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Nella bocca del lupo

4 Set

Come sempre, Michael Morpurgo offre al suo lettore ottime occasioni per conoscere fatti realmente accaduti, ambientati in importanti periodi storici e dando spunti per ventuali approfondimenti; riesce sempre a immergere chi legge in quanto racconta, a far sentire presenti fatti lontani nel tempo. In questo libro parla della Seconda Guerra Mondiale, della Resistenza in Francia e del ruolo degli agenti segreti inglesi addestrati per coordinare i rifornimenti, i lanci, le azioni di contatto.

L’autore è dentro il racconto ancora più del solito: il protagonista infatti è suo zio e quindi cuce ricordi e sensazioni ascoltati, con tanto di album fotografico e note storiche finali; c’è una certa patina celebrativa (Francis ricorda i meriti dei compagni, il loro eroismo, la loro inventiva) che forse appanna la cruda realtà dei fatti, ma è comunque consona alla struttura narrativa scelta e sovente utilizzata da Morpurgo: un uomo anziano ricorda il suo passato e richiama a sé, nel buio di una notte che segue alla festa del suo novantesimo compleanno, le persona che ha amato e stimato, quelle con cui ha condiviso le scelte di un certo periodo della sua vita. Il ritratto del protagonista è quello diu un uomo grato per la vita che ha avuto, di cui non cela i grandi dolori e le decisioni difficili; racconta con grande franchezza i rapporti famigliari e i suoi sentimenti e parla della professione che ha sempre fatto per vocazione: quella di insegnante a bambini da incuriosire e da curare, che ha imparato nel tempo a coinvolgere, ad ascoltare, a fare pari.  La scelta vincente del testo è l’accompagnamento lungo tutte le pagine delle illustrazioni di Barroux: spigoli che il bianco e nero, con il suo gioco di ombre, enfatizza, rende cupi o rischiara a seconda del momento.

Come già detto, sono indicati i nomi e le persone che hanno tessuto le vicende narrate: alcuni di loro (come Paul Héraud e la luminosa Christine Granville) sono veri e propri eroi della Resistenza francese ed è possibile riscoprire la storia del loro maquis e le vicende della guerra nelle Hautes-Alpes o appssionarsi all’essenziale ruolo degli operatori radio nella Francia occupata grazie alla figura di Auguste Floiras.

Michael Morpurgo – Barroux, Nella bocca del lupo (trad. di Bérénice Capatti), Rizzoli 2019, 165 p., euro 17, ebook euro 8,99

Jefferson

2 Lug

Amo molto la scrittura di Jean-Claude Mourlevat e sono quindi contenta che arrivi anche in traduzione italiana questo suo libro dove dà prova di una bella capacità umoristica e di invenzione. la prte forte del libro sta proprio qui: nell’inventare un mondo dove animali e uomini vivono in città non troppo distanti l’una dall’altra e frequentano i rispettivi mondi, non senza timori e pregiudizi stereotipati.

Il protagonista è ujn tranquillo e felice porcospino a cui la vita si ribalta in un solo attimo: recatosi dal barbiere per farsi accorciare il ciuffo, lo scopre sul pavimento del negozio, in un lago di sangue, con un paio di forbici piantate nel petto. la capra che sta dormendo della grossa sotto il casco, con i bigodini in testa, lo crede l’assassino e allora jefgferson fugge nel bosco per scoprirsi poco dopo primo indiziato, quasi colpevole certo. Allora, in compagnia del fido amico Gilbert, intraprende un viaggio nella città degli uomini per cercare di scoprire l’assassino e rendere evidente la propria innocenza. la nipote del barbiere infatti ha parlato delle improvvise, periodiche assenze dello zio e ha consegnato a Jefferson una cartolina che forse è un indizio e che suggerisce che gli umani c’entrano eccome.

A essere originale non è sicuramente la parte del giallo, in qualche modo facilmente prevedibile, né gli intenti di riflessione a proposito del consumo di carne e delle condizioni in cui gli animali vengono condotti al macello, quanto piuttosto la riflessione che l’autore propone riguardo allo status degli animali: gli uomini – si sottolinea infatti – non li trattano tutti allo stesso modo, ma fanno delle differenze a seconda che si tratti di animali domestici, selvatici e o d’allevamento. Il romanzo prosegue spedito grazie alla dose di ironia sapientemente inserita specie nella prima parte, sicuramente la meglio riuscita.

