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Brutto anatroccolo

22 Ago

Io. Chi. Sono. Tre parole, una per ogni titolo dei capitoli in cui Daniela Pareschi illustra la storia anderseniana del brutto anatroccolo, offrendo un’interpretazione personale che lascia andare le immagini rispetto al testo: le parole infatti, nell’adattamento di Russo, riprendono i personaggi e l’andamento, mentre l’illustratrice costruisce intorno evocazioni, rimandi, allusioni. Pare un libro d’antan nella struttura profilata dlle immagini; gioca sul concetto di uovo e sulla sua rappresentazione: c’è l’uovo da cui nasce l’anatroccolo, quello intatto, poi crepato, poi rotto, poi mezzo guscio portato in testa quasi a nascondersi e infine guscio vuoto che lascia il cigno svelarsi; ci sono le uova in galleria (di gheppio, di civetta, di gallina, di beccacino…), in suggerimento di tempi di cottura, in ricetta di ciambellone dolce.

Si può leggere qundi la storia – quella non certo di un solo brutto anatroccolo, ma in cui ciascuno potrebbe riconoscersi; si può godere di tutte le illustrazioni, ricamarci sopra, indovinare rimandi, gioire delle sfumature di colore.

Daniela Pareschi – testo di Biagio Russo in libero adattamento da H. C. Andersen, Brutto anatroccolo, Lavieri 2019, 48 p., euro 15,90

Aiaccio

20 Dic

Una meravigliosa meraviglia questo albo che nasconde nelle pieghe della sua storia una lettura da grandi, impreziosita dalle illustrazioni e dalle parole scelte. Si racconta una storia di circo, il circo Aladin, fatto come ogni circo di solitudine, movimento e cambiamenti, pochi punti fermi. Angel, l’unico trapezista sotto questo tendone, capce di rotolare nel vuoto tre volte e mandare a mille il cuore degli spettatori, si innamora di una trapezista appena arrivata dalle SaintesMaries de la Mer. la gitana Gipsy, con i suoi occhi verdi malinconici. In un giorno di giugno caldo e perfetto scatta l’incastro perfetto, il naso e il volto di Gipsy nell’incavo del collo di Angelo, e il bacio. Quando però la vede precipitare dall’alto, il trapezista crolla e, quando si riprende, dela ragazza non si sa più nulla. Lui guarisce dalle ferite che si vedono, cerca di mettere insieme i cocci e diventa Aiaccio, pagliaccio che deve far ridere. Sarà un’altra caduta sotto il tendone pieno di risa e di scherno a ribaltare il tutto: l’unica a non ridere, ad aiutarlo a sedersi, a togliergli il cerone dal volto (e insieme la maschera di un personaggio che non gli appartiene e che lo nasconde) è proprio Gipsy, ritornata.

In questa storia, leggenda del mondo del circo oppure realtà, si fondono poesia e grazie, a cominciare dalle parole scelte per il testo che evocano piogge gentili a riempire il catino del cuore per dire l’amore, tunnel di tigli in fiore, pozzanghere degli occhi, attese. Gipsy è una bramea, una farfalla rara, l’equilibrio è un filo sottile dove è arduo camminare se indossi panni non tuoi. E poi le ali, che i personaggi indossano, ma che il lettore ritrova ovunque qua e là nelle illustrazioni, nelle ombre proiettate sul tendone, nei voli delle farfalle. Ali che si possono abbandonare su una panchina per andare chissà dove, liberi.

Un albo da non perdere, raro, dove conquista la bellezza della parola, del testo.

Biagio Ruzzo – Daniela Pareschi, Aiaccio, lavieri 2018, 36 p., euro 16,50