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Clara e l’uomo alla finestra

13 Dic

Che bello ritrovare la voce di María Teresa Andruetto in un’opera narrativa, questa volta un albo illustrto che non necessita certo di molte parole per trasmettere il messaggio che sta dietro alla storia della mamma dell’autrice ai tempi della sua infanzia. Bastano i gesti dei protagonisti e le immagini che Martina Trach, alla sua opera prima, mette in pagina. Illustra la pamapa argentina degli anni Cinquanta, un piccolo paese senza scuola né biblioteca e case un po’ distanziate tra di loro. La protagonista è la nipote della lavandaia che viene inviata a portare la cesta del bucato lavato e stirato all’uomo della casa grande, come lo definisce la nonna, facendole mille raccomandazioni: non sporcare, fa’ attenzione, i soldi sono sotto lo zerbino. L’uomo non esce di casa da anni; è una casa piena di libri, che diventano il tramite tra i due, la via di addomesticamento, la strada verso la luce del mondo. Clara sa leggere, glielo ha insegnato la nonna e allora sotto lo zerbino troverà anche un libro la volta sucessiva. E via così: ogni cesta di bucato, un libro prestato che possiamo immaginare l’uomo scegliere con cura, magari facendo provare alla bambina tipi di storie diversi, generi differenti. Sappiamo solo che le è piaciuto tra tutti di più quello delle principesse e che un giorno entra in casa a scegliere da sola: le sue domande gentili, prive di curiosità e di insistenza, permettono all’uomo di raccontare la sua storia, di dimenticare le paure, di scordarsi che c’è una soglia oltre cui non vuole più andare. Potere dei libri e capacità di coraggio, cioè quel che ti permette di vivere davvero, come vuoi.

María Teresa Andruetto – Martina Trach, Clara e l’uomo alla finestra (trad. di Lorenza Pozzi), Uovonero 2019, 48 p., euro 16

Il paese di Juan

8 Apr

9788804637097 Non servono troppe parole o troppi tratti per fare una buona storia, di quelle che lasciano a fine lettura il silenzio buono del “nulla da aggiungere”; di quelle che ti porti dentro, cucite addosso; di quelle che hai voglia di far leggere e far leggere ancora. In questo caso, la giusta misura è concisa, quasi che l’economia di parole e segni riuscisse a disegnare l’esatta quantità che porta prossimi alla perfezione.

Non c’è nulla di troppo nel racconto come non c’è nulla di troppo nella vita dei protagonisti, Juan e Anarina. Anzi, il racconto parallelo del loro diventare grandi è una sottrazione che procede per generazioni: i nonni di Juan allevavano mucche, facevano burro e formaggio, ma la siccità, i governi e i ladri di bestiame segnarono il loro impoverimento, diventarono dipendenti di altri e braccianti e i genitori di Juan, senza un lavoro, vendettero tutto e andarono in città con il loro bambino. Nella stessa grande città arrivò Anarina insieme alla madre: i suoi nonni filavano in proprio, poi finirono operai in una tessitura, il padre morì e loro due partirono. I bambini si ritrovarono a Villa Cartón, insieme ad altri come loro, a raccogliere cartoni, impilarli sui carretti, e ad allenare gli occhi a scoprire piccoli tesori da tenere per sé, fino a trovare ciascuno una scatola in cui custodire i tesori che parlano della propria famiglia, della propria storia. E gli occhi allenati scoprirono l’altro, la morbidezza dei suoi capelli, il colore dei suoi occhi, la fermezza delle mani, il colore preferito. Crescendo impararono a lottare, a rivendicare diritti, a difendersi, a cantare come i loro nonni, a cullare il buio della prigione lui, a cullare il silenzio dell’attesa lei. Per tornare insieme a Nord, più poveri dei loro genitori quando diventarono poveri, recuperando i mestieri dei loro nonni, ricchi del loro essere insieme, della loro storia, del vento, dell’aria, del cielo.

Una storia circolare d’incanto, che non ha nulla di lieto fine all’apparenza, visto che parla di povertà, di lotta, di ritorno a condizioni di vita difficili e dure. Ma è una storia che con poesia (delle parole e delle immagini che leggere seguono lo scorrere del testo) dice della giusta misura dell’essenziale che tiene in piedi anche quando non c’è nulla, anche quando si torna indietro e non è una sconfitta; è semplicemente il fine lieve del sapere quel che basta e che salva anche se pare non esserci nulla.

Sarà contento chi è alla ricerca di buone storie da offrire ai lettori più piccoli: ecco un’ottima lettura da proporre a partire dalla classe terza della scuola primaria.

Il sito dell’autrice. Il blog dell’illustratore.

María Teresa Andruetto – ill. di Gabriel Hernández Walta, Il paese di Juan (trad. di Ilide Carmignani), Mondadori 2014, 60 p. euro 8

Per una letteratura senza aggettivi

19 Mar

andruetto

Se penso a quando ho letto i testi narrativi di María Teresa Andruetto scopro che per me sanno di primavera perché è sempre questa la stagione in cui li ho assaporati, in giornate di sole nuovo, in notti tiepide e stellate. Mi piace particolarmente quindi la copertina che Peppo Bianchessi ha disegnato per questa raccolta di saggi, una collina di alberi giovani ancora così ordinati che puoi immaginare le linee lungo le quali sono stati piantati, ben prima che lo sguardo curioso di un bambino si affacciasse a guardarli.

