Tag Archives: Anna Patrucco Becchi

Tess e la settimana più folle della mia vita

27 Ott

beisler-woltz-tess-Si è fatto divorare, questo romanzo. Ha lasciato una scia di luce, facendo risplendere le sfaccettature della vita, con le paure, le novità, la quotidianità e gli imprevisti. Mi è parso molto bello, e onesto e spiazzante come può esserlo – penso a molti adulti che lo leggeranno – un romanzo che riesce a parlare per parecchie pagine di funerali, in cui un protagonista riflette sulla morte cercando di convincersi ad allenarsi ad essere triste, che inanella cose strambe proprio come amano i due ragazzini che vi spadroneggiano e che dice la potenza della verità, quella che stravolge tutto come un tornado o forse no, perché semplicemente permette di dire e di essere con sincerità.

Una settimana di vacanza su un’isola rischia di diventare noiosa perché, sbarcati da poche ore, ecco che il fratello di Samuel si rompe una gamba. Ma lui non ha fatto i conti con Tess, dagli occhi di pagliuzze dorate, alta, intraprendente, che non chiede mai scusa e che volteggia nell’aria dicendo cose tipo: “Ho appena ballato un valzerino!”. Samuel balla, non solo quel valzer, ma tutta la danza che Tess intreccia per i giorni successivi, fatta di pianificazioni, imprevisti, attese, desideri e disastri. Perché Tess ha scoperto il nome del padre che non ha mai conosciuto e con uno stratagemma lo ha invitato sull’isola, per studiarlo e capire se possa piacerle e se lei può andare a genio a lui, adulto che ignora da undici anni di essere genitore.

Questa storia si può anche ascoltare in versione digitale grazie all’app leggieascolta Beisler.Appuntamento ai prossimi libri di Anna Woltz e alla versione cinematografica di questo romanzo pluripremiato, già presentata al Filmfestspiele di Berlino e al Giffoni Film Festival 2019: ecco il trailer

Anna Woltz – ill. Regina Kehn, Tess e la settimana più folle della mia vita (trad. di Anna Patrucco Becchi), Beisler 2020, 176 p., euro 15,80

Lucilla

6 Feb

C’è un tono da fiaba, c’è un po’ della Mary de Il giardino segreto, c’è un goccio di Barnaby Brocket, ci sono le attrazioni di un circo, i misteri della vita e un sospeso tra realtà e immaginario, tra realistico e fantastico. C’è Lucilla, figlia del guardino del faro, che paga a caro prezzo una dimenticanza: allontanata dal padre e da casa, finisce a servizio nela lugubre Casa Nera, la dimora dell’mmiraglio che si erge solitaria e isolata e in cui si dice ci sia un mostro. Lucilla trova Martha, la cuoca, suo figlio che non parla ma è abilissimo nel ritagliare e ricomporre giornali, e Ned che vive nel bosco e ha visto molte cose in passato. Ned intuisce chi sia quella bambina e veglia in silenzio su di lei sapendo che può essere la chiave di tante storie irrisolte che legano tra loro i destini di diversi protagonisti. Quel che Lucilla scopre in soffitta va oltre la sua immaginazione ma il modo serafico con cui affronta quel che viene fa sì che l’intreccio di destini esploda fino a sciogliere matasse, svelare identità, ricomporre quadri che a molti risultavano incomprensibili.

Questo romanzo, che parla di destino e di capacità di accettare se stessi e gli altri, di pirati, di desideri infranti e di sogni da tenere vivi nonostante tutto, è l’esordio dell’olandese Annet Schaap che qui offre prova di bella scrittura che cattura, capace di intrecciare storie diverse fino a fonderle in una sola. Forse non sarà facile per tutti seguirne il ritmo, a cui si somma il dialogo tra la bambina protagonista e la mamma morta tempo prima, ma meriterà proprorlo a lettori che vogliano lasciarsi affascinare da storia che paiono di un tempo e dicono della natura umana, ieri come oggi.