Jean-Claude Mourlevat – ill. , Jefferson (trad. di Bérénice Capatti), Rizzoli 2019, 222 p., euro 15, ebook euro 7,99

Le reginette

5 Lug

Quando parecchio tempo fa lessi questo romanzo in francese per una scheda di lettura per un editore, risi come una matta. Vincitore del Prix Sorcières, adattato con successo per il teatro, pare pronto per un road movie e infatti i diritti cinematografici sono stati già prelazionati da Lionceau Films; avrebbe anche tutti gli elementi per definirlo un romanzo pieno di sfighe e pure tendente al buonismo. Invece l’autrice riesce a mantenere alta fino alla fine la qualità della scrittura e della storia, grazie soprattutto all’autoironia della protagonista, molto spesso prossima alla causticità quando non all’autoderisione.

Al termine dell’anno scolastico, Mireille viene eletta Salsicciotto di Bronzo, secondo una tradizione che vota la ragazza più brutta della scuola su Facebook; è il terzo anno che viene premiata, ma ha perso il titolo di Salsicciotto d’Oro a vantaggio di una nuova della seconda B, Astrid, mentre la seconda piazza è stata assegnata a Hakima. Mireille condivide i premi: Astrid è strabica e Hakima le sembra un luccio. lei del resto la prende con la sua solita ironia, unica arma e corazza forse per sopravvivere al fatto che ci organizza la terribile gara è il suo miglior amico d’infanzia. Però conosce la durezza eel momento e i commenti pubblici dei compagni, per cui sa che le altre due nuove nominate – con la loro introversione e timidezza – potrebbero non prenderla bene; decide così di presentarsi, di conoscerle e di convincerle a non piangersi addosso. Scoprono di avere tutte e tre un valido motivo per andare a Parigi il 14 luglio e decidono di andarci in bicicletta, finanziandosi con la vendita di salsicce e salse varie (in originale sono proprio boudins, e così anche il titolo che hanno vinto) e raccontandosi attraverso un blog. Le accompagna Kader, fratello maggiore di Hakima, in sedia a rotelle dopo un’imboscata tesa ai soldati del suo battaglione mentre erano in “missione di pace”. Durante il viaggio otterranno molto incoraggiamento e applausi, ma ci sarà posto anche per la derisione, i commenti violenti, le gelosie, gli insulti. La strada percorsa insieme metterà in luce anche i limiti, le potenzialità e le corazze dietro cui ciascuna si nasconde.

Dei motivi per andare a Parigi, delle loro famiglie, delle passioni di ciascuna protagonista non dico; il lettore scoprirà lettura facendo, in questo libro in cui si mescolano parecchi temi importanti, in cui si ride, in cui si riesce a parlare con ironia di mestruazioni e videogiochi, di timidezza e padri importanti e assenti, costruito riportando post di blog e articoli di giornali on line con tanto di commenti.

Le tre vivono a Bourg-en-Bresse; il loro viaggio è quindi un percorso a tappe tr… , facilmente riconoscibili, rintracciabili su mappa e – perché no – un itinerario da cui prendere spunto.

Clémentine Beauvais, Le reginette (trad. di Bérénice Capatti), Rizzoli 2018, 291 p., euro 17, ebook euro 8,99

Noi nella corrente

15 Mag

Più riguardo a Noi nella corrente. Tre amici. Un amore. Un'estate. L'estate in cui tutto cambia

Il nome di Bérénice Capatti è per me associato a tante apprezzate traduzioni e mi è venuto spontaneo chiedermi, aprendo il suo primo romanzo da autrice, se scrivesse bene quanto traduce.

