Tag Archives: Paolo Antonio Livorati

Bunker Diary

11 Mag

4430-Sovra.inddChi conosce e apprezza la scrittura di Kevin Brooks (in italiano sono stati tradotti Una canzone per Candy, Sonda 2010 e L’estete del coniglio nero, Piemme 2014) sa che le sue pagine possono essere insieme limpide e terribili, a tratti quasi feroci perché non nascondono nulla e dicono sovente la durezza della violenza, del perdersi, di come possa essere crudele, assurda, quasi incredibile la vita.

In questo libro, mette in scena una situazione ai limiti dell’immaginabile, costruendo la vicenda intorno al disegno di un pazzo che rapisce sei persone di età e condizione sociale differente e le chiude in un bunker, divertendosi a premiarle o a punirle a seconda dell’andamento delle giornate: arrivano borse piene di cibo oppure viene razionata persino l’acqua, il riscaldamento è troppo alto o troppo basso, i colpi di scena sono inaspettati. La voce narrante appartiene a Linus, sedicenne figlio di un fumettista di fama, che ricorda al lettore il Joe di “Una canzone per Candy”: anche lui infatti scrive per raccontare come ci si sente in quel posto dove nessuno dei suoi lettori è mai stato. Attraverso la sua scrittura, che scorre sulle pagine di un taccuino, conosciamo gli altri cinque protagonisti che arrivano dopo di lui, ad intervalli regolari (una bambina di nove anni, una donna in carriera, un pendolare, un tossico, un fisico ben noto) e seguiamo le loro interazioni, le reazioni, i tentativi di organizzarsi secondo orari regolari, le diverse proposte per tentare la fuga. Su tutto incombe la domanda senza risposta: perché? Qual è davvero il disegno dell’uomo che li ha sedati e rapiti, quale esperimento sta portando avanti o semplicemente sta spingendo al massimo il suo sadismo e la sua pazzia? L’altra domanda silente, il chiedersi se qualcuno mai li troverà aleggia lungo le pagine ed è ancora più terribile per Linus; pochi mesi prima di essere rapito è scappato dal collegio e ha cominciato a vivere per strada, mandando a suo padre un biglietto in cui lo rassicurava dicendo che si sarebbe fatto vivo lui quando sarebbe stato pronto. La ricerca della libertà e la rabbia della ribellione fanno sì che sappia in qualche modo che per lui, a differenza degli altri, non c’è nessuno là fuori a cercarlo.

Il lettore è chiamato in causa direttamente in un ulteriore piano di lettura e coinvolgimento del romanzo: Linus infatti lo interroga direttamente, come sapesse – o sperasse – che qualcuno possa leggere quanto scrive, chiedendosi dove sia la verità, chi esista davvero e chi no. Un libro che si chiude a spirale sul lettore, facendogli dimenticare l’intorno, come se non esistesse nell’altro che il buio e l’aria rarefatta del bunker, spingendolo a non lasciare la storia fino all’ultima inesorabile pagina.

Questo romanzo ha vinto la Canergie Medal nel 2014. Leggi il primo capitolo sul sito dell’editore. A proposito dell’autore.

Kevin Brooks, Bunker Diary (trad. di Paolo Antonio Livorati), Piemme Freeway 2015, 288 p., euro 15 (l’ebook annunciato non è ancora al momento disponibile)

Il segreto delle stelle bianche

4 Lug

imageNon so come sarò fra un’ora, un giorno o una settimana, dopo che glielo avrò detto.  Ma non mi importa più. Non si fa la cosa giusta perché è facile, ma proprio perché é giusta.

