sceglie di goderla, di identificarsi, di cogliere significati più immediati o più nascosti.

Racconta, per capitoli brevi, dell’arrivo del coniglietto a casa del cervo, di come in un nuovo rapporto si debba imparare un po’ tutto, di come un nucleo famigliare sia fatto di capacità di tener stretto e di lasciare andare. Racconta di come un bambino mascherato da soldato, un coniglietto con gli occhi rossi e un gatto che ha perso la palla possano partire insieme in un’avventura che attraversa montagne, vulcani, fiumi sotterranei, notti stellate. Dice di separazioni e fare insieme, di cadute e ferite, di morte, coraggio e gentilezza, di premura e capacità di comprendere. Dice di crescere, di case, di ombre. Dice, e lo fa con una levità tale che, saranno le illustrazioni, sarà il racconto, ma è proprio un’intensa storia di vita.

Mélanie Rutten, L’ombra di ciascuno (trad. di Sara Saorin), Camelozampa 2021, 56 p., euro 20

La mia città trasloca

9 Dic

città traslocaRiuscite a immaginare di dover cambiare casa e orizzonte perché una parte della città in cui siete nati e cresciuti è destinata a essere distrutta? L’autrice prende spunto dalla propria esperienza e dalla propria città, Kiruna, la più settentrionale della Svezia, a nord del circolo polare artico, famosa per le miniere di ferro. Proprio a causa delle conformazioni del terreno e dell’attività estrattiva che lo ha indebolito, la città verrà spostata qualche chilometro a est: verrà ricostruito il centro, alcuni edifici storici verranno letteralmente spostarsi, ma la maggior parte verrà distrutta, compresa la casa di legno in cui vive Maja, destinata a trasferirsi in un appartamento grigio. La ragazzina ha il terrore che la miniera esploda; si sveglia ogni notte al momento dell’esplosione consueta dovuta all’estrazione; tiene sotto il letto una borsa pronta con i vestiti di ogni membro della famiglia. Intanto macera la rabbia (non vuole trasferirsi e non vuole perdere la migliore amica, che con la madre andrà a vivere a centinaia di chilometri) e l’amore per un coetaneo dell’altra classe che ha cominciato a frequentare il suo gruppo di lettura. Fino a quando gli attacchi di panico non le lasciano scampo e deve trovare la maniera di affrontare la paura e il cambiamento e di raccontarlo, a modo suo, in un video che cuce i filmati che gira nella miniera, per le strade della città, durante le veglie notturne.

Un romanzo che parla della famiglia, dell’amicizia e dell’amore, ma anche della dignità del lavoro e che descrive una città che vive in un contesto geografico particolare e la cui economia gira da decenni esclusivamente intorno alla miniera. Diventa allora molto interessante leggere il dibattito intorno allo spostamento della città, le opinioni degli adulti, le posizioni che i ragazzi prendono quando le insegnanti a scuola organizzano un vero dibattito dove i favorevoli e i contrari devono argomentare e difendere ciò che pensano. Tra le righe anche un bello spunto di riflessione sulla lingua (il padre e il nonno parlano meankieli, che la nonna reputa inutile impara e che Maja invece trova neccessario), sulle vicende dei Sami, che persero le loro terre molto tempo prima, e sul concetto di quel che è casa.

Ann-Helén Laestadius, La mia città trasloca (trad. di Deborah Rabitti), Edt Giralangolo 2020, 304 p., euro 14

Casapelledoca

29 Ott

Torna in libreria il romanzo breve di Beatrice Masini pubblicato nel 2001 da Messaggero nella collana “I Gatti Bianchi” allora con le illustrazioni Davide Calì. Torna nel nuovo formato della casa editrice Pelledoca, di ampio respiro e grande cura grafica, impreziosito dalle illustrazioni di Lorenzo Conti che sceglie perfettamente i toni del verde e il contrasto col nero per descrivere l’atmosfera inquieta della nuova casa del protagonista. Trasferitosi da poco dalla città nella dimora che una vecchia zia ha lasciato ai genitori, Riccardo, dieci anni, non è davvero convinto della scelta. Appassionato lettore anche di libri che parlano di animali e attento osservatore (anche della natura umana), il ragazzino fa notare come nei dintorni di casa ci siano le impronte di una lince. Insieme a vari inspiegabili incidenti che si verificano successivamente (la luce che va via improvvisa, la casa che si allaga) contribuisce a dare un senso di inquietudine a quella che, secondo padre e madre, avrebbe dovuto essere una nuova avventura a contatto con la natura.