Annet Schaap, Lucilla (trad. di Anna Patrucco Becchi), La Nuova Frontiera junior 2019, 357 p., euro 18

Come ho scritto un libro per caso

2 Mar

Che bello questo romanzo. Lo leggi veloce fino in fondo, la senti davvero vicina la protagonista che ti racconta i suoi giorni e pensi che ti avrebbe fatto felice quando eri una lettrice dodicenne e ti fa felice anche adesso. Ha una facilità di scrittura rara che, sostenuta dalla traduzione, regala al lettore una protagonista amica, che va aggiungersi alla schiera di ragazzine della letteratura che restano care e sulla cui storia il lettore tornerà, anche a distanza di tempo.

Katinka ha tredici anni e vorrebbe scrivere un libr0: da sempre le viene naturale costruire una storia intorno a quel che le succede, cambiarne magari il finale rispetto alla realtà e per un po’ di tempo ha inventato storie per il fratello minore. Chiede aiuto alla dirimpettaia, disordinata creatura che cura un magnifico giardino e che nasconde il suo regno di libri nel capanno in fondo al prato: è una scrittrice famosa, di quelle che ricevono premi e tengono corsi di scrittura per adulti e, nonostante la ragazzina si aspetti il contrario, accetta di darle consigli e correzioni in cambio dell’aiuto con piante e fiori. Quel che il lettore legge è il quotidiano di Katinka e in particolare la sua vicenda famigliare (la madre è morta quando lei aveva tre anni e rimane il nodo da sciogliere nella sua vita) attraverso però i compiti che Lidwien le assegna. Sono i fogli che la ragazza scrive e la scrittrice corregge e dentro ci sono i suggerimenti, le riflessioni sulla scrittura e sugli scrittori, sull’osservare quel che c’è dietro le cose, sul copiare da quelli bravi, sul mostrare e non raccontare, sul non farsi abbattere dai dubbi, sull’imprimere accelerazioni o usare una certa prospettiva.

Così Katinka media le proprie sensazioni e i propri sentimenti attraverso la scrittura, che le permette di affrontare alcuni nodi, di tirar fuori quello che le gira dentro, di essere sulla carta diretta come vorrebbe essere sempre nella vita.

Lei è accompagnata nel suo percorso di scrittura, che poi è un percorso di crescita e di cambiamento, da due personaggi che paiono straordinari anche ai suoi occhi, ma per la semplice ragione che sono se stessi e che trattano lei e altri aspetti della vita (non ultimo l’essere orfana, stato di fronte a cui molti si scusano) con la bella normalità con cui si prendono le cose della vita. Lidwien e Dirkje sono due che vorremo incontrare: non si spaventano, non fanno tragedie, sorvolano a volte su cose a cui altri danno inutilmente importanza; sono sventate, ma in realtà molto attente, sono scompigliate, vagano tra fiori o in bicicletta con qualunque tempo, sono in qualche modo piene di grazia e danno un tocco in più alla storia. Che a tratti è anche molto divertente e insieme molto seria, come può essere giustamente l’osservazione attenta delle dinamiche del mondo e degli umani.

La copertina è di Marta Pantaleo. Ecco invece il sito dell’autrice.

Annet Huizing, Come ho scritto un libro epr caso (trad. di Anna Patrucco Becchi), La Nuova Frontiera junior, 162 p., euro 14,50

Ti ricordi ancora

15 Mag

Avere dei ricordi chiari e per di più condivisi di un felice e libero tempo bambino è uno dei migliori regali che può fare la vita. Di questo parla questo albo che, ad ogni doppia pagina, regala un ricordo – un brevissimo racconto evocativo – e un’immagine corrispondente: sono un uomo e una donna anziani che pensano alle avventure che hanno vissuto insieme da piccoli, alle cose matte, agli spaventi, alle gocce di pioggia, alle notti di luna, ai campi fioriti, alle fughe dai campi pieni di mucche. Sono poetici e buffi (le tre capre che tornano a più riprese contribuiscono certo a dare un tono fantastico, un ricamo sui fatti vissuti) e di loro sappiamo che l’amicizia è mantenuta salda: lungo il filo delle pagine infatti, non solo li vediamo bambini, ma Jutta Bauer sceglie di inserire piccole scene a matita dove si vede l’oggi, la situazione in cui il racconto viene evocato, narrato ad alta voce o magari giusto accennato perché ognuno possa ripassarlo nel buon silenzio condiviso che la conoscenza profonda tra esseri umani crea.

