Un romanzo che dura il tempo di un fine settimana. Mette in scena Leon, tredicenne, e la sua famiglia a un anno dalla morte del fratello gemello, investito per strada. Da quel momento i genitori evitano di sedersi a tavola insieme perché non risalti il posto vuoto, Leon ha una serie di dievieti (non può praticamente fare nessun sport perché la madre li ritiene pericolosi, ma neanche invitare amici a casa) e solo la sorella Olivia riesce a prendere le sue parti. Quando l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie arriva a scuola un nuovo compagno, Leon lo invita a casa: in realtà una battuta, non un vero invito, ma Arnold prende ogni frase alla lettera e così si ritrovano a nascondersi dai grandi di casa. Arnold non conosce l’ironia, non capisce le battute, si caccia sempre in un mare di guai anche perché parla senza filtri: quel che gli viene in mente, lo dice. Ma proprio per questo riesce a dire le cose come stanno: la famiglia di Leon deve fare delle cose insieme, il ragazzo ha il diritto di parlare di suo fratello, di piangerlo, di ridere sul filo dei ricordi. Cosa c’è di meglio per ricominciare se non la partita tra le due migliori squadra di rugby a cui tutta la famiglia aveva già assistito il giorno precedente? Bisogna procurarsi i biglietti, ovvio. E non sarà semplice.
Il romanzo ha il pregio di presentare alcune riflessioni importanti e insieme di far ridere. E anche di non bollare Arnold dietro il nome della sua malattia, ma presentandone le caratteristiche come dei tratti che fanno parte di lui, a volte assurdo, sempre essenziale e sincero.
La copertina è di Alessandro Baronciani.
Rob Stevens, Lucky Break (trad. di Alessandra Valtieri), Lapis 2019, 347p., euro 12,90
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