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La tana nell’albero

4 Nov

tana nell'alberoAutore prezioso Cary Fagan già apprezzato in La strana collezione di mr. Karp e in quel gioiellino di racconto di formazione che è The Big Swim. Eccolo di nuovo con una delizia di racconto lungo che scorre veloce nella lettura e che sembra ritmato giusto per una lettura condivisa. Si svolge a Toronot, nel 1925: un circo che si muove su rotaia perde gli ultimi due vagoni mentre è in viaggio e il leone che stava rinchiuso in una delle gabbie non si trova più. Lo danno per morto, il domatore se ne fa una ragione, ma lui è vivo e vegeto e nascosto nel tronco di un albero fulminato nel parco cittadino, dove si verificano strane sparizioni e apparizioni. Lo trova l’intraprendente Sadie, figlia di un pasticciere, che prima lo addomestica grazie agli carti della macelleria, poi prende a nutrirlo con regolarità e infine deve escogitare il modo di difenderlo dall’arresto. La ragazzina è aiutata da un bambino di ricca famiglia a cui ogni giorno consegna le torte, abbigliato sempre in modo buffo e che non chiede altro che esserle amico (inutile dire che lei tende a destestarlo, almeno all’inizio): i due si muovono liberi, prendono decisioni, assaggiano la bellezza del passeggiare di notte in città con un leone al guinzaglio (perché non lo fa più gente). Gli adulti sono sullo sfondo: il padre di Sadie e la loro pensionante, anziana bibliotecaria che raccoglie articoli di giornale stravaganti e dispensa consigli non richiesti; entreranno in gioco quando ci saranno da prendere decisioni importanti e, insieme al domatore, si confronteranno coi ragazzi sul destino del leone, sul concetto di libertà.

Un bel racconto, dal finale non scontato e non troppo roseo, giusto direi, e con una puntuale riflessione sul termine “perdita”: Sadie ha perso la mamma, nel senso che se n’è andata inc erca di fama e fortuna, per cui sa benissimo che un leone che si è perso non è necessariamente morto, ma sta lì fuori da qualche parte.

Davvero una lettura da non perdere.

Cary Fagan, La tana nell’albero (trad. di Francesco Piperno e Flavio Sorrentino), Biancoenero 2019, 111 p., euro 11

John della notte

10 Apr

È davvero un piacere veder tornare Gary Paulsen in libreria, visto che in catalogo da anni non era che disponibile Nelle terre selvagge. Chi si occupa di lettura coi ragazzi sa quanto siano preziose le sue storie, per quel che dicono, per come lo dicono e anche per certe sue misure brevi (raccolte di racconti; brevi romanzi un tempo ospitati nella collana Shorts di Mondadori) che non spaventano chi è attento al numero delle pagine.

Equilibri pubblica, nella nuova traduzione di Manuela Salvi, uno dei testi che racchiudono il nocciolo delle capacità di Paulsen: raccontare una storia con le parole essenziali, senza sbrodolare, cucendo frasi brevi che ritmano bene una possibile resa ad alta voce, ritrarre sulla pagina figure che rimangono impresse. A narrare qui è Sarny, doicenne schiava nelle piantagioni del vecchio Waller che racconta al lettore la crudeltà del padrone e ogni perdita di dignità per le persone che per lui lavorano. Poi alla piantagione arriva un nuovo schiavo, nero come la notte, fiero e dalla storia particolare: è riuscito a scappare, ha vissuto nel Nord libero e ora che è di nuovo schiavo vuole insegnare a leggere e a scrivere, vuole insegnare la libertà. Così Sarny impara le lettere dell’alfabeto e il pericolo che costituiscono agli occhi dei bianchi; assaggia il sogno che nasce in una piccola scuola nascosta tra le frasche del bosco e apprende a compitare, a pronunciare, a sognare la libertà e a saggiarne la possibilità.

Ispirato a una storia vera e nato dalle ricerche storiche di Paulsen, questo romanzo è un invito a scoprire di più sul suo autore, a cercare altri titoli in biblioteca, nella speranza che presto tornino anche disponibili all’acquisto.

Come tutti gli altri testi della collana “Max storie selvagge”, il testo è accompagnato da un’appendice finale intitolata “Per leggere ancora”

Illustrazione e progetto grafico di Peppo Bianchessi.

Come da precisazione dell’editore, il libro uscirà a fine maggio e sarà disponibile in libreria da inizio giugno.

