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Garrincha

2 Mag

garrincha coverUn fumetto in cui Antonio Ferrara racconta, con un andamento scarno di grafica monocolore e testo che restituisce essenzialità, la vita del grande calciatore brasiliano Garrincha, vincitore di due mondiali di calcio. Racconta la sua determinazione a giocare a calcio, nonostante tutto e nonostante soprattutto i difetti congeniti che gli avrebbero impedito, secondo i medici, l’attività fisica, al punto da dichiararlo invalido.

Nonostante le malformazioni fisiche e la fatica, il calciatore non si nega nulla: il testo in prima persona ne segue la vita privata e le imprese sportive, le vittorie e le cadute, le fortune che possono capitare e la cura che bisogna averne. Una forma biografica che sarà apprezzata dai lettori alla ricerca di “storie vere”.

Approfittiamo del fatto che si parli di calcio e di Brasile per farvi un assist e segnalarvi il film di Andre Jublin, Banana, uscito lo scorso anno in cui si racconta del quattordicenne Giovanni alla ricerca della felicità. Soprannominato Banana per la mania di indossare sempre la maglia della nazionale carioca, Giovanni è convinto che la vita vada vissuta “alla brasiliana”, ovvero con coraggio, determinazione, volontà di rischiare e che meriti comunque provare a dimostrare a chi non ci crede più che non tutti sono uguali, che qualcuno di diverso c’è. Qui potete leggere la recensione su Il Post; se non l’avete ancora visto, cercatevi il film.

Antonio Ferrara, Garrincha. L’angelo dalle gambe storte, Uovonero 2016, 120 p., euro 15

La prima volta che

24 Mar

Prima-Volta-CheAmmetto: ho aperto questo libro prevenuta. Una raccolta di autori italiani e per di più con un titolo così simile a quella raccolta edita da Rizzoli nel 2011 a proposito proprio della prima volta, della perdita della verginità. E invece mi sono ricreduta, anche se – com’è ovvio in ogni raccolta a più voci – ci sono racconti che mi hanno colpito di più, altri meno. La pluralità di voci è anche una pluralità di linguaggi, e questo è già un bel vantaggio: ai testi scritti da Baccalario, Basso, Boccati, D’Adamo, Dazzi, Ferrara, Masini, Percivale, Silei, Strada si affiancano infatti due fumetti di Sagramola e Sualzo che danno respiro all’insieme. Per di più parecchi dei racconti si confanno alla lettura ad alta voce, una giusta lunghezza e un ritmo che in qualche modo si tramanda da autore ad autore; quindi il libro si fa prezioso nel caso di incontri e percorsi di lettura coi ragazzi più grandi, permettendo a chi guida di offrire anche una lettura condivisa.

La prima volta descrive, a seconda dei casi, un tentativo di essere come tutti gli altri (fumare una sigaretta, saltare la scuola come i compagni fanno più o meno abitualmente) oppure un modo di segnare la differenza o ancora un’esperienza nuova (il primo contatto col mondo del lavoro in uno stage, la prima volta in vacanza senza genitori, la prima volta a casa da soli o la prima in cui ci si rende conto di provare lo sbigottimento dell’innamorarsi). Il lettore adolescenza vi si specchia; quasi tutti infatti sono ritratti di ragazzi vicini a chi legge per età, per esperienze quotidiane vissute e credo sia questo a dare valore al racconto: la possibilità di ritrovarsi, di sentirsi compresi. C’è un magnifico affresco corale di amicizia nel racconto di Baccalario, in uno scenario geografico e storico facilmente riconoscibile e ai miei occhi di lettrice forse più caro perché vicino e conosciuto in qualche modo; c’è l’interpretazione piena di grazia e garbo che Sualzo fa del concetto di ricchezza; c’è – non posso nascondere la mia preferenza – un racconto di Beatrice Masini che rasenta la perfezione, in cui il protagonista sceglie di non uscire un sabato sera per segnare la propria presenza, ma anche per fare la differenza misurando un’assenza, tirandosi fuori per un attimo dal consueto e vedere l’effetto che fa, guardare da un’altra prospettiva e poi prendersi tutta la realtà.

