Tag Archives: Flavio Sorrentino

I tre funerali del mio cane

18 Nov

tre funeraliQuesto racconto lungo è una bella dimostrazione di come sia possibile fare una narrazione godibile e a tratti divertente ruotando praticamente solo intorno a un argomento che di allegro pare non avere nulla: un funerale. Babino, il cane del protagonista, è morto investito da un’auto e il ragazzino, insieme ai tre amici più cari e alla sorellina, cerca di preparare un funerale degno, pur dovendo, causa disguidi vari, ricominciare da capo tre volte.

Il racconto è in prima persona: Nemo racconta il dolore, la tristezza e poi il suo amore per Morgana; parla di super-eroi e ascolta gli amici riproporre i momenti felici con Babino, ma anche dire cose schifose che fanno sorridere. La capacità di Guéraud sta proprio lì: saper dare voce a Nemo e mettersi ad altezza ragazzino di fronte a un tema come la morte: si parla di un cane, ma le tappe di questo inizio di lutto sarebbero le stesse se si trattasse di una persona; l’autore riesce a dire la crudeltà del dolore e la dolcezza del ricordo inserendolo in un tempo quotidiano, nel caldo del pomeriggio, nella pausa della partita di pallone e rendendo così sulla pagina quel che la morte semplicemente è, una parte della vita.

Molti avranno la tentazione di far finire questo libro tra i libri “utili”; non sarebbe male se invece finisse tra le proposte di lettura senza motivo se non perché si lascia leggere bene e facile. E se volete proprio trovarci un tema, che sia amore, cane, amici.

Guillaume Guéraud, I tre funerali del mio cane (trad. di Flavio Sorrentino), Bianconero 2020, 79 p., euro 10

La tana nell’albero

4 Nov

tana nell'alberoAutore prezioso Cary Fagan già apprezzato in La strana collezione di mr. Karp e in quel gioiellino di racconto di formazione che è The Big Swim. Eccolo di nuovo con una delizia di racconto lungo che scorre veloce nella lettura e che sembra ritmato giusto per una lettura condivisa. Si svolge a Toronot, nel 1925: un circo che si muove su rotaia perde gli ultimi due vagoni mentre è in viaggio e il leone che stava rinchiuso in una delle gabbie non si trova più. Lo danno per morto, il domatore se ne fa una ragione, ma lui è vivo e vegeto e nascosto nel tronco di un albero fulminato nel parco cittadino, dove si verificano strane sparizioni e apparizioni. Lo trova l’intraprendente Sadie, figlia di un pasticciere, che prima lo addomestica grazie agli carti della macelleria, poi prende a nutrirlo con regolarità e infine deve escogitare il modo di difenderlo dall’arresto. La ragazzina è aiutata da un bambino di ricca famiglia a cui ogni giorno consegna le torte, abbigliato sempre in modo buffo e che non chiede altro che esserle amico (inutile dire che lei tende a destestarlo, almeno all’inizio): i due si muovono liberi, prendono decisioni, assaggiano la bellezza del passeggiare di notte in città con un leone al guinzaglio (perché non lo fa più gente). Gli adulti sono sullo sfondo: il padre di Sadie e la loro pensionante, anziana bibliotecaria che raccoglie articoli di giornale stravaganti e dispensa consigli non richiesti; entreranno in gioco quando ci saranno da prendere decisioni importanti e, insieme al domatore, si confronteranno coi ragazzi sul destino del leone, sul concetto di libertà.

Un bel racconto, dal finale non scontato e non troppo roseo, giusto direi, e con una puntuale riflessione sul termine “perdita”: Sadie ha perso la mamma, nel senso che se n’è andata inc erca di fama e fortuna, per cui sa benissimo che un leone che si è perso non è necessariamente morto, ma sta lì fuori da qualche parte.

Davvero una lettura da non perdere.

Cary Fagan, La tana nell’albero (trad. di Francesco Piperno e Flavio Sorrentino), Biancoenero 2019, 111 p., euro 11

La zuppa dell’orco

17 Ott

zuppa-orcoChe bella questa favola nera di Vincent Cuvellier, scritta in caratteri ad alta leggibilità e perfetta per essere letta ad alta voce. Che bella questa storia che riprende il sapore, il ritmo e i temi di favole e leggende tradizionali e consegna al lettore il brivido sottile di tante storie, l’attesa di sapere cosa inventerà il protagonista per voltare a proprio favore la tragica situazione e un finale gaudente di cibo, sorrisi e musica un po’ allegra e un po’ triste.

Si racconta di Josef, nato sotto la neve nel quartiere più povero di una città che fa parte di un Paese dove il sole sorge a mezzogiorno meno cinque e tramonta dieci minuti dopo, figlio di un padre che non ha voglia di lavorare e di una madre troppo occupata per farlo. Più semplice certo mandare i sette figli a mendicare e punirli se non portano a casa a abbastanza. Fino alla sera in cui i genitori decidono di menomare i propri bambini perché facciano ancora più pena – chi cieco, chi zoppo – e guadagnino di più. Proprio Josef, il più piccolo, si rivelerà il più scaltro, fingendosi prima cieco e poi convincendo i fratelli ad abbracciare una tattica prima di sopravvivenza e poi di liberazione, finendo a casa dell’orco, ma non di certo nel suo pentolone.

Ad accompagnare la storia, le illustrazioni di Andrea Antinori che danno corpo alle parole, magia ai paesaggi e mettono in fila gli strumenti disseminati per casa (dai frullini alle seghe), regalandoci tra le altre la magnifica immagine dello strano corteo di bambini che si allontana da casa fingendo di brancolare nel buio e portandosi appresso una sorella su slitta, incitati dall’entusiasmo di Josef che ricorda ai fratelli quanto sia meraviglioso avere occhi, mani e piedi: nulla li potrà fermare, manco l’incertezza di quel che si ha da fare.

C’è la neve in queste illustrazioni, c’è una sorta di tarluc nella narrazione (ma solo uno!), e allora ci pare proprio una lettura adatta alla stagione che viene, da leggere insieme la sera, dopo aver chiuso fuori il freddo.

Vincent Cuvellier – ill. Andrea Antinori, La zuppa dell’orco (trad. di Flavio Sorrentino), Biancoenero 2016, 62 p., euro 11

The Big Swim

27 Mag

BigSwimChe bel “piccolo” romanzo di formazione offre ai lettore Biancoenero in questa nuova uscita editoriale, sempre con caratteri ad alta leggibilità. Un racconto lungo che si legge d’un fiato e che conferma la capacità narrativa coinvolgente di Fagan, già apprezzata ne La strana collezione di Mr Karp.

Parla in prima persona Ethan e racconta della sua estate a Campo Betulla, a cui i genitori lo hanno iscritto contro la sua volontà; è infatti perfettamente cosciente di non essere il tipo giusto per un campo estivo e ha tre unici obiettivi: sopravvivere, non farsi odiare e non essere il peggiore in tutte le sue attività. Si guadagna un soprannome, come tutti del resto tra i ragazzi con cui condivide il bungalow; scopre che c’è un ragazzo di nome Leonard ben più imbranato di lui e pure desideroso di essergli amico e capisce di potercela fare: si adatta, non dà problemi ai responsabili e sa gestirsi il tempo libero grazie al taccuino su cui scrive costantemente nuove storie che gli nascono in testa. Ci sono poche regole, ma ferree e tutto è abbastanza spartano; ci sono le ragazze con cui si condividono alcune attività; c’è soprattutto la leggenda che ruota intorno al temibile nuovo arrivato, Zach.

Zach è in qualche modo diverso e scostante, affascinante e inquietante insieme; tratta tutto con sufficienza, ma poi trova il tempo per parlare sinceramente con Ethan; sparisce all’improvviso durante una gita, ma la punizione che gli tocca non è poi così dura; è diverso e Ethan lo percepisce benissimo: non è la sua provenienza sociale o quel che si dice di lui, è il suo modo di fare, di dire ciò che pensa, di essere se stesso. Zach non assomiglia a nessun altro, ma solo a se stesso e la segreta consapevolezza che porta addosso si trasferisce in qualche modo anche a Ethan nel modo di guardarlo e di considerare l’intorno, di riuscire ad andare oltre le apparenze. Allora sfidare le regole diventa un tutt’uno con il sostenere Zach nella sua sfida personale, in un moto di condivisione e lealtà che potremmo dire di amicizia vera, quando il legame non è fatto tanto di parole, ma piuttosto di sentire, quando scatta la molla che ti fa scegliere la parte giusta, che ti fa crescere in un attimo, che ti fa sentire bene anche se sai che passerai dei guai.

Il sito dell’autore.

Cary Fagan, The Big Swim. La grande prova (trad. di Giulia Avallone e Flavio Sorrentino), Biancoenero 2016, 95 p., euro 11

 

Il volo del riccio

2 Lug

il volo del riccioLe letture estive chissà perché sono considerate tradizionalmente meno impegnative. In effetti tendiamo a leggere i grandi classici russi d’inverno e la chick lit d’estate. E questo libro mi è arrivato con un biglietto che lo descrive come “una lettura leggera per l’estate”. Che si tratti di un libro che si legge facilmente non solo perchè è scritto e illustrato bene, ma anche perchè è ad alta leggibiità, un grandissimo pregio della casa edtrice Biancoenero, è fuori di dubbio, che il tema sia leggero invece no.
La narrazione di Eugenia racconta di quel giorno in cui torni a casa e ti accorgi che c’è qualcosa di anomalo, che il papà all’improvviso non ha più un lavoro. All’inizio è bello, c’è il tempo per fare le cose che si sono sempre rimandate, per dedicarsi agli hobby, poi si inizia a scalpitare e volere riprendere l’attività lavorativa, non solo per una questione economica (che pure è toccata nel libro), quanto per definire sè stessi, per non sentirsi vecchi e inutili solo perché si hanno 50 anni.
La perdita del lavoro di un genitore è un tema delicato ma che dobbiamo affrontare perché riguarda molte delle persone che ci circondano. Questa narrrazione si può fare in tanti modi, la bellezza di questo libro risiede, però, nel far sì che sia il padre a perdere il lavoro, la tradizionale figura del breadwinner, che la narrazione avvenga dal punto di vista del bambino che non avverte tanto le difficoltà economiche quanto il vissuto emotivo paterno,  perchè in realtà per nessuno di noi il lavoro, anche il più viutperato, è solo un lavoro, ma è parte importante della costruzione del sè.
Ma ognuno di noi ha risorse speciali che lo rendono unico, così è proprio Eugenia a segnalare al suo papà che è bravo a creare e ora “ha un po’ di tempo libero”, (come se ci fosse da vergognarsi a dire che si è disoccupati), un concorso della scuola. E allora anche chi pensava di essere al capolinea scopre che sono state solo le circotsanze a metterlo all’angolo e nota la bellezza delle cose che sa fare. Perché non è da tutti inventarsi un riccio che vola.
Ho amato tantissimo la narrazione del processo creativo guidato dal padre durante il suo incontro con la classe della figlia, una scoperta del pensiero laterale, che è anche il momento catartico in cui il padre inizia a uscire da se stesso definito solo nel suo ruolo di manovale e inizia a vedersi con occhi diversi, con la consapevolezza di essere un inventore.
E anche se il primo premio non verrà vinto, la storia ha comunque un lieto fine.
Dedico questo post ai tanti amici e genitori che si sono trovati senza un lavoro, augurando loro di trovare il prima possibile il proprio riccio che vola.

Il premio del concorso a cui partecipa la classe di Eugenia è una visita alla Cité de l’Espace di Tolosa: se siete appassionati dello spazio approfittatene anche voi! Poi magari proseguite verso nord per coprire le meraviglie del Futuroscope.

Il sito dell’illustratore.

Agnès de Lestrade – ill. Umberto Mischi, Il volo del riccio (trad. di Flavio Sorrentino), Biancoenero 2015, 46 p., euro 8

Giancretino e io

1 Lug

giancretino

Torna l’ironia di Cuvellier in un altro racconto lungo che vede contrapposti due compagni di classe che si conoscono da sempre, ma non si sopportano. O meglio, Beniamino – appassionato di fumetti, nella cui casa non c’è la tv –  non sopporta proprio Gianfelice, da lui ribattezzato Giancretino. Figurarsi quando le madri vanno ad un concerto e decidono che i due devono dormire insieme: Giancretino si presenta con due valigie, il televisore, il Game Boy e non trova di meglio che infilarsi sotto il letto cercando dei manga. Ma non basta: è spaventatissimo dalla vicina di origine araba che viene a preparare la cena; per non sporcarsi, non vuole giocare alla lotta con Beniamino e Abdallah; accusa quest’ultimo di avergli rubato il Game Boy che in realtà è lui stesso ad aver perso nel gabinetto. Gianfelice, una risata ti seppellirà…

In questo libro è utilizzata la font biancoenero® è disegnata appositamente rispettando accorgimenti visivi che facilitano la lettura di tutti, in particolare dei lettori dislessici, messa a disposizione gratuitamente per istituzioni e privati che la utilizzino a scopi non commerciali.

Il blog dell’autore. Il sito dell’illustratrice.

Vincenti Cuvellier – illustrazioni Aurélie Grand, Giancretino e io (trad. di Flavio Sorrentino), Biancoenero 2014, 80 p., euro 8

La strana collezione di Mr. Karp

25 Set

karpQuali collezioni avete iniziato e poi lasciato o dimenticato da quando eravate bambini? Io ho collezionato penne stilografiche, gomme di varie forme colori e profumi (sì, ero una bambina della prima metà degli anni Ottanta e allora andava così), segnalibri dalle forme inconsuete, sabbie e terre di luoghi vari (con la scusa che in quei vasi di vetro erano perfette come fermalibri) e infine gusci di chiocciole vuoti, di quelli che si trovano negli angoli nascosti del giardino e dell’orto (e se avete visto “Il paziente inglese” sapete anche perché) e questa è l’unica collezione che sopravvive perché ogni tanto, quando l’occhio mi cade su un guscio vuoto, la mano si allunga e soffio piano per liberarlo dalla terra.

Randolph, il protagonista di questo libro, invece colleziona tappi di bottiglie di birra, penne e parole (quelle difficili che non conosce e che cerca sul dizionario). In realtà vorrebbe iniziare una nuova collezione, ma è indeciso e forse si sta anche stufando. Finché conosce Mr. Karp,  l’inquilino che venuto ad abitare nella mansarda che i genitori hanno deciso di affittare viste le difficoltà economiche in cui si trovano.

Mr. Karp è silenzioso e circondato da un alone di mistero, lavora all’ufficio reclami dello storico grande magazzino della cittadina, riceve per posta solo una rivista e delle lunghe buste marroni provenienti sempre dallo stesso indirizzo ed è un collezionista. Le pareti delle sue stanze sono piene di contenitori di acque: acque speciali raccolte nei luoghi più diversi, acque che a modo loro hanno fatto la storia, acque che rappresentano la seconda collezione di questo tipo più importante al mondo. Quando Mr. Karp parla della sua collezione si trasforma, si accende, i tratti del suo viso non sono più gli stessi; ancora di più se parla del collezionista suo rivale, a cui contende il pezzo unico e raro che lo porta addirittura in Giappone. Proprio mentre Mr. Kamp è via, Randolph pensa: all’acqua; al suo cambiare forma; a quanto un pensiero fisso, un’ossessione possono far cambiare forma a una persona e condizionarne tutta la vita; a come sia diverso fare le cose e guardarle, anziché possederle. Poi Mr. Karp torna e cambia forma, proprio come l’acqua a cui non si sente più legato; Mr. Karp parte, suggerendo al suo giovane amico come l’essenziale sia qualcosa che abbiamo sempre con noi, che ci lascia liberi di partire e di andare alla scoperta verso cose nuove, e non l’accumulo di oggetti che ci occupa la mente e restringe gli orizzonti su un solo punto, anziché allargare lo sguardo.

Un racconto che mi sembra perfetto per la lettura ad alta voce, prestando la voce a Randolph, ai suoi pensieri, al suo sguardo sulla sua famiglia e sul difficile momento che attraversa col licenziamento del papà e anche all’esilarante scena dove il ragazzino, per stabilire un contatto con lo schivo inquilino, compra una scatola di biscotti all’unico scopo di presentarsi all’ufficio reclami e restituirli perché… deperibili!

Il sito del prolifico autore. Il sito dell’illustratore.

Anche questo libro è stato impaginato seguendo i criteri di Alta Leggibilità che rendono più agevole a tutti la lettura. Per saperne di più, andate a leggere sul sito della casa editrice, dove trovate anche il primo capitolo di questa storia.

Cary Fagan – ill. di Mauro Ferrero, La strana collezione di Mr. Carp (trad. di Flavio Sorrentino), Biancoenero 2013, 90 p., euro 11