
C’era una volta un piccolo gatto tigrato che aveva perso la sua coda ed era deciso a ritrovarla a tutti i costi, nonostante al negozio non ne avessero e gli toccasse imbarcarsi in un viaggio spaziale in una capsula speciale, con in testa un casco morbido modellato con molta cura. Il viaggio del gatto è complicato, lungo e anche un po’ snervante, ma lo porterà a conquistare una coda da tigre e un cuore da leone.
A volte da una busta con dentro un libro esce un mondo. Chissà se sul terrazzo al settimo piano di quel mondo ci sono ancora le tartarughe, quali disegni ci sono alle pareti, se a metà mattina arriva lo spuntino, se la Iaia ha ancora quelle cassette con musiche belissime, se una risonanza magnetica dura ancora il tempo di recitare a memoria “Il castello di carte” di Rodari, se i corridoi sotterranei sono ancora così freddi. Perché questa storia nasce dall’idea di due tecnici di radioterapia pediatrica all’Istituto nazionale dei tumori di Milano, in collaborazione con l’associazione Magica Cleme onlus, ed è pensata per parlare non solo di un viaggio faticoso come quello della malattia, ma dell’esperienza della radioterapia: infatti la capsula-astronave in cui si infila il gatto è uguale al macchinario usato per il trattamento, come il casco che con cura viene messo in testa al protagonista è simile alla maschera che viene fatta indossare ai bambini. Un libro per anticipare le domande e le paure, per rendere più semplice stare fermi immobili sotto una macchina, immaginando di essere nello spazio alla ricerca della propria coda.
Dedicato ovviamente a tutti i bambini coraggiosi (anche quando non sanno di esserlo 🙂
Emanuela Nava – ill. Annalisa Beghelli – ideazione Gabriele Carabelli e Sarah Frasca, Il gatto che aveva perso la coda, Carthusia 2010, 36 p., euro 14,90
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