Quando la Germania nazista invade la Norvegia, nel 1940, Espen ha quattordici anni e vede rapidamente cambiare il suo quotidiano fatto di scuola, squadra di calcio e famiglia. Il libro lo segue per i cinque anni successivi, in cui la sua crescita procede di pari passo con l’acuirsi della situazione interna (l’arresto di milletrecento insegnanti, razionamento del cibo, torture, pestaggi, delazioni) e con il suo impegno nel movimento di resistenza che lo vede dapprima distribuire giornali e messaggi clandestini, poi assumere incarichi sempre più importanti e pericolosi. Intorno tutto cambia: viene sciolto il movimento degli Scout e a Espen viene confiscata la divisa; chi possiede una radio può incappare nella pena di morte, gli ebrei sono deportati nei campi di concentramento in Germania e viene introdotto il Servizio di Lavoro Obbligatorio. Come tante altre famiglie norvegesi, anche quella di Espen si rifiuta di giurare fedeltà al partito nazista e si adopera per combattere il nemico, ciascun membro a suo modo: gli sguardi, i gesti dei genitori e dei figli valgono più di tante parole e descrivono un affiatamento di intenti che non ha bisogno di sottolineature o di proclami.
La guerra entra di prepotenza anche nelle amicizia, anche negli affetti; non è semplice per il protagonista accettare che gli amici, i compagni di squadra parteggino per i nazisti ed entrino a far parte delle loro organizzazioni; parimenti lo sorprendono però i gesti di solidarietà e di coraggio che non si aspetta: la sorella che ruba tessere annonarie per nutrire i prigionieri, la ragazza amata che lo nasconde in casa, un’anziana sul treno che gli si fa complice, un soldato nazista che finge di non vedere. La narrazione permette di mostrare ai lettori gli anni della Seconda Guerra mondiale da un’angolatura poco frequente: quella di un altro Paese nella sua quotidianità. Permette di parlare di quel che significa resistere ogni giorno e di come un intero popolo possa schierarsi con azioni minuscole che rendono però visibile la propria posizione e rafforzano così la possibilità di sperare nel cambiamento; azioni minime come possono essere indossare un berretto rosso o un paio di calze del colore inviso ai nazisti, scegliere di non tagliare – nessuno degli alunni – il traguardo della gara di sci resa obbligatoria dal regime e anzi fermarsi pochi metri prima e intonare l’inno nazionale, portare addosso un fiore nel giorno del compleanno del re esiliato, andare in giro con una graffetta sul bavero, dei fiammiferi nei nastri dei cappelli, l’orologio al contrario: piccoli gesti per farsi insieme spavaldi. E , su tutti, la figura di Tante Marie, che guida, insegna, suggerisce, spinge Espen a essere più furbo e più intelligente del nemico, a non farsi vincere dalla rabbia e a seguire la luce, sempre.
Il sito dell’autrice. Come spiega la nota finale, questa storia è nata dai racconti che i genitori di Margi Preus, che parteciparono alla resistenza norvegese, ed è in particolare ispirata alla vicenda di Erling Storrusten: qui potete leggere la sua diretta testimonianza.
Margi Preus, Il segreto di Espen (trad. di Aurelia Martelli), EDT Giralangolo 2015, 290 p., euro 14
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