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Il mio amico Albert

7 Lug

Il fumetto fa coppia con La mia amica Colette, uscito un anno fa: stesso formato, richiamo della forma del titolo, stessi personaggi che sbucano dalle pagine, cosa ch potrebbe parere stucchevole e poco originale, ma l’autrice è pur sempre Isabelle Arsenault e di fumetti ben fatti per i lettori più piccoli ce ne sono così pochi che vince comunque la curiosità di vedere come va la storia. Ancora una volta l’illustratrice adopera il suo caratteristico uso del colore e gioca sui tono dell’azzurro anice per mettere in scena la pacatezza di Albert – come nel precedente libro identificabile facilmente grazie alla marinière che indossa costantemente – e il suo desiderio di trovare un angolo tranquillo per leggere in pace. È arrivata l’estate e, libero dagli impegni di scuola, il bambino non vede l’ora di tuffarsi nella storia scelta e lasciarsi trasportare dala fantasia su una spiaccia assolata e deserta… che però invitabilmente si popola. Infatti gli amici cominciano a chiedergli di fare una partita a tennis, unirsi alle attività di giardinaggio, balare, ascoltare musica, dare un’occhiata alla bambola in carrozzina: troppo chiasso! Ma saranno proprio gli amici a trovare il modo giusto epr stare tutti insieme.

Come detto appunto fa piacere che ci siano sempre più possibilità di lettura in formato fumetto anche per i più piccoli, tanto più con le preziose scelte grafiche che caratterizzano l’albo.

Isabelle Arsenault, Il mio amico Albert (trad. di Chiara Carminati), Mondadori 2019, 48 p., euro 16

Capitano Rosalie

11 Dic

Quando questo libro è arrivato, nella sua versione francese, con una riga sotto il titolo a lasciare un po’ di mistero, ho pensato ancora una volta all’importanza e alla bellezza della misura esatta. Quando qualcuno ti racconta una storia è importante finirci dentro; sono importanti la voce, il ritmo, le immagini che ti vengono in testa come quelle che ti si presentano sotto gli occhi.

Timothée De Fombelle prende la voce di una bambina di cinque anni e mezzo che ogni mattina la mamma accompagna fino alla scuola prima di andare in fabbrica. È la scuola dei grandi e Rosalie non ha l’età per starci, ma il maestro la tiene lo stesso perché non c’è altro posto dove possa andare né persona che possa badare a lei. La siede in fondo, sulla panca sotto gli appendiabiti, e la lascia disegnare. Man mano che arrivano i ragazzi, i cappotti le fanno da coperta, tenda, rifugio, ma Rosalie ha le orecchie dritte e la vista acuta: lei è un capitano e non importa se il maestro non batte i tacchi quando la chiama; ha già scelto come tenente Edgar, che non impara né i numeri né le lettere, che vorrebbe essere altrove. Fuori intanto c’è la guerra, la battaglia della Somme, e i giorni scorrono uguali, rotti solo dalle lettere del papà dal fronte, quelle lettere che la mamma si ostina a leggerle a voce alta ma che lei non vuole sentire. Poi un giorno tutto cambia: è colpa di una lettera blu che la mamma non commenta. Allora la missione di Rosalie si fa  ancora più pressante, Edgar offre una sponda e la capacità di decifrare le lettere mette improssivamente la bambina di fronte alla nuda verità.

Nelle illustrazioni di Isabelle Arsenault dominano i grigi e i neri e i colori risaltano ancora di più: il rosa chiaro di una camicia, il blu dell’inchiostro. Ma è la voce di Rosalie a risuonare forte e limpida, nella determinazione che i bambini sanno avere, nel gioco di soldato in missione che spia il nemico e prepara l’attacco. Una determinazione che va dritta verso la verità, quella che la capacità di leggere svela inevitabile, tra lacrime e fierezza. Rosalie è nata in una bottega dove lo strumento preferito è il rabot, la pialla che sgrossa e rifinisce; Rosalie è netta e decisa, come se da un pezzo di legno fosse venuta fuori la forma che già si intravedeva: non poteva essere diversa, non poteva essere più pregnante, protagonista di un racconto illustrato che è gioia per l’esatta misura di voce, di tratto, di capacità di dire con una certa poesia quel che fa male e quel che fa bene.

Timothée De Fombelle – ill. Isabelle Arsenault, Capitano Rosalie (trad. di Maria Bastanzetti), Mondadori 2018, 72 p, euro 15

La mia amica Colette

22 Giu

Colette si è appena trasferita in un nuovo quartiere dove non conosce nessuno; è arrabbiata e quando la mandano a farsi un giro, ricordandole che la sua richiesta di avere un animale non sarà accontentata, non trova di meglio che sfogarsi con un bel calcione a uno scatolone del trasloco. Incontra così i bambini che abitano nel cortile accanto e si inventa una piccola bugia: sta cercando il pappagallo che ha perso. Si innesca una catena per cui cresce la bugia e crescono gli amici: si va infatti a cercare l’aiuto di un altro ragazzino del vicinato e Colette aggiunge particolari precisi all’idea del suo animale… finché le scappa un po’ la mano, ma ormai la banda è formata e la solitudine vinta.

