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Lucas

9 Set

Ecco un nuovo romanzo di Kevin Brooks e vien da dire che è il Brooks migliore, quello apprezzato in Naked e ne L’estate del coniglio nero. Un romanzo duro, dove sai fin dall’inizio che la vicenda non avrà certo quel che si definisce lieto fine, anzi, ma che ha un profondo significato innanzitutto per la scelta di far raccontare in prima persona dalla protagonista e di mettere sulla pagina il suo sguardo, i suoi sentimenti, il deflagare degli avvenimenti sul suo corpo e sul suo animo.

Caitlin vive sulla minuscola isola di Hale, collegata da un ponte alla terraferma, insieme al padre che scrive romanzi per ragazzi e cerca di sopravvivere alla morte della moglie avvenuta quando i figli erano piccoli. La conosciamo sulle soglie dell’estate, quando il fratello torna a casa dall’università e comincia a frequentare la cattiva compagnia di un gruppo di ragazzi del luogo, intorno a cui bazzica anche Bill, la vicina di casa e amica da sempre di Caitlin. Ma è un’amica che lei non riconosce più, che passa il tempo a vestirsi in modo provocante, a cercare l’attenzione dei più grandi, a bere al pub per finire a vomitare sul ciglio della strada. Lo sguardo di Caitlin invece è catturato dalla figura di un ragazzo biondo, con lo zaino in spalla che vede sul ponte. Scoprirà poi che il giovane è sull’isola da qualche tempo, fa lavoretti nelle fattorie, vive in una radura quasi magica nascosta nel bosco. Lo conosce sulla spiaggia e il sentimento magnetico che la travolge non ha pari. Ma il candido e misterioso Lucas è al centro dell’attenzione degli abitanti dell’isola che lo additano come vagabondo, rom, insomma il diverso da allontanare. Un incidente durante l’annuale regata diventa il pretesto per scatenare contro di lui l’odio, accresciuto dai ragazzi della banda che vogliono montare ad arte delle accuse e incolparlo di reati che non ha commesso. Nel tentativo di difenderlo, Caitlin proverà tutta la forza della violenza, del pregiudizio e della facilità con cui le persone fanno massa credendo a fatti assolutamenti inventanti ed illogici.

Molto bella la figura del padre di Caitlin, descritto nella sua umana debolezza, nella fatica del vivere, ma anche nella capacità di crescere la figlia con uno sguardo aperto e attento a ciò che è giusto, alle scelte necessarie. E un applauso per la riga finale 😉

Kevin Brooks, Lucas. Una storia di amore e di odio (trad. di Giorgio Salvi), Piemme 2019, 334 p., euro 17, ebook euro 7,99

Naked

11 Apr

5258-Sovra.inddKevin Brooks è riuscito a scrivere un libro magistrale a proposito degli anni Settanta, della musica e dell’ambiente musicale londinese di quel momento, sul terrorismo legato all’Ira  e parimenti su cosa significhi crescere, trovare una propria forma e innamorarsi profondamente. La voce della diciassettenne Lili ruota intorno all’estate del 1976 che cambia improvvisamente la sua vita e dei mesi che la anticipano e che la seguirono e che segnano la sua formazione e il suo destino; è un racconto per voce solista che, in prima persona, accompagna il lettore sulla scena musicale ed artistica di Londra a metà degli anni Settanta: sta nascendo il punk, i Sex Pistols hanno appena fatto il loro esordio, i Clash non sono ancora arrivati sulla scena; è appena uscito il primo album dei Ramones e il Sex, il negozio al 430 di King’s Road, di proprietà di Malcolm McLaren e Vivienne Westwood, è il luogo da frequentare per farsi notare.

Sicuramente le accurate descrizioni della scena musicale e delle atmosfere londinesi del momento faranno felici molti adulti appassionati e insieme daranno la possibilità ai ragazzi di ricevere dei riferimenti musicale che sovente non hanno e di andare ad approfondire. Per i giovani lettori, tutta la parte storica che fa parte integrante della narrazione (sia la questione musicale-artistica, sia quella sociale, sia il terrorismo e la questione irlandese) viene mediata dalla storia di Lili, ragazza ricca cresciuta con una madre fuori di testa e scelta dall’idolo della scuola per far parte di una nuova band che sta nascendo, i Naked. Fino a quel momento Lili suona il pianoforte e si prepara con scrupolo per gli esami i fine anno, non bada a quel che si mette addosso, ha pochi amici e la tendenza a rimanere da sola, ma Curtis Ray cambia la sua vita: non appena prova a suonare il basso e ad accompagnare le note degli altri musicisti, Lili prova senso di appartenenza e insieme euforia. L’ascesa della band è rapida tanto quanto la sregolatezza di Curtis: le canzoni che compone e canta sono dure, ipnotiche e a tratti bellissime, la sua vita è fatta di desiderio di fama e soldi, droghe, alcol e una stanza vuota in uno squat e Lili non è sempre fiera della loro storia e del loro rapporto. Fino a quando per caso, durante un’audizione per sostituire un membro della band, compare William Bonney. Che è l’esatto contrario di Curtis, che pare muoversi con una calma olimpica, mantenere sempre le promesse, scomparire per poi tornare al momento giusto e portarsi addosso un segreto che vela di mistero tutta la sua esistenza.

