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Kill all enemies

26 Apr

killall“Ed è stato allora, nel momento più basso della mia vita, che è successo il miracolo.
Se tu fossi stato lì, non l’avresti mai capito. Non è stato il genere di miracolo in cui succede qualcosa di incredibilie mentre te ne stai lì a guardare, come lo zoppo che cammina o roba del genere. È successo dentro. All’improvviso ho capito…”

L’ultimo romanzo di Melvin Burgess ha come protagonisti tre ragazzi adolescenti: Billie, una ragazza che rischia di finire in carcere per le continue risse, Chris, un ragazzo svogliato che si rifiuta di fare i compiti, e Rob, un metallaro incallitto vittima dei bulli della scuola. Tre giovani diversi, che hanno in comune adulti poco attenti e apparenze che ingannano anche troppo. Tre ragazzi che affrontano problemi più grandi di loro e che riescono a sopravvivere e a crescere nonostante tutto.

I tre si alternano e ci raccontano le vicende e le loro vite ognuno dal proprio punto di vista, non nascondendoci niente e cercando di essere sinceri fino in fondo.

Un romanzo duro, che non risparmia niente al lettore, come nello stile di Burgess, ma che riesce a cogliere la realtà in cui vivono questi ragazzi e soprattutto a illuminare le loro vite con una luce nuova, quella della comprensione.
In coda al romanzo una nota dell’autore ci spiega di come molte delle vicende narrate siano storie vere, ispirate ai ragazzi che Burgess ha incontrato negli ultimi anni mentre raccoglieva il materiale per il romanzo.

Melvin Burgess, Kill all enemies (trad.L. Baldinucci ), Mondadori, 2013, Ebook € 9,99

La prima volta

2 Nov

More about La prima voltaScrollo le spalle. “è quel genere di storia. Certe parole sono necessarie perché questa è vita vera, ma non si possono usare apertamente perché siamo troppo giovani per leggere nero su bianco quello che nella realtà già facciamo, capito?”

La prima volta. Sì, quella prima volta lì. Che dà il titolo a questo libro “quello con le mutande in copertina?”, come mi hanno chiesto in libreria. Sì, quello con le mutande in copertina insieme a una banana, ma – per dire – ci sono anche dei calzini sulla copertina… Questo libro è una raccolta di racconti di alcuni dei maggiori scrittori britannici per adolescenti che parlano della perdita della verginità a modo loro, senza moralismi, con parecchia ironia ma anche con spietato occhio sulla nuda realtà. Ci sono le voci di Melvin Burgess, Anne Fine, Keith Gray, Mary Hooper, Sophie McKenzie, Patrick Ness, Bali Rai e Jenny Valentine (e le sfumature dei loro otto diversi traduttori) che offrono differenti sguardi, punti di vista, conclusioni. Ci sono voci di maschi e di femmine; ci sono tentennamenti di adolescenti, saggezze di persone anziane, ricordi di prof, imbarazzi di genitori, vite da anni e Paesi lontani. Ci sono padri che fanno discorsi ai figli pretendendo per l’imbarazzo che questi ultimi non li guardino in faccia, ma si guardino i piedi. Ci sono ragazzi che si chiedono quale sia il plurale di “gay”, c’è il potere delle parole, la forza della poesia e anche i rovesci della medaglia (tipo quando ti rendi conto che forse, a giocarti la carta giusta, adesso usciresti tu – e non James – con Drew e che non avevi mai notato prima quanto lei fosse bella). C’è sesso e c’è amore, c’è silenzio e c’è attesa.  Ci sono  le differenze di età, le differenze di intenti, le differenze tra gli Eddy e i Danny. C’è quello che perdi. E quello che trovi. Perché è trovare il resto che è importante.

Uno dei racconti, quello scritto da Patrick Ness e da cui ho tratto la frase riportata qui in alto, è tutto strisciato di nero: ci sono parole, paroline, parolacce e intere frasi cancellate, nascoste dietro spessi tratti neri che stanno a significare proprio quel che dice il protagonista: che certe parole non si possono usare, perché provocano imbarazzo negli altri o negli adulti che ci stanno intorno, che ci vedono leggere questo libro o acquistarlo o prenderlo in prestito. Il che mi ha ricordato una sensazione già vissuta: così sono andata sull’opac SBN e ho contato in quante biblioteche civiche italiane fosse presente al prestito “Il chiodo fisso” di Burgess, pubblicato per Mondadori nel 2005:  sono 112. Ogni volta che incontro qualcuno che pensa che quel libro non sia da proporre ai ragazzi, che l’autore l’abbia scritto per vendere dato l’argomento, mi chiedo se l’ha letto fino in fondo. Se ha dato ascolto alle diverse voci dei differenti ragazzi e ragazze che ci sono in quelle pagine, se si ricorda i pensieri, le paure, i tentennamenti di quell’età. Perché quel libro, come questo, è un libro necessario (tanto per riprendere la voce del protagonista di cui sopra). Perché questa è vita vera. Quando è buffa, quando è drammatica, quando è diversa da come ce la aspettavamo. Nel peggio, ma anche nel meglio… Facciamo che tra un anno vado a contare quante biblioteche pubbliche hanno a scaffale “La prima volta”…

La prima volta, a cura di Keith Gray, Rizzoli 2011, 250 p., euro 12,90