In un letto d’ospedale o giocando a carte, seduti su una panchina o mentre si pianta l’orto, ecco arrivare i racconti: le capre che bevono il tè, il cane che balla il tip tap, lo gnomo col cappello, la pioggia improvvisa, la strada che sembra non finire mai: l’importante era stare fuori, partire, mettersi all’avventura e tessere storie e condividere tempo e vita. Questi due protagonisti mi fanno pensare ai magnifici vecchi protagonisti di Le nostre anime di notte di Kent Haruf.

Zoran Drvenkar e Jutta Bauer, Ti ricordi ancora (trad. di Anna Patrucco Becchi), Terre di Mezzo 2017, 48 p., euro 15

Hotel Grande A

26 Apr

Quello che il lettore legge è di fatto una sbobinatura: il protagonista Kos affida infatti ad un registratore il racconto delle settimane in cui, dopo il ricovero in ospedale del padre, si trova a gestire l’albergo di famiglia in compagnia delle tre sorelle. Nessuno di loro ha ovviamente l’età legale per farlo, ma i debiti incombono e l’unica possibilità è tentare di salvare la baracca, facendo credere al padre che tutto vada bene mentre lui è convalescente. In realtà nulla va bene: il cuoco storico prima sparisce, poi torna con tutte le sue stravaganze; dagli ospiti fioccano le disdette; un’intera squadra di calcio si presenta alla porta dopo essersi persa: peccato che non si capisca nulla di quel che i ragazzi dicono, che il conto alla rovescia porti affievolisca la possibilità di pagare il debito e che la sorella dark non voglia affatto presentarsi alla sfilata del concorso di bellezza che frutterebbe una bella somma. E poi tutti sono innamorati: amori persi anni prima, amori nuovi, amori improvvisi. E l’amore di Kos per Isabel, la cui voce fa capolino di tanto in tanto tra le pagine (in corsivo) per descrivere quel che succede dal proprio punto di vista.

Il romanzo è folle: sembra di entrare in una di quelle stanze piene di oggetti improbabili, a cui se ne aggiungono in continuazione. Eppure tutto fila e il racconto sa essere esilarante anche parlando di tutto quello che è la vita: non solo le stramberie familiari e gli amori in corso, ma la paura di non farcela, la complicazione del crescere, la morte (in questo caso, la morte della mamma, di cui Kos parla con semplicità e pudore. Una mamma capace di dire che gli ultimi saranno probabilmente i giorni migliori della sua vita perché guarda tutto come se fosse la prima volta). Il libro parla appunto di tutto quel che è vita, sesso compreso, e sappiamo che c’è già stato chi – come spesso capita – l’ha considerato una lettura non adatta ai ragazzi. Lo è invece, tanto più per la schiettezza e la partecipazione che vengono da questo diario inciso su nastro. E per la franchezza con cui si ritraggono gli screzi e le complicità famigliari, con cui Kos dà voce a quel che gli succede e a quel che combina. E poi io avrei fatto un applauso all’autore già solo per la scena in cui il padre cardiopatico caccia i dottori clown dalla sua stanza d’ospedale al grido di: “Andate a importunare la gente sana! Ma non avete mica il coraggio di farlo!”.

Il sito dell’autore.

Sjoerd Kuyper, Hotel Grande A (trad. di Anna Patrucco Becchi), La Nuova Frontiera junior 2017, 254 p., euro 16,50

La regina del trampolino

18 Mar

regina_del_trampolinoL’incipit di questo romanzo è d’effetto: lo leggi, magari anche ad alta voce, e ti trovi subito nell’atmosfera che seguirà. La voce di Nadja racconta della bravura di Karla, la vicina di pianerottolo, l’amica di sempre, la regina del trampolino, quella che si tuffa così bene, con così tanta grazia che è impossibile non notarla. Nadja racconta in prima persona una vita scandita dagli allenamenti, dall’odore del cloro, dal cameratismo e dalle rivalità che si creano nel gruppo sportivo. Racconta anche della sua famiglia, di una quotidianità fatta di condivisione, screzi, turni per il bagno, genitori orgogliosi, proverbi e modi di dire che la madre enuncia nella sua lingua d’origine, il russo. Racconta il primo amore, la compagna che si ritira, la gara inattesa.

