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La fabbrica delle meraviglie

17 Feb

la-fabbrica-delle-meraviglieAtmosfere vittoriane e londinesi, una protagonista alla Jane Eyre e l’avvento della scienza a metà Ottocento in termini di vapore, meccanismi, giroscopi, invenzioni che possono cambiare i destini degli uomini e delle nazioni: ecco gli ingredienti per questo romanzo narrato in prima persona che porta il lettore al seguito della protagonista, alla scoperta di un mondo a parte e diverso da ogni cosa riesca a immaginarsi. Katharine, diciassettenne orfana e senza rendita, vive in balia della zia Alice e del cugino Robert dalla cui eredità di famiglia dipende anche il suo futuro. Un futuro che la ragazza intravede ben misero, in quanto non possiede nulla di suo, non ha possibilità di mantenersi se non quella di rimanere a servizio della parente e – a dir di tutti – non ha nemmeno la minima bellezza per aspirare al matrimonio. Proprio per vegliare sull’eredità del cugino, viene inviata a Strawyne Keep, residenza dell’unico fratello ancora in vita di suo padre, che pare stia compromettendo il patrimonio di famiglia, dilapidandolo a causa della sua presunta pazzia.

L’accoglienza è fredda, ostile e quel che Katharine scopre è del tutto inaspettato: la residenza è decisamente trascurata, la maggior parte delle stanze è chiusa, i domestici si contano sulle dita di una mano e sono pronti a tutto per difendere il signor Tully, il quale vive in un laboratorio dove costruisce automi e giroscopi, dove carica decine di orologi dai mille ingranaggi e dove segue un ritmo tutto suo. La malattia dello zio lo rende fragilissimo, deve essere guardato a vista e assecondato, ma tutto questo non ne impedisce la genialità nel fabbricare complicati meccanismi, pesci meccanici, automi che raffigurano le persone che hanno segnato la sua vita né di fare a mente operazioni matematiche con numeri sempre più grandi. Il tutto contenuto in un mondo a sé, pensato dalla madre per proteggere il figlio e dargli la possibilità di una vita serena e ispirato a un luogo reale, Welbeck Abbey, dove il Duca di Portland fece costruire una serie di stanze sotterranee alla sua residenza e una centrale a gas; anche il mondo dello zio Tully è quasi autosufficiente: affiancano il palazzo due villaggi in cui vivono gli operai che si occupano della centrale del gas, i fabbri, quelli che guidano le chiatte sul fiume, scelti a centinaia dagli ospizi dei poveri di Londra, insomma, la proprietà è un vero e proprio microcosmo che procede agli ordini del signor Tully e insieme lo protegge.

Arrivata per constatare la follia dello zio e farlo internare, Katharine decide di darsi un mese di tempo per studiare la situazione, per far breccia nell’ostilità dei domestici e degli abitanti del villaggio, per capire come può effettivamente riuscire a salvare quanto a Strawyne Keep è stato creato. Dovrà vedersela con l’inaspettato, con chi finge per rubare i segreti scientifici dell’officina dello zio, con chi è disposto a ogni cosa pur di difendere la serenità di quell’angolo di terrà. Imparerà a pattinare lungo i corridoi, a parlare con un bambino muto; dubiterà della sua sanità mentale; si scoprirà bella, coi capelli in disordine e gli occhi che brillano. E inevitabilmente, pur rimandando di giorno in giorno, si troverà di fronte alla zia Alice a decidere cosa davvero salvare.

Una storia che regge il ritmo fino alla fine, che intriga perché il lettore assume il punto di vista della ragazza e scopre novità ad ogni pagina, che insieme racconta di come la diversità sia vissuta in serenità, ma in un mondo a parte, costruito su misura da una madre lungimirante, dove il massimo pericolo viene proprio dall’esterno: chi arriva porta la visione comune che vuole i pazzi, i diversi internati in un istituto di cura, quando non in un manicomio e incontra invece una realtà che parla di possibilità.

Il libro, pur autoconcluso, ha un seguito di cui aspettiamo la traduzione per conoscere l’evoluzione della storia, ma anche cosa le invenzioni di Tully abbiano potuto produrre oltreoceano, nella sfida tra Francia e Inghilterra.

