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La compagnia degli addii

25 Mar

compagnia-degli-addiiSgombriamo il campo subito: in questo libro la voce narrante è del diciassettenne Alex che, nove anni dopo aver scoperto il cadevere della sua fantastica mamma suicida, ha cominciato a elaborare il lutto e ha provato a fermare il suo cuore. Finisce in una clinica di lusso, nel gruppetto dei Suicidanti, a confrontarsi con altre quattro persone – due ragazzi e due adulti – che ci han provato, ma non ci son riuscite: le prime pagine, in cui ciascuno racconta di sé, paiono un’infilata di imprese fantozziane su cui si ride. Ecco qualcuno dirà “si riderebbe, se non ci fosse da piangere”, ma io, davanti a questo romanzo, dico “si piangerebbe, ma per fortuna ce n’è da ridere”. Merito dell’autrice che, con la sua andatura di cartavetro, mescola l’ironia pungente alla malinconia che prende, talvolta o taluni, nella vita. Per la clinica, le attività di gruppo, gli scimmiottamenti e le posture del personale ha uno sguardo impietoso di presa in giro; per i suoi protagonisti, come per gli altri personaggi che si incontrano lungo le pagine, uno sguardo che smaschera altrettanto, facendo affezionare il lettore. 

Se un luogo ti sta stretto, scappi. Insieme, meditando un suicidio collettivo, per poi scoprire che non tutti i destini sono uguali, che è inutile provare a preservare il proprio cuore dall’amore, che la poesia è un’ancora di salvezza e le frasi fatte e gli aforismi uno splendido modo per giocare con le parole quando non sai come dire quel che provi.

Non so dire il piacere che mi fa vedere finalmente un romanzo di Axl Cendres in italiano, dopo averne tanto atteso la traduzione e chiedendomi quale editore ci avrebbe messo faccia e coraggio per portare anche al di qua della Alpi questa voce ruvida e profondamente vera, tagliente come le cose dette per quel che sono, come le persone quando si mettono a nudo di fronte a gente mai vista “e sono talmente pure che fanno tremare” scriveva Umberto Fiori in una sua poesia. Punto di riferimento della letteratura francese per giovani adulti in questi ultimi dieci anni, pilastro della collana Exprim’ di Sarbacane che anche grazie a questi romanzi ha costruito un percorso prezioso per i lettori più grandi, Axl Cendres attraversava la letteratura e la vita (e pure certi corridoi di saloni del libro e certi incontri) scagliando – prendo a prestito le parole di Alex – un raggio di sole nell’inverno. Questo romanzo arriva in libreria all’inizio della primavera; “Enfin le printemps” è la canzone di Edith Piaf che chiude la colonna sonora che lo accompagna; sarà ancora un po’ inverno però sicuramente, perché ci sarà chi lo troverà ostico nei suoi temi, o sfacciato nel suo modo di dire. Del resto, come diceva quel grande umorista di Pierre Desproges “Si può ridere di tutto, ma non con chiunque”: beati noi che ridiamo con Cendres, anche quando ci manca.

Stasera, giovedì 25 marzo alle 17, il libro viene presentato on line nell’ambito della rassegna di incontri a cura di ALIR–Associazione Librerie Indipendenti per Ragazzi dedicati alla letteratura francese, in collaborazione con Fédération des Alliances Francaises Italie e Institut Français Italia. Sarà presente tra gli altri Tibo Bérard, che di quella collana Exprim’ di cui vi ho detto è l’abile editor e maestro.

Axl Cendres, La compagnia degli addii (trad. di Rosa Vanina Pavone), Il Castoro Hot Spot, 191 p., euro 15,50, ebook euro 10,99

Una grazia di cui disfarsi

3 Mag

Penso sia davvero rara la felice scrittura che riesce, in questo libro, a trasferire sulla pagina l’emozione e il tormento della vita di Antonia Pozzi. Da sempre la collana “Jeunesse ottopiù” di rueBallu ci abitua a libri belli fin dalla grafica e dalla confezione, che sanno dare voce in modo naturale a persone come ad esempio la Emily Dickinson raccontata da Beatrice Masini. Anche questa volta ci sono le immagini di Pia Valentinis ad accompagnare i capitoli, anche questa volta si parla di una poetessa e le pagine finali presentano proprio una scelta della produzione poetica di Antonia Pozzi, che magari i ragazzi possono già aver incontrato tra le pagine di “Nel prato azzurro del cielo”, uno dei volumi della collana “Il suono della conchiglia”, edito da Motta junior nel 2015.