Gary Paulsen, John della notte (trad. di Manuela Salvi), Equilibri 2019, 99 p., euro 13

I cuscini magici

30 Gen

A Uranopoli regna il tirannico Arraffone I con le sue dodici corone, una per mese dell’anno. Scrive leggi terribili (come quella che annulla le domeniche e le trasforma in prelunedì uguali a qualsiasi giorno feriale di scuola e di lavoro), ingrassa di dieci chili per la gioia di vedere i suoi sudditi inermi davanti a tasse insostenibili, scruta il regno con un telescopio d’oro per accaparrarsi qualsiasi cosa desideri. Convinto da uno dei consiglieri a privare dei sogni tutto il popolo (perché i sogni sno davvero pericolosi, dice) distribuisce cuscini magici che fanno solamente fare incubi; la gente si trascina stanca e triste, tutti obbediscono meccanicamente fino al giorno in cui, per caso, il maestro Andonis scopre l’inganno e riesce, coi suoi alunni e con una raccolta di cose belle, a fabbricare due nuovi cuscini da sogno. Sogna che sogna, si affaccia il desiderio di un paese senza Arraffone né reti metalliche, con le domeniche, i luna park e i lillà. cresce il sogno e porta la rivolta, in nome della libertà. E come nei migliori dei finali, i cattivi e gli incubi se la risolvono tra loro, lasciandosi dietro gli abitanti di Uranopoli che ora vivono bene.

Le illustrazioni sono di Noemi Vola: una copertina che regala incubi vividi e interni in bianco e nero.

In caratteri ad alta leggibilità. Storia perfetta per essere letta ad alta voce: è un racconto lungo, con un bel ritmo serrato, ricco di elenchi che alimentano il crescendo della trama fino alla finale “terribile notte della riscossa” ed esilaranti nomi propri, con la giusta dose di speranza non solo per gli abitanti di Uranopoli, ma per tutto il mono. Anche per i lettori; anche per l’oggi.

Evghenios Trivizàs – ill. Noemi Vola, I cuscini magici (trad. di Tiziana Cavasino), Camelozampa 2019, 72 p., euro 10,90

La ragazza dei lupi

18 Nov

ragazza-dei-lupiLo avevamo scritto parlando di Sophie sui tetti di Parigi: aspettavamo la traduzione dell’altro libro scritto da Katherine Rundell ed eccoci accontentati. Altrettanto sospeso tra l’onirico e il realismo, altrettanto poetico e coinvolgente, il nuovo romanzo si presta anche alla lettura ad alta voce, forte di un ritmo incalzante e di una storia che non lascia, in un crescendo narrativo che esplode nel finale per poi chiudere il cerchio con un’immagine simile a quella iniziale, con la sensazione che tutto sarà possibile, con il respiro ampio di chi sa lasciar andare i propri personaggi nel mondo perché in qualche modo li sa dotati di vita propria, con l’empatia che hanno sviluppato col lettore.

Feo non è una ragazzina semplice, in prima apparenza forse nemmeno troppo simpatica con le sue risposte taglienti, la sua incapacità di accordarsi a chi le sta di fronte e di riuscire a dire quel che vuole. Un po’ selvatica, qualcuno. Mezza selvatica, direbbe lei con la stessa definizione che riserva ai lupi che l’accompagnano. Feo e la sua mamma sono soffialupi: nella Russia dove è status symbol avere un lupo come animale di compagnia, loro rieducano alla vita libera i lupi quando i ricchi se ne stufano e vogliono sbarazzarsi di loro. Vivono nelle lande selvagge della Russia occidentale, in una calda casa nel bosco dove Feo impara l’arte di addestrare i lupi a tornare coraggiosi e quella di imparare ad ascoltare e a vivere la natura che la circonda. Fino a quando i soldati dello zar, guidati dal loro generale più temibile, non le prendono di mira fino a catturare la madre. Fino a quando Feo non acceca il generale e comincia un viaggio verso San Pietroburgo, con l’idea di trovare la mamma e liberarla. L’accompagna Ilya, ragazzino scappato dall’esercito, e insieme le persone che incontrano e che cercano una vita libera dalle regole dittatoriali e dai soprusi che subiscono.

Un inno alla libertà, un romanzo sul significato del resistere, sul potere del coraggio e della speranza, sulla forza dell’essere insieme. Ma prima di tutto una narrazione che brilla per la sua costruzione, per la sua capacità di far entrare il lettore nelle righe del testo e farlo partecipe, rendendogli vive e presenti davanti agli occhi le singole scene, facendogli sentire e vedere la tormenta, la neve, il calore del fuoco, la forza dell’entusiasmo.