Sono semi anche questi saggi critici che fanno riflettere sulla letteratura, sulla lettura, sull’azione di chi scrive e in particolare su quel che si scrive destinandolo a bambini e ragazzi: l’autrice infatti costruisce buona parte del pensiero qui raccolto intorno all’idea che questa letteratura è letteratura e basta, senza necessità di aggettivi o specificazioni, pari alle altre, e conduce il lettore attraverso tematiche decisamente attuali, come l’interrogarsi sulla dubbia qualità di una certa produzione per ragazzi, ma anche sulla mancanza di spazi e critica che l’hanno resa possibile, sui libri scritti a tema e quelli a comando, su quelli “vuoti” e su quelli brutti che vogliono insegnare a tutti i costi qualcosa. Portando la sua esperienza di autrice, ma anche di chi ha scelto testi per organizzare una collana di qualità per ragazzi e raccontando dell’editoria della sua Argentina, Andruetto allarga lo sguardo alla figura dello scrittore, alla necessità di esercitare lo sguardo, di non essere legato a un genere o a una tipologia, alla predisposizione all’incertezza che deve avere, allo scrivere per scrivere e basta, alla ricompensa che non si può comprare e che arriva solo dal lettore.

Una riflessione che si allarga a tutti coloro che si occupano di lettori, di ragazzi e di lettura per cui scrive: “Un bambino, un ragazzo, ha il diritto di diventare un lettore, ma questo diritto, se veramente vorremo sostenerlo, ha bisogno di molteplici occasioni e di tanti luoghi di incontro, come ha detto anni fa Graciela Montes (quantità, persistenza e continuità, d’altra parte, possibili solo con mediatori qualificati e progetti a lungo termine, mai con azioni occasionali che producono solamente effetti mediatici ingannevoli), e include l’accessibilità a una gran quantità di buoni libri e alla qualità e diversità di voci che i buoni libri di una cultura possono offrire” (p. 65).

Non è sempre semplice concentrarsi su una raccolta di saggi che spezzano in più parti argomenti così intensi e fondamentali per chi di questo si occupa; molti di quelli raccolti in questo libro sono però stati scritti per essere presentati in occasioni pubbliche di incontri, convegni, seminari: portano in sé la passione contagiosa e la forza del pensiero di chi li ha pensati e pronunciati; sembra di ascoltarla, María Teresa Andruetto, di essere seduti davanti a lei, o meglio con lei, in una dimensione più intima che porta a condividere e a fare proprio quel che ci dice. Prendete questa raccolta come una busta di semi e lasciate che trovino terra fertile in questo inizio di primavera.

Il saggio sarà presentato in Fiera a Bologna, martedì 25 marzo prossimo (Sala Melodia, Centro Servizi, Blocco B, ore 10,30).

Il sito dell’autrice, vincitrice dell’Hans Christian Andersen Awards 2012. Della sua produzione per ragazzi, Mondadori ha pubblicato La bambina, il cuore, la casa e un nuovo lungo racconto è atteso nelle prossime settimane.

María Teresa Andruetto, Per una letteratura senza aggettivi (trad. di Paola Donatiello, a cura di Gabriela Zucchini, contributi di Anselmo Roveda e Grazia Gotti), Equilibri 2014, 128 p., euro 16

La bambina, il cuore e la casa

5 Apr

9788804626428_copertinaMaria Teresa Andruetto ha vinto il premio Hans Christian Andersen nel 2012. Nel discorso di accettazione del premio (pubblicato sempre da Mondadori in un opuscolo a cura di Ibby Italia insieme a un’intervista e ad altri contributi) ha ricordato la sua storia e di come la provenienza da una famiglia di emigranti e l’essere figlia di genitori che amavano raccontare abbia contribuito non poco alla costruzione del suo essere lettrice e nel contempo, con la presa di coscienza che non tutti avevano lo stesso facile accesso ai libri, alla sua decisione di lavorare alla costruzione dei lettori, con l’attribuzione di senso all’esperienza.

Ha ricordato anche come l’esperienza dell’emigrazione paterna e la lacerazione della partenza sia passata dal cuore di suo padre al suo, impregnando il suo modo di raccontare di una certa maliconia che è diventata col tempo tratto distintivo della sua scrittura. Di questa malinconia è impregnato il primo romanzo tradotto in Italia, che vede protagonisti due fratelli che condividono solamente il tempo famigliare della domenica. Tina ha cinque anni e vive in città col padre e con la nonna, nella casa accanto all’amica Carlotta. Pedro invece vive in paese, in una grande casa col prato, insieme alla mamma. Pedro e i suoi occhi “cinesi” che lo fanno diverso e che segnano la frattura al’interno della famiglia, il vivere quasi al riparo della madre che protegge il cucciolo finché la sorella non decide di rompere il patto tacito per cui la sera della domenica le tocca ritornare indietro verso la città, finché non decide di dare una risposta sua a quella domanda che i grandi lasciano cadere e rimane in quella casa che sceglie anche per il resto della settimana.

Il sito dell’autrice.

Maria Teresa Andruetto – copertina di Fabian Negrin, La bambina, il cuore e la casa (trad. di Ilide Carmignani), Mondadori 2013, 110 p., euro 15