La bravura di Elisa Ruotolo sta nel mettere lei stessa poesia nel modo di raccontare una vita, affidando alla poetessa la narrazione in prima persona, raccontandone in capitoli cronologici la crescita: l’infanzia, la fatica nei confronti di genitori duri che la vorrebbero secondo l’idea che di lei si son fatti, l’adolescenza e l’amore per l’insegnante, coltivato e maturato nel tempo e poi finito per causa maggiore e in fondo mai finito, l’insegnamento nella Milano operaia, la scelta del suicidio. Un discorso interiore in cui Antonia si mette a nudo e spera che gli altri sappiano trovare la giusta prospettiva da cui guardarla. Un discorso che si fonda sul peso: quello dell’anima retta a due mani di cui Antonia risponde a sette anni alla nonna, quello della felicità che non arriva, quello della grazia da lasciar andare, una volta deciso. Il dirsi di Antonia è così onesto che queste saranno pagine importanti da presentare ai ragazzi, a chi potrà riconoscersi nelle pieghe di un verso, in un’emozione, in una ferita.

Ho incontrato questo libro in un giorno luminoso di perfetto cielo azzurro, uno di quei giorni in cui la luce è talmente chiara che toglie persino tridimensionalità e fa la montagna quasi piatta, contro il cielo, come se fosse semplice nel tratto di matita che la disegna. Ho pensato che la stessa luce sta nella poesia di Antonia Pozzi e in questo libro che la dice: una luce che svela, che mette in luce nel senso di mettere a nudo ogni particolare, quello felice e quello faticoso, che mette di fronte agli occhi le cose come sono, vere, che abbagliano nella loro grazia, che è cosa così rara e potente. Scriveva Umberto Fiori in una sua poesia: “Quando si mettono a nudo / in questo modo, di fronte a gente mai vista,/ e la vita – la loro –/ te la mettono in piazza come quella / di chiunque, così, ridotta all’osso, /sono talmente belle certe persone, / talmente pure / che ti fanno tremare”.

 

Elisa Ruotolo – ill. Pia Valentinis, Una grazia di cui disfarsi, RueBallu 2018, 112 p., euro 19

Ferma così

19 Ott

ferma-cosiCi sono molti modi per affrontare i “temi caldi” della vita e i romanzi rivolti agli adolescenti ci hanno abituati in questi ultimi anni a vere e proprie perle che sanno dire in modo esatto e pieno di garbo e di grazia tutto quello che sovente sembra troppo difficile da pronunciare ad alta voce a casa o in classe. Eccone un altro saggio: già apprezzata ne Il tempo dell’estate, Nina LaCour affronta in questo libro il tema del suicidio visto dalla parte di chi rimane e porta con sé il senso di colpa di non aver saputo vedere o agire, di non esserci stato abbastanza. Racconta in prima persona Caitlin, che il lettore incontra all’inizio dell’anno scolastico, a pochi mesi dal suicidio della migliore amica che pare non aver lasciato traccia di saluto o di motivazione. Invece Caitlin trova sotto il suo letto il diario di Ingrid, lasciato scivolare lì nell’ultima sera in cui hanno studiato insieme: è attraverso le pagine dello spesso quaderno, riportate anche nel libro, che la ragazza rilegge quello che è successo, facendo parallelamente fronte alla realtà: la sua famiglia, l’insegnante della materia preferita che pare non considerarla più, i rapporti coi compagni fino ad allora distanti perché Caitlin e Ingrid erano un duo a sé, l’innamorarsi di Taylor, l’amicizia con Dylan, nuova arrivata a scuola che chissà cosa nasconde oltre il nero di cui si veste.