Proprio la scelta di queste grafica e dei colori dà al testo quasi un significato diverso e ne fa un libro da proporre anche a ragazzi più grandi di quelli a cui probabilmente si sarebbe indirizzata la precedente edizione.

Beatrice Masini – Lorenzo Conti, Casapelledoca, Pelledoca 2019, 75 p., euro 18

Niente paura Little Wood!

16 Mag

little woodIn questo libro ci sono Genie, undici anni, suo fratello Ernie, quattordici, e il tempo di un’estate, anzi di un mese estivo da passare in campagna dai nonni paterni. Di questi nonni Genie sa davvero poco, conosce la voce della nonna che telefona qualche volta, ma ad essergli totalmente sconosciuto è il nonno che tanta di parlare al padre senza riuscirci, che porta una pistola nella cintura, che in casa ha una stanza chiusa a chiave per “gli affari suoi” e che è completamente cieco. Nessuno l’hai mai detto al ragazzo perché il nonno stesso vuol essere il primo a dirlo, quel nonno che sa muoversi da solo in casa, cucinare e rispondere alle tante domande del nipote.

Già, perché se suo fratello è il tipo da occhiali da sole fighi perennemente sul naso e fiuto per le ragazze in gamba (ecco Tess che martella tappi da birra per farne orecchini), Genie è quello delle domande: riempie i taccuini, cerca su Google risposte a improbabili quesiti, prova a dare un senso anche al mistero che aleggia sulla casa gialla abbandonata in mezzo al bosco. Ad aleggiare sulla famiglia è invece la storia: quella del nonno e dei suoi genitori, quella dello zio morto in guerra anni prima, insieme allo spettro della guerra e della violenza, alle paure che possono generare, ai fantasmi che possono venirti ad inghiottire. Se il nonno comincia a fidarsi di Genie fino a camminare con lui di notte in cortile, quel che deve lasciare andare è molto di più dei simbolici uccellini che tiene in gabbia e che cura ogni giorno. Ci sono sentimenti e ricordi e vecchie tradizioni e rancori che devono volare vie; c’è la fatica di crescere e la paura terrificante di non essere adatto: per Genie è davvero l’estate del cambiamento.

Reynolds costruisce un romanzo di formazione ambientato nei giorni nostri, ma se non ci fosse il wi-fi, il riferimento potrebbe essere ad altre guerre e la descrizione dei rapporti personali come il percorso di cambiamento di ciascun personaggio starebbero benissimo in qualsiasi tempo. La riflessione che ne nasce ruota intorno al riparare le cose che si sono rotte, ed è un filo che va dalla prima all’ultima pagina, si parli di un modellino di automobilina, dei denti davanti, di un guaio o di un affetto.

Questo romanzo è anche un alto esercizio di traduzione: Giuseppe Iacobaci cuce addosso al protagonista una lingua che ne segue perfettamente i giochi di parole, i pasticci sui modi di dire, i neologismi che Genie inventa.

Le illustrazioni di copertina sono di Marta Pantaleo.

Jason Reynolds, Niente paura Little Wood! (trad. di Giuseppe Iacobaci), Terre di Mezzo 2018, 328 p., euro 14,90

Un fantasma in soffitta

22 Apr

Un racconto che si presta particolarmente ad essere letto ad alta voce, costruito con l’idea di focalizzarsi sulla paura notturna della protagonista, vanificarla nella semplice presenza di un gatto e poi rimettere tutto in discussione con una rivelazione finale che sembra cambiare lo scenario.

