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La città dei topi

21 Set

Eccovi servito un altro libro da leggere ad alta voce, perfetto nel suo richiamo al ritmo e all’andamento della fiaba e tanto vario nel suo intreccio filante da incuriosire il lettore e tenerlo lì sulla pagina, o appeso alla vostra voce se lo condividerete in questa modalità. Guido Quarzo riesce benissimo nell’impresa di scrivere una fiaba originale, rifacendosi ai canoni, ai personaggi e ai topoi; è sempre una bella scoperta, come lo fu La zuppa dell’orco di Cuvellier, trovare autori di oggi che sanno perfettamente muoversi nel filo senza tempo della tradizione fiabesca.

Qui inoltre c’è una narrazione di cornice – tre rappresentanti dei cittadini di Malaerba, paese sul lago di Garda dove tutti portano il cognome Malerba, che partono alla ricerca della soluzione all’invasione dei topi che tocca il villaggio – che racchiude almeno altre nove storie, dette in forma di leggenda, di richiamo al tempo passato, grazie all’idea che, durante il viaggio, i tre e i loro compari di strada raccontano gli uni per gli altri. Ecco allora un uomo selvatico, una donna faina, una gigantessa, un brigante. Non si sa davvero chi manca, visto che ci sono osti, preti, principi, maiali, fughe, disgrazie, astuzie e furbizie.

E che meraviglia gli elenchi che questo libro contiene: i formaggi catalogati dal Principe di Torre di Benaco, i profumi che popolano i sogni di Vezzoso di Bardolino, il catalogo di richiami per bestie di Mastro Leone e quello di fischi, ocarine e quant’altro di Berto Piumino. Gli ingredienti per una buona storia, una storia che durerà nel tempo, ci sono tutti; come si dice nel testo, del resto, in ogni storia ci sono  cose di legno e di ferro, di pietra e di cuoio, di terra e di pane: la realtà che si accompagna all’immaginazione (le cose d’aria, di odori e suono e buio e parole), ed entrambe sono vere.

La storia è accompagnata dalle immagini di Marco Paschetta, che disegna nasi puntuti, occhi sgranati e sguardi che puntano lontano. Qualcuno di voi conserverà sugli scaffali, magari quelli della biblioteca, questa storia nell’edizione Fatatrac del 1998 con le illustrazioni di Cecco Mariniello e il titolo “Viaggio col maiale”.

Guido Quarzo – ill. Marco Paschetta, La città dei topi, Piemme 2017, 168 p., euro 9,50

Maciste in giardino

15 Ott

maciste in giardinoPer chi è cresciuto con orto e giardino, in zone di prati, colline e terre più o meno coltivate, le talpe non sono un mistero: né le montagnole caratteristiche del loro passaggio né musi e zampe che a volte si vedono quando qualche piccolo sbaglia strada e sale in superficie né il fascino del trapuné con la sua arte di attendere l’animale, conoscendo ore tipiche dei movimenti e caratteristiche delle giornate. Perché a poco valgono trucchi e tentativi, repellenti, onde sonore e persino i razzi antifumo che mio zio si ostinava ad accendere e infilare nel terreno (confezioni con nomi inquietanti  tipo “patriot” o “lucifer” che nulla però giovarono alla causa). Se proprio vuoi liberarti da una talpa che non è in transito, ma ha scelto il tuo terreno, devi chiamare l’uomo giusto.

Esattamente quel che succede in casa di Nico, bambino di periferia del 1967, che fa la conoscenza di Gino Bandiera, un gigantesco signore chiamato dalla madre per eliminare il problema talpa alla radice. Gino è altissimo e sa raccontare: è stato un ex campione dei pesi massimi e narra al bambino la sua carriera sportiva, il mondo della boxe, gli incontri. Ha tempo, perché per catturare una talpa ci vuole pazienza e occorrono appostamenti di giorni, e così Nico aspetta l’appuntamento col racconto: è l’occasione per evocare Primo Carnera, i film di Maciste e anche – tra le righe – Battista Ugo, il gigante nato a Vinadio in Valle Stura nel 1876, alto 2,38 metri che, insieme al fratello di poco più basso, fu attrazione esibita di fiera in fiera nella Francia a cavallo tra fine Ottocento e inizio Novecento. A lui Nico Orengo ha dedicato “Figura gigante” (Einaudi, 1992) da cui fu tratto uno spettacolo teatrale; la sua storia, ripresa in altri testi, divenne nel corso del Novecento una figura chiave nei racconti di veglia delle vallate occitane. Qui il gigante illustrato da Marco Paschetta. Così questo racconto recente si fa per me storia vicina, di vallata prossima e si fa pretesto per narrare altre storie, per tracciare altre figure e altri incanti, come ogni buon raccontare dovrebbe fare.