Nadja racconta rimanendo un passo indietro, mettendosi a lato, come se il centro di tutto fosse sempre Karla: perché è la migliore. Eppure Karla nasconde un segreto, si assenta dall’allenamento, prende tram non soliti, oscura il suo umore. Nadja segue, concentrata sull’amica, infastidita da un lato dal suo comportamento, sorpresa dall’altro dagli esiti di una gara, dai complimenti dell’istruttrice. Perché anche Nadja è brava e ha coraggio, ma solo ora si rende conto di cosa significhi entrare in acqua, diventare un tutt’uno con le molecole che ti aspettano quando ti lanci dal trampolino. Una volta presa coscienza, si rende conto che lei e Karla non sono uguali, che lo sport che lei ha scelto per sottrazione di possibilità non è stato per l’amica una scelta del caso, che il talento che ha sempre visto negli altri era – anche – un riflesso del suo di cui solo ora, adolescente acerba, prende atto.

Una belle storia di amicizia in un contesto sportivo, con tutto quel che ne conviene: scelte, rinunce, rivalità, affanno di genitori che si aspettano grandi cose dai figli, ma anche vita di spogliatoio, scuola sportiva, pressioni, imprevisti.

Il sito dell’autrice. D’effetto anche l’essenziale illustrazione di copertina di Anna Resmini.

Martina Wildner, La regina del trampolino (trad. di Anna Patrucco Becchi), La Nuova Frontiera junior 2016, 235 p., euro 16

Nove braccia spalancate

19 Gen

9 braccia spalancateNon è certo una scelta scontata quella di proporre in traduzione un romanzo ambientato nel Limburgo, la regione più meridionale dei Paesi Bassi, per di più negli anni Trenta e che riprende in realtà anche vicende a cavallo tra Ottocento e Novecento: si parla di quotidiano, non si fa riferimento a momenti o accadimenti storici quotidiani e quindi è ancora più coraggiosa questa uscita. Il lettore impiegherà forse qualche pagina ad entrare nella storia, ad adattarsi al tempo del racconto (un tempo decisamente “alieno” per i ragazzini a cui ci si rivolge, che non è così lontano in rapporto agli anni, ma che è davvero “un’altra epoca”) e a districarsi tra la folla dei personaggi: ben venga allora la mappa iniziale che permette di mettere in fila i quattro fratelli e le tre sorelle Boon, il loro papà, la loro nonna e i personaggi che – in vita o nel ricordo – si rincorrono tra le pagine. E anche il glossario finale che permette di mantenere nel testo alcune parole in dialetto limburghese per dare maggior senso ai dialoghi tra i personaggi.

La voce narrante è quella di Fing, una delle ragazze, che comincia a raccontare del nuovo trasloco intrapreso dalla famiglia, in un giorno di fine agosto del 1937. I ragazzi, orfani di madre e cresciuti dalla nonna, sono soliti a spostarsi, a cambiar quartiere e abitazione: capita ogni volta che il padre trova un nuovo lavoro o si imbarca in una nuova impresa a suo dire di sicuro successo. E capita decisamente sovente, tanto che si scommette su quanto durerà questa volta. Ma a questo giro tutto sembra diverso: la nuova casa è distante, ai margini della città, attaccata al cimitero; costringe a cambiare scuola e abitudini; sembra nascondere un segreto: forse è stregata, forse è maledetta, di sicuro un letto-lapide scoperto in cantina amplifica la curiosità delle ragazze, specie di Mmulke, che da sempre ama le tragiche tragedie. Se ci aggiungete che la porta d’ingresso è sul retro e la soglia è ad altezza ginocchio, sicuramente qualcosa ve lo chiederete anche voi, e tanto più se la nonna sembra sapere più di quel che dice.