La protagonista di questa storia potrebbe essere una di quelle bambine che sorridono in fotografia sui cartoni del latte, nei lanci di notizie dei telegiornali, su volantini affissi ovunque dalla disperazione di un genitore. Carey ha quattordici anni e vive in una roulotte in un bosco da quando ne ha cinque, occupandosi di Jenessa, la sorellina che ha nove anni in meno di lei, cucinando fagioli, cacciando animali e tenendo in piedi un mondo fatto di durezza e dolcezza, miseria e speranza, dove si maneggia un fucile e ci si nutre di poesia e saggezza di Winnie Puh. La loro madre, bipolare e drogata, racconta da anni a Carey di averla portata via dalla violenza del padre, ma lei stessa abbandona per lunghi periodi le figlie fino al giorno in cui non torna. Arrivano invece – avvertiti dalla stessa madre – un’assistente sociale e il padre di Carey che riportano le due sorelle al mondo, a una casa calda e confortevole e al confronto con la verità.

Questa storia, che conquista e tiene il lettore per mano fino all’ultima pagina, viene raccontata dalla voce di Carey, in cui pesano il segreto della notte in cui la sorellina ha perso la voce, ma anche la responsabilità della cura per Ness e il suo sentirsi inadeguata rispetto a un mondo di cui non ha riferimenti, mancandole persino certe possibilità di capire cosa dicano i nuovi compagni di scuola (Carey non conosce i personaggi della tv, non è mai andata ad una festa, non sa il significato gergale di certe parole). Anche se la voce è quella di Carey, Murdoch costruisce in realtà una storia che cuce tanti punti di vista diversi: la dedizione e la fiducia della sorellina; la difficoltà della figliastra del padre che si trova in casa due sconosciute; l’entusiasmo della ragazza più bassa della scuola che trova un’amica e un’alleata un po’ aliena quanto lei. È la storia del bambino che giocava con Carey e che spera di essere riconosciuto; è la storia di un padre che cerca una figlia per anni e ne trova due e insieme deve spiegare quale è davvero la realtà; è la storia di una donna che accoglie in casa due bambine che vengono da un mondo altro ma che fanno parte del suo perché sono la parte più importante dell’uomo che ha scelto di amare; è la storia di un cane che non ha dubbi nel scegliere la sua nuova piccola amica a cui ridare la voce.

Ed infine è anche una storia sulle cose giuste e sulla meraviglia. Carey cova dentro di sé un segreto; solo riuscire a dirlo ad alta voce può cambiare le cose e permettere “alla ragazza che sarò di raggiungere la ragazza che sono”. Non è semplice, ma è semplicemente giusto, cioè l’unica cosa che si possa fare. Insieme c’è la musica del violino che sua madre le ha insegnato a suonare e che Ryan vorrebbe ascoltare e riascoltare. Carey sa di essere brava, ha fatto tanta pratica, ma la meraviglia degli altri davanti alla sua capacità continua a sorprenderla, come se in qualche modo lo stupore di chi la ascolta nutrisse – in un cerchio di luce – lo stupore di vedere come qualcosa di tuo, che ritieni normale, sia invece tanto prezioso.

Il sito dell’autrice e il suo blog.

Emily Murdoch, Il segreto delle stelle bianche (trad. di Paolo Antonio Livorati), Feltrinelli 2014, 283 p. , euro 14

Nelle terre selvagge

12 Mar

1756-Sovra.indd

Ci sono ripiani nelle biblioteche ragazzi che reggono tesori preziosi, quelli dei buoni buonissimi libri fuori catalogo che qui continuano a poter incontrare lettori e fare la loro felicità. I libri di Gary Paulsen sono tra questi: preziosi per il loro contenuto; spendibili anche coi lettori meno forti perché raccolte di racconti o romanzi brevi (vedi specialmente quelli editi nella collana Shorts di Mondadori); di sicuro impatto coi ragazzi, in particolare penso al divertente “Il padrone della scuola” e ai racconti contenuti in “I cani della mia vita”.