Concentrata su se stessa e sul proprio dolore, Caitlin racconta in realtà il dolore di tutti quelli che le stanno intorno e che conoscevano Ingrid, i loro diversi modi di reagire e di tentare di uscire dall’ottundimento che li fa opachi; racconta modi di reagire, necessità di tempi e di gesti, misure che sono necessarie a ciascuno e per ciascuno diverse. Racconta attraverso lo sguardo sugli adulti, in particolare su Miss Delani, prima così perfetta e ammirata, ora improvvisamente assente, distante, che quasi non vuole vedere l’allieva. Racconta attraverso metafore a dir poco perfette: la fotografia, innanzitutto, materia in cui le due amiche sempre si sono applicate insieme, in cui Ingrid eccelleva: la capacità di vedere, quello che si può intuire quando si guarda una fotografia, l’occhio di un altro che riesce a svelare quello che tu non riesci o forse non vuoi notare. E poi la costruzione e la demolizione: c’è un vecchio cinema abbandonato che è stato il posto preferito di Ingrid e Caitlin e che diventa per quest’ultima un luogo simbolo in cui entrare, in cui cercare bellezza e riparo, fino al giorno in cui mezza città assiste alla demolizione e di certo per la protagonista non solo reale, ma fortemente simbolica. Lasciar spazio al nuovo che si può costruire, esattamente come la casa sull’albero che Caitlin mette insieme con tenacia, prima liberando la rabbia che porta dentro, e poi dando un senso allo spazio e a se stessa, bozzolo di ragazza che non è solo più l’amica di Ingrid, ma che riesce a essere se stessa proprio condividendo con gli altri i pensieri che l’amica le ha nascosto sotto il letto. Lasciar andare, costruire, dare tempo: proprio come il tempo delle stagioni, nelle quali è divisa la narrazione. Da “estate” a “estate, di nuovo”: possiamo sempre portare a casa la nave, sana e salva.

Un libro prezioso.

Il sito dell’autrice.

Nina LaCour, Ferma così (trad. di Aurelia Martelli), Edt Giralangolo 2016, 313 p., euro 14,50

Sono ancora qui

21 Set

sono ancora quiDiciassette anni, di ritorno a Milano dove ha vissuto da bambina, un radicale taglio ai capelli che hanno anche cambiato colore, il tentativo di essere un’altra rispetto ai mesi precedenti e di dare inizio a una nuova vita per voltare pagina. Alice Bolzan sale i nove piani che portano al minuscolo appartamento del padre con la speranza che sia una giornata che segni una frattura rispetto al passato e che il “cambiamento di aria” auspicato dalla madre le porti nuove possibilità.

Nuova vita significa anche nuova scuola, nuovi compagni, un ragazzo conosciuto per caso: tutta la novità della situazione si scontra però con la fragilità che Alice porta addosso. Segnata da ferite che hanno colpito la sua immagine, perseguitata per mesi da false voci, insulti e minacce via web e via sms, Ali fatica a sentirsi sicura, a fidarsi degli altri. Consapevole fin da subito che la classe è divisa in gruppi e che l’esperienza precedente le suggerisce di lasciar perdere chi la invita a stare da una certa parte, si trova compagna di banco di Fiorella, che pare lasciata  a margine dai compagni, ma anche sembra – come le sue scelte nell’abbigliamento raccontano – desiderosa di essere semplicemente se stessa. Eppure la fragilità è in agguato sempre, come la consapevolezza di quanto possa contare il giudizio altrui, il far parte di un certo gruppo e la fatica che costi – come sottolinea la stessa protagonista – essere adolescenti.

Il romanzo affronta temi non semplici come il suicidio adolescenziale, il cyberbullismo, le sue derive, la difficoltà di denunciare o anche solo di raccontare, il senso di colpa anche in chi colpa non ha. Lo fa con un ritmo incalzante che lascia spazio ai tentativi di resistenza, alle possibilità altre, a figure positive: in particolare trovano posto accanto alla protagonista due figure di donne anziane che – ciascuna a proprio modo – parlano con la propria esistenza, della vita, delle scelte, dell’essere se stessi e del comprendere gli altri. Non è così scontato trovare rapporti intergenerazionali di questo tipo in romanzi italiani per adolescenti. Inoltre descrive l’universo-classe in cui ciascuno è etichettato, catalogato, rinchiuso in una categoria a prescindere e visto e giudicato solo per quel che appare nelle ore di scuola o dall’aspetto fisico; accanto una vasta gamma di insegnanti, a spaccato di quel che davvero ti può capitare di avere di fronte dall’altra parte della cattedra: tipologie di prof e tipologie di comportamenti, di modo di approcciarsi con i proprio allievi (non sempre esaltanti, ovvio, ma talvolta invece sì).