La capacità di Brooks è quella di rendere in modo vivido e decisamente reale sulla pagina ogni diversa sensazione, ogni tono diverso, ogni scena come un quadro che dice di quanto puoi fonderti con la musica; di quanto duri possano essere un tono di voce, una situazione famigliare, la vita; di quanto pieno possa essere un rapporto d’amore, quando ti fa felice al di là d ogni altra cosa.

L’incipit, quella pagina ritmata a incisi e frasi brevi e contrassegnata come primo capitolo, è perfetto per un’introduzione al romanzo, per essere letta ad alta voce e far venir voglia di entrare dritti e veloci nella storia.

Un’intervista all’autore. Un podcast in cui l’autore parla di questo libro.

Kevin Brooks, Naked (trad. di Giorgio Salvi), Piemme 2016, 383 p., euro 18,5, ebook euro 6,99

Bunker Diary

11 Mag

4430-Sovra.inddChi conosce e apprezza la scrittura di Kevin Brooks (in italiano sono stati tradotti Una canzone per Candy, Sonda 2010 e L’estete del coniglio nero, Piemme 2014) sa che le sue pagine possono essere insieme limpide e terribili, a tratti quasi feroci perché non nascondono nulla e dicono sovente la durezza della violenza, del perdersi, di come possa essere crudele, assurda, quasi incredibile la vita.

In questo libro, mette in scena una situazione ai limiti dell’immaginabile, costruendo la vicenda intorno al disegno di un pazzo che rapisce sei persone di età e condizione sociale differente e le chiude in un bunker, divertendosi a premiarle o a punirle a seconda dell’andamento delle giornate: arrivano borse piene di cibo oppure viene razionata persino l’acqua, il riscaldamento è troppo alto o troppo basso, i colpi di scena sono inaspettati. La voce narrante appartiene a Linus, sedicenne figlio di un fumettista di fama, che ricorda al lettore il Joe di “Una canzone per Candy”: anche lui infatti scrive per raccontare come ci si sente in quel posto dove nessuno dei suoi lettori è mai stato. Attraverso la sua scrittura, che scorre sulle pagine di un taccuino, conosciamo gli altri cinque protagonisti che arrivano dopo di lui, ad intervalli regolari (una bambina di nove anni, una donna in carriera, un pendolare, un tossico, un fisico ben noto) e seguiamo le loro interazioni, le reazioni, i tentativi di organizzarsi secondo orari regolari, le diverse proposte per tentare la fuga. Su tutto incombe la domanda senza risposta: perché? Qual è davvero il disegno dell’uomo che li ha sedati e rapiti, quale esperimento sta portando avanti o semplicemente sta spingendo al massimo il suo sadismo e la sua pazzia? L’altra domanda silente, il chiedersi se qualcuno mai li troverà aleggia lungo le pagine ed è ancora più terribile per Linus; pochi mesi prima di essere rapito è scappato dal collegio e ha cominciato a vivere per strada, mandando a suo padre un biglietto in cui lo rassicurava dicendo che si sarebbe fatto vivo lui quando sarebbe stato pronto. La ricerca della libertà e la rabbia della ribellione fanno sì che sappia in qualche modo che per lui, a differenza degli altri, non c’è nessuno là fuori a cercarlo.

Il lettore è chiamato in causa direttamente in un ulteriore piano di lettura e coinvolgimento del romanzo: Linus infatti lo interroga direttamente, come sapesse – o sperasse – che qualcuno possa leggere quanto scrive, chiedendosi dove sia la verità, chi esista davvero e chi no. Un libro che si chiude a spirale sul lettore, facendogli dimenticare l’intorno, come se non esistesse nell’altro che il buio e l’aria rarefatta del bunker, spingendolo a non lasciare la storia fino all’ultima inesorabile pagina.

Questo romanzo ha vinto la Canergie Medal nel 2014. Leggi il primo capitolo sul sito dell’editore. A proposito dell’autore.

Kevin Brooks, Bunker Diary (trad. di Paolo Antonio Livorati), Piemme Freeway 2015, 288 p., euro 15 (l’ebook annunciato non è ancora al momento disponibile)

L’estate del coniglio nero

25 Feb

estate coniglio neroVolevo leggere questo libro da quando ho visto la copertina (questa volta ben più appetibile dell’originale) che occhieggiava da una anticipazione editoriale. Lo volevo leggere perché l’ha scritto l’autore di Una canzone per Candy, romanzo altrettanto essenziale e duro sull’adolescenza tradotto da Sonda nel 2010. Anche questa storia ha le caratteristiche della precedente e denota una capacità di mettere su carta i personaggi e le loro diverse strade semplicemente narrando, facendole emergere senza bisogno di forzare su descrizioni e analisi. In più questa storia diventa di fatto un giallo, dove i misteri che si nascondono non sono solamente quelli che hanno portato alla morte di una ragazzina di successo, ma quelli nascosti nella doppia vita di molti dei ragazzi che compaiono sulla scena.