La prima volta che, Il Castoro 2016, 240 p., euro 15,50

Mia

15 Dic

 

miaLa violenza di genere raccontata dal punto di vista maschile, una storia che è cronaca quotidiana, con protagonisti due giovanissimi. Antonio Ferrara, che già in passato ha dato voce a ragazzi “cattivi”, raccoglie l’invito a narrare in prima persona lo stato d’animo di chi è colpevole, di chi mette la morte dove doveva trovarsi l’amore, di chi uccidendo l’altro finisce per uccidere la parte migliore di sé.

Un libro che si snoda in cinquanta brevi capitoli, uno stile asciutto e essenziale, che lascia a lettore il giudizio e si limita a raccontare. Una storia tra ragazzi che non conosce la spensieratezza, nemmeno quella proverbiale dei primi tempi. Cesare, infatti, non è mai felice, mai sereno, non sa cosa sia il rispetto e si illude di colmare la solitudine pretendendo un rapporto esclusivo. Stella, al contrario, è solare e allegra, ha tante amiche, mille interessi. Ama leggere e trascrive frammenti di vita su un taccuino che porta sempre con sé. Stella che è bellezza e sapienza, leggerezza e impegno. Potrebbe splendere di luce propria eppure ricerca l’amore nell’altro. Nonostante le botte e tanti segnali di preoccupante violenza, fino al tragico epilogo.

Dopo l’omicidio, il libro finisce. Come a dire, che per chi rimane si è aperto un vuoto incolmabile, anche se l’assassino ha soltanto quindici anni.

Mia nasce da “Ti do i miei occhi “, percorso di educazione sentimentale e di prevenzione del disagio, che Antonio Ferrara ha condotto con bambini e adolescenti, utilizzando la scrittura emozionale. Sono state coinvolte quindici  scuole tra primarie e secondarie e, in alcuni casi, i genitori degli alunni.
Lo scrittore ha lavorato con loro, raccogliendo racconti e spunti dai quali ha tratto poi i personaggi, la trama e il linguaggio della storia.

L’illustrazione di copertina è di Chiara Carrer.

Antonio Ferrara, Mia, Settenove 2015, 120 p., euro 13,50

Stivali a Monte Sole

26 Ago

Cover Casarini Montesole:Layout 1Torna in nuova edizione un testo edito nel 2008 da Falzea, ora riproposto da Pendragon. Lo segnaliamo perché ci sembra un buon modo per proporre vicende storiche e per raccontare ai ragazzi una tragedia come l’eccidio di Monte Sole, consumatosi tra il 29 settembre e il primo ottobre 1944, accanto a vicende simili recentemente riprese dall’editoria per ragazzi (tra le altre, il rogo di Stazzema dell’omonimo libro di Annalisa Strada e Gianluigi Spini).

In questo caso, la vicenda delle lotta partigiana sull’appenino bolognese, dei rastrellamenti nazisti e delle stragi che videro la morte di più di 700 persone in quella manciata di giorni d’autunno, è narrata dal singolare punto di vista di una lupa solitaria che scruta i modi degli uomini e pone domande e dubbi ad un asino di cui si è fatta amica. La sua voce fa così da descrizione alle azioni della Brigata Stella Rossa, guidata da Mario Musolesi che scelse Lupo appunto come nome di battaglia, ma anche alla vita in tempo di guerra di chi è rimasto a vivere nei piccoli centri sull’Appenino seguendo dal bosco per mesi le vicende che poi sfociano nell’assurdo gesto di cui l’animale è testimone.

