Siamo nel 1946. Robert Warren, ricercatore scientifico, sta scontando tra i ghiacci della Groenlandia i rimorsi nati dalla sua attività a Los Alamos, dove ha contribuito alla costruzione della bomba atomica, usata nel conflitto in cui è morto il suo unico figlio. Lacerato dal dolore di una vita che non trova più senso, lascia improvvisamente il laboratorio dove lavora per allontanarsi su una motoslitta alla ricerca della morte per ipotermia. Ma il giovane assistente vede una luce diversa nei suoi occhi e lo segue per salvarlo, in una sorta di spedizione da cui porteranno indietro un blocco di ghiaccio in cui è racchiusa una forma umana. Dal ghiaccio però appare l’incredibile: la forma è un ragazzino, vestito con abiti antiquati, un corpo fragile, ma vivo. Sì, il ragazzino respira e piano piano Warren comincia ad affiancare il medico che lo tiene sotto osservazione, a passare ore al suo capezzale, a leggergli poesie, brani di libri, articoli. Finché il ragazzo apre gli occhi, articola suoni e agenti governativi vengono a portarselo via. Il medico convince però Warren a non abbandonare il ragazzo in balia di esperimenti scientifici, persuaso tra l’altro del fatto che il corpo del ragazzo stia subendo un processo di deterioramento e invecchiamento molto rapido e Warren coglie la sua “seconda possibilità”: il tentativo di riportare il ragazzo da dove è venuto, nascondendosi con lui, cercando di comunicare attraverso i gesti, il silenzio. In un alternarsi di punti di vista del ricercatore e del giovane Jim, una sorta di educazione sentimentale che è per l’uomo maturo un ritorno all’essenziale e alla vita, per il ragazzo venuto dal passato la scoperta di un mondo che non gli appartiene e il ricongiungimento con il suo passato. Con alcuni passaggi estremamente toccanti, come il tentativo di Jim di camminare appoggiato alle stampelle, il pianto confortato da un abbraccio, lo scambio reciproco dei nomi.
Come ha scritto Anselmo Roveda sul numero di aprile di Andersen, “se il libro, oltre ad avere il titolo in inglese, avesse anche un autore di area anglosassone, lo troveremmo di certo tra i bestseller young adult di molti Paesi”. Effettivamente è così, un romanzo che sembra più rivolto agli adulti che ai ragazzi, con tutte le sue riflessioni sugli affetti, sulla famiglia, sulle seconde possibilità. Speriamo però che abbia una seconda possibilità all’estero e che sia apprezzato come merita.
Guido Sgardoli, The Frozen Boy, San Paolo 2011, 203 p., euro 15.
Una Risposta a “The Frozen Boy”