La storia a tre voci incrocia le vite di due sedicenni e un diciassettenne che si ritrovano, per incroci di famiglie e amori, a passare le vacanze in un campeggio al lago. Il fulcro è Michele, con cui Elisa ha appena cominciato una storia, giusto in tempo per assaporarne la novità prima che lui cambi città e vada a vivere con la nuova famiglia della madre, dove c’è anche Anna. La vacanza, unico modo per Elisa e Michele di ritrovarsi dopo la lontananza, costringe i tre ragazzi alla convivenza forzata e a dover fare i conti con le diversità di carattere e di aspirazione, ma anche con le persone che li circondano: vecchi conoscenti e nuove conoscenze che cambiano il precario equilibrio creatosi, dando vita a nuovi legami, a nuove alleanze.

Un finale non scontato e nello stesso tempo aperto, dove ciascuno dei protagonisti guarda se stesso e cerca di diventare quel che veramente è. Una storia raccontata attraverso punti di vista diversi che permettono al lettore di considerare le stesse situazioni da più angolature.

Bérénice Capatti, Noi nella corrente, Rizzoli 2013, 240 p., euro 13

Terrestre

9 Ott

More about Terrestre !! ANTEPRIMA !!

Si chiese perché stesse facendo la pazzia di continuare a rispondere a quella sconosciuta. “Forse perché non mi guarda” pensò “Perché fa le domande senza alcun imbarazzo, e anche perché sembra tutto un po’ irreale, a dire la verità.” (…) Virgil era confuso. Quella ragazza aveva un modo particolare di ragionare. Ebbe il desiderio che lo interrogasse ancora. Ebbe paura che smettesse di farlo.

Virgil è uno scrittore settantenne che un mattino di pioggia di inizio autunno dà un passaggio a una ragazza che fa autostop. Ha diciassette anni, uno scarabeo sul palmo della mano e una certa facilità a fare domande, senza imbarazzo; domande a cui è naturale per l’uomo rispondere con altrettanta franchezza e dirsi scontento del suo romanzo in uscita, e dire la sua vita e il suo mondo. Una settimana dopo, la scena si ripete: la ragazza si fa lasciare all’altezza di un cartello stradale che Virgil non ritrova più, come se fosse dissolto, come se l’avesse sognato. Eppure lui l’ha visto, così come ha parlato con quella ragazza che sostiene che bisognerebbe dirsi solo cose personali, perché il resto non conta.

Anne Collodi non ha imbarazzi,  ha una leggerezza nel dire tutto, perché non ha nulla da perdere. Anzi. Sulle tracce della sorella, scomparsa improvvisamente dopo le nozze un anno prima, sulla scia di un messaggio arrivato da chissà dove, si avvia sulla strada di campagna per passare il varco verso un mondo altro dove la sorella vive come catturata.  Un mondo rarefatto, i cui abitanti non respirano, non ridono, non conoscono i sentimenti. Dove tutti si vestono nello stesso modo, dove gli oggetti nei negozi non si pagano ma si prendono semplicemente, dove ad un certo punto della vita ci si siede e si muore per noia. Dove ognuno è controllato grazie a un chip sotto pelle e dove il mondo terrestre è una materia che si insegna a chi è destinato ad andarci in missione. Un mondo dove ci sono anche gli ibridi, come Bram, il ragazzo che ha incantato Anne al matrimonio della sorella.

Anne deve imparare a nascondere il suo respiro, le sue emozioni. Ma saranno le brecce emotive che aprirà in coloro che incontra a portarla verso la meta.

Il sito di Mourlevat. L’autore parla del suo libro: qui e qui. Dal blog del Coordinamento delle Librerie per Ragazzi qualche appunto sulla musica dei Keane che culla il respiro della protagonista e del lettore di questo libro.

Jean-Claude Mourlevat, Terrestre (trad. di Bérénice Capatti), Rizzoli 2012, 359 p., euro 15.

La prima volta

2 Nov

More about La prima voltaScrollo le spalle. “è quel genere di storia. Certe parole sono necessarie perché questa è vita vera, ma non si possono usare apertamente perché siamo troppo giovani per leggere nero su bianco quello che nella realtà già facciamo, capito?”