Accompagnano il testo le illustrazioni di Antonio Ferrara, che ci siamo abituati più di recente a considerare come autore; può essere questa occasione per andare a recuperare il suo lavoro d’illustratore, sia nei testi da lui composti sia in quelli in cui ha lavorato su narrazioni altrui, come in Io sono così, di Fulvia Degl’Innocenti (Settenove, 2014) recentemente insignito del Premio Andersen 2015 come miglior libro fatto ad arte.

Questo è il sito del Parco storico regionale di Monte Sole.

Giulia Casarini – ill. Antonio Ferrara, Stivali a Monte Sole, Pendragon 2015, 77 p., euro 13 

80 miglia

22 Mag

80migliaCi sono libri nati per essere letti ad alta voce. Dentro ci senti la voce dell’autore e, se lo conosci, puoi immaginartelo che parla, gesticola, conquista con le sue parole i giovani lettori che ha di fronte. Leggendo il primo capitolo di questo romanzo davanti a centoventi ragazzi stretti in uno dei laboratori del Bookstock Village al Salone del Libro di Torino giusto una settimana fa, Antonio Ferrara ha suggerito che questa storia viene da lontano e porta con sé echi di leggende e racconti, dell’epopea che narra a conquista del West, vista in queste pagine da un punto di vista particolare: la conquista di nuove terre attraverso la colonizzazione e la costruzione della ferrovia da parte della Union Pacific.

Il treno la fa da padrone: la grande locomotiva affascina Billy che un giorno ci salta su, abbandonando la famiglia e seguendo gli operai che si spostano di ottanta miglia (la distanza massima permessa dall’autonomia di vapore del treno) e in ottanta giorni danno vita a una stazione dove già qualcuno si è insediato dando all’agglomerato che diventerà una nuova città nomi di speranza come Hopeville, Golden City, Blue River. C’è un  mondo nuovo attorno, un mondo in movimento, ci sono nuovi amici, una ragazza che sembra non aver paura di niente, territori sconosciuti e altri modi di intendere la natura e la vita: l’incontro con i nativi che diventa uno scontro, la figura di Buffalo Bill entrano nella storia e aprono spiragli per cercare altre storie, per soddisfare curiosità.

Il motore di tutto è però la parola: ad affascinare Billy tanto quanto il treno infatti è la figura di Joe, che la sera racconta al saloon di quelle terre che stanno ottanta miglia più in là, dove se sputi il mattino dopo trovi l’insalata fresca, dove i cavali selvaggi sono tanto docili che basta un fischio per catturarli, dove il cielo è più blu di tutti gli altri cieli. Joe fa entrare chi ascolta nella spirale del racconto, gli fa letteralmente vedere – grazie alla potenza delle parole – quel che dice e la gente parte. Billy procede in bilico: sa che molte sono bugie e sa parimenti la forza che ha un sogno acceso nel cuore delle persone, che spinge a mangiare polvere per chilometri, a posizionare traversine e rotaie, a non guardarsi indietro.

E appunto potete usare la forza delle parole leggendo ad alta voce alcuni brani nei percorsi di lettura, lasciando in sospeso il racconto e consegnando il libro ai ragazzi perché seguano i sogni dell’Ovest e lo sguardo di Billy.

L’illustrazione di copertina, particolarmente d’effetto, è di Iacopo Bruno. A proposito di Antonio Ferrara.

Antonio Ferrara, 80 miglia, Einaudi Ragazzi 2015, 131 p., euro 11

La bicicletta di Bartali

9 Mar

 

bicicletta di bartaliSono molti i testi che permettono di rendere più prossimi ai ragazzi le vicende storiche ed in particolare tante sono sempre le richieste che – specie intorno al Giorno della Memoria – arrivano a proposito di storie ambientate durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale e relative all’Olocausto e alle leggi razziali. Molto apprezzate sono le testimonianze dirette di episodi reali e questo libro permette di far leggere una storia dal punto di vista non tanto degli ebrei la cui vita era in gioco, quanto di chi si è adoperato per aiutarli mettendo a repentaglio la propria vita. Lo fa riprendendo una vicenda che recentemente è tornata alla ribalta delle cronache nazionali grazie alla popolarità del suo protagonista, Gino Bartali, di cui narra i mesi tra il 1943 e il 1944 quando il campione di ciclismo si prestò a trasportare, nascosti nel telaio della sua bicicletta,  i documenti falsi per far espatriare molti ebrei, figura che percorreva chilometri e chilometri sotto la copertura dell’allenamento.

