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Nina

10 Giu

NinaLa Nina del titolo è la cantante e pianista jazz Nina Simone.

Il libro a lei dedicato, che Curci Young ora porta in Italia, ha ottenuto in Francia, dove è uscito per Gallimard Jeunesse, il premio Millepages Jeunesse 2015.

In questo testo, di Nina Simone non vengono celebrati i successi, la vita sentimentale, i brani che l’hanno resa celebre, ma soprattutto il suo grande impegno per la questione razziale. Vediamo una Nina bambina, che si scopre bambina di grande talento musicale,  che si rende conto, provandole sulla propria pelle che:

A solfeggio imparavo che due neri valgono quanto un bianco, e la sera sul bus non potevi sederti se eri stanco Mi sarei potuta arrabbiare, o peggio, starli ad ascoltare: non eravamo altro che uomini a metà sull’immensa tastiera bianca dell’umanità

Ma bianchi e neri sono anche i tasti del pianoforte i “52 denti bianchi e belli” sono uniti a “36 neri più piccoli di quelli”, ma gli uni senza gli altri non riescono a fare musica. Questa visione è quella che accompagna Nina Simone in tutta la sua crescita come musicista, come donna, come attivista politica.

In questa storia, tutta disegnata in bianco e nero, il racconto si snoda attraverso personaggi femminili: la madre di Nina, seduta al posto d’onore al primo concerto della figlia ma costrettta ad alzarsi per lasciare il posto a una donna bianca, Nina stessa, diventata mamma, che passa alla figlia il testimone, raccomandandole di curare e preservare quell’equlibrio tra uomini bianchi e neri che ormai sembra essersi realizzato.

Un albo in rima, ricco di piani di lettura, illustrato in bianco e nero, che ci regala in copertina una bellissima Nina Simone bambina, dai grandi occhi posati sui tasti del pianoforte su cui schiaccia, con maestria, orgoglio, decisione e vigore, un tasto nero.

Il blog dell’illustratore.

Alice Brière-Haquet – Bruno Liance, Nina (trad. di Stefano Viviani), 40 p., euro 14,9o

Il viaggio della mamma

26 Mag

il-viaggio-della-mamma-ItC’è un gran bisogno di libri che trasmettano modelli femminili non stereotipati. Non eroine, non donne eccezionali, ma semplicemente mamme che lavorano e di libri che parlino di famiglie in cui la reale condivisione della genitorialità è un fatto naturale e non una questione di genere.
Per questo “Il viaggio della mamma” è un libro che racconta una storia semplice, ma speciale, che parla di quando una mamma (in questo caso è una mamma elefante, specie matriarcale ma è solo un dettaglio) parte per lavoro. Non è un dramma, ma un fatto naturale “la mamma parte per un viaggio […], io e papà resteremo a casa”.
Non arrivano orde di nonni a assistere il bambino, non bussano vicini a consegnare lasagne o offrirsi di lavare i panni, anche il papà sa fare tutto quello che serve per fare stare bene e divertire, ma senza la necessità di scimmiottare la mamma ed il suo modo di fare.  Ed è perfetto così, anche se la casa non profuma di fiori ma di piedi scalzi, anche se si sta in giardino a giocare fino a che diventa buio, anche se il cibo è più piccante, anche vengono gli amici e si suona la musica più forte del solito fino a tardi.
La mamma  la  si sente la sera attraverso il computer, quando ci racconta quello che ha fatto, ci racconta dei suoi impegni, ma ci fa piacere sapere che ha saputo anche godersi un bicchiere di vino e un buon libro nelle pause, che ha fatto turismo e compere, che se alla sera è stata colta da malinconia nel suo letto, non vi ha indugiato troppo. Poi il viaggio finisce, la mamma torna a casa, si ritorna a essere vicini e ci si scopre sempre più famiglia, quelle famiglie dove non è necessario stare sempre assieme, ma è bello ritrovarsi.

Un bel libro che racconta le mamme senza retorica e i padri senza chiamarli “mammo” e lo racconta dal punto di vista di un bambino, perfettamente felice e a suo agio, anche con una mamma che viaggia e non sta in casa a sfornare biscotti.

Il blog dell’illustratrice.