La prima volta. Sì, quella prima volta lì. Che dà il titolo a questo libro “quello con le mutande in copertina?”, come mi hanno chiesto in libreria. Sì, quello con le mutande in copertina insieme a una banana, ma – per dire – ci sono anche dei calzini sulla copertina… Questo libro è una raccolta di racconti di alcuni dei maggiori scrittori britannici per adolescenti che parlano della perdita della verginità a modo loro, senza moralismi, con parecchia ironia ma anche con spietato occhio sulla nuda realtà. Ci sono le voci di Melvin Burgess, Anne Fine, Keith Gray, Mary Hooper, Sophie McKenzie, Patrick Ness, Bali Rai e Jenny Valentine (e le sfumature dei loro otto diversi traduttori) che offrono differenti sguardi, punti di vista, conclusioni. Ci sono voci di maschi e di femmine; ci sono tentennamenti di adolescenti, saggezze di persone anziane, ricordi di prof, imbarazzi di genitori, vite da anni e Paesi lontani. Ci sono padri che fanno discorsi ai figli pretendendo per l’imbarazzo che questi ultimi non li guardino in faccia, ma si guardino i piedi. Ci sono ragazzi che si chiedono quale sia il plurale di “gay”, c’è il potere delle parole, la forza della poesia e anche i rovesci della medaglia (tipo quando ti rendi conto che forse, a giocarti la carta giusta, adesso usciresti tu – e non James – con Drew e che non avevi mai notato prima quanto lei fosse bella). C’è sesso e c’è amore, c’è silenzio e c’è attesa.  Ci sono  le differenze di età, le differenze di intenti, le differenze tra gli Eddy e i Danny. C’è quello che perdi. E quello che trovi. Perché è trovare il resto che è importante.

Uno dei racconti, quello scritto da Patrick Ness e da cui ho tratto la frase riportata qui in alto, è tutto strisciato di nero: ci sono parole, paroline, parolacce e intere frasi cancellate, nascoste dietro spessi tratti neri che stanno a significare proprio quel che dice il protagonista: che certe parole non si possono usare, perché provocano imbarazzo negli altri o negli adulti che ci stanno intorno, che ci vedono leggere questo libro o acquistarlo o prenderlo in prestito. Il che mi ha ricordato una sensazione già vissuta: così sono andata sull’opac SBN e ho contato in quante biblioteche civiche italiane fosse presente al prestito “Il chiodo fisso” di Burgess, pubblicato per Mondadori nel 2005:  sono 112. Ogni volta che incontro qualcuno che pensa che quel libro non sia da proporre ai ragazzi, che l’autore l’abbia scritto per vendere dato l’argomento, mi chiedo se l’ha letto fino in fondo. Se ha dato ascolto alle diverse voci dei differenti ragazzi e ragazze che ci sono in quelle pagine, se si ricorda i pensieri, le paure, i tentennamenti di quell’età. Perché quel libro, come questo, è un libro necessario (tanto per riprendere la voce del protagonista di cui sopra). Perché questa è vita vera. Quando è buffa, quando è drammatica, quando è diversa da come ce la aspettavamo. Nel peggio, ma anche nel meglio… Facciamo che tra un anno vado a contare quante biblioteche pubbliche hanno a scaffale “La prima volta”…

La prima volta, a cura di Keith Gray, Rizzoli 2011, 250 p., euro 12,90

Be safe

24 Ago

More about Be safeAvevo la sensazione di trovarmi su un ring, già mezzo KO, a prendermi raffiche di colpi in pieno viso. All’improvviso ho provato a immaginare la vita senza Jeremy. Per sedici anni non ci eravamo mai separati! Dal giorno in cui sono nato. Erano sedici anni che, un giorno dopo l’altro, ci vedevamo, litigavamo, ridevamo e ci raccontavamo storie alle quali non credevamo fino in fondo sul nostro futuro di musicisti rock. Erano sedici anni che facevamo cose banali come mangiare patatine guardando programmi idioti alla tivù. E tutto questo sarebbe finito di lì a due settimane.