Il sito dell’autrice.

Laura Iuorio, Sono ancora qui, EL 2015, 182 p., euro 11,50

Il mio cuore e altri buchi neri

3 Ago

il mio cuore e altri buchi neri

Va bene, potete dire che è l’ennesimo libro per adolescenti che parla di suicidio, che vede protagonisti un ragazzo e una ragazza che finiscono comunque per innamorarsi o quanto meno passarci vicino, che adotta una narrazione coinvolgente (qui un diario giornaliero scritto dalla protagonista contando i 26 giorni che mancano all’ora X; altrove un’alternarsi delle due voci e dei loro punti di vista). Ditelo, così vi possiamo ribattere che è l’ennesimo romanzo di questo tipo costruito, scritto e tradotto davvero bene .

La storia si apre su un giorno di marzo: mentre la primavera bussa alle porte la sedicenne Aysel cerca un compagno di suicidio sul sito Dipartite Serene; pare quasi impossibile, visto che una delle clausole per lasciar questo mondo in compagnia è che si viva a breve distanza, eppure c’è qualcuno, a pochi chilometri in un angolo sperduto del Kentucky, che ha lo stesso obiettivo. Roman si sente responsabile della morte della sorellina, annegata mentre era affidata a lui un pomeriggio di un anno prima; non esce da mesi, è guardato a vista dai suoi genitori e ha rinunciato a tutto, compresa la carriera di giocatore di basket. Aysel invece non ha un posto suo: vive con la famiglia della madre da quando il padre è in prigione per aver assassinato, in un attimo di follia, un brillante studente dal promettente futuro sportivo. Tutti la guardano, la indicano e lei fugge, temendo di portare in sé il germe della pazzia paterna e cercando di allontanare gli altri dalla proprio tristezza.

Concepire e dettagliare i piani di un suicidio significa doversi incontrare, parlare, in qualche modo scoprire; significa mettere tempo nell’ascolto e nell’osservazione dell’altro e poi finire – chissà – a vedersi con gli occhi di quella persona e a intravedere una luce, una speranza nei propri occhi, una postura più fiera di quella che ci si è cuciti addosso. Tutto il tempo che il lettore passa insieme ai protagonisti è attraversato e accompagnato da elementi di fisica, la materia preferita di Aysel. Come il professore chiede agli alunni di fotografare i concetti studiati in classe nel quotidiano, così la ragazza applica le teorie a quel che sente e vede intorno, in particolare quella delle relatività, ma anche il fatto che l’energia viaggia e viene trasmessa quando la gente presta attenzione. Forse l’amore non è allora che coinvolgimento che spinge a prestare attenzione, trasformando così l’energia potenziale dell’altro in energia cinetica. Il modo in cui Roman disegna Aysel sul suo blocco fa scoccare la scintilla: la ragazza sulla carta ha qualcosa in sé che Aysel non ha mai immaginato di portare in sé, di poter sentire finché non è stato lui a leggerglielo addosso.

Un finale non negativo, ma nemmeno scontato ricorda che il romanzo intreccia molti temi importanti: il rapporto con la famiglia e quello con le proprie origini (i genitori di Aysel vengono dalla Turchia, ma la madre fa di tutto per cancellare il passato), l’ambiente scolastico, l’idea che ci si fa di se stessi, la paura di travolgere chiunque con la tristezza, la necessità di essere visti davvero.

Il sito dell’autrice che sostiene #WeNeedDiverseBooks, associazione che si batte per la pluralità (di argomenti, generi, editori,…) nella letteratura per ragazzi. Il romanzo è tradotto ad oggi in 22 Paesi e i diritti cinematografici sono già stati opzionati dalla Paramount: non male per un esordio, no? La copertina originale ci piace assai perché non strizzava l’occhio a uscite passate (Green e simili) e a film, ma lascia che il testo sia semplicemente se stesso.