Un video in cui l’autrice parla del suo libro. Le illustrazioni interne e di copertina sono di Gelrev Ongbico.

Katherine Rundell, La ragazza dei lupi (trad. di Mara Pace, Rizzoli 2016, 277 p., euro 15

La strada nell’ombra

11 Ott

la-strada-nellombraTorna in traduzione italiana Jennifer Donnelly: il suo libro precedente Una voce dal lago uscito nella collana Gaia Junior nel  2005 è sicuramente uno dei romanzi che mi hanno accompagnato più a lungo nei percorsi di lettura di questi anni: un giallo ben narrato con una protagonista incantevole, dalle idee ben precise e dalla “testa tosta”: Mattie e il suo desiderio di imparare, Mattie e la sua sete di parole nuove da cercare sul vocabolario è una delle figure femminili migliori nei romanzi per adolescenti. Spesso mi diverto a giocare coi lettori che ho davanti, spiegando che Mattie vuole a tutti i costi andare all’università, ma le è negato: vengono fuori da parte loro le ipotesi più diverse, finché rivelo che la storia è ambientata negli Stati Uniti del 1906 dove a una ragazza, così come al suo amico di colore, è negato l’accesso all’università appunto.

Anche la protagonista di questo nuovo romanzo sfida le convenzioni del suo tempo: Josephine Monfort è l’unica figlia di una ricca famiglia newyorkese che a fine Ottocento è ovviamente destinata a fare la moglie e la madre, mentre sogna invece di scrivere e di diventare una reporter. La morte improvvisa del padre è un suicidio a cui lei non crede, trovando indizi contrari e un fondamento ai propri sospetti nelle parole di un giornalista di cui ben presto si innamora. Insieme a Eddie Gallagher tenta la strada della verità, quella dal prezzo più alto: non solo un’immersione nei misteri della propria famiglia e nelle bugie con cui il padre, lo zio e i soci hanno ricoperto i loro traffici loschi, ma anche uno svelamento della realtà che le è estranea: i quartieri della città in cui non ha mai messo piede, condizioni sociali che nemmeno lontanamente immagina, bambini orfani addestrati al borseggio, ragazze vendute nei bordelli. E la realtà nella sua concretezza più spietata: corpi nudi su un tavolo di obitorio, cadaveri riemersi da una fossa per svelare i segreti che qualcuno ha cercato di seppellire per sempre. Jo si muove con l’abilità scaltra di chi impara a mentire perché sa che la menzogna  è l’unica via per raggiungere la verità, ma anche con luce e ombra nel cuore: l’amore per Eddie e la perseveranza verso la professione che desidera, la certezza del perdere la sua famiglia e il suo status sociale dall’altro.

Al di là dell’alta capacità narrativa, Donnelly si dimostra ancora una volta maestra nel cogliere perfettamente l’epoca in cui ambienta le sue storie e nel restituire al lettore un ritratto perfetto e di spietata bellezza della società del tempo, non solo le condizioni delle classi più povere o la libertà delle donne che riescono ad essere indipendenti pur a caro prezzo, ma anche il crudo cinismo dell’alta borghesia: esemplare la figura dell’anziana matriarca del clan Aldrich che parla delle nipoti e delle loro amiche in età da marito nello stesso modo in cui considera i suoi spaniel, cioè in base alla capacità di riprodursi e nulla più.una-voce-dal-lago

Ancora una volta un giallo, ancora una volta un inno alla libertà e alle possibilità di realizzazione di sé. Torna in libreria anche “Una voce dal lago”, in edizione cartonata, con una nuova copertina che fa da pendant all’altra, anch’essa con silhouette di ordinanza (come non pensare a tante altre copertine, tra cui quelle dei libri di Sharon Cameron sempre per Mondadori, La fabbrica delle meraviglie e L’invenzione dei desideri?).

Il sito dell’autrice.

Jennifer Donnelly, La strada nell’ombra (trad. di Barbara Servidori), Mondadori 2016, 537 p., euro 18, ebook euro 9,99

L’undicesimo passo

21 Feb

undicesimo passoSul sito Libri Calzalunghe è uscito di recente un interessante articolo nel quale Francesca Tamberlani ci presenta libri per bambini in cui la storia non è a lieto fine. Lo ha intitolato Finali shock, passando in rassegna alcuni albi per piccoli (anche per piccolissimi: uno per tutti Apri la gabbia! di Minibombo).