Guido Quarzo, Maciste in giardino, BUR 2015, 122 p., euro 9,90

Tante storie di…

16 Ott

image“Tante storie di …” a scelta, bestie varie oppure maghi e principesse. E ancora dinosauri in quantità e poi gru, trattori, caterpillar per gli appassionati di mezzi di trasporto. I quattro titoli della nuova serie che arriva in libreria per Il Castoro fanno parte di un progetto più ampio a nome “L’oca blu”, curato da Emanuela Bussolati e rivolto ai lettori più piccoli. In questo caso, ecco dei cartonati dai bordi stondati, pagine flessibili e a prova di macchia e pappa che raccolgono ciascuno dieci storie brevi da condividere. L’idea alla base è infatti quella di offrire delle occasioni di lettura comune, dove i piccoli possano seguire tramite le illustrazioni la storia che l’adulto legge.

Un progetto tutto italiano; firmano i testi delle prime uscite Janna CarioliGiovanni Caviezel, Luisa Mattia, Guido Quarzo; le illustrazioni sono di Nina Cuneo, Gloria Francella, Laura Rigo e Febe Sillani.

Ogni volume costra euro 9,90.

La meravigliosa macchina di Pietro Corvo

2 Apr

Più riguardo a La meravigliosa macchina di Pietro Corvo

Nella Torino di metà Settecento, il dodicenne Giacomo lascia l’orfanotrofio per andare a bottega dall’orologiaio Pietro Corvo, noto per la sua bruttezza e per la precisione e la bravura nel suo mestiere. Folle d’amore per la giovane figlia del Marchese di Moncalvo, suo ottimo cliente, che l’ha umiliato pubblicamente, l’orologiaio – affascinato dalle teorie di La Mettrie e dagli esperimenti di Vaucanson – decide di costruire in un laboratorio segreto un automa che riproduca le esatte fattezze della ragazza e che sia in grado di muoversi, di camminare e di suonare il violino.

Giacomo segue l’evolversi degli studi, dei tentativi e della follia del suo maestro, cercando di proteggerlo dai guai, di seguirlo nel viaggio sulle Alpi verso Parigi e accumulando esperienze davvero straordinarie per un ragazzo del tempo: vedere un elefante, incontrare un giovane e confuso Rousseau, rimanere a boccca aperta davanti alle segrete meraviglie di una Wunderkammer, ascoltare le teorie illuministe.

Evocando le atmosfere e i misteri della Parigi e degli automi di Hugo Cabret, la storia di Giacomo e dell’orologiaio che gli ha insegnato un’arte dice della follia in cui può perdersi un uomo ossessionato dalla passione, dalla perfezione e dall’umiliazione, ma anche e soprattutto di come certi gesti possano, a volte inconsapevolmente da parte di chi li fa, aprire gli occhi, svelare verità che non si vogliono vedere. L’odio che Irina prova per Pietro Corvo non è per lui quanto piuttosto per la verità di veder rivelata la sua vita d’automa, totalmente adattata a quel che il mondo si aspetta da lei ed è di una forza pari allo stupore di sentirsi guardata per la prima volta per quel che realmente è.

Guido Quarzo, La meravigliosa macchina di Pietro Corvo, Salani 2013, 134 p., euro 11

Giulia e il pirata

27 Lug

More about Giulia e il pirataGiulia ha una nonna di mare e una di città. Quella di mare vive in una casetta in mezzo al paese, con un giardino dove crescono alberi da frutto e basilico per fare il pesto e dalla finestra si vede la piccola isola di fronte con il vecchio faro. La nonna di città le racconta un po’ a casa e un po’ sul tram la storia che sta nel libro L’isola del tesoro, che la bambina non riesce ancora a leggere da sola, e insieme guardano film sui pirati. Così Giulia lascia volare la sua immaginazione e, un po’ al mare un po’ in città, immagina che il guardiano del vecchio faro sull’isola sia stato un tempo pirata, che abbia le braccia colorate di tatuaggi, indossi una maglia a righe e coltivi il basilico per farne la marmellata. Chissà se sull’isola c’è anche un tesoro… Quando Carlone il pescatore porta Giulia in barca verso l’isola, la bambina decide di non scendere al faro, ma di farci solo il giro intorno e di continuare a pescare, visto che Carlone glielo ha insegnato. Chissà se pesca con la coffa…

Guido Quarzo – Giulia Orecchia, Giulia e il pirata, Mottajunior, I Velieri 2012, 61 p., euro 12.

