Ancora una volta Frances Hardinge costruisce un romanzo in crescendo che precipita il lettore in un mondo dove si mescolano fantasmi, spiriti dei morti e le ombre nere e scure dell’Inghilterra di metà ‘600. Makepeace – che deve il suo nome all’arrivo nella comunità puritana di Poplar – possiede infatti il dono, o forse la maledizione, di poter ingoiare le anime di chi sta morendo e di continuare a farle vivere dentro di sé, sentendo le loro voci nella sua testa o prestando loro mani e gambe. Per lungo tempo ha chiesto alla madre notizie del padre, della famiglia di origine da cui pare siano scappate per trovare accoglienza presso i parenti puritani. Solo in punto di morte, la madre si lascia sfuggire il nome di Grizehayes, la dimora nobiliare da cui è fuggita nel tentativo di proteggere la bambina. Makepeace infatti è figlia illegittima di un Lord Fellmotte e condivide con fratellastri e cugini la fossetta sul mento che caratterizza i membri della famiglia; il suo sangue nobile le consente di mangiare pane bianco e ricevere un’adeguata istruzione, ma il fine per cui viene tenuta a bada è un altro e ha a che fare appunto con il suo dono, comune anch’esso ai membri della famiglia.
La vicenda della protagonista, il suo tentativo di sfuggire al terribile destino e di salvare il fratello James dal diventare un Anziano Rampante posseduto dai demoni ingeriti, si inseriscono in un’altra ambientazione altrettanto cupa: l’Inghilterra del 1641/42, durante la lotta tra re Carlo e il Parlamento e la successiva guerra civile sfociata dalle tensioni politiche e religiose. Tra famiglie aristocratiche che fanno doppi giochi, spie che si infiltrano a corte e facili accuse di stregoneria, mentre infuriano il vaiolo e la febbre tifoide, Makepeace si trova a cambiare nomi e travestimenti e ad attraversare lande desolate e città come Londra o Oxford, incontrando le miserie dei ceti più poveri e le falsità della nobiltà. Il tutto portando dentro di sé una combriccola di fantasmi non da poco: un medico sperimentatore, una scostante nobildonna, un soldato puritano e un orso, spirito a cui si sente indissolubilmente legata.
Ancora una volta, come nei precedenti dell’autrice, il romanzo prende, man mano che la vicenda procede, un andamento a spirale che cattura il lettore portandolo dritto nell’azione, in questo caso nella testa della protagonista e nell’alternarsi delle voci, rese attraverso la scelta di font differenti.
Frances Hardinge, La voce delle ombre (trad. di Giuseppe Iacobaci), Mondadori 2018, 432 p., euro 17, ebook euro 8,99
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