Mariana Ruiz Johnson, Il viaggio della mamma (trad. di Elena Rolla), Kalandraka 2016, 32 p., euro 14,o0

L’attesa

16 Feb

lattesaUn bambino chiede un cane; i genitori, consapevoli di cosa comporti accudire un animale e come esso non sia equiparabile a un giocattolo, temporeggiano. Fine della storia. Questo ovviamente se la storia l’avessi pensata e illustrata io. Ma siccome l’ha fatto una illustratrice e scrittrice talentuosa, il risultato è un albo delicatissimo e dai mille piani di lettura.

Il tema scelto é, per tanti genitori, un dilemma di vita vissuta: come comportarsi quando il cucciolo di casa chiede un altro cucciolo? E come negarglielo se, per di più, come il bimbo dell’albo sembra suggerire (a volte mi sentivo solo), è figlio unico? La decisione di prendere un animale va ponderata seriamente, permettendo al bambino di capire se realmente è un desiderio o un capriccio fugace, influenzato da qualche fattore esterno più che da un bisogno di amore, condivisione, compagnia.

E i genitori del libro fanno proprio così, mese dopo mese ascoltano pazienti la petulante richiesta del bimbo, rinviando la decisione a un futuro possibilista. Non negano, mettono alla prova, ascoltano, permettono di gioire del piacere e dello struggimento dell’attesa, dando al bambino il tempo per desiderare, sognare, bramare. E così dopo un anno, quando ormai la domanda non veniva nemmeno più posta, inaspettato e improvviso arriva il compagno di giochi. Ed è subito intesa e promesse di inverni mai più freddi.

Il gioco delle illustrazioni è complesso e stratificato. Le tavole sono ricche di riferimenti all’arte e al design, il bambino viene rappresentato prima in una conchiglia, poi dentro una sedia uovo (ed è subito egg chair di Jacobsen), poi sull’uovo stesso mentre regge una maschera, con la testa prima a lucciola, poi ricoperta di ali di farfalla, infine avvolta da un serpente per poi concludere, anche iconicamente sfiduciato, senza più nulla in testa.

Ma la metafora che fa da filo conduttore al tema dell’attesa è quella del filo d’erba che accompagna tenace il bambino nel susseguirsi delle stagioni, rinvigorisce, muta forma, si fa “soffione” al quale affidare desideri e diventa infine la rigogliosa pianta d’appartamento davanti alla quale passeggia felice il cane sulla quarta di copertina.

Avevo coltivato un dolce desiderio,
una verde speranza,
verde come l’erba che cresce cocciuta
e silenziosa ai bordi delle strade.

[…] L’erba sembrava non fosse mai esistita,
ma sonnecchiava sotto la candida coltre.

Daniela Iride Murgia, L’attesa, Edizioni Corsare 2015, 32 p., euro 16

Una strana creatura nel mio armadio

3 Feb

interior PESADILLA_Maquetaci—n 1Aprire un testo e capire cosa si intende per classico. Questa è la sensazione che ho provato ritorvandomi tra le mani il libro di Mayer.
I libri per ragazzi soffrono forse più degli altri della scomparsa veloce dallo scaffale, per cui titoli belli e facilmente reperibili diventano, in pochissimo tempo, introvabili. Per questo nella letteratura per ragazzi non bisogna mai aspettare a comprare il libro che ci è piaciuto tanto. Ed è sempre un piacere vedere un testo del 1968 che torna a rianimarsi di nuova vita. Mi piace pensare a esso come a un testo ponte tra famiglie, letto, a suo tempo, da quelli che ora sono nonni ai propri figli e letto, ora, dai figli ormai genitori alla loro prole.
Io non ho avuto questo testo tra le mani durante l’infanzia, sono nata dieci anni dopo la sua prima pubblicazione, ma godo l’incredibile piacere di incontrare un testo vintage e di proporlo ai bambini di oggi. La scoperta (che tanto inattesa non è) è che un bel libro rimane tale senza invecchiare.

Le meravigliose tavole illustrate ci mostrano un bimbo nella sua stanzetta, circondato dai suo giochi (che meraviglia il fucile con il tappo di sughero!) che, come i bambini del 1968 e del 2016, teme il babau nell’armadio. Ma un a sera decide di armarsi di coraggio, aprire l’armadio e affrontarlo. E così scopre che non è poi un mostro così terribile come credeva ma una strana e buffa creatura, che piange disperata. Per calmarla allora la mette a letto con sé anche se da quell’armadio che ancora incute un po’ di paura sembra spuntare una nuova strana creatura, chissà se ci sarà posto per tre nel lettino?

La nuova edizione rende giustizia alle immagini, rispetto all’edizione EL del 1989 nella collana “un libro in tasca”, con la traduzione di Giulio Lughi che molte biblioteche ancora conservano, magari nello scaffale delle prime letture.

Mercer Mayer, Una strana creatura nel mio armadio (trad. di Gabriella Manna), Kalandraka 2015, 36 p., euro 16

Caterina e l’orso, a zonzo per il mondo

23 Gen

copj170.aspQuanto hanno girato Caterina e l’orso prima di approdare tra le mie mani! Che questo fosse un libro giramondo si è capito subito, appena scartato. Caterina e l’orso si vedono per strada o meglio Caterina vede un baldo e fiero orso camminatore e lo segue con un gran sorriso. Così se ne vanno a sperimentare il mondo assieme, a testa alta, a testa bassa, cantando, ballonzolando, a quattro zampe, a tre…
Intorno a loro si susseguono personaggi di contorno e ambientazioni di sfondo, granchietti come compagni di viaggio, ricci e cagnolini giocherelloni, ladri silenziosi che si muovono al chiaro di luna, tesori, canguri curiosoni… E loro avanti per il loro viaggio, complici in ogni pazzia che venga loro in mente per esplorare il mondo e con l’idea fissa di andare sempre e comunque avanti con il sorriso.

E così questo libro ha girato e girato prima di approdare sulla mia scrivania, è stato rapito da un paio di manine che se ne sono innamorate e lo hanno portato ovunque, sotto il cuscino, sul passeggino, ma soprattutto all’asilo. Perchè la proprietaria delle manine aveva capito subito che questo è un libro che permette di giocare con gli amici all’infinito, da farsi leggere e rileggere muovendosi come Caterina e l’orso in cerca di nuove prospettive e verità sul mondo. E le risate dei bimbi e il loro chiamare “Caterinaaaaa” rimangono la recensione più bella a un albo spassosissimo.

Christiane Pieper, Caterina e l’orso, a zonzo per il mondo (trad. Gabriella Manna), Kalandraka 2015, 40 p., euro 14

Buffa Bestia

27 Ott

bicho cover.fh11Potrei scrivere a occhi chiusi di questo libro che da quando è entrato in casa è stato letto un numero infinito di volte, è stato portato al nido e messo a nanna sotto le coperte.

E’ la magia della buffa bestia, quell’animaletto che, una sera, si trova sotto il letto. Quell’esserino strano, fatto come un uovo che guardandolo bene, ha tanti altri particolari,  ma in essi c’è sempre qualcosa di strano e stonato in un crescendo di bizzarrie che lo portano a…. sedersi sulle orecchie! Ma basta girare il libro e si scopre che è un topino, che però alla pagina successiva viene colpito da un fulmine e, pezzo dopo pezzo, ritorna l’uovo dell’inizio in una piacevole circolarità infinita.
Una storia da leggere a alta voce, cullandosi nella piacevolezza del ritmo, un testo in stampatello per i primi lettori, un libro che si gira e si rigira diventando ogni volta più divertente.

Il sito di Villàn.

Mon Daporta – ill. Oscar Villàn, Buffa Bestia (trad. di Elena Rolla), Kalandraka 2015, 14 p., euro 10.

Il volo del riccio

2 Lug

il volo del riccioLe letture estive chissà perché sono considerate tradizionalmente meno impegnative. In effetti tendiamo a leggere i grandi classici russi d’inverno e la chick lit d’estate. E questo libro mi è arrivato con un biglietto che lo descrive come “una lettura leggera per l’estate”. Che si tratti di un libro che si legge facilmente non solo perchè è scritto e illustrato bene, ma anche perchè è ad alta leggibiità, un grandissimo pregio della casa edtrice Biancoenero, è fuori di dubbio, che il tema sia leggero invece no.
La narrazione di Eugenia racconta di quel giorno in cui torni a casa e ti accorgi che c’è qualcosa di anomalo, che il papà all’improvviso non ha più un lavoro. All’inizio è bello, c’è il tempo per fare le cose che si sono sempre rimandate, per dedicarsi agli hobby, poi si inizia a scalpitare e volere riprendere l’attività lavorativa, non solo per una questione economica (che pure è toccata nel libro), quanto per definire sè stessi, per non sentirsi vecchi e inutili solo perché si hanno 50 anni.
La perdita del lavoro di un genitore è un tema delicato ma che dobbiamo affrontare perché riguarda molte delle persone che ci circondano. Questa narrrazione si può fare in tanti modi, la bellezza di questo libro risiede, però, nel far sì che sia il padre a perdere il lavoro, la tradizionale figura del breadwinner, che la narrazione avvenga dal punto di vista del bambino che non avverte tanto le difficoltà economiche quanto il vissuto emotivo paterno,  perchè in realtà per nessuno di noi il lavoro, anche il più viutperato, è solo un lavoro, ma è parte importante della costruzione del sè.
Ma ognuno di noi ha risorse speciali che lo rendono unico, così è proprio Eugenia a segnalare al suo papà che è bravo a creare e ora “ha un po’ di tempo libero”, (come se ci fosse da vergognarsi a dire che si è disoccupati), un concorso della scuola. E allora anche chi pensava di essere al capolinea scopre che sono state solo le circotsanze a metterlo all’angolo e nota la bellezza delle cose che sa fare. Perché non è da tutti inventarsi un riccio che vola.
Ho amato tantissimo la narrazione del processo creativo guidato dal padre durante il suo incontro con la classe della figlia, una scoperta del pensiero laterale, che è anche il momento catartico in cui il padre inizia a uscire da se stesso definito solo nel suo ruolo di manovale e inizia a vedersi con occhi diversi, con la consapevolezza di essere un inventore.
E anche se il primo premio non verrà vinto, la storia ha comunque un lieto fine.
Dedico questo post ai tanti amici e genitori che si sono trovati senza un lavoro, augurando loro di trovare il prima possibile il proprio riccio che vola.

Il premio del concorso a cui partecipa la classe di Eugenia è una visita alla Cité de l’Espace di Tolosa: se siete appassionati dello spazio approfittatene anche voi! Poi magari proseguite verso nord per coprire le meraviglie del Futuroscope.

Il sito dell’illustratore.

Agnès de Lestrade – ill. Umberto Mischi, Il volo del riccio (trad. di Flavio Sorrentino), Biancoenero 2015, 46 p., euro 8

TaNa liberAtutti

17 Giu

tana-libera-tutti copertina Estate: tempo di scuole chiuse e liste di libri da leggere, ma anche tempo di giochi e lunghe giornate fuori casa. Estate: tempo di scuole chiuse e bambini da intrattenere.
Estate: tempo di libri belli per stare insieme.
Ci sono cose che rimangono nella testa per sempre, che ritrovi a 50 anni come a 70 e ti scopri a cantilenare come fosse ieri l’ultima volta che le hai pronunciate per giocare. Io ho una passione per filastrocche e conte, per i giochi da cortile e i momenti di condivisione.
E così mi piace tanto questo TaNa liberAtutti, una raccolta di filastrocche per giocare assieme, riscoprire campana, un due, tre stella (stellone!), ma anche per divertirsi con l’italiano con le filastrocche della sezione Giocare con le parole.
Una raccolta  con illustrazioni vagamente d’antan di Massimiliano di Lauro, nella quale, oltre il libro, vedo tanti giochi condivisi, tante possibilità per gli insegnanti di fare una didattica divertente, tanto potenziale per prendersi i tempi lenti dell’estate per giocare a lungo coi propri figli.
E ora metto il libro in valigia e scendo a giocare a mosca cieca. 🙂

Massimiliano Maiucchi– ill. di Massimiliano di Lauro, TaNa liberAtutti, Edizioni Corsare 2015, 55 p., euro 12,50

La nonna addormentata

21 Mar

Sin t’tulo-2Delicatissimo, struggente ma anche divertente libro su un tema difficilissimo da affrontare: come spiegare a un nipote che i nonni non sono immortali.
Ed è proprio il nipote la voce narrante del volume che ci racconta che la sua nonna dorme tutto il giorno da un mese, che per non farla sentire sola va il pomeriggio a leggerle un libro, come lei faceva con lui. Questa nonna dorme forse perchè è stanca di tutte quelle cose strambe che ha fatto, come strappare i fiori del giardino per fare la zuppa o vestirsi di tutto punto per ballare un valzer solitario in salotto. Ma la nonna è come la bella addormentata che aspetta il principe azzurro che venga a rapirla, le dia un bacio, la svegli e la porti via. E quando arriva il letto rimane vuoto.
Una narrazione tra ciò che è stato e ciò che è, che si interroga su quello che sarà. Perchè la nonna, una volta rapita dal principe azzurro,

Vola alto con gli aquiloni. /Nuota nel profondo del mare./ Beve un sacco di limonata. /E prepara tonnellate di pane.

Una finestra aperta nella stanza con il letto ormai vuoto, un aquilone nella pagina seguente, una nonna che dorme e sembra ronfare nella prima pagina (girata di lato, bocca aperta a testimonianza di un sonno profondo, quasi rigeneratore), un sonno sereno, ricco di sorrisi, non l’idea di una donna immobilizzata a letto che soffre. Una nonna che non ha perso la sua dolcezza, i suoi capelli grigi, i suoi sorrisi, che anche “dormendo” sta vicino al nipote, forse per permettergli di salutarla con calma e di trovare il suo segreto da affidarle: fare la pasta al pomodoro più buona del mondo, come la faceva lei.

Quanto ho pianto leggendo? Tantissimo, perchè ha smosso tutta quella dolcezza infinita che si prova per i nonni, perchè anche ora che sono mamma e che i miei nonni non li posso più toccare da trenta anni ormai, non ho ancora smesso di essere la loro nipotina. E ho letto questo libro come lettura della buonanotte a mio figlio, leggendo e lacrimando (ma quante volte lo dovrò rileggere prima di potere controllare le lacrime?) e lui mi ha detto: “Bellissimo, ma ora sono tanto triste!”. Bimbo mio, un giorno sarai triste, è inevitabile ma seminandoti dentro libri come questo spero di darti le parole per esprimere le emozioni.

Roberto Parmeggiani – ill. João Vaz de Carvalho, La nonna addormentata, Kalandraka 2015, 40 p., euro 14

Cari estinti

29 Dic

cari-estinti-it-11Un libro sugli animali scomparsi e sulla tutela ambientale, due argomenti apparentemente facili che mi fanno tremare le vene ai polsi perchè penso a quante ovvietà e banalità infarcite di buonismo si possono infilare in un prodotto editoriale su questi temi. Poi però ti rendi conto che stai parlando di un libro edito da Kalandraka e scritto e illustrato da Arianna Papini e sai che sarà una lettura non banale. Sfogliandolo non solo non tradisce le mie alte aspettative nei suoi riguardi, ma, anzi, mi emoziona ancora di più.
Una carrellata di animali scomparsi o rarissimi, alcuni noti ai più come il Dodo, altri molto meno conosciuti; si nota, nella scelta fatta dall’autrice, un grosso lavoro di studio e documentazione.
Un testo in rima alternata, dove é l’animale stesso che parla e racconta la sua vicenda. Storie di disboscamenti, caccia, colonizzazioni selvagge. Ma quello che colpisce è quella sorta di delusione che traspare nella narrazione degli animali, quella incredulità nei confronti degli uomini che prima distruggono e poi cercano di fare rinascere come nella voce del Quagga che apre la raccolta e dice:

“Ma io non lo capisco, anzi traballo…/invece di affannarsi a reinventarmi/non poteva evitare di sterminarmi?”

E ancora il tema della fiducia tradita nelle parole della Ritina:

“Voi uomini non avete ancora perso/la speranza di avvistarmi prima o poi,/ma se esistessi agirei in modo diverso…/e non mi fiderei mai più di voi”.

Illustrazioni magistrali, dove alla innegabile somiglianza con gli animali di repertorio viene affiancato un grande lavoro reinterpretativo che fa emergere di ognuno un tratto caratteristico. Nessuna concessione a rappresentazioni edlucorate ma occhi tristi, severi, indagatori e una rigorosa cromia in nero, colore del lutto.

Arianna Papini, Cari Estinti, Kalandraka, 2014, 48 p, 14 euro.