L’invenzione degli alberi da 7 a 21

30 Mag

Perché in ogni albero sono scritti tutti gli anni del mondo, e le storie, la follia, la verità e l’oscuro cerchio del tempo che ci avvolge.

Galleria di quindici alberi dipinti in bianco e nero da Fabrizio Monetti, a cui Guido Quarzo si ispira per altrettante poesie e per un finale in prosa altamente poetico. Quindici alberi numerati da 7 a 21, dando cioè per scontato che gli alberi creati nei primi sei giorni siano cosa altra, mentre questi sono immaginari, alberi da contemplare per intuire il guizzo dei rami che svela la foresta nascosta, il segreto che si cela nella chioma in primavera, ma anche l’albero che non finge in inverno, messo a nudo, rami che non ha. Albero come parola tonda, come albero palla che si fa albero freccia, ramo che è breve strappo e foglia che è filo di fiato.  Albero che racconta, che svela a ben guardarlo, albero che stupisce, che fa meraviglia. Albero rompicapo, albero che conserva memoria, albero che rapisce. Sì, perché non è mica serio arrampicarsi sopra un albero immaginario e poi pretendere di poter scendere…

Testo italiano/inglese, per le edizioni Notes, che mescola arte e poesia e che – come nelle precedenti collaborazioni dei due autori in libri d’arte precedenti (Il costruttore di torri, Hopfulmonster, 2000 e Nella casa del signor Tuono, Lapis, 2006) – ha dato vita a una performance da presentare ai giovani lettori in scuole, biblioteche, librerie, gallerie.

Fabrizio Monetti – Guido Quarzo, L’invenzione degli alberi da 7 a 21 (trad. di Piergiacomo Petrioli), Notes 2011, 40 p., euro 13,90

Ritorno al mittente

22 Apr

More about Ritorno al mittenteSfoglio queste pagine, guardo le illustrazioni e le fotografie in bianco e nero, le riproduzioni dei documenti, dei giornali  e dei lasciapassare, pedalo in bicicletta con Mariolino e il suo nonno sui sentieri della Val Susa, e penso alle storie che ho ascoltato raccontare, alla Storia che ho ascoltato raccontare. I sentieri di quelle mie storie stanno in una valle poco lontano a quella del racconto, la Valle Varaita, e sono piene di corse, di silenzi, di appostamenti. Ci sono sentieri che partono davanti a casa, che potrei percorrere tutti i giorni salendo sul fianco della collina, e da piccola stentavo a credere che qualcuno li avesse percorsi col cuore in gola, con un mitra in mano, di notte, di giorno, combattendo.  In quelle storie ci sono dei ragazzi che salgono in montagna, che combattono, che fanno saltare i ponti, che portano a spalle i corpi dei compagni, ma ci sono anche le risate, gli scherzi, la condivisione della vita quotidiana. Ci sono i colpi di mortaio oltre la collina, la mestra che fa promettere ai bambini di prima elementare di non raccontare a nessuno che i partigiani che passano per il cortile della scuola per fare prima, il comando tedesco che si occupa la casa del medico. Tutto quello che ho ascoltato raccontare da donne e uomini ormai vecchi nel corpo, ma con la voce limpida di chi ti dice che rifarebbe tutto nello stesso modo. Anche la madre di Mariolino, il protagonista di questo racconto (ispirata alla madre dell’autore), è una di loro: fornisce documenti falsi ai partigiani e questo è il suo modo di partecipare alla Resistenza. La vicenda che il piccolo protagonista ci racconta dal suo punto di vista (quello di un bambino di sei anni che si chiede cosa siano le sap e le gap, che è sfollato in campagna perché la sua casa è stata bombardata) corre lieve sugli ultimi giorni della guerra, prima della Liberazione di fine aprile: incrocia lo sguardo del partigiano Domenico che viene arrestato e quello di un soldato tedesco che gli mostra la foto della sua famiglia, vede i corpi dei partigiani impiccati appesi agli alberi, ascolta la radio, si immerge nella fiumana di gente che scende in piazza alla notizia della Liberazione. Un percorso lieve in mezzo alla fatica, alla crudeltà di quegli anni che dà – attraverso i riferimenti, gli approfondimenti finali – lo spunto per approfondire la storia (e le storie) della Resistenza. Ci sembra il modo migliore per augurarvi buon  25 aprile e buona festa di libertà.

Guido Quarzo – ill. di Lorenzo Terranera, Ritorno al mittente, Lapis 2011, 55 p., euro 10.