Jasmine Warga, Il mio cuore e altri buchi neri (trad. di Lorenzo Borgotallo), Mondadori 2015, 279 p., euro 17, ebook euro 6,99

Raccontami di un giorno perfetto

4 Giu

niven“Ecco, è profondo”, dice una giovane lettrice di questo romanzo e io penso che la profondità che lei evoca non è soltanto quella dei concetti e dei sentimenti espressi dai protagonisti della storia scritta da Jennifer Niven, ma anche la profondità fisica di un sacco in cui ci possono stare tante cose, tante sfumature, tanti rimandi come quelli che si ritrovano tra queste pagine. Comincio col dirvi che da questo luminoso libro è impossibile staccarsi, te lo porti dietro anche quando volti l’ultima pagina ed è probabilmente dai tempi di “Cercando Alaska” di Green che non leggevo un condensato di temi forti, scritto in maniera così vera e lieve da far tremare e far sentire l’onestà di chi scrive, per di più regalando ironia e facilità di lettura alle voci narranti che si alternano capitolo dopo capitolo.

Comincia tutto su un cornicione: quello su cui si ritrovano Theodore Finch, il matto della scuola, e Violet Markey, una delle allieve più popolari. Violet è l’inaspettato: alzare gli occhi e trovarsela davanti cambia immediatamente ogni prospettiva per Finch, abituato ad essere lui quello che scompagina le situazioni e crea l’imprevisto. Un segreto li lega quando tornano coi piedi a terra: Theo ha salvato Violet dal buttarsi di sotto, ma tutti credono l’esatto opposto e il ragazzo finisce per l’ennesima volta dal consulente scolastico, osservato speciale per i suoi pensieri di morte, le sue tante assenze da scuola. Nulla però riesce a dissuaderlo dal serrare Violet in una morsa che la riveli per quella che è veramente, oltre i brutti occhiali che si costringe ad indossare, oltre le circostanze attenuanti di cui si fregia a distanza di un anno dall’incidente in cui la sorella ha perso la vita mentre lei si è salvata.  Finch incastra Violet con un progetto scolastico che prevede la ricerca di tre meraviglie dell’Indiana, lo stato in cui vivono; le peregrinazioni dei due ragazzi toccheranno ben più di tre luoghi strampalati e meravigliosi, in un percorso alla scoperta dell’altro, in cui intuirsi, svelarsi, innamorarsi, cercare di comprendere anche quello che è difficile accettare.

Questo libro mescola temi come il suicidio, la violenza tra le mura di casa, i rapporti familiari e quelli tra amici e compagni di scuola, la malattia mentale e i disturbi come il bipolarismo, la riflessione sull’apparenza e sulla facilità di etichettare, il silenzio che annienta, la fatica di superare un dolore e di vivere da sopravvissuti. Lo fa con una grazia particolare: quella del considerare i lettori per cui è scritto degli interlocutori reali e di consegnare loro uno spaccato di vita in tutte le sue sfaccettature, quelle più leggere e quelle più taglienti. Leggendo ho pensato alla mia classe di liceo, al Theodore Finch che ha illuminato i nostri giorni, al silenzio assurdo degli adulti quando abbiamo trovato il suo banco vuoto, quasi che “se non si dice e non si vede, non esiste”. Ho pensato a cosa avrebbe significato poter leggere e condividere una storia come questa, potersi sentire meno soli grazie alle pagine di un libro e magari poterlo offrire in lettura proprio a quegli adulti che non avevano parole – né giuste né sbagliate – per dire.

Non può mancare questo libro nello scaffale giovani adulti della biblioteca, non può mancare nei percorsi e nei suggerimenti di lettura. Poi arriverà il film, già in lavorazione, e i ragazzi correranno a cercarlo; voi portatevi avanti perché merita. Punto e basta.