Il testo è accompagnato da una nota finale in cui Andrea Bartali racconta la discrezione del padre a proposito di questo momento della sua vita, il modo in cui gliel’ha raccontato tacendolo agli altri familiari e la bellezza e lo stupore di questa condivisione.

Il blog dell’illustratore.

Simone Dini Gandini – ill. Roberto Lauciello, La bicicletta di Bartali, Notes edizioni 2015, 61 p., euro 9,50

Questa storia è stata raccontata anche in un altro testo che potete presentare ai ragazzi, dove Antonio Ferrara narra la vicenda chcorsa giustae ha fatto di Bartali un Giusto tra le Nazioni, accompagnandola alle illustrazioni di Sandro Natalini. Un’occasione in più per rispondere alle richieste che i giovani lettori sovente fanno di “storie vere” che molto li appassionano, soprattutto quando si rifanno a periodi storici particolari. Si intitola La corsa giusta ed è edito da Coccole Books (128 p., euro 10). Ferrara sceglie l’escamotage di prestare la voce a Bartali, per cui il racconto è in prima persona e riprende un po’ di storia del ciclista, di come ciclista è diventato, immergendo il lettore nell’atmosfera degli anni Trenta e Quaranta. Proprio la scelta della prima persona e la fluidità della narrazione lo rendono adatto anche per la lettura ad alta voce di alcuni brani, che risulterà sicuramente coinvolgente. Ne potete leggere un estratto qui.

Nemmeno un giorno

25 Set

9788880338376

Scorrono le ore al posto dei titoli dei capitoli in questo romanzo che si gioca tra le 16,21 di una giornata e le 9,05 del mattino successivo. Poco tempo, tutto di corsa, per il monologo del tredicenne Leon, scappato di casa alla guida di un’auto nel tentativo di raggiungere la sua vera casa. Perché Leon è stato adottato da una coppia italiana e si sente fuori posto, anzi quasi senza un posto nella sua nuova scuola, tra i suoi coetanei; vorrebbe tornare alla sua casa di origine anche se la madre non c’è più, la sorella vive altrove e il padre non faceva altro che picchiarlo ogni volta che era ubriaco. Leon guida e racconta al cane nero che gli fa da compagno di strada la rabbia, la paura, la voglia di essere altrove. Poi i chilometri filano via e la rabbia in qualche modo svanisce, lasciandolo a chiedersi quando lo troveranno e come sia davvero quel padre adottivo e com’è davvero lui stesso.

In realtà il libro non raccoglie solo il monologo di Leon, ma ce lo fa vedere anche dall’esterno, grazie alle voci delle persone che incontra per strada, all’autogrill, oltre il finestrino di un’auto in corsa, e che si interrogano giustamente su quel ragazzo che ha l’aria troppo giovane per avere la patente.

Ogni capitolo si apre col titolo di una canzone: le tracce della playlist che Leon ascolta durante il viaggio. Così, sulla scorta di tanti altri romanzi più o meno recenti (l’ultima volta ne parlammo per Crystal della strada), anche in questa lettura potete costruirvi la colonna sonora: da Neil Youg a Eric Clapton, dagli AC/DC ai Pink Floyd passando per Lou Reed, i Queen, i Rolling Stones e ancora e ancora.

Il sito di Guido Sgardoli. Qualche notizia e un’intervista ad Antonio Ferrara.