Da sedici anni Oskar condivide le sue giornate con suo fratello maggiore, condivide il sogno matto di mettere su un complesso rock pur senza batterista, di scrivere canzoni. Improvvisamente tutto cambia quando Jeremy, da due anni senza lavoro,  sceglie di arruolarsi nell’esercito per andare a costruire ponti in missione. Tutto cambia: Jeremy parte per l’addestramento, Oskar comincia una nuova scuola e si ritrova in classe con Marka, sorella di uno dei ragazzi arruolatisi in quei giorni, ma anche l’atmosfera in famiglia è diversa: perché il padre reagisce con tanta rabbia e con tanto silenzio quando Jeremy comunica la sua decisione? Cosa del suo passato ha scelto di non raccontare ai suoi figli? Tutto cambia ancora: Jeremy è così bravo nel tiro che viene scelto per essere addestrato come soldato, per essere mandato in prima linea e intanto Oskar scopre che Marka sa suonare e che ha una voce bellissima e che si sta innamorando di lei.  E poi tutto cambia un’altra volta: Jeremy viene mandato “laggiù”, insieme al fratello di Marka, insieme ad altri ragazzi della cittadina e l’orrore della guerra che vive in prima persona è così grande che non riesce a tenerlo per sé. Le mail che manda in segreto al fratello dicono della fragilità di un ragazzo e dell’assurdità che lo circonda. E la paura che a Jeremy possa succedere qualcosa fa sì che ognuno cerchi un guscio in cui ripararsi: guscio di olio di motore per il papà, guscio di crumble per la mamma, guscio di romanzi d’amore per la nonna, guscio di camera e di musica per Oskar, che insieme a Marka comincia a scrivere canzoni che parlano dei loro fratelli, di quello che sentono, di quello che vivono. In un crescendo assoluto, su un filo sottile a cui stanno appesi insieme la paura della morte e il terrore della guerra, la leggerezza dell’amore e i segreti del passato, Petit ci racconta una storia che non ci lascia fino all’ultima pagina. E non so se alla fine alcune scelte di trama possano essere un poco forzate o no. Non lo so perché quello che mi stupisce di questo libro è la forza dell’asciuttezza con cui è scritto: non ci sono fronzoli, non ci sono divagazioni, non ci sono eccessi nella scrittura. C’è la storia e basta. E quello che senti mentre la leggi, una storia che ti prende e non ti lascia.

Pluripremiato in Francia dalla sua uscita nel 2007, il romanzo ha vinto il Prix Sorcières 2009, assegnato dai librai d’Oltralpe.

Xavier-Laurent Petit, Be Safe (trad. di Bérénice Capatti), Rizzoli 2011, 239 p., euro 12,90

L’arca parte alle otto

30 Dic

More about L'arca parte alle otto

Da qualche parte sulla Terra c’è un luogo dove tutto è ghiaccio e neve. Ovunque ti volti, vedi solo neve e ghiaccio e ghiaccio e neve e neve e ghiaccio. Se guardi meglio, nella neve e nel ghiaccio scorgi tre piccole sagome che se ne stanno strette l’una all’altra e contemplano il paesaggio. Ovunque si voltino, vedono solo ghiaccio e neve e neve e ghiaccio e ghiaccio e neve.

Le sagome sono quelle di tre pinguini che stanno discutendo dell’esistenza di Dio, visto che il più piccolo si è appena seduto su una farfalla, probabilmente l’ha uccisa e ora verrà punito da Dio. I più grandi sostengono che Dio è potente, ha inventato un mucchio di regole, ha un udito finissimo, una vista acutissima e una memoria di ferro. Così litigano e il più piccolo si allontana. Intanto arriva una colomba bianca ad annunciare il diluvio universale e ad offrire due biglietti non rimborsabili, posti in piedi, solo trasporto, ai due pinguini. I quali, fatti i bagagli, non se la sentono di abbandonare il loro amico e lo nascondono nella valigia. Comincia così un esilarante viaggio verso la salvezza dove il pinguino più piccolo arriva addirittura a fingersi Dio per ingannare la colomba. Finito il diluvio, siccome tutti gli animali devono scendere a coppie dall’arca e la colomba è da sola e i pinguini viaggiano in pacchetto da tre, troveranno una fantastica soluzione per presentarsi a Noè. Non solo la storia, ma anche le illustrazioni ne fanno un testo comico da leggere insieme. Piccolo, divertente racconto pluripremiato: in Francia ha ottenuto nel 2009 il Prix Sorcières delle librerie indipendenti per ragazzi e il Prix Tam Tam Jeunesse. In Germania il premio per la miglior sceneggiatura radiofonica e per il miglior testo teatrale per ragazzi. Eccone un assaggio:

Ulrich Hub e Jorg Muhle, L’arca parte alle otto. L’esistenza di Dio spiegata da tre pinguini (trad. di Bérénice Capatti), Rizzoli 2010, 86 p., euro 10.