Ora un titolo di Paulsen torna a catalogo e fa ben sperare anche per gli altri, perché si possano di nuovo proporre in lettura con la certezza che i ragazzi li trovino in biblioteca e in libreria. Torna la storia di Brian Robeson, tredici anni, la vita in subbuglio per la separazione dei suoi genitori e cinquantaquattro giorni nelle foreste del Nord degli Stati Uniti. Mentre è in volo per raggiungere il padre, ingegnere in un giacimento in Canada, il pilota del Cessna su cui è a bordo, unico passeggero, muore per un infarto e Brian atterra fortunosamente in un lago. Rimasto solo in un luogo dove la presenza umana non è contemplata, il ragazzo deve trovare il modo di sopravvivere: trovare un riparo, tentare di accendere un fuoco, cibarsi con quel che c’è intorno, convivere con le zanzare, gli orsi, le renne e i lupi rossi. Imparare a vedere la natura intorno e i suoi particolari, a sentire i pericoli in arrivo e i cambiamenti minimi della temperatura, della luce; inventare; sbagliare; ritentare. E convivere col pensiero dei suoi genitori, con la rabbia, con l’idea di essere isolato e chissà dove e se lo stanno cercando.

La prima edizione italiana del libro, col titolo “Al limite estremo”, era stata pubblicata nel 1995 nella collana Junior Avventura di Mondadori, con un’appendice di appunti di viaggio illustrata da Michele Tranquillini e con la traduzione di Micaela Porzio, più asciutta e pregnante (sarà probabilmente il ricordo della prima lettura 😉 ) 

Gary Paulsen, Nelle terre selvagge (trad. di Paolo Antonio Livorati), Piemme 2014, 213 p., euro 14

L’estate del coniglio nero

25 Feb

estate coniglio neroVolevo leggere questo libro da quando ho visto la copertina (questa volta ben più appetibile dell’originale) che occhieggiava da una anticipazione editoriale. Lo volevo leggere perché l’ha scritto l’autore di Una canzone per Candy, romanzo altrettanto essenziale e duro sull’adolescenza tradotto da Sonda nel 2010. Anche questa storia ha le caratteristiche della precedente e denota una capacità di mettere su carta i personaggi e le loro diverse strade semplicemente narrando, facendole emergere senza bisogno di forzare su descrizioni e analisi. In più questa storia diventa di fatto un giallo, dove i misteri che si nascondono non sono solamente quelli che hanno portato alla morte di una ragazzina di successo, ma quelli nascosti nella doppia vita di molti dei ragazzi che compaiono sulla scena.

La voce narrante di Pete svela l’attimo esatto in cui l’azione e l’estate si mettono in moto: una telefonata che risveglia i tempi andati, quelli in cui lui, Raymond, Pauly, Nicole e il suo gemello Eric condividevano le giornate, le bravate, i rifugi. Proprio al covo Nicole propone di ritrovarsi una sera, prima che lei e il fratello si trasferiscano a Parigi coi genitori. Una sorta di saluto, di ricordo dell’amicizia, ma Pete sa che ormai sono persone diverse che fanno cose diverse e hanno amici diversi. L’unico che lui continua a sentire vicino e amico è Raymond, da sempre suo vicino di casa, da sempre proprietario di un mondo proprio dove parla con un coniglio nero, considerato da tutti strano, preso in giro, deriso. L’alcol, le suggestioni del passato, le luci accecanti del luna park, la confusione che Pete sente addosso lo conducono attraverso una notte quasi folle, tra le parole che un’indovina rivolge a Raymond e la scomparsa del ragazzo stesso. Ma è scomparsa anche Stella, un tempo loro compagna di scuola e ora piccola diva della tv, e su di lei si concentrano le ricerche e le domande. Solo Pete si batte per tenere Raymond sotto l’attenzione di tutti, e come vittima, non come colpevole.

Pete guarda, somma, traccia linee di collegamento. Come gli spiega l’indovina c’è una sorta di catena di sguardi che, in quella notte misteriosa, ha legato tutti i protagonisti: chi nasconde qualcosa, chi viene messo in mezzo per coprire, chi passa di lì e solo dopo capisce.

Efficace ritratto della fatica di crescere, della difficoltà di parlare con gli adulti e di farsi ascoltare, di dare una misura al mondo e di rimanere se stessi.