Nella vita di Fing c’è una sorella a cui badare per via di una “spostola”, una vertebra che può spostarsi e causare danni e dolori; ci sono pomeriggi interi a giocare a “tesoro in pericolo”, elenchi di faccende da sbrigare, questioni di soldi e di adulti che cercano di sbarcare il lunario. Ci sono nuove ragazze non proprio amichevoli a scuola e vecchie conoscenze che sbucano fuori a dire che anche se si trasloca e si ricomincia da un’altra parte, alcune questioni viaggiano con la famiglia e ne sono parte. C’è anche il Coccodrillo, ovvero la valigia in cui la nonna tiene le fotografie da cui parte per le sua incredibili narrazioni: proprio lei, con la sua abilità narrativa, svelerà il mistero della casa, raccontando una storia, che si fa romanzo nel romanzo e ripercorre l’incredibile amore e la strana avventura di una ragazza zingara.

Questo libro è un crescendo: grazie al ritmo che pian piano il lettore acquisisce con lo scorrere delle pagine si arriva a immagini finali ricche di poesia, dove Fing condensa il suo sguardo sul mondo, ragazzina che cresce e che apprende a piccoli passi come si fa la vita, cosa possono regalare le curve del destino e i fili che legano le vite più di quanto si possa immaginare. Esiste un seguito alle vicende della famiglia Boon, di cui auspichiamo la traduzione; ci piace pensare che siano romanzi da leggere insieme, ad alta voce, da condividere come fossero appunto storie di famiglia che qualcuno racconta nelle occasioni in cui ci si ritrova insieme (un periodo di vacanza, un incontro speciale, un po’ di tempo passato in una casa di vacanze comune).

Il sito dell’autore. Il blog di Isabella Labate (in attesa di post!).

Benny Lindelauf – ill. Isabella Labate, Nove braccia spalancate (trad. di Anna Patrucco Becchi), San Paolo 2015, 297 p., euro 17

Il Natale più bello

14 Dic

nataleCercate una storia da condividere con i bambini in attesa del Natale? Eccone una dal sapor di leggenda, accompagnata da illustrazioni per chi vuole anche gustarsi le immagini; è un racconto lungo, quindi ben si adatta a essere letto insieme coi bambini in un momento dedicato all’ascolto.

Tessuta intorno all’importanza del saper condividere e del saper apprezzare ciò che si ha, racconta di Andreas, cresciuto in una famiglia povera, che riceve dall’anziano pastore del villaggio un consiglio per realizzare il suo desiderio di avere maggior fortuna: secondo quanto dicevano i vecchi, si realizza il desiderio che venga scritto sulla neve alle quattro del mattino della quarta domenica di Avvento. Andreas aspetta e veglia in quell’autunno che sembra non finire mai e mai lasciar posto alla neve (non vi sembra proprio come in questi giorni di gran sole e cieli tersi anche a dicembre?!?) finché riesce a tracciare il suo desiderio sulla coltre bianca e un uomo arriva a far visita alla sua famiglia nel pomeriggio del giorno di festa: lascia al bambino due sacchetti di monete per realizzare i desideri che ha espresso – non avere più fame e non avere più freddo – e un terzo per il desiderio che non sa ancora esprimere, promettendo di tornare ad ogni Natale e di essere altrettanto generoso se Andreas dimostrerà di averlo saputo ben impiegare.  Ma qual è veramente il significato del possedere?

Una riflessione sul donare e sul condividere, sul significato della terra e sull’importanza del guardare agli altri e del conoscere la misura del sufficiente, accompagnata dalle illustrazioni rotonde e “calde” di Jasmin Schäfer: sia che ritragga villaggi innevati, sia campi fioriti a primavera, che siano bambini che scivolano sul ghiaccio o persone impegnate nel raccolto c’è una che di materico che ti fa venir voglia di allungare la mano, sentire il vento tra i capelli di una bambina, carezzare la pecora, adagiarsi alla luce della candela.

Il sito dell’autore. Il sito dell’illustratrice.

Klus Kordon – Jasmin Schäfer, Il Natale più bello (trad. di Anna Patrucco Becchi), San Paolo 2015, 64 p., euro 14,50

Il piccolo capitano

26 Nov

piccolo_capitanoUn classico della letteratura olandese arriva per la prima volta in traduzione italiana, riproponendo alcuni dei temi più importanti della narrativa per l’infanzia: l’avventura, il desiderio di scoprire (e di disobbedire!), la voglia di crescere e insieme la paura di diventare adulti.