Il sito dell’autrice. L’efficace copertina combina, tra gli altri elementi, le illustrazioni, di Giulia Ghigini.

Sharon Cameron, La fabbrica delle meraviglie (trad. di Valentina Daniele), Mondadori 2015, 312 p., euro 17, ebook euro 6,99

La strada nell’ombra

11 Ott

la-strada-nellombraTorna in traduzione italiana Jennifer Donnelly: il suo libro precedente Una voce dal lago uscito nella collana Gaia Junior nel  2005 è sicuramente uno dei romanzi che mi hanno accompagnato più a lungo nei percorsi di lettura di questi anni: un giallo ben narrato con una protagonista incantevole, dalle idee ben precise e dalla “testa tosta”: Mattie e il suo desiderio di imparare, Mattie e la sua sete di parole nuove da cercare sul vocabolario è una delle figure femminili migliori nei romanzi per adolescenti. Spesso mi diverto a giocare coi lettori che ho davanti, spiegando che Mattie vuole a tutti i costi andare all’università, ma le è negato: vengono fuori da parte loro le ipotesi più diverse, finché rivelo che la storia è ambientata negli Stati Uniti del 1906 dove a una ragazza, così come al suo amico di colore, è negato l’accesso all’università appunto.

Anche la protagonista di questo nuovo romanzo sfida le convenzioni del suo tempo: Josephine Monfort è l’unica figlia di una ricca famiglia newyorkese che a fine Ottocento è ovviamente destinata a fare la moglie e la madre, mentre sogna invece di scrivere e di diventare una reporter. La morte improvvisa del padre è un suicidio a cui lei non crede, trovando indizi contrari e un fondamento ai propri sospetti nelle parole di un giornalista di cui ben presto si innamora. Insieme a Eddie Gallagher tenta la strada della verità, quella dal prezzo più alto: non solo un’immersione nei misteri della propria famiglia e nelle bugie con cui il padre, lo zio e i soci hanno ricoperto i loro traffici loschi, ma anche uno svelamento della realtà che le è estranea: i quartieri della città in cui non ha mai messo piede, condizioni sociali che nemmeno lontanamente immagina, bambini orfani addestrati al borseggio, ragazze vendute nei bordelli. E la realtà nella sua concretezza più spietata: corpi nudi su un tavolo di obitorio, cadaveri riemersi da una fossa per svelare i segreti che qualcuno ha cercato di seppellire per sempre. Jo si muove con l’abilità scaltra di chi impara a mentire perché sa che la menzogna  è l’unica via per raggiungere la verità, ma anche con luce e ombra nel cuore: l’amore per Eddie e la perseveranza verso la professione che desidera, la certezza del perdere la sua famiglia e il suo status sociale dall’altro.

Al di là dell’alta capacità narrativa, Donnelly si dimostra ancora una volta maestra nel cogliere perfettamente l’epoca in cui ambienta le sue storie e nel restituire al lettore un ritratto perfetto e di spietata bellezza della società del tempo, non solo le condizioni delle classi più povere o la libertà delle donne che riescono ad essere indipendenti pur a caro prezzo, ma anche il crudo cinismo dell’alta borghesia: esemplare la figura dell’anziana matriarca del clan Aldrich che parla delle nipoti e delle loro amiche in età da marito nello stesso modo in cui considera i suoi spaniel, cioè in base alla capacità di riprodursi e nulla più.una-voce-dal-lago

Ancora una volta un giallo, ancora una volta un inno alla libertà e alle possibilità di realizzazione di sé. Torna in libreria anche “Una voce dal lago”, in edizione cartonata, con una nuova copertina che fa da pendant all’altra, anch’essa con silhouette di ordinanza (come non pensare a tante altre copertine, tra cui quelle dei libri di Sharon Cameron sempre per Mondadori, La fabbrica delle meraviglie e L’invenzione dei desideri?).

Il sito dell’autrice.

Jennifer Donnelly, La strada nell’ombra (trad. di Barbara Servidori), Mondadori 2016, 537 p., euro 18, ebook euro 9,99