Il sito dell’autrice che in marzo ha incontrato i suoi lettori alla Biblioteca dei Ragazzi di Rozzano. On line potete ritrovare i blog ispirati a quelli di cui si parla nel libro: eleanorandviolet, che le due sorelle scrivevano insieme, e Germ, ispirato alle categorie scelte da Violet quando ricomincia a postare coinvolgendo altri compagni di scuola. Ecco l’ideale muro pieno di post-it di Finch. Sulla pagina dedicata sul sito dell’autrice potete trovare altre risorse tra cui le playslist dei protagonisti e guardate com’era aderente alla storia la copertina dell’edizione originale…

Jennifer Niven, Raccontami di un giorno perfetto (trad. di Simona Mambrini), De Agostini 2015, 400 p., euro 14,90, ebook euro 6,99

Perdonami, Leonard Peacock

20 Mar

9788867156306_perdonami_leonard_peacock“Perché potrebbe essere una risposta sacra, illuminante o comunque qualcosa che ti cambia la vita, di quelle da conservare per un domani come un antibiotico emotivo o una zattera di salvataggio nel mare della depressione”

E’  il compleanno di Leonard Peacock ed anche il giorno in cui si nasconde una pistola nello zaino. Perché oggi è il giorno in cui ucciderà il suo ex migliore amico, e poi se stesso, con la P-38 nazista del nonno. Ma prima deve dire addio alle quattro persone che contano di più per lui: il suo vicino di casa Walt, un ottantenne ossessionato da  Humphrey Bogart, il suo compagno di classe, Baback, un giovane persiano virtuoso del violino, Lauren, la giovane iper religiosa per cui ha una cotta, e il signor Silverman,  Herr Silverman, che insegna Storia dell’ Olocausto nella sua scuola. Parlando con loro, Leonard rivela lentamente i suoi segreti, man mano che passano le ore conosciamo i motivi che lo stanno spingendo ad una scelta così radicale.

Un romanzo avvincente che ci catapulta per un giorno nella mente e nella vita di un ragazzo che si crede senza via d’uscita, senza speranza e soprattutto molto molto solo. La scrittura di Quick, nomen omen, è rapida, scorrevole, senza essere banale e men che meno superficiale. Il tema, ostico, è affrontato con cognizione di causa, senza inutili sentimentalismi o facili luoghi comuni. La vita sa essere dura, nostro malgrado, ma gli incontri che facciamo possono aiutare a renderla meno difficile.

Matthew Quick, Perdonami, Leonard Peacock (trad. Scotto di Santillo M. C.), Salani, 2014, pp. 269, € 14,90

Noi siamo infinito (Ragazzo da parete)

2 Mag

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“Ce n’è una di Sam che è semplicemente splendida. Descrivertela sarebbe impossibile, ma ci proverò lo stesso.
Se ascolti la canzone «Asleep», e cerchi di immaginare una di quelle giornate di sole in cui ogni cosa resta impressa nella tua mente, e pensi gli occhi più belli che tu abbia mai visto, e ti metti a piangere, e l’altra persona ti stringe a sé… ecco, allora forse riuscirai a vedere quella foto.”

Questo non è un libro nuovo. E’ un libro del 1999 che venne pubblicato in Italia per la prima volta da Frassinelli nel 2006 con il titolo “Ragazzo da parete”  e poi nel 2012 da Sperling & Kupfer  con il titolo “Noi siamo infinito” in concomitanza del film omonimo.

Charlie è un adolescente alle prese con il primo grande cambiamento della sua vita: l’inizio delle superiori. Solo, smarrito e molto impaurito si trova ad affrontare questo nuovo mondo senza più il suo migliore amicoche si è tolto la vita da pochi mesi.
Un viaggio attraverso un anno scolastico importante, fatto di nuovi incontri, amici veri, il primo amore, il primo bacio e la scoperta di un segreto nascosto nelle trame più profonde del proprio io. Un romanzo epistolare a senso unico (Charlie scrive ad un amico di cui non ci è dato saper nulla e di cui non leggiamo le risposte) che evoca Holden e tutti i grandi romanzi di formazione, con alcuni personaggi indimenticabili, tra cui il professore di letteratura di Charlie che lo sprona/aiuta facendolo leggere e scrivere dei classici della letteratura moderna nord americana. Il tutto accompagnato da una splendida colonna sonora e dalla bellissima Asleep dei The Smiths che rende benissimo l’atmosfera delicata e malinconica del romanzo.

Il titolo originale “The perks of beeing a wallflower” (I vantaggi di essere carta da parati) prende spunto da una frase del libro in cui Charlie viene paragonato alla carta da parati, perchè alle feste se ne sta sempre ai margini ad osservare, senza mai intervenire.