Antonio Ferrara – Guido Sgardoli, Nemmeno un giorno, Il Castoro 2014, 140 p., euro 14,50

Il ragazzo e la tempesta

23 Apr

ragazzotempesta

Dopo Batti il muro Antonio Ferrara propone ai lettori un’altra storia di crescita dolorosa e tagliente come lama di coltello, come lama di scure questa volta che rimane conficcata nel legno del ceppo e del cuore. La lama che si pianta nel cuore di Bruno, il protagonista tredicenne, è suo padre, tornato a casa dopo cinque anni di coma, cambiato, lontano nei gesti e nello sguardo che si perde sempre oltre ogni orizzonte possibile, verso la montagna. La montagna su cui ha camminato per anni facendo il guardaparco, la montagna dove è precipitato in un crepaccio perdendo conoscenza, la montagna che brucia per mano di un piromane folle, la montagna dove ha deciso di portare i suoi figli per mostrar loro chissà cosa.

Bruno vive ai piedi della montagna, in una casa circondata dall’orto e dal frutteto i cui prodotti la madre vende nella bottega del paese; vive ai margini di un bosco dove si possono incontrare alberi diversi; vive a un passo dal paese, dalla scuola, dagli amici. Ecco, Bruno vive a un passo; è a un passo di scarto rispetto a tutto che noi lo vediamo: confuso nella massa a scuola, goffo nei movimenti e incapace di bravure come ogni ragazzo che cresce, frenato di fronte ai silenzi e alle rabbie di un padre che non riconosce più, imbarazzato davanti ai suoi discorsi improvvisi.

Salire la montagna, nel freddo, sotto la tempesta improvvisa di neve, scavare nel fango, procurare cibo, ritrovare la via del ritorno avrà – nella tragicità di quei pochi giorni di monte, in una situazione estrema rispetto alle aspettative – il valore catartico del diventare altro, di scoprire quel che si è, del trovare linee di sentieri e impronte di radici dentro di sé, arrivando a leggersi dentro un po’ più chiaramente, proprio come quando si impara a leggere una mappa.

Antonio Ferrara, Il ragazzo e la tempesta, Rizzoli 2014, 146 p., euro 10,50, ebook euro 6,99

Giochiamo a capirci

12 Feb

orangepampDa tempo chi scrive questo post blatera anche di app e ebook e, specie in incontri e convegni, dice della necessità che anche il mercato editoriale italiano provi, sperimenti, si lanci in questa avventura cercando la qualità migliore per bambini e ragazzi. Come sempre, quando il campo è nuovo, si sbircia quello che fan gli altri (cioè gli editori esteri), si va per tentativi, si prova. C’è molto da dire, da sondare, da interrogare. C’è di che confrontarsi: penso alle persone che lavorano coi ragazzi, coi libri, sulla promozione della lettura, a chi i libri li pensa, a chi li pubblica e continuo a credere che non ci sia strada migliore di un lavoro comune (almeno nel confrontarsi e nel discutere).

Su una cosa però dobbiamo capirci. Che anche se il nuovo è incerto, le arance non sono pompelmi. Un libro preso e trasferito pari pari – con qualche animazione, con la voce che legge la storia – in versione digitale non è un’app. Ma è il rossetto sul maiale che anche Valeria Baudo ci ricordava qui in occasione di una veloce ricognizione di un anno fa. Si continua a vederne diversi esempi, non ultimo il prodotto digitale tratto dalla versione cartacea del libro “La maestra è un capitano” scritto da Antonio Ferrara per Coccole Books. Le illustrazioni di Anna Laura Cantone occhieggiano dal tablet; posso scegliere di ascoltare la voce di Elisa Mazzoli che mi legge la storia o leggermela da solo; ma non basta la possibilità di fare un disegno a fare di questa storia altro che il passaggio in digitale dell’esatta versione cartacea. Che può essere valida quanto si vuole, che può riproporre in altro formato in testo che piace ai bambini, ma che non è un’app.

