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La diseducazione di Cameron Post

27 Dic

Un libro scritto davvero bene: una scrittura che prende, che avvolge, che mette il lettore esattamente accanto alla protagonista facendogliene assumere il punto di vista per poter guardare insieme a lei tutto quel che le sta attorno e le capita. Nell’estate del 1989 Cameron Postdiventa orfana di entrambi i genitori, morti in un incidente stradale in un luogo molto significativo alla famiglia della madre, scampata lì ragazzina a un terribile terremoto. La prima sensazione è disenso di colpa e sollievo insieme: i suoi genitori non sapranno mai che ha appena baciato la sua amica Irene, lasciando rivelare pure a se stessa la propria omosessualità. Cameron vive in una cittadina del Montana dove bisogna omologarsi ed essere come gli altri e secondo le convenzioni; non la agevolerà certo vivere con la zia ultraconservatrice e fervida frequentatrice della chiesa locale. L’educazione sentimentale della ragazza passa attraverso la sua passione per il cinema, le lunghe e dettagliate lettere che le invia la ben più scafata Lindesy e gli esperimenti che mette in campo. Fino a quando non si innamora dell’amica Coley, arrivata in città da poco, che poi racconta tutto all’intera comunità; ecco allora che Cameron viene mandata in un centro di riorientamento di stampo religioso che mira a correggere l’identità dei ragazzi, con pretese, regole e modalità assurde. Lì, tra compagni di situazione tanto diversi e tanto simili, si troverà a dover cercare il suo modo di essere e a conquistarsi la sua libertà, tenendo testa agli adulti che vogliono plasmarla. Un finale aperto che torna ancora una volta nel luogo intorno a cui ruota in qualche modo la ita della ragazza e il suod estino; un romanzo che lascia voce alla sua protagonista, sincero, onesto e terribilmente semplice nel suo dire.

L’incipit è di quelli da non lasciarsi sfuggire se si ha l’abitudine di leggere ai ragazzi qualche pezzo ad alta voce durante percorsi di lettura o presentazioni. Dal libro è stato tratto l’omonimo film diretto da Desiree Akhavan, vincitore del gran premio della giuria all’ultimo Sundance Film Festival, uscito anche in Italia.

Emily M. Danforth, La diseducazione di Cameron Post (trad. di Lia Celi), Rizzoli 2018, 536 p., euro 19,50, ebook euro 9,99

L’arcobaleno del tempo

23 Mar

In questi giorni Jimmy Liao è in Italia e i lettori hanno diverse occasioni di incontrarlo nei vari incontri organizzati dai suoi editori. Arriva insieme a lui un nuovo libro che ne ripropone la magia e la capacità poetica di riflettere sulla vita, su tutto l’arco della vita. Questa volta lo fa attraverso il cinema: la protagonista infatti ha sempre considerato il cinema come un rifugio, una casa, un luogo dove rispecchiarsi e trovare risposte. La speranza segreta, sottesa per anni e ad ogni proiezione, è di ritrovare la madre, cinefila appassionata, che ha abbandonato la famiglia quando lei era piccola. Quando sono tristi e sentono la mancanza, il padre propone di andare a vedersi un film e la sala cinematografica diventa allora riparo, conforto e nido di speranza di incontrarla.

Il cinema diventa così una costante nella vita della protagonista di cui Liao mostra la crescita, le amicizie, gli amori, le gioie e le delusioni. La costante è sempre e comunque il potere del racconto fatto su grande schermo, mentre la costante per il lettore è ritrovare la forma narrativa di Liao: le sue immagini grandi ed evocative, oniriche a tratti, accompagnate da testi brevi, essenziali e pieni di poesia.  Come raccontò qualche anno fa quando lo intervistai a Cagliari per la rivista Andersen, la scelta di questo formato è dettata dal desiderio che il maggior numero di persone possibile possa leggere i suoi libri, quindi non solo i bambini, ma anche i ragazzi e gli adulti: “Ho di proposito adottato delle modalità differenti dai libri solo destinati ai bambini, aumentando il numero delle pagine, riducendo il formato, facendo in modo che all’aspetto apparissero come libri normali, e non come libri per bambini dal formato enorme, con caratteri grandi e pochissime pagine”. Arriva così a tutti la forza del messaggio e un coinvolgimento che sempre i libri di Liao suscitano: in uno solo o in molti aspetti dei protagonisti, il lettore si riconosce, si sente parte, si vede sulla pagina.

Questa volta poi c’è un gioco da fare: riconoscere i film che vengono citati proprio nelle illustrazioni, come nei manifesti e nei particolari che compaiono nelle pagine. Al fondo c’è un elenco che vi aiuta, ma il bello sta nel provarci e nel prendere questo libro anche come occasione per far scoprire Liao a qualche appassionato di cinema che magari non lo ha ancora scoperto.

Jimmy Liao, L’arcobaleno del tempo (trad. di Silvia Torchio), Terre di Mezzo 2018, 168 p., euro 18

Quel fantastico peggior anno della mia vita

21 Gen

51Ndt04Cl0L._SX312_BO1,204,203,200_“Quello che voglio dire è che questo libro contiene zero lezioni di vita, zero piccole verità sull’amore, zero momenti di calde lacrime in cui abbiamo tipo capito di aver abbandonato l’infanzia per sempre.”

Inizia con questa nota di Greg Gaines, protagonista e voce narrante, questo libro originale e intenso, che parla di malattia, ma lo fa prendendo da subito le distanze dai mille romanzi che sono usciti negli ultimi anni (stile Colpa delle stelle, giusto per citarne uno).

