
Se penso a quando ho letto i testi narrativi di María Teresa Andruetto scopro che per me sanno di primavera perché è sempre questa la stagione in cui li ho assaporati, in giornate di sole nuovo, in notti tiepide e stellate. Mi piace particolarmente quindi la copertina che Peppo Bianchessi ha disegnato per questa raccolta di saggi, una collina di alberi giovani ancora così ordinati che puoi immaginare le linee lungo le quali sono stati piantati, ben prima che lo sguardo curioso di un bambino si affacciasse a guardarli.
Sono semi anche questi saggi critici che fanno riflettere sulla letteratura, sulla lettura, sull’azione di chi scrive e in particolare su quel che si scrive destinandolo a bambini e ragazzi: l’autrice infatti costruisce buona parte del pensiero qui raccolto intorno all’idea che questa letteratura è letteratura e basta, senza necessità di aggettivi o specificazioni, pari alle altre, e conduce il lettore attraverso tematiche decisamente attuali, come l’interrogarsi sulla dubbia qualità di una certa produzione per ragazzi, ma anche sulla mancanza di spazi e critica che l’hanno resa possibile, sui libri scritti a tema e quelli a comando, su quelli “vuoti” e su quelli brutti che vogliono insegnare a tutti i costi qualcosa. Portando la sua esperienza di autrice, ma anche di chi ha scelto testi per organizzare una collana di qualità per ragazzi e raccontando dell’editoria della sua Argentina, Andruetto allarga lo sguardo alla figura dello scrittore, alla necessità di esercitare lo sguardo, di non essere legato a un genere o a una tipologia, alla predisposizione all’incertezza che deve avere, allo scrivere per scrivere e basta, alla ricompensa che non si può comprare e che arriva solo dal lettore.
Una riflessione che si allarga a tutti coloro che si occupano di lettori, di ragazzi e di lettura per cui scrive: “Un bambino, un ragazzo, ha il diritto di diventare un lettore, ma questo diritto, se veramente vorremo sostenerlo, ha bisogno di molteplici occasioni e di tanti luoghi di incontro, come ha detto anni fa Graciela Montes (quantità, persistenza e continuità, d’altra parte, possibili solo con mediatori qualificati e progetti a lungo termine, mai con azioni occasionali che producono solamente effetti mediatici ingannevoli), e include l’accessibilità a una gran quantità di buoni libri e alla qualità e diversità di voci che i buoni libri di una cultura possono offrire” (p. 65).
Non è sempre semplice concentrarsi su una raccolta di saggi che spezzano in più parti argomenti così intensi e fondamentali per chi di questo si occupa; molti di quelli raccolti in questo libro sono però stati scritti per essere presentati in occasioni pubbliche di incontri, convegni, seminari: portano in sé la passione contagiosa e la forza del pensiero di chi li ha pensati e pronunciati; sembra di ascoltarla, María Teresa Andruetto, di essere seduti davanti a lei, o meglio con lei, in una dimensione più intima che porta a condividere e a fare proprio quel che ci dice. Prendete questa raccolta come una busta di semi e lasciate che trovino terra fertile in questo inizio di primavera.
Il saggio sarà presentato in Fiera a Bologna, martedì 25 marzo prossimo (Sala Melodia, Centro Servizi, Blocco B, ore 10,30).
Il sito dell’autrice, vincitrice dell’Hans Christian Andersen Awards 2012. Della sua produzione per ragazzi, Mondadori ha pubblicato La bambina, il cuore, la casa e un nuovo lungo racconto è atteso nelle prossime settimane.
María Teresa Andruetto, Per una letteratura senza aggettivi (trad. di Paola Donatiello, a cura di Gabriela Zucchini, contributi di Anselmo Roveda e Grazia Gotti), Equilibri 2014, 128 p., euro 16
Tag:Anselmo Roveda, Equilibri, Gabriela Zucchini, Grazia Gotti, letteratura per ragazzi, Maria Teresa Andruetto, Per una letteratura senza aggettivi
Commenti recenti