Intanto Timbuktu dà la possibilità di leggere per la prima volta in italiano una delle storie proposte e crea l’app dedicata allo Schiaccianoci: la veste grafica è come sempre elegantissima (le illustrazioni sono in questo caso di Philip Giordano); non c’è nessuno che ti racconti la storia e questa è una  scelta voluta perché segue l’idea che l’app vada condivisa insieme tra bambino e adulto; forse verrebbe da chiedere ancora più musica originale rispetto a quanta già inserita. Eppure, mentre scorro le istruzioni di come interagire con la storia mi chiedo: “Se senti il bisogno di indicare al lettore cosa bisogna fare, forse allora non è tutto così intuitivo”. Forse certe interazioni sono davvero poi funzionali alla storia, come si chiedeva su Ottimomassimo Deborah Soria a proposito di un’altra app splendida disegnata da Oliver Jeffers?

“Non tutto deve diventare per forza ebook” ha scritto Valentina Colombo in un post  che dice anche di come il catalogo di un editore possa abbracciare un altro formato, ma non tutto, ma non per forza. Riflessione suffragata da quella di Giovanna Zoboli dove si parla dell’obiettivo di “creare testi, nel senso proprio in cui Dallari li descrive: supporti che stimolino una pratica di lettura attiva e sviluppino le abilità narrative dei lettori. Oggetti pensati, cioè, per far crescere capacità testuali complesse e strutturate, capaci di formare il pensiero e di creare orizzonti di significato originali” (il testo di Dallari a cui si fa riferimento è “Testi in testa”, Erickson 2012).

Curiosa di vedere cosa ci riserverà questo anno nel digitale per ragazzi, penso sia alle riflessioni degli editori rispetto al loro catalogo, sia al progettare testi e narrazioni nativamente in digitale. Prossimamente vi parlerò di un e-book per ragazzi testato con la partecipazione degli stessi giovani lettori. Un’altra strada, sicuramente da tenere d’occhio.

Il segreto di Ciro

13 Dic

More about Il segreto di Ciro

Se la guardava, il cuore gli si impigliava da qualche parte.

Storia di Ciro che, a quanto pare, è brutto come la fame. Che sta sempre zitto, che sta sempre in parte, che sta bene soltanto a scrivere e disegnare sui suoi quaderni, in silenzio.

Storia di suo fratello Ferdinando che invece è alto, sportivo, sa sempre cosa dire e fa rimanere a bocca aperta le ragazze.

Storia di due fratelli che covano la morte del padre e condividono l’innamoramento per Lia, ragazza venuta dal Nord, che Ferdinando incanta a parole e baci e Ciro avvolge di scrittura via chat quando lei torna a casa, fingendosi il fratello. Finché tutto si scopre: di chi sono davvero le parole scritte; di quanto Ciro sia bravo con penna e matita; di come sentirsi bravi in qualcosa ti fa essere davvero te stesso.

Storia che corre veloce tra Napoli e Torino, verso un lieto fine, verso la speranza. Con quelle immagini che Ferrara semina tra le pagine (dagli alberi dalle braccia di legno dure e dritte alle case che un tempo eran barche). Storia sospesa, come è sospeso il caffè che a Napoli paghi senza berlo e offri così a uno sconosciuto che passerà un giorno senza saper nulla di te e lo berrà gratis. Anche la storia di Ciro è un sospeso: sono le ultime parole che suo padre gli ha regalato prima di uscire di casa, segno di un destino che sarebbe arrivato, da prendere, da assaporare, da vivere.

Qua e là tra le pagine illustrazioni di Lorenzo Manià; qui il suo “Viola e il diavolo”.

Antonio Ferrara – illustrazioni di Lorenzo Manià, Il segreto di Ciro, Il Castoro 2012, 162 p., euro 14,50.