A questo elenco potremmo senz’altro aggiungere “L’undicesimo passo”, uscito di recente per Valentina Edizioni, con la precisazione che non si tratta di un finale shock, ma di un finale malinconico, in cui – almeno noi adulti – siamo in attesa di una svolta, di una bella notizia che invece non arriva.

Prima di scrivere queste righe avrei dovuto, forse, leggerlo con mia figlia e vedere la sua reazione. E invece la sfida è questa: ve lo propongo senza averlo ancora mai letto insieme ai bimbi; tuttavia credo sarà un libro capace di coinvolgere, emozionare e lasciare qualcosa dietro di sé. Una riflessione, un pensiero, un sassolino nel cuore.

La storia è tutta rinchiusa nel confine stretto di uno zoo, uno zoo reale, meno poetico di quello che ci ha fatto conoscere Amos Perbacco (Stead, Il raffreddore di Amos Perbacco, Babalibri). Qui una leonessa partorisce il suo cucciolo. Il piccolo cresce, e cresce felice ma muovendosi dentro la gabbia capisce presto che lo spazio è piccolo, solo dieci passi da un capo all’altro. All’undicesimo passo il suo musetto sbatte contro le sbarre. Con i bambini visitatori il leoncino stabilisce un rapporto privilegiato. Il guardiano porta cibo a lui e alla sua mamma e un giorno dimentica la gabbia aperta: grande occasione per conquistare la libertà, e invece il leoncino “non andò oltre. Aveva fatto i suoi soliti dieci passi e nessuno gli aveva mai insegnato a compiere l’undicesimo”. Iniziano le ricerche, si moltiplicano ipotesi su dove possa essersi nascosto. Alcuni sono presi dal panico, altri gioiscono per la fuga dell’amico, pensando alle mille avventure che lo aspettano. Lui, semplicemente, si è addormentato, ignaro di tutto, all’ombra di un cespuglio appartato. Non è andato oltre il decimo passo, non conosce l’undicesimo. E quando il guardiano porta il cibo agli altri ospiti, anche il leoncino si sveglia, attratto dal profumo. Torna nella sua gabbia. Crescerà e avrà dei piccoli. Anche loro, in gabbia, conteranno i passi, mai più di dieci.

L’ultima pagina ci lascia una piccola speranza, una bella metafora sul futuro, in mano (e qui nelle zampe) dei più piccoli. La storia finisce ma il finale è aperto, si può partire per una nuova avventura, fantasticando insieme su cosa succederà al leoncino più piccolo. Avrà il coraggio che agli altri è mancato?Il libro è frutto della collaborazione della casa editrice Valentina con alcuni editori per bambini iraniani. E’ stato pubblicato in lingua farsi nel 2010 e oggi è arrivato in Italia.

Sousan Taghdis, Ali Reza Goldouzian, L’undicesimo passo.  Valentina Edizioni, 2016, 28 p., euro 12

La leggenda di Zumbi l’immortale

23 Dic

zumbiConfesso: quest’estate ho letto, in una limpida notte stellata di montagna, Fumisteria, il breve romanzo di Fabio Stassi edito da GBM nel 2006 e ripreso  ora da Sellerio, e ho avuto l’impulso immediato di leggerlo ad alta voce perché suona perfetto nella sua costruzione. Così, trovare quest’autore  nella collana di graphic novel di Sinnos, come sempre con caratteri ad alta leggibilità, mi fa un grande piacere tanto più che è accompagnato dal tratto di Federico Appel. Stassi riprende la leggenda fondativa dell’identità multiculturale brasiliana, narrando al lettore la figura di Zumbi, il grande guerriero dai poteri magici che – nato nell’ultimo lembo di terra brasiliana rimasta libera nel corso del XVII secolo – guida la ribellione contro i portoghesi in una lotta di resistenza che dura anni.

Ripercorrendo la vita di Zumbi, dall’infanzia al rapimento e all’indottrinamento da parte dei gesuiti, dal ritorno alla sua gente fino alla presa del comando e alla guida nella lotta, si permette al lettore di individuare i tratti caratterizzanti la colonizzazione portoghese, ponendo l’accento sulla difesa della libertà, della terra, ma di riflettere sullo schiavismo. Una parte importante la gioca la natura stessa: gli alberi della foresta alleati di Zumbi, la violenza degli invasori che arriva a distruggere e a seminare morte ovunque, compromettendo l’ecosistema e la vita non solo delle persone, ma anche degli animali e della vegetazione.