Diario segreto di Pollicino

13 Dic

More about Il diario segreto di PollicinoMoccioso, sveglione, marmocchio, tappo, atzeco, pigmeo, lillipuziano, menodiniente, cervello di pulce, nulla assoluto, zero, atomo di gnomo, caccola, mutanda sporca, sozzone appiccicoso, pisello striminzito, nocciolina, rasoterra, cacca di marmotta, gnomo, bamboccetto, puzzetta d’angelo, popò-pollicino.

Ecco, questi sono i soprannomi ricorrenti che Pollicino ricorda all’inizio di questo suo diario, presentandosi. Ogni giorno (a volte con tanto di santo e proverbio del giorno) Pollicino racconta quel che succede, presentandoci i suoi sei fratelli (Bartolomeo, Bernardo, Bonifacio, Bertoldo, Basilio e Biagio), il suo papà e la matrigna, il maestro, gli amici (tipo Giovanni il Lumacone e Mariapuzza Marigusti), i compagni di scuola, la Grande Privazione per cui non c’è nulla da mangiare, il “certificato ufficiale d’abbandono eterno dei figli, piccoli e grandi, buoni e cattivi” che il babbo è stato costretto a firmare. Ovviamente ci sono l’abbandono nel bosco e l’Orco Barabba Barbak e gli Stivali delle Sette Leghe e il finale di festa. Una galleria di personaggi e situazioni incredibili ed ironici, accompagnati dalle magiche illustrazioni di Rébecca Dautremer. Da non perdere la collezione personale di Pollicino delle gioie considerevoli e delle pene abominevoli 🙂

Unico appunto: il formato leggermente ridotto rispetto all’originale rende il testo e soprattutto i particolari delle illustrazioni di non così immediata lettura…

Il sito dell’autore. E quello dell’illustratrice.

Philippe Lechermeier – Rébecca Dautremer, Diario segreto di Pollicino (trad. di Bérenice Capatti), Rizzoli 2010, 200 p., euro 20.

Il bambino oceano

2 Ott

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Un novello Pollicino istiga alla fuga i suoi sette fratelli dopo aver ascoltato (sul filo del fraintendimento) un dialogo tra i loro genitori. I fratelli Doutreleau sono sette: tre coppie di gemelli di quattordici, tredici e undici anni e uno spaiato Yann, di dieci anni. Un bambino fuori misura, tanto piccino da poter essere trasportato in una borsa dai fratelli, tanto agile da sgattaiolare nei posti più stretti, dallo sguardo tanto serio da essere adulto nell’espressione. Vivono in una fattoria brutta e sporca, con un vecchio cane magro e due genitori che si occupano più di farli lavorare che di mandarli a scuola. A Yann invece la scuola piace, come passare ore a leggere accanto alla finestra. Yann è diverso, sembra – dirà qualcuno – sbucato fuori da una fiaba; è minuscolo, eppure il motore di tutto: sarà lui a innescare la fuga, a decidere le mosse, a dirigersi verso l’Oceano e verso un finale aperto e davvero intrecciato con la materia di cui son fatti le fiabe e i sogni.

Il libro è scritto per voci diversi: ad ogni capitolo corrisponde la voce di una persona  coinvolta nella vicenda: i fratelli, i genitori, l’assistente sociale, i gendarmi, i compagni di viaggio, ma anche tanti spettatori che hanno visto sfilare lì davanti il curioso corteo di sei ragazzini perfettamente identici a due a due che trasportano una pesante borsa… L’unico punto di vista che non compare è proprio quello del piccolo Yann, che promette ai suoi fratelli di aver cura di loro.

Questo è il sito dell’autore, dove parla delle avventure della sua vita e svela che l’episodio da cui questo romanzo parte (una cartella buttata in un pozzo) è un episodio vero.

Jean-Claude Mourlevat, Il bambino oceano (trad. di Bérénice Capatti), Rizzoli 2009, 140 p., euro 15.