L’illustrazione di copertina è di Matteo Piana.

Kevin Brooks, L’estate del coniglio nero (trad. di Paolo Antonio Livorati), Piemme Freeway, 427 p., euro 15, e-book euro 9,99

Morte di un supereroe

15 Giu

download

Quando niente è dovuto al caso, quando gli altri falliscono, quando smetti di combattere, ricorda…nulla è reale. Quando sai di poter vincere, quando tu riuscirai a sopravvivere, ricorda…tutto è lecito. ricorda…nulla è reale, tutto è lecito.

Per caso questo libro mi è capitato per le mani. Per caso è stato acquistato solo ora dalla biblioteca e per caso giaceva sul tavolo delle novità. Avevo visto il titolo tra i testi selezionati per Xanadu 2010, ma come spesso accade con le migliaia di libri che escono in un anno, molti sfuggono. A volte i migliori.

Donald è un ragazzo con due fissazioni: i fumetti e il sesso. Disegna e crea un fumetto il cui eroe, MIRACLEMAN  (un uomo che non può essere ucciso da nulla) , è il suo alter ego e vive mille avventure al limite della censura. Già perché Donald è affetto da una forma di cancro che gli sta portando via la vita e si è quasi rassegnato al fatto che la sua vita sia uno schifo, come un pessimo film con un splendida recensione, per cui vorresti indietro i soldi del biglietto.

I genitori cercano di aiutarlo in tutti modi a riprendere la voglia di lottare, perché sanno che è determinante per la sua ripresa fisica. Così coinvolgono Adrian, uno psicologo amante dell’arte e della cultura, che inizia a incontrare Donald per spronarlo a tentare di lottare contro il male che lo sta uccidendo.

Un romanzo incredibilmente divertente, emozionante, di quelli che ti fanno ridere tra le lacrime, con personaggi così forti e vivi da rimanerti attaccati addosso per molto tempo. Il tutto scritto a metà tra una sceneggiatura e un romanzo classico, con uno stile energico, ironico e mai banale.

Ne hanno anche fatto un film, basato sulla sceneggiatura dello scrittore, che purtroppo da noi non è arrivato.

Anthony McCarten, Morte di un supereroe (trad. P. A. Livorati), Salani, 2009, pp. 244,  € 15

La stella nel pugno

3 Feb

Un libro che intreccia vicenda romanzata e personaggi realmente esistiti, facendo luce su quanto il nazismo utilizzò anche lo sport e l’eroismo sportivo per formare l’idea del valore di una razza superiore. Non solo l’alpinismo, ma anche la boxe che in questo romanzo ha il volto di Max Schmeling, campione dei pesi massimi tra il 1930 e il 1932, autore di una clamorosa vittoria a New York nel 1936 sul pugile Joe Lous, utilizzata dal regime per sottolineare la superiorità di un esponente della razza bianca germanica su un avversario di colore (per poi sospendere le trasmissioni radio quando, due anni dopo, Louis si prese la rivincita). Karl Stern ha quattordici anni e vive a Berlino. Comincia a sentirsi ebreo il giorno in cui tre suoi compagni di scuola lo insultano e lo picchiano a sangue: fino a quel momento lui stesso ha pensato agli ebrei come qualcosa di diverso da lui, lui alto, biondo, figlio di una famiglia non praticante, che ha visto passare gli artisti più importanti nella galleriad’arte del padre. Ma i pugni dei compagni, nell’estate del 1934, gli guadagnano la possibilità di allenarsi proprio con Schmeling, amico di vecchia data del padre, che lo prende sotto la propria ala per farne un campione. Il mondo del pugilato, gli allenamenti, il desiderio di diventare un campione e insieme la sua passione per i fumetti (che legge e realizza lui stesso) attutiscono in qualche modo la percezione che ha del mondo esterno Karl, a cui le notizie su quel che succede intorno arrivano ma senza che lui le degni dell’attenzione che meriterebbero. Servono le lacrime della sorella minore, che a differenza di lui ha i tratti fisici tipici degli ebrei e per questo viene additata a scuola come una mela marcia, servono le lacrime della madre, la condizione sempre più indigente in cui la famiglia precipita, serve il rendersi conto che le Leggi di Norimberga gli impediscono persino di tenere per mano l’amata Greta, serve la deportazione dello zio a Dachau e la cacciata dal proprio appartamento per far capire a Karl la gravità della situazione. La narrazione culmina con il terrore della Notte dei Cristalli e la fuga dei due fratelli, salvati da mani amiche e imbarcati verso l’America. Non sappiamo nulla di ciò che succederà loro o ai loro genitori rimasti in patria o se serviranno i disegni di Picasso, di Matisse, di Dix che il padre ha nascosto sotto le copertine di vecchi libri. Il romanzo ci racconta però la lenta presa di coscienza tra gli anni ’34 e ’38, il crescere della violenza nazista, l’inasprirsi dell’odio verso gli ebrei. Con un’interessante panoramica sui fumetti che un adolescente poteva leggere all’epoca.