Ancora una volta, Isabelle Arsenault utilizza la sua cifra caratteristica: scegliere un colore che illumini il testo in alcuni particolari e vada a illuminare tutta la scena con l’avanzare della narrazione. In questo caso si parte dal giallo della mantellina della protagonista e si aggiunge, man mano che l’immaginazione si fa potente e rafforza anche la sicurezza di Colette.

Isabelle Arsenault, La mia amica Colette (trad. di Chiara Carminati), Mondadori 2018, 48 p., euro 16

Ninna nanna di stoffa

18 Mar

Quando Louise Bourgeois raccontava della sua arte, non perdeva mai occasione di sottolineare come tutto avesse preso spunto dalla sua infanzia. Eccola allora l’infanzia dell’arista, raccontata attraverso un albo illustrato premiato lo scorso anno alla Fiera di Bologna come miglior libro d’arte, che narra attraverso un testo scritto in stampatello maiuscolo, ma soprattutto attraverso le illustrazioni di Isabelle Arsenault di cui ormai i lettori italiani hanno imparata a riconoscere il tratto.

Si racconta dell’infanzia tra Choisy-Le-Roy e Antony, nella valle della Marna, e della famiglia della madre, da generazioni restauratori di arazzi. Si parla di intrecci, di stoffe, di ricami e di riparazioni di storie sfrangiate e poi di Parigi e dell’università dove Louise studia matematica. Si parla della madre, che diventerà centrale nella sua arte con le grandi sculture di ragni chiamate Maman e di come tutto sia ricondotto a quel lavoro di riparare le cose rotte: gli arazzi da un lato, la tela del ragno dell’altro. E di come tutto – la magia, il mistero e il dramma dell’infanzia – torni appunto nell’arte.

L’albo diventa allora un modo per presentare quest’artista anche ai più piccoli, per cominciare un lavoro di approccio e analisi della sua opera, del suo modo di procedere, del suo modo di riflettere in essa tutta se stessa, e insieme un modo per chiedersi come si diventa ciò che si è, come i pezzi d’infanzia si riflettano sugli adulti che si diventa. Un albo intimo e intimista che evoca gli strappi e le ricuciture, le gioie e le lacrime che hanno forgiato la personalità dell’artista, i cui colori sempre presenti nell’opera – il rosso, il blu, il rosa – vengono giustamente ripresi e riproposti da Arsenault.

Amy Novesky – Isabelle Arsenault, Ninnananna di stoffa. La vita tessuta di Louise Bourgeois (trad. di Chandra L. Candiani), Mondadori 2018, 40 p., euro 16

Louis e i suoi fantasmi

27 Mar

Dopo Jane, la volpe & io, la coppia Arsenault-Britt racconta di un personaggio maschile, anch’esso alle prese con i problemi connessi al crescere e in particolare alla famiglia. Louis ha undici anni e dal nuovo anno scolastico vive insieme al fratellino Funghetto diviso tra la campagna, dov’è rimasto a vivere il padre, e la città, dove si è trasferita la madre. La rottura tra i genitori è dettata dall’alcolismo paterno e ha costretto i ragazzi a trasferirsi in un appartamento con vista tangenziale. Louis ha un nuovo amico di nome Boris e un amore enorme, immenso, fulminante: quello per Billie, ragazzina silenziosa e persa tra i libri, dalla voce ferma e l’atteggiamento pacato anche quando affronta i bulli della scuola. Billie è un raggio di sole, una regina muta, un temporale d’estate. Billie lo paralizza al punto che pensa non riuscirà mai a parlarle. Billie è in qualche modo il punto fermo, il quotidiano che ricomincia dopo che pareva le cose in famiglia si fossero aggiustate e invece era solo parentesi, una  folgorante e profonda dichiarazione d’amore in cui trabocca tutta la forza del sentimento.

Il racconto procede per capitoli, ciascuno un episodio, quasi una lezione di vita, che fanno procedere la storia nel corso dell’estate e poi nella ripresa scolastica. Si procede grazie alle domandi incessanti di Funghetto, alle citazioni musicali, ai ricordi. Se nel libro precedente la protagonista Hélène incontrava una volpe, qui è un cucciolo di procione a farsi prossimo a Louis e a lasciare che il ragazzo si prenda cura di lui come forse non riesce e non può a fare con gli umani che ha intorno. Anche in questo libro il colore appare tra i grigi e i neri: sprazzi di verde fluo e di giallo, colori da ghiaccioli estivi, che sottolineano le emozioni, i momenti importanti in una riflessione sulla famiglia, sui genitori, sulla fragilità degli adulti, sul coraggio e sull’amore. Ovviamente perle di saggezza seminate qua e là, sovente in bocca al più piccolo che dice senza filtri, come capita spesso.

Il blog dell’illustratrice. A Isabelle Arsenault sarà dedicata una mostra a Bologna dal 5 aprile al 7 maggio prossimi, a cura di Hamelin.

