Accadde nell’estate del 1933 tra le paludi del fiume Sabine, nel Texas orientale. Quelli che ancora se lo ricordano, lo chiamano il Cinghiale del demonio. Fu anche l’anno in cui Richard Harold Dale diventò uomo all’età poi così non matura di quindici anni. So quel che dico perché probabilmente quell’anno e il Cinghiale del demonio me li ricordo meglio di chiunque altro. E ne ho ben donde. Sono io Richard Harold Dale e ne porto tuttora le cicatrici.
Fin dalle prime righe, questo lungo racconto di Lansdale si presenta perfetto per essere letto ad alta voce: il protagonisa racconta in prima persona la sua vita quotidiana nel Texas degli anni della Depressione, la fattoria isolata in cui vive la sua famiglia, il suo sogno di poter scrivere, la magia dei racconti pubblicati sulle riviste che arrivano dalla città, l’amicizia con un ragazzo di colore che vive poco distante. L’ultima caccia del titolo è quella che i due amici danno a un cinghiale selvatico che dopo anni torna a terrorizzare la zona, uccidendo gli animali che incontra sul suo cammino e rovinando i campi: una notte e un giorno a seguire le sue tracce coi cani e i consigli del vecchio saggio che si dica abbia circa cantocinquant’anni. fino allo scontro finale. In questo libro ci sono anche una casa sull’albero come in tanti sognamo, l’idea di una biblioteca e la magia della lettura ad alta voce e del potere delle storie sull’immaginazione. Non è affatto scontato che uno scrittore per adulti riesca a fare centro quando si confronta con un testo per lettori più piccoli, ma in questo caso il racconto è davvero piacevole.
Joe R. Lansdale, L’ultima caccia (trad. di Seba Pezzani), Fanucci 2010, 157 p., euro 12.
Rispondi