Il film che ne è stato tratto, è molto fedele… il regista e lo scrittore sono infatti la stessa persona 😉

Stephen Chbosky, Noi siamo infinito (Ragazzo da parete),(trad. C.Brovelli), Sperling & Kupfer 2012, pp.271, € 16,90.

Storia catastrofica di te e di me

22 Mar

00226ef8«E lui ti dice che sei bella e tutt’a un tratto lo sei.
Ma ho una notizia da darvi: è un gran casino, in realtà, un gigantesco incubo che vi esploderà in mano. Non avete idea del pasticcio in cui vi siete ficcate. L’amore non è un gioco.
Le persone ci si tagliano le orecchie.
Ci si buttano dalla Torre Eiffel, oppure vendono tutto quello che hanno per trasferirsi tipo in Alaska e vivere con gli orsi grizzly, e poi finiscono sbranate e nessuno le sente urlare aiuto. Ecco com’è: innamorarsi è più o meno come essere divorati da un grizzly.
E credetemi, io lo so».

Brie ha quasi sedici anni quando muore di crepacuore perché il suo fidanzato le ha detto di non amarla. Così di botto. Il suo cuore non regge e lei stramazza al suolo. Si risveglia spirito che vaga tra i mortali, assiste al suo funerale e poi si ritrova in un bar abitato solo da anime come lei e da Patrick, giovane morto negli anni ’80, che ha il compito di farle da guida in questa nuova realtà.

La voce narrante di Brie ci conduce ai confini tra il regno dei morti e dei vivi, in una sorta di Purgatorio dove le anime attendono, non si sa cosa o chi, e cercano di fare i conti con la loro vita passata. Ogni capitolo inizia con una frase tratta da una canzone e alla fine c’è la playlist intera con tutti i pezzi da ascoltare come colonna sonora.

Il romanzo, a dispetto dell’argomento, è ironico e divertente, come una buona commedia romantica fa riflettere e sorridere.

La playlist con le canzoni del libro

Jess Rothenberg, Storia catastrofica di te e di me (trad. Di Mella S.), Einaudi 2012, p. 342, 18 €

Quel che resta di te

25 Giu

More about Quel che resta di tePenso di aver ricevuto molte delusioni dagli adulti: da genitori che non ascoltano, da insegnanti che se ne infischiano e da estranei che suppongono. Ma quello di oggi pomeriggio era stato un autentico tradimento. Era terribile pensare che Ross sarebbe rimasto deluso dal suo stesso funerale.

Il pomeriggio a cui si riferisce Blake, voce narrante di questa storia, è quello del funerale del suo migliore amico Ross, un funerale deludente e ipocrita, dove sono state dette parole che sarebbero andate bene per chiunque e nulla ha reso davvero l’idea di quel che Ross era. La delusione cocente scatena in Blake, Sim e Kenny, legati da anni da una forte amicizia, una sete di vendetta che si traduce in enormi scritte sulle case e sulle auto delle tre persone a loro modo di vedere più ipocrite di tutti: il professore che ha umiliato Ross davanti a tutti, il bullo che l’ha pestato a sangue e la ragazza che l’aveva appena lasciato. Improvvisa però l’idea di poter fare ancora meglio: rubare le ceneri dell’amico e portarle a Ross, minuscolo paesino della Scozia, dove lui vagheggiava sempre di andare.

Comincia così una fuga, piena di rabbia e di risentimento per gli adulti, desiderosa di ricordare Ross e la sua voglia di raccontare storie, densa di nostalgia perché è anche la presa d’atto che lui davvero non c’è più. Una fuga da un treno all’altro, con incidenti di percorso, buffi incontri, lanci col bungee jumpy, allusioni, bugie e scoperte non sempre piacevoli. Perché non tutto è quel che è se non puoi essere davvero te stesso, perché nessuno di loro è stato davvero sincero con gli altri, perché voler portare a Ross quel che resta di Ross è forse solo il desiderio di rattoppare gli errori di prima.

Un libro che mette a nudo con ironia ritratti veri di adolescenti arrabbiati e che ha dato origine a un adattamento teatrale in un laboratorio con adolescenti. Di Keith Gray potete leggere in italiano anche un racconto, quello che apre La prima volta, di cui abbiamo parlato qui.

Keith Gray, Quel che resta di te (trad. di Simona Brogli), Piemme Freeway 2012, 291 p., euro 15