Isabelle Arsenault – Fanny Britt, Louis e i suoi fantasmi (trad. di Michele Foschini), Mondadori 2017, 160 p., euro 16

Virginia Wolf, la bambina con il lupo dentro

14 Mar

Più riguardo a Virginia WolfVanessa, di radioso giallo vestita, ci racconta dell’umor nero di sua sorella Virginia. Così nero che l’ha trasformata in un lupo (sottraendo una -o al suo cognome!): sono versi da lupo quelli che fa, ma anche orecchie da lupo quelle che spuntano dalle coperte e zampe pelose quelle chiudono le finestre lasciando fuori il sole, gli amici, i colori. Poi Virginia urla in stampatello maiuscolo, non sopporta i minimi rumori, trasforma ogni su in giù e nulla la fa felice, né dolci né musica né boccacce di fratellino. Poi, nel buio rifugio sotto le coperte, la bambina-lupo confida alla bambina-sorella che forse potrebbe star meglio se potesse volare fino a Bloomsberry, un posto perfetto pieno di dolci, fiori, alberi e da cui è bandita la malinconia.

Virginia dice “A Bloombsberry, naturalmente”, come se tutti sapessero che quel luogo immaginario è il posto perfetto per stare bene. E mentre lei crolla addormentata, sua sorella prova a disegnarlo sui muri, a immaginarselo. Lo riempie di colori, bestie, fiori; ci mette un’altalena e una scala per trasformare i giù in su e strappa risate a Virginia tornata bambina.

L’umor lupo ti prende a volte per un motivo solo, a volte per la somma di una caterva di motivi, a volte per nessun motivo. C’è chi lo chiama buio. Fa fare i versi, gli urli, i ringhi e preferibilmente non si vuol veder nessuno. Come dice l’autrice di questa storia in una bella nota, se prende te devi nutrirti di cose belle e portarlo a fare una passeggiata. Se invece l’umor lupo è di qualcun altro, bisogna offrirgli spazio e pazienza, qualche coccola leggera non invasiva e piano piano tirargli fuori i sorrisi.

Il tratto e i colori hanno il garbo e la grazia di Isabelle Arsenault, di cui vi abbiamo raccontato la graphic novel Jane, la volpe & io, che qui dà corpo alle due sorelle Woolf in versione bambina.

Il sito di Kyo Maclear e il suo sito dedicato alla produzione per bambini e ragazzi. Il sito di Isabelle Arsenault.

Kyo Maclear – Isabelle Arsenault, Virginia Wolf, la bambina con il lupo dentro (trad. di Beatrice Masini), Rizzoli 2014, 32 p., euro 13

Jane, la volpe & io

3 Mar

Pi\'f9 riguardo a Jane, la volpe & ioSuccede che in un sabato sera di pioggia che neanche Noè, con l’aria di neve che scende dalla montagna, passi davanti alla vetrina di una libreria e lui è lì che ti guarda. Entri, lo sfogli e ci trovi scritto che “l’inverno si trattiene come un ospite maleducato”. Qualche pagina più avanti la primavera si accomoda sui davanzali, ma intanto la storia ti ha già conquistato e quelle due frasi sono il semplice esempio della poesia con cui è raccontata la fatica di crescere, la solitudine e l’immagine distorta che Hélène costruisce di sé in base alle risate dei suoi compagni e alle frasi di scherno che scrivono a scuola sui muri o le urlano dietro, dipingendola come una che pesa troppo, che non ha più amici, che non si accorge di scherzi inesistenti, con cui non bisogna parlare.

Vessata da insulti che prendono nuove forme ogni giorno che passa e le provocano nuovi buchi nella gabbia toracica, circondata dal grigio della città, cullata dal rumore notturno della Singer con cui la madre le cuce l’agognato vestito di crinoline, obbligata a passare quattro giorni al campo d’inglese coi compagni, Hélène sopravvive solamente tuffandosi dentro il libro che sta leggendo: ogni viaggio in autobus verso la scuola tredici pagine e poi prima di dormire e anche in tenda si aggrappa alla storia di Jane Eyre, la migliore che abbia mai letto (forse non per il libro in sé, ma per il senso di vicinanza e rifugio che vi trova). Solo nel momento in cui si tuffa nel libro, il grigio della sua quotidianità – che è il grigio delle tavole che noi leggiamo – lascia il posto al colore, lo stesso che macchia la pagina sotto forma della volpe che le si avvicina di notte al campeggio. Quando nella sua tenda di emarginate entra Géraldine – che se ne frega di bande e regole, che parla in continuazione, che ride forte, che non ha paura di nulla, che la prende per mano – il colore comincia a spuntare anche nei suoi giorni. Pennellate minime che si fanno sempre più presenti e più accese, nella vita e nei pensieri in una graphic novel per cui non so trovare altre parole se non garbo e grazia e meraviglia.

Il blog dell’illustratrice. Cosa dice di questo libro il NY Times che lo ha indicato come uno dei dieci migliori albi illustrati del 2013.

Isabelle Arsenault – Fanny Britt, Jane, la volpe & io (trad. di Michele Foschini), Mondadori 2014, 98 p., euro 16