La voce narrante di Pete svela l’attimo esatto in cui l’azione e l’estate si mettono in moto: una telefonata che risveglia i tempi andati, quelli in cui lui, Raymond, Pauly, Nicole e il suo gemello Eric condividevano le giornate, le bravate, i rifugi. Proprio al covo Nicole propone di ritrovarsi una sera, prima che lei e il fratello si trasferiscano a Parigi coi genitori. Una sorta di saluto, di ricordo dell’amicizia, ma Pete sa che ormai sono persone diverse che fanno cose diverse e hanno amici diversi. L’unico che lui continua a sentire vicino e amico è Raymond, da sempre suo vicino di casa, da sempre proprietario di un mondo proprio dove parla con un coniglio nero, considerato da tutti strano, preso in giro, deriso. L’alcol, le suggestioni del passato, le luci accecanti del luna park, la confusione che Pete sente addosso lo conducono attraverso una notte quasi folle, tra le parole che un’indovina rivolge a Raymond e la scomparsa del ragazzo stesso. Ma è scomparsa anche Stella, un tempo loro compagna di scuola e ora piccola diva della tv, e su di lei si concentrano le ricerche e le domande. Solo Pete si batte per tenere Raymond sotto l’attenzione di tutti, e come vittima, non come colpevole.

Pete guarda, somma, traccia linee di collegamento. Come gli spiega l’indovina c’è una sorta di catena di sguardi che, in quella notte misteriosa, ha legato tutti i protagonisti: chi nasconde qualcosa, chi viene messo in mezzo per coprire, chi passa di lì e solo dopo capisce.

Efficace ritratto della fatica di crescere, della difficoltà di parlare con gli adulti e di farsi ascoltare, di dare una misura al mondo e di rimanere se stessi.

L’illustrazione di copertina è di Matteo Piana.

Kevin Brooks, L’estate del coniglio nero (trad. di Paolo Antonio Livorati), Piemme Freeway, 427 p., euro 15, e-book euro 9,99

Una canzone per Candy

1 Lug

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Perché non riesci a capire, papà, avrei voluto dirgli. Trattami come un bambino o come un adulto, non come se fossi qualcosa che si trova nel mezzo.

Joe sta attraversando quella terra di mezzo che è l’adolescenza, quando tu fai fatica a riconoscerti e per il resto del mondo non sei né carne né pesce, né bambino né adulto. Joe ha una sorella più grande, un padre premuroso ma distante, una madre che non vive con loro. Poi ha la musica rock e il gruppo in cui suona il basso: la musica che lo fa sentire bene, che fa volare il tempo, che gli dà l’adrenalina necessaria e gli toglie ogni residuo di timidezza (e Joe ne ha tanta davvero di timidezza, mescolata al’inadeguatezza verso il mondo, al non sapersi muovere, al non sapere dove stare). Un pomeriggio, tra le strade di Londra, si imbatte in Candy e improvvisamente se ne innamora.

Era la voce di una ragazza. Era dolce e squillante come un gioiello che brilla in mezzo al fango e, anche se non era molto alta, riuscì lo stesso a farsi sentire in mezzo a quella confusione e a colpire le mie orecchie come la punta di diamante della lama di un coltello. Mi girai piano e, tra tutte le altre facce dai contorni diffusi, la vidi. Era appoggiata al muro e mi sorrideva. Quello era proprio il tipo di sorriso che toglieva il fiato, e lei era bellissima. Lei sì che sapeva sorridere.

Quando cerca di ritrovarla scopre un mondo altro, che vive parallelo al suo e di cui non sa nulla: Candy è una prostituta, si droga e dipende in tutto da un colosso di nome Iggy che è il suo protettore. Quando Joe cerca di portarla via dalla sua vita, quando Candy racconta come ci è finita, quando la bolla che li contiene (e che è fatta di normalità, come andare allo zoo  a vedere i canguri, e insieme di violenza inimmaginata) coinvolge anche altre persone, il dramma si affaccia e improvvisamente scoppia, inevitabile. Perché, come dice la sorella di Joe, certe cose capitano. Bosogna vedere poi cosa accadrà.

Un romanzo duro e asciutto , doloroso, dove ti sembra che ogni riga stia al posto giusto e sia assolutamente necessaria. L’autore ci regala alcune righe di prefazione davvero belle, che meritano quanto l’intero romanzo, e ci dice:  in un certo senso, credo che Candy parli proprio di questa sensazione: essere un ragazzo, innamorarti, trovarti in posti dove non sei mai stato. Io, però, ci sono stato e voglio raccontare come ci sente, cosa si prova e come le cose che desideri non sempre fanno per te, e tu lo sai, ma continui a desiderarle.

Kevin Brooks, Una canzone per Candy (trad. di Claudia Verardi), Sonda 2010, p. 281, euro 14.