Greg vive la sua vita cercando di non farsi notare, e soprattutto di non farsi coinvolgere in nessun modo. A scuola cerca di essere apolide, non vuole essere cittadino di nessun sottogruppo di studenti, cerca di passare inosservato e per farlo ha sviluppato tutta una serie di tecniche. Il suo unico amico, o meglio collaboratore, è Earl, un ragazzo molto basso e molto scorbutico, con cui condivide la passione per i film di Werner Herzog e  il cinema europeo. Passione che li porta a girare improbabili remake di film famosi, con ovviamente solo loro due come protagonisti, registi e montatori.
La sua famiglia è altrettanto particolare : la madre è un flusso inarrestabile di parole, è Greg per contrastarla è spesso costretto a fingersi morto; il padre è un professore universitario, con la passione per la gastronomia più esotica e per il suo gatto, Cat Stevens.

La scoperta da parte della madre che una sua compagna di scuola è ammalata di leucemia, porterà scompiglio nell’apparente serenità di Greg e sarà l’inizio di una insolita amicizia.

Il romanzo si discosta molto dalla cosidetta sick-lit, prendendosi gioco dei suoi stilemi e degli stereotipi spesso presenti in questi romanzi, e forse proprio per questo riesce ad essere  autentico, non edulcorato, ma nemmeno insensibile. Nonostante Greg faccia di tutto per sembrare cinico e distaccato, riesce a centrare davvero il punto e lo stato d’animo di chi si trova ad affrontare una perdita. Senza cadere nel melodramma, restando sul dramma, con ironia e sensibilità.

Da questo libro è stato tratto l’omonimo film, che si discosta per diversi punti dal romanzo, nonostante la sceneggiatura sia dello scrittore, ma resta comunque un film notevole e fresco nel panorama di proposte per giovani adulti.

 Jesse Andrews, Quel fantastico peggior anno della mia vita, (trad. Alessandra Sarchi), Einaudi 2015, pp. 264, € 17,50, ebook euro 8,99

La famiglia Cinemà

29 Set

9788880337058Una riunione di famiglia in piena regola, dirai tu! Sì,
con il piccolo dettaglio che ognuno se ne stava davanti alla
stessa immagine sullo schermo, ma per conto proprio in un
cinema diverso, disperso in chissà quale via, di chissà quale
città, in chissà quale parte del globo, dal Polo Sud alla Luna,
Charles di qua, Titina di là, che il bello del cinema è anche
questo: tutti insieme, separatamente.

I fratelli Auguste e Louis – entrambi catturati dal ricciolo dispettoso che sfugge dalla chioma bionda e ordinata di Lucille, luminosa fanciulla della Parigi tra fine Ottocento inizi Novecento – si farebbero in quattro per esaudire il desiderio della ragazza di passare una serata al cinema se solo avessero l’idea di cosa fosse e come fare. Alla fine la spumeggiante ragazza sfuggirà ai due timidi corteggiatori per sposare un certo François  con il quale metterà su la famiglia Cinemà. La famiglia cresce e si ramifica nel tempo contemporaneamente all’apparizione e allo sviluppo dell’arte cinematografica e d’allora sarà un susseguirsi e un intrecciarsi movimentato di avventure tra i nostri e i personaggi di indimenticabili pellicole, a partire da Antoine che assisterà alla prima proiezione cinematografica pubblica al Grand Café di Parigi e sarà anche lui travolto dal panico e dal fuggi fuggi generale che provocò tra il pubblico la visione del film L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat dei fratelli Lumiere, per continuare con Boris che partirà per la Transilvania portando con sé la famosa guida gastronomica del Globulo Rosso e sarà ospite di uno spettrale conte, e poi con Mortimer che nelle strade di New York si vede tagliare la strada da uno strano roditore, per di più di carta animata, vestito persino di pantaloncini rossi e di scarpe gialle che risponde dicendo: ”Gulp!, munmble mumble, sgrunt…”, fino a Domitilla, l’ultima discendente della famiglia Cinemà, che di ritorno dal futuro racconta di aver incontrato dei tipi alti con la faccia blu in lotta per la difesa del loro ambiente.

Se durante la lettura di ogni avventura non siamo riusciti a indovinare in quale film sono andati a imbattersi i protagonisti, alla fine viene in soccorso una scheda tecnica di approfondimento del film per mettere in luce battute e scene memorabili entrate a far parte del’immaginario comune, innovazioni e trucchi cinematografici, notazioni di storia del cinema.
La famiglia Cinemà, attraverso il racconto movimentato, divertente, intenso e il linguaggio brioso di Andrea Valente, è una lettura spassosa per conoscere alcuni film importanti e per diventare fruitori di cinema in modo più colto e consapevole.
E qui si apre anche una doverosa riflessione sulle nostre attuali possibilità – per non parlare di quelle ancora più bistrattate dei piccoli o giovani spettatori  – di fruire in maniera condivisa del cinema, di godere di varietà di scelte e di venire a conoscenza della storia del cinema. Le sale cinematografiche non sono più presenti in molti luoghi del nostro paese, oscure regole della distribuzione rendono impossibile la visione di pellicole importanti. Parlo da spettatrice di cinema arrabbiata, pur vivendo in una cittadina dove è presente un multisale (dodici schermi), non riesco ad andare al cinema, perché ormai da alcuni mesi, nonostante uscite interessanti, non sono più in programmazione film di qualità. E purtroppo questa realtà è diffusa. Abbiamo ora altre possibilità a disposizione per guardare film, ma che cosa possiamo fare per salvare la visione condivisa, l’emozione unica di una sala cinematografica e come far conoscere la storia del cinema ai più piccoli? Penso che anche in questo caso le biblioteche possono essere d’aiuto.
Il sito di Andrea Valente e il sito dell’illustratrice Julia Binfield.

Andrea Valente, La famiglia Cinemà, illustrazioni di Julia Binfield, Milano, Il Castoro 2013, pp. 143, euro 13,50