Robert Sharenow, La stella nel pugno (trad. di Paolo Antonio Livorati), Piemme Freeway 2012, 398 p., euro 15,50

Lo specchio delle libellule

10 Giu

More about Lo specchio delle libelluleA volte, in qualsiasi momento e a qualsiasi età, si poteva incontrare qualcuno con cui camminare verso il futuro.

Londra, 1939. Tally ha undici anni e un gran carattere combattivo: in famiglia si dice le derivi dal fatto di portare lo stesso nome di sua nonna, una signora tanto in gamba da convincere i barboni della metropolitana a togliersi i calzini per lavarglieli e stirarli. Ha grande energia, grande inventiva e dice sempre la sua, tanto che qualche volta, per costringersi a stare zitta, si mette in bocca una caramella alla menta col buco e infila la lingua nel buco per tenerla ferma. Improvvisamente però la sua vita cambia: deve lasciare la sua famiglia e il suo quartiere perché Londra è entrata in guerra e suo padre ha accettato la borsa di studio offerta a Tally in un college in campagna, lontano dai pericoli dei bombardamenti. Delderton è una scuola con allievi da tutto il mondo, una scuola progressista, dove si crede nella libertà e nello sviluppo autonomo, senza costrinzioni per gli allievi. Dove ci sono lezioni normali, seduti tra i banchi di scuola, e altre che si trasformano in vere e proprie avventure, come quelle di biologia dove si cammina per la campagna al mattino presto o quelle di teatro dove si cerca di diventare prima appuntiti come una forchetta, poi tondi come una teiera. Tutto cambia quando una rappresentanza della scuola viene invitata in Bergania a un festival di danze popolari. Tally si batte fortemente per andare: ha visto in un cinegiornale delle immagini di quel Paese, il cui re si è opposto a Hitler, e sente che la loro presenza là è fondamentale. Infatti i ragazzi si trovano coinvolti in un’avventura da mille risvolti, tra l’uccisione del re, la fuga del principe e numerosi segreti che affiorano dal passato di molti. Del resto, come dice il preside di Delderton, Tally è una di quelle persone “che vogliono fare del mondo un posto migliore”.

Una storia di amicizia sul valore della libertà, da leggere in un fiato. C’è la partenza per la scuola dalla stazione di Paddington che ci ricorda altre stazioni letterarie, ci sono le descrizioni dei paesaggi della Bergania che ne fanno un paese quasi magico, c’è un cedro di trecento anni al centro del parco del college, un albero regale al cui tronco appoggiare la mano come un vecchio amico.

Il dovere esiste. Significa condividere i propri doni e i propri talenti con le persone che ne hanno bisogno. Significa non avere paura, non essere egoisti, non essere avari, ma aperti.

Eva Ibbotson, Lo specchio delle libellule (trad. di Paolo Antonio Livorati), Salani 2010, 397 p., euro 16,80.