Il fumetto gode di una cornice narrativa vincente che dice proprio del fascino del racconto, delle storie: all’inizio di tutto, fuori dalla storia di Zumbi, c’è infatti un’altra storia, quella di un uomo e una donna che ballano su di un piroscafo che risale il Rio San Francisco, esibendosi nella samba per i turisti occidentali . Alla musica si mescolano i rumori della giungla, le stelle brillano e la richiesta della donna fa scaturire il racconto. A brevi capitoli – tra una samba e l’altra, nella notte, sul nascere della loro storia d’amore – Zelia fa promettere a Jorge che non smetterà mai di raccontare storie, di avvolgerla tra parole e suggestioni di un tempo proprio come fa con le sue braccia. La storia della ricerca della libertà diventa così epopea condivisa nell’intimità della notte, la storia di singoli che si fa storia di tutti quelli che sognano di essere liberi, di vivere in pace, a testa alta, di coltivare nuovi amori e sogni grandi.

Il video dedicato a Zumbi dos Palmares nella serie “constutores do Brasil”.

Fabio Stassi – Federico Appel, La leggenda di Zumbi l’immortale, Sinno 2015, 64 p., euro 10

Libertà

27 Nov

Più riguardo a Libertà

Il testo poetico di Éluard, qui presentato nella traduzione di Fortini, si fa parola e insieme materia. Sfogliando infatti i versi appaiono in alto, sulle pagine sagomate, ciuffi d’erba, rami d’albero, profili di montagne, vele e onde di mare, radici, sagome che andranno poi a comporre il quadro finale dove ricomincia la vita in nome della libertà.

Per contro, terminata la lettura, ci si ritrova sulla pagina di sinistra gli intagli che danno forma alla libertà eluardiana; a destra invece una fotografia del maggio 1945: è la testa della sfilata del Corpo Volontari della Libertà a Milano, tra cui Parri, Mattei, Longo. Passi fieri, volti seri per un’altra immagine concreta di libertà.

Il sito di Louis Rigaud. Il sito di Anouck Boisrobert e il suo blog. Di loro abbiamo già ammirato in edizione italiana Popville, Nella foresta del bradipo e Oceano, editi da Corraini. Guardate il loro progetto per realizzare un’applicazione che permetta di custodire e condividere i ricordi.

Paul Éluard, Libertà (nella versione italiana di Franco Fortini), realizzato da Anouck Boisrobert e Louis Rigaud, Gallucci 2013, euro 24

Fridolin

13 Nov

A UmbriaLibri per parlare di nativi digitali e lettura, mi incanto sfogliando questo albo nello spazio NPL allestito dalla Regione Umbria e trascino istantaneamente chi mi accompagna in libreria perché devo portarmelo a casa. Lo scovo nell’espositore che presenta di piatto gli illustrati, nascosto in triplice copia dietro una serie di albi più grandi, e mi prendo il piacere di sovvertire l’ordine costituito della Feltrinelli di Perugia e sitemarlo davanti ben in vista.

La storia è qualla di un giallo canarino che vive in una gabbietta con letto, tavolo e sedia a cui ogni giorno si accomoda per mangiare i semi che gli porgono gli esseri giganteschi e senza piume che vivono attorno. Quando in primavera la gabbieta viene spostata sul balcone, scopre un mondo che lo emoziona tanto da faticare ad addormentarsi. Impara a cantare dagli altri uccellini e sogna ogni notte volo e libertà. Un giorno poi la gabbia rimane aperta: eccolo ruzzolare e poi volare, circondato da amici che gli insegnano di bacche, semi, fiori nutrienti, di fronde tra cui dormire, di suoni per concertare insieme. Fino all’autunno. Qualcuno vola lontano; altri hanno sentito di un giardino dove un albero ospita graziose casette di legno in cui trovare riparo.

Seguite la storia nelle illustrazioni lievi e delicate; inutile dire che la mia preferita è la nanna notturna, dove sul grande albero un solo uccellino tiene accesa la luce per leggere… E poi guardate bene Fridolin, col muso tondo e il becchetto spalancato. In Veneto, di un bambino in carne si dice che è un “canarin da casòn”; in occitano, i bimbi con la boccuccia affamata e protesa al cucchiaio sono degli uslin, degli aucelin. Ecco, Fridolin ha quell’espressione lì, di un bambino proteso a scoprire tutte le novità e i sapori del mondo.

Il sito dell’illustratrice. Il sito delle edizioni corsare.

Sara Welponer, Fridolin, edizioni corsare 2012, 32 p., euro 14