Emma, Joe e i loro genitori passano un fine settimana al mare in casa della prozia Win. A Emma tocca dormire nella piccola camera in soffitta; il fratello le suggerisce che sia abitata da fantasmi e il buio, i lampi e i tuoni di certo non aiutano. E neppure i sospiri della prozia su Annie, la sua bambina che le manca così tanto e che proprio in quel letto dormiva anni prima. La notte Emma ha viva addosso la sensazione di essere osservata che, accompagnata da rumori contro i vetri della finestra e riflessi nello specchio, aiuta a insinuare la paura. Eppure la ragazzina non vuol darla vinta al fratello, dichiara di dormire di filato e solo l’ultima affermazione della mamma la lascerà con un punto interrogativo – e così anche il lettore – sulle notti trascorse in soffitta.

Il libro, come tutto il catalogo Biancoenero, segue i criteri dell’alta leggibilità.

Questo racconto arriva insieme a un graditissimo ritorno: la nuova edizione de Il giardino di mezzanotte – diventato un film nel 1999 – ripubblicato da Mondadori, dopo esser stato in catalogo Salani. Questo libro di Pearce è negli anni diventato un classico: la storia di Tom, e della pendola che nella notte batte tredici inattesi colpi e del giardino che appare improvvisamente permettendo di vivere in un tempo diverso, cattura sempre i lettori. Occasione per andare a ripescare della stessa autrice  anche “Alta marea per un delitto”, pubblicato da Mondadori nel 1990.

Philippa Pearce – ill. Chiara Lanzieri, Un fantasma in soffitta (trad. di Giulia Avallone), 43 p., euro 8

La pantera sotto il letto

15 Apr

LA_pantera sotto il letto

Quando ero bambina, mi domandavo spesso cosa succedesse nella casa di montagna quando nessuno la abitava; soprattutto nei mesi in cui nessuno camminava per le strade del piccolo paese in fondo alla valle e in cui non solo nessuno viveva nelle sue stanze, ma manco c’erano occhi a guardarla di fuori: esisteva davvero? E che faceva? La casa non dice parola, in questi casi, e non accende le luci la sera, proprio come quella su cui si apre il racconto di Andrea Bajani, conosciuta da alberi, uccelli e animali del bosco e abitata a volte nel fine settimana da una bambina e dal suo papà, che arrivano in auto il venerdì e dividono la stanza coi lettini gemelli per dormire. Ma è il buio a farla da padrone nelle tavole di Mara Cerri, quello che inquieta la bambina e che regala al lettore sfondi neri su cui si appoggiano sagome scure, per poi prendere la forma di una pantera da guardare in faccia, per fissare i propri occhi nella paura e poi addentrarsi nel buio come si entra nel mare, lasciandosi avvolgere, danzandoci dentro.

Dentro la notte che avvolge la casa ci sono le mani del papà: un luogo caldo in cui abitare, case dove non piove mai, accompagnate da parole che sanno spegnerla, la notte (per i grandi è semplice come accendere una lampadina), e condurre verso il sonno,tenersi vicini lungo il corridoio scuro e convincere che il buio può non essere così terribile. La bambina ha paura e non vuole uscire neanche per fare pipì; si porta dietro una padella da tenere sotto il letto e da usare come vaso da notte all’occorrenza. Se però guardi in faccia il mistero del buio poi sei pronta ad affrontarlo, volando verso le stelle, oltre il nulla che si è mangiato l’intorno della casa e poi perderti nei sogni mentre fuori l’alba spinge la notte più in là.

Andra Bajani – Mara Cerri, La pantera sotto il letto, Orecchio Acerbo 2015, 44 p., euro 16

Lockwood & Co. – La scala urlante

11 Nov

Torna l’autore di Bartimeus con una nuova serie di romanzi che hanno per protagonisti gli agenti dell’agenzia Lockwood, specializzati nella rimozione di fantasmi e affini.