Come ogni epopea che si rispetti, comincia in una terra senza tempo e senza nome, dove un piccolo, curioso capitano vive in una barca arenatasi su una duna a causa di una tempesta. Un capitano bambino, che ignora le domande sulla sua provenienza e suona la sua tromba d’ottone. Sospetto ai più, ha come unico amico il vecchio navigante naufragato e trova appoggio nei bambini, affascinati dalla sua idea di riparare la barca e partire verso l’Isola dei Grandi, dove – se dormi una notte – ti ritrovi uomo grande. L’avventura sta già nel provare a riparare la barca con quel che si trova in giro e nel darsi un gran daffare per racimolare denaro da fondere per ottenere un’elica; poi prosegue con la partenza della Maiunafalla, a cui si aggregano altri tre bambini. Per scoprire che sulla famigerata isola si cresce in statura, ma non in età; per incontrare altri naufraghi, marinai perduti, animali da circo, regni dov’è bandito il colore, elefanti da cavalcare. E via così, verso altre e altre avventure, visto che Paul Biegel ha scritto altri libri dedicati al piccolo capitano e ai suoi amici.

Questo libro ha un solo difetto: fa sentire nella fattura delle immagini che lo accompagnano l’età che ha; è stato pubblicato nel 1970, ma – arrivando solo ora sui nostri scaffali – non è conosciuto, non ha lo status di un classico, quindi la sua copertina potrebbe costituire uno svantaggio perché, a prima vista, ben pochi lettori se lo fileranno. Starà alla bravura di chi propone, di chi invita a leggerlo mediante il racconto della trama e la lettura di brani ad alta voce, farlo apprezzare come merita.

Il sito sull’autore. Si possono sfogliare alcune pagine sul sito dell’editore.

Paul Biegel – ill. Carl Hollander, Il piccolo capitano (trad. di Anna Patrucco Becchi), La Nuove Frontiera junior, 173 p., euro 16,50

Lilli. Vietato parlare agli elefanti

17 Giu

lilli

Questo libro è una buona notizia: è il primo di una serie di successo in Germania e non solo e ci darà la possibilità di consigliare ai lettori di otto/dieci anni una buona lettura divertente con tanti animali protagonisti, come piace a molti di loro.

La vera protagonista in realtà è Liliana Ventolina, dotata di capacità sorprendenti e magiche: sa parlare con gli animali, capisce esattamente cosa dice ciascuno di loro e sa far fiorire le piante e renderle rigogliose semplicemente toccandole o stando loro molto vicino. Questa specialità di Lilli è però un problema e la ragazzina cerca di nasconderla isolandosi dagli altri e tentando di non dare troppo nell’occhio, rischiando però di essere bollata come una altezzosa, che si dà delle arie e che non vuole mescolarsi. Così, nella nuova scuola, una serie di compagne la prendono di mira, capeggiate dai modi forti di una di loro a cui le altre si accodano.

Nascondendosi sotto la siepe del giardino, Lilli incontra Isaia, il vicino di casa appena una classe più avanti, che sta leggendo un libro di Leopardi tentando anche lui di celare il suo segreto: gli piace leggere, studiare gli viene facile, ma non dice quel che sa per non passare per secchione. Lilli e Isaia dovranno invece svelare i loro segreti ed esercitare il loro senso civico (cioè, spiega la ragazzina, dire la propria opinione senza aver paura delle conseguenze e difendere ciò che si è e si pensa a prescindere dagli svantaggi che potrebbe comportare) in occasione della gita scolastica allo zoo, dove Lilli cerca di rimanere indietro perché non si noti la sua affinità con gli animali, dove si scopre il perché della rabbia dell’elefantessa e dove addirittura ci si guadagna un lavoro da interprete.

Una bella storia di amicizia, modi di essere e sollievo: la leggerezza di quando i segreti vengono detti e si può essere se stessi a testa alta. Ah, Lilli sa fare anche un’altra magia: a volte i fiori sbocciano semplicemente quando lei ride: una metafora che si fa realtà!

Il sito dell’autrice. Il blog dell’illustratrice. Sfoglia qui qualche pagina del libro.

Tanya Stewner – illustrazioni di Cristina Spanò, Lilli. Vietato parlare agli elefanti (trad. di Anna Patrucco Becchi), La Nuova frontiera junior 2014, 174 p., euro 14