Perché in ogni albero sono scritti tutti gli anni del mondo, e le storie, la follia, la verità e l’oscuro cerchio del tempo che ci avvolge.
Galleria di quindici alberi dipinti in bianco e nero da Fabrizio Monetti, a cui Guido Quarzo si ispira per altrettante poesie e per un finale in prosa altamente poetico. Quindici alberi numerati da 7 a 21, dando cioè per scontato che gli alberi creati nei primi sei giorni siano cosa altra, mentre questi sono immaginari, alberi da contemplare per intuire il guizzo dei rami che svela la foresta nascosta, il segreto che si cela nella chioma in primavera, ma anche l’albero che non finge in inverno, messo a nudo, rami che non ha. Albero come parola tonda, come albero palla che si fa albero freccia, ramo che è breve strappo e foglia che è filo di fiato. Albero che racconta, che svela a ben guardarlo, albero che stupisce, che fa meraviglia. Albero rompicapo, albero che conserva memoria, albero che rapisce. Sì, perché non è mica serio arrampicarsi sopra un albero immaginario e poi pretendere di poter scendere…
Testo italiano/inglese, per le edizioni Notes, che mescola arte e poesia e che – come nelle precedenti collaborazioni dei due autori in libri d’arte precedenti (Il costruttore di torri, Hopfulmonster, 2000 e Nella casa del signor Tuono, Lapis, 2006) – ha dato vita a una performance da presentare ai giovani lettori in scuole, biblioteche, librerie, gallerie.
Fabrizio Monetti – Guido Quarzo, L’invenzione degli alberi da 7 a 21 (trad. di Piergiacomo Petrioli), Notes 2011, 40 p., euro 13,90
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