Il libro è ambientato in una Londra a metà tra il contemporaneo e un futuro distopico, dove da più di cinquantanni si verificano inquietanti e continue apparizioni di fantasmi. All’inizio sono poche, ma con il passare del tempo diventa una vera e propria infestazione. Gli unici che possono vedere i fantasmi e combatterli sono i ragazzi e i bambini, per cui vengono costituite delle squadre di cacciatori di fantasmi minorenni con il compito di vigilare sulle città al calare del sole e dove possibile porre fine all’infestazione trovando e distruggendo i resti mortali dell’apparizione. L’agenzia Lockwood è una delle più piccole e l’unica disposta a dare un lavoro a Lucy, giovane cacciatrice con la capacità di sentire le voci dei trapassati. Lucy arriva quando l’agenzia è sull’orlo del fallimento, ma la richiesta di intervento da parte di un facoltoso imprenditore potrebbe salvarli…o ucciderli…

Inizia così questa nuova saga in bilico tra distopia, horror e la più classica delle storie di fantasmi. Come sempre Stroud riesce a mantenere altissima la tensione e il mistero, senza far mancare l’ironia e l’umorismo che contraddistinguono i suoi lavori precedenti.

Jonathan Stroud, Lockwood & Co. La scala urlante (trad.Riccardo Cravero), Salani 2014, pp. 400, €16,90

Cane nero

17 Dic

caneneroSe nelle leggende del Centro America il Cadejo è un grosso cane nero che spaventa coloro che si trovino a camminare di notte nelle strade di campagna, il Black Dog ricorre anche nella tradizione della Gran Bretagna  nelle diverse sfumature che vogliono la bestia dagli occhi fiammeggianti essere portatrice di sventura: pare scateni eventi terribili, segni destini e addirittura indichi la morte se si incrocia il suo sguardo per tre volte. Gli echi di questa figura si ritrovano ampiamente nella letteratura (fate mente locale – tra gli altri – su Sherlock Holmes o Harry Potter) e anche in questo albo se ne prende spunto per parlare della paura, di come sia possibile ingigantirla a seconda di quel che si vuol vedere e di come sia possibile affrontarla, dandole le giuste dimensioni.

Un mattino un cane nero fa visita alla famiglia Hope; la carrellata di immagini ci propone la reazione dei diversi membri che, in pigiama, si stanno preparando ad affrontare la giornata: ognuno in una stanza diversa della casa, ciascuno con una reazione differente e con una sua unità di misura per descrivere la bestia che occhieggia dalle finestre. Il cane è grande come una tigre, come un elefante, come un Tyrannosaurus Rex, come l’Incredibile Hulk e tutti si nascondono sotto una coperta. Sarà la sorellina più piccola, non per niente detta Small, chiusa nella sua giacca imbottita giallo canarino a metà tra uno scafandro e un’armatura, ad uscire per farsi annusare dalla bestia e per trascinarla in giro al suono di piccole rime, sfiancandola di corse e di passaggi stretti, fino a riportarla alla sua stazza reale, di cui non c’è davvero da avere paura. Insomma, non a caso una Small Hope luminosa contro una nera paura.

Il libro procede per testo e piccole immagini quasi paratestuali affiancate a pagine di illustrazioni colorate in cui è possibile giocare alla caccia al particolare e scoprire le abitudini e le caratteristiche della famiglia Hope: la passione per gufi e civette, i gomitoli di lana pronti a farsi sciarpa o maglione, gli omini Lego e Playmobil sparsi qua e là, un pupazzo di Pomelo, i disegni dei bambini (qualcuno anche sui mobili della cucina). Giocate con rimandi, assonanze e una figura verde che riappare qua e là.

Il sito dell’autore. Sfoglia qualche pagina on line.

Levi Pinfold, Cane nero (trad. di Sara Ragusa), Terre di